
L’intelligenza artificiale (AI) sta rapidamente trasformando il mondo del lavoro, influenzando ogni aspetto dell’economia, dall’industria manifatturiera alla sanità, dal settore finanziario all’istruzione. Secondo un rapporto del World Economic Forum del 2023, si stima che entro il 2027 circa il 23% delle occupazioni attuali potrebbe cambiare radicalmente a causa della diffusione delle tecnologie intelligenti.
L’AI non si limita a sostituire compiti umani: sta anche creando nuove opportunità, ridefinendo competenze e ruoli professionali, e imponendo un ripensamento delle politiche occupazionali.
In questo articolo esploreremo cinque dimensioni fondamentali dell’impatto dell’intelligenza artificiale sul lavoro: automazione e sostituzione dei compiti, creazione di nuovi ruoli e professioni, trasformazione delle competenze richieste, etica e responsabilità sul posto di lavoro e disuguaglianze e implicazioni sociali.
Ogni sezione fornisce un quadro aggiornato, basato su fonti affidabili, con l’obiettivo di comprendere in modo chiaro e consapevole la portata di questa trasformazione.
1. Automazione e sostituzione dei compiti

Una delle preoccupazioni più immediate legate all’adozione dell’AI è la sua capacità di automatizzare compiti tradizionalmente svolti da esseri umani. A differenza della meccanizzazione industriale del passato, l’AI può oggi sostituire non solo il lavoro manuale ma anche attività cognitive e decisionali.
• Settori maggiormente colpiti
Secondo uno studio pubblicato da McKinsey & Company nel 2023, il 30% delle ore lavorative globali potrebbe essere automatizzato entro il 2030. Le industrie più suscettibili includono:
Settore | Percentuale stimata di attività automatizzabili entro il 2030 |
---|---|
Manifatturiero | 60% |
Trasporti e logistica | 55% |
Servizi amministrativi | 47% |
Finanza e assicurazioni | 43% |
Nel settore della logistica, ad esempio, l’uso di veicoli autonomi e algoritmi predittivi sta riducendo la necessità di autisti e pianificatori umani. Nel campo bancario, software AI sono già in grado di valutare richieste di prestito, rilevare frodi e gestire portafogli finanziari.
• Automazione parziale e lavoro ibrido
Tuttavia, è importante distinguere tra automazione totale e automazione parziale. L’AI tende a sostituire compiti specifici piuttosto che intere professioni. Questo implica una trasformazione delle mansioni, con l’AI che affianca il lavoratore umano in un contesto collaborativo.
Come sottolinea Erik Brynjolfsson del Stanford Digital Economy Lab:
“Non si tratta di sostituire le persone, ma di aumentare la loro produttività.”
2. Creazione di nuovi ruoli e professioni

Contemporaneamente alla sostituzione di alcuni ruoli, l’AI sta favorendo la nascita di nuove professioni. L’economia digitale richiede nuove figure professionali con competenze specifiche legate all’analisi dei dati, alla programmazione, alla sicurezza informatica e alla governance dei sistemi intelligenti.
- Esempi di nuove professioni
- Ingegneri AI e Machine Learning Specialist: progettano, addestrano e ottimizzano algoritmi intelligenti.
- Data Scientist e Data Analyst: analizzano grandi quantità di dati per generare insight utili alle decisioni aziendali.
- Ethical AI Officer: supervisionano l’uso responsabile dell’AI all’interno delle organizzazioni.
- Prompt Engineer: ottimizzano le interazioni tra utenti e modelli linguistici come ChatGPT.
Il World Economic Forum, nel suo report "Future of Jobs 2023", prevede che l’AI creerà circa 69 milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2027, a fronte della scomparsa di circa 83 milioni di ruoli obsoleti.
- Settori emergenti
Il boom dell’AI ha generato ecosistemi professionali in settori nuovi come la, il metaverso aziendale, e la salute digitale personalizzata, aprendo opportunità soprattutto per giovani professionisti e ricercatori.
3. Trasformazione delle competenze richieste

