L’inventore del rugby William Webb Ellis finì per fare il prete

A volte la Storia cambia improvvisamente strada. Piccoli gesti o azioni apparentemente insignificanti danno il via a cambiamenti epocali, destinati a restare per sempre e a mutare il corso delle cose.

Proprio come avvenne un secolo fa con uno studente inglese della scuola di Rugby, una cittadina inglese delle Midlands.

Si chiamava  William Webb Ellis e durante  una partita di calcio, prese la palla in mano e corse alla porta avversaria dove la depositò.

Capitò nel 1823 e fu l’atto di nascita di un nuovo sport, il rugby, destinato a conquistare il favore del mondo.

 

1. Una partita a scuola

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Tutto nasce in Inghilterra nel 1823. Il gioco del calcio è all’inizio: manca un regolamento ufficiale – verrà stilato solo nel 1848 presso il Trinity College di Cambridge – ma lo sport che gli inglesi chiamano football raccoglie un numero sempre maggiore di appassionati, soprattutto tra gli studenti dei college.

È proprio in uno di questi college, la Rugby School dell’omonima città inglese delle Midlands occidentali, che avviene una “rivoluzione sportiva”.

Durante una partita tra allievi, infatti, il sedicenne William Webb Ellis (foto sotto) prende la palla in mano e corre verso la porta avversaria dove, alla fine, la deposita. Tra lo stupore dei presenti Webb Ellis ha appena inventato un nuovo sport: il rugby.

In realtà non tutti accolgono con entusiasmo il gesto di Ellis: i giornali dell’epoca, infatti, gridano allo scandalo e scrivono: “Con un bel disprezzo per le regole del calcio ha preso la palla tra le sue braccia e ci ha corso!”.

Ma ormai la strada è aperta e, nonostante le contestazioni dei “conservatori”, il gesto rivoluzionario fa breccia. Molti calciatori iniziano a immaginare una nuova disciplina in cui l’uso delle mani e la corsa siano elementi fondanti.

Tutto questo però non avviene dall’oggi al domani: per arrivare ad avere le prime regole del rugby, infatti, devono passare alcuni anni, punteggiati di sperimentazioni e tentativi.

All’inizio, molti studenti dei college inglesi si avvicinano a questo nuovo sport, ma non essendoci regole univoche e condivise, regna la confusione e ognuno lo pratica secondo la propria inventiva (il primo regolamento univoco arriva nel 1871).

Mentre il rugby si evolve, di Webb Ellis si perdono le tracce. Nel suo futuro non c’è la palla ovale, bensì la tonaca: William Webb Ellis viene infatti ordinato prete anglicano. Negli anni successivi presta servizio a Londra e nella contea dell’Essex prima di trasferirsi a Mentone (Francia), dove muore.

Il suo nome, comunque, resta nella storia: a lui infatti viene intitolata la Coppa William Webb Ellis, assegnata alla squadra vincitrice della Coppa del mondo di rugby, la più importante competizione di questo sport.

2. La palla ovale

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Per distinguersi dai calciatori, i giocatori di rugby decidono di adottare non solo regole diverse, ma anche un nuovo tipo di palla: non sferica, ma ovale.

Va detto però che l’adozione della “palla ovale” sembra collegata anche al materiale con cui venivano prodotti i primi palloni e ad alcune problematiche!

I primi palloni, infatti, erano fatti in modo artigianale con vesciche di maiale ricoperte di cuoio: essendo realizzati a mano, non sempre le dimensioni e le forme erano regolari. Nella maggior parte dei casi i palloni risultavano ovali.

Così, verso gli anni Sessanta del 1800, viene introdotta una gomma indiana molto più adatta allo scopo, che garantisce una forma più precisa, ovale e adatta a essere afferrata con le mani. Quando nel 1871 nasce la prima associazione di questo sport, la Rugby Football Union, e vengono definite le regole di gioco, si decide che la palla da usare deve essere ovale.

Dopo la nascita dell’associazione, il rugby prende il volo e dalla piccola città di Rugby dove è nato conquista prima Irlanda, Scozia, Irlanda e Galles e poi Paesi lontani come Nuova Zelanda, Australia, Stati Uniti e Francia. Proprio in questi anni viene istituito il Torneo delle Quattro nazioni (1882), progenitore dell’attuale “Sei nazioni”.

Prima di essere in 6, le nazioni erano 4. Il famoso “Sei nazioni” nasce nel 1882 come torneo da disputare tra sole quattro compagini: Inghilterra (che vince la prima edizione), Irlanda, Scozia e Galles. Nel 1910 le squadre diventano cinque, grazie all’ingresso nel club della Francia, che però si aggiudica la vittoria solo nel 1959.

Bisogna attendere il 2000 perché anche l’Italia entri a far parte delle squadre del trofeo che assume quindi definitivamente il nome di Sei nazioni.

L’edizione 2023 è stata vinta dall’Irlanda, che porta così a quota 23 il numero di tornei vinti nella storia.

Le due squadre che si sono aggiudicate il maggior numero di Sei nazioni sono Galles e Inghilterra (entrambe 39 edizioni), seguite dalla Francia, con 26 vittorie. Chiude la classifica la Scozia con 22. Dal 1996 esiste anche l’edizione femminile del Sei nazioni: l’edizione 2023 è stata vinta dall’Inghilterra, leader con 19 vittorie.

3. Lo “sbarco” in Italia. Nasce la Federazione

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Nel nostro Paese le prime partite di rugby vedono scendere in campo soprattutto giocatori britannici, ma tra una mischia e una meta, anche gli italiani iniziano ad appassionarsi.