L’espansione dell’AI ha trasformato in modo sostanziale le competenze richieste nel mercato del lavoro. Le aziende non cercano più solo conoscenze tecniche, ma un mix di hard e soft skills capaci di affrontare l’ambiguità e la complessità dei nuovi contesti operativi.
• Nuove competenze richieste
Le competenze più richieste nel 2025, secondo il LinkedIn Global Talent Trends, includono:
Competenza | Descrizione |
---|---|
Pensiero analitico | Capacità di risolvere problemi complessi utilizzando dati e logica. |
Alfabetizzazione digitale | Familiarità con strumenti digitali, cloud, automazione e intelligenza artificiale. |
Creatività | Generazione di idee originali in contesti innovativi. |
Adattabilità | Capacità di apprendere rapidamente nuovi strumenti e procedure. |
Collaborazione virtuale | Lavorare in team distribuiti attraverso piattaforme digitali. |
• Formazione continua
In risposta, numerose aziende stanno investendo in upskilling (aggiornamento delle competenze) e reskilling (riqualificazione). Google, IBM e Microsoft offrono corsi gratuiti in AI e cloud computing, mentre istituzioni pubbliche stanno sviluppando piani di formazione nazionale per affrontare il divario digitale.
Secondo l’OCSE, nel 2022 solo il 40% degli adulti europei ha partecipato a corsi di aggiornamento digitale, segnalando una necessità urgente di ampliamento dell’offerta formativa.
4. Etica e responsabilità sul posto di lavoro

L’adozione dell’AI solleva interrogativi etici importanti, specialmente in ambito occupazionale. Le decisioni prese dagli algoritmi — su assunzioni, licenziamenti, valutazioni delle performance — devono essere trasparenti, eque e responsabili.
• Bias algoritmici e discriminazioni
Gli algoritmi di selezione del personale, se addestrati su dati storici distorti, possono perpetuare bias contro gruppi minoritari. Un caso emblematico è quello di Amazon, che nel 2018 ha dovuto abbandonare un sistema di recruiting automatizzato perché discriminava inconsapevolmente le candidate donne.
Il rischio è che la tecnologia rafforzi le disuguaglianze esistenti piuttosto che ridurle. Per questo, organismi come l’Unione Europea hanno proposto regolamenti come l’AI Act (approvato in via provvisoria nel 2024) che impongono criteri di trasparenza, auditabilità e spiegabilità degli algoritmi.
• Responsabilità legale
Chi è responsabile di una decisione errata presa da un sistema AI? Le aziende devono oggi dotarsi di policy interne per l’uso etico dell’AI, identificando chiaramente responsabilità e meccanismi di revisione.
Ilsuggerisce che:
“L’adozione dell’AI sul lavoro debba rispettare i principi fondamentali dei diritti umani, compresa la dignità e la privacy del lavoratore.”
5. Disuguaglianze e implicazioni sociali

L’impatto dell’AI sul lavoro non è uniforme: alcune fasce della popolazione sono più vulnerabili di altre. Le disuguaglianze tecnologiche possono esacerbare le divisioni socioeconomiche, geografiche e generazionali.
• Impatto sui lavoratori meno qualificati
Gli impieghi meno qualificati sono quelli più a rischio di automazione. Operatori call center, impiegati amministrativi e addetti alla produzione manifatturiera sono tra i più esposti. Questo comporta rischi occupazionali maggiori per le persone con basso livello di istruzione.
Secondo Eurostat, il tasso di sostituzione automatica per i lavoratori senza diploma è quasi il doppio rispetto a chi ha una laurea.
• Disparità tra regioni
Le regioni con minore accesso a infrastrutture digitali, come alcune aree rurali o del Sud globale, rischiano di essere escluse dai benefici dell’innovazione. La Digital Economy and Society Index della Commissione Europea evidenzia un gap significativo tra paesi nordici e paesi dell’Est europeo.
Paese | Punteggio DESI 2024 |
---|---|
Danimarca | 76.4 |
Svezia | 74.9 |
Italia | 51.3 |
Bulgaria | 42.7 |
• Il ruolo delle politiche pubbliche
Per garantire un impatto equo dell’AI, è essenziale che i governi investano in infrastrutture digitali, educazione tecnica e politiche attive del lavoro, inclusi sussidi per la formazione e incentivi per l’assunzione in settori innovativi.
Come afferma l’economista Mariana Mazzucato:
“Non possiamo lasciare la transizione digitale alle sole forze del mercato; servono missioni pubbliche capaci di orientare lo sviluppo verso obiettivi sociali condivisi.”