È decisivo il contributo dell’ingegner Piero Mariani: emigrato in Francia, torna in Italia nel 1909 e, come scrive Marco Ruzzi nel libro Generazione Littoriali (Primalpe ), “inizia a diffondere il rugby che ha conosciuto giocando alcuni incontri Oltralpe”.

Non ci vuole molto perché nascano delle squadre e già nel 1910, domenica 26 e lunedì 27 marzo, si può assistere al primo incontro ufficiale di rugby in Italia: una sorta di presentazione alla quale assistono molti curiosi.

La partita va in scena a Torino, al Motovelodromo Umberto I e vede affrontarsi lo Sporting Club Universitarie de France e lo svizzero Club Servette. Per la prima partita con una squadra italiana occorre invece attendere il 20 marzo 1911, quando a Milano si tiene l’incontro tra l’Unione Sportiva Milanese e la Societè Athlétique Voironnaise, detentrice del primato nel campionato delle Alpi Marittime, che vince 15 a 0.

Terminata la Prima Guerra mondiale, nel 1927 nasce il Comitato Nazionale di Propaganda del Giuoco della Palla Ovale da cui prende vita, il 28 settembre 1928, la Federazione italiana rugby con presidente il console Giorgio Vaccaro: tra i suoi scopi “far crescere la pratica dello sport, evitando che si limiti ai centri urbani e alle principali città, ma cercando di ideare un progetto a diffusione provinciale”, scrive Ruzzi.

Da lì al primo campionato italiano il passo è breve: il 29 gennaio 1929 comincia la prima kermesse italiana con sei squadre (Bologna, Lazio, Leoni di San Marco Padova, Ambrosiana Milano, Leonessa Brescia e Michelin Torino).

“Il 27 giugno la Federazione italiana proclama ufficialmente l’Ambrosiana campione d’Italia”, scrive Marzo Ruzzi nel suo saggio. Nel corso degli anni seguenti emergono e si fanno notare nuove squadre, come il Petrarca Padova, la Benetton Treviso, il Calvisano (Brescia) e il Rovigo, detentore del titolo italiano 2022-2023.

4. La danza rituale

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Oggi il rugby è uno sport diffuso e apprezzato in tutti i continenti del mondo.

Nazioni come Argentina e Sudafrica hanno dimostrato di essere all’altezza delle squadre inglesi più antiche e blasonate, ma è soprattutto il team della Nuova Zelanda, quello dei famosissimi All Blacks (dal colore della loro uniforme in campo), che ha conquistato milioni e milioni di ammiratori e tifosi.

La loro danza rituale eseguita prima di ogni incontro – l’Haka– è ormai un appuntamento atteso da tutti gli appassionati di questo sport.

Prima dell’inizio di ogni partita, i giocatori neozelandesi, i fortissimi All Blacks, eseguono sempre la famosa danza rituale Haka, che fa parte della cultura Maori.

Fu eseguita la prima volta nel 1888, quando la squadra di Nativi neozelandesi giocò i primi incontri all’estero, in Inghilterra. Dal 1905 gli All Blacks eseguono sempre una variante dell’Haka, la Ke Mate, e cantano/ recitano questo testo: “Ascoltate! Preparatevi! Pronti! In posizione! Batti le mani contro le cosce! Pesta i piedi più forte che puoi!
Più forte che puoi! È la morte, è la morte!
È la vita! È la morte, è la morte! È la vita! Questo è l’uomo dai lunghi capelli ...è colui che ha fatto splendere il sole su di me!
Ancora uno scalino, ancora uno scalino, un altro fino in alto. Il sole splende!”.





5. Le parole chiave del rugby

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Come tutti gli sport, anche il rugby ha un suo vocabolario specifico. Eccone alcuni termini e che cosa significano.

Meta: è l’obiettivo principale del gioco, che consiste nel raggiungere l’area avversaria e depositare (“schiacciare”) il pallone a terra. In questo modo si conquistano 5 punti. Trasformazione: è ciò che accade dopo ogni meta. La squadra che ha segnato ha il diritto di tirare un calcio piazzato per far passare la palla in mezzo ai pali. Se ci riesce, conquista 2 punti aggiuntivi.

Drop: un modo per fare punti è anche quello di calciare direttamente il pallone di controbalzo in mezzo ai pali. Se ci si riesce, ci si aggiudicano 3 punti.

In-avanti e passaggio in avanti: una delle regole base del rugby è che la palla non può essere passata in avanti con le mani (ma con i piedi sì), ma va mandata sempre all’indietro. Se si fa un passaggio in avanti o la palla cade di mano per un controllo difettoso c’è una mischia a favore degli avversari.

Mischia chiusa od ordinata: se l’arbitro interrompe il gioco (ad esempio per un fallo), uno dei modi di riprendere la partita è la mischia con 8 giocatori di ogni squadra che si affrontano gli uni contro gli altri per conquistare la palla a terra.

Ruck: è la situazione di gioco in cui un giocatore è a terra e cerca di difendere il possesso palla da due avversari che sono sopra di lui.

 

Curiosità: Dopo la partita, c’è anche il terzo tempo
Una partita di rugby dura 80 minuti divisi in due tempi di 40 minuti separati dall’intervallo. Ogni appassionato della palla ovale sa però che c’è anche un terzo tempo: un momento conviviale al termine dell’incontro che coinvolge tutti i giocatori delle due squadre e spesso anche le famiglie.
Il terzo tempo è una delle tradizioni più importanti del rugby e rappresenta il vero spirito dello sport: avversari in campo, ma amici fuori. In alcuni casi anche i tifosi partecipano al terzo tempo: è un modo per fraternizzare e fare amicizia.








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