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Lo sciacallo: conosciamo questo abile cacciatore

Il suo nome è sinonimo di approfittatore e spesso se ne parla in senso dispregiativo, ma è ingegnoso, fedele e con una grande capacità di adattamento.

Ha abitudini prevalentemente crepuscolari-notturne ed il suo habitat principale è costituito da aree aperte ricche di nascondigli, ma anche boschi luminosi e non disdegna di avvicinarsi agli abitati.

Lo sciacallo ha un regime alimentare onnivoro, la sua grande adattabilità e lo spiccato opportunismo alimentare sono le sue caratteristiche vincenti, che ne hanno favorito l’espansione in Europa.

Raggiunge la maturità sessuale nell’anno seguente alla nascita. Si accoppia sul finire dell’inverno e la gestazione dura 63 giorni. Il parto avviene in marzo-aprile; nascono 3-8 piccoli inetti, in tane sotterranee o in nicchie varie.

Lo sciacallo è stato per molto tempo mal considerato: la sua permanenza attorno alle carogne lo ha messo in connessione con la morte, ma in realtà forma coppie fedeli e affiatate. Madri e sorelle conservano relazioni per tutta la vita.

Ed è un abilissimo cacciatore. Conosciamolo!

 

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1. Lo sciacallo lupastro

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Le sue origini affondano in Asia, è comune in Africa ed esiste in Europa da centinaia di anni.

Vive persino in Italia, anche se molte persone non lo sanno: viene scambiato per una volpe ma è più simile al nostro cane domestico perché appartiene al genere del lupo grigio e del coyote.

Stiamo parlando dello sciacallo, di cui esistono tre specie con caratteristiche diverse ma con abitudini simili:

• lo sciacallo dalla gualdrappa (Canis mesomelas), detto anche sciacallo dal dorso argentato, si riconosce per la striscia di colore scuro che dal collo arriva alla coda e contrasta col pelo rossastro; è snello e con lunghe orecchie triangolari;
Canis mesomelas

lo sciacallo striato (Canis adustus) è un po’ più grigio, con una striscia bianca sui fianchi e ha zampe e orecchie più corte;
Canis adustus

lo sciacallo dorato (Canis aureus) deve il nome al colore del manto, che a seconda della stagione va dal crema al fulvo ed è pennellato di scuro.
Canis aureus

Lo sciacallo ha le dimensioni di un cane di taglia media e si distingue dal lupo per sottili differenze: lo sciacallo è più piccolo e più slanciato, ha il muso più stretto e più appuntito, la coda è meno lunga ma è folta e sul finale diventa più scura, fino a essere nera (tranne quella dello sciacallo striato che ha la punta bianca).

Ha un’alta tolleranza agli ambienti aridi e si adatta a diversi habitat: deserti, savane, ambienti boscosi, coltivazioni abbandonate e zone montuose.

Lo sciacallo dalla gualdrappa è endemico dell’Africa del sud e della costa est e si spinge fino ai deserti costieri, come in Namibia.

Lo striato, invece, vive nelle regioni tropicali dell’Africa. È più raro ma comunque a basso rischio di estinzione, grazie alla sua capacità di coesistere con gli uomini: il suo territorio, infatti, arriva fino ai limiti delle città.

Lo sciacallo dorato è il più diffuso, vive dal sud dell’Asia fino in Europa. Ma una recente e sorprendente ricerca, pubblicata nel 2015, non lo colloca più in Africa: si è scoperto che lo sciacallo dorato africano è in realtà un lupo dorato.

Nonostante assomigli molto allo sciacallo nell’aspetto e venga addirittura chiamato sciacallo lupastro, è risultato geneticamente più simile al lupo, e gli è stato dato il nome scientifico di Canis anthus.

 

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2. Comportamenti simili

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L’etologia delle tre specie di sciacallo è spesso la stessa, o molto simile.

L’olfatto guida le attività, l’udito è molto sviluppato, mentre la vista è meno importante.

È carnivoro ma anche funghi, frutta e altri vegetali sono una parte importante della sua dieta e comunque cambia abitudini alimentari a seconda della stagione e del luogo in cui si trova: per questo è considerato opportunista.

La sua cattiva reputazione deriva anche dal fatto che mangia carcasse e non aiuta a migliorarla il fatto che si intrufoli nei campeggi dei parchi sudafricani per rubare il cibo dai tavolini e dalle griglie (o dove di notte mastica le calzature rimaste fuori da tende e camper).

Lo sciacallo è molto meno dipende dalle carogne di quanto comunemente si pensi.

In realtà è un abile predatore di rettili, uccelli e piccoli mammiferi e, in collaborazione con il partner, è in grado di cacciare animali addirittura 3-5 volte più grossi di lui.

Svolge così un ruolo importante nel mantenere un giusto equilibrio tra predatore e preda, in particolare dove i grandi carnivori non sono presenti.

In astuzia supera i suoi antagonisti e uno solo può tenere a bada un gruppo di avvoltoi quando difende una preda.

 

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3. Strilli e urla

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Per comunicare emette un improvviso strillo seguito da altri più brevi, in successione, e risponde solo ai richiami dei membri della sua famiglia, ignorando quelli degli estranei.

L’avviso di pericolo è come un forte urlo.

Può vivere da solo, con un partner o in piccoli gruppi che comprendono maschio e femmina dominanti, la prole e alcuni individui della precedente cucciolata.

Forma legami a lungo termine con l’altro sesso, quasi sempre per la vita, e la coppia agisce in perfetta sincronia nella predazione, nel trasportare il cibo, nel marcare e difendere il territorio e nell’occupasi dei cuccioli.

È un genitore premuroso che in una notte di caccia, la interrompe due-tre volte, per tornare dai piccoli e rigurgitare loro il nutrimento.

All’interno del branco è presente una coppia dominante che marca, in modo sincronizzato, l’area: questo serve per comunicare agli intrusi che sono entrambi presenti e disposti a difendere il loro territorio.

Il maschio si accoppia con una sola femmina (monogamo), questo probabilmente perché anch’egli è coinvolto nella crescita della cucciolata.

Entrambi i componenti della coppia hanno dei ruoli fondamentali nella crescita dei figli e nella protezione del territorio: quando uno dei genitori muore, il resto della famiglia è a rischio di sopravvivenza.

Lo sciacallo è in grado di riprodursi dagli 11 mesi. Non si riproduce prima dei due anni; la gestazione dura circa 60 giorni e nascono dai 2 ai 9 cuccioli, a seconda della specie.

I piccoli emergono per la prima volta dalla tana a cinque- sei settimane di età, ma non si allontanano molto fino a circa sei mesi; alcuni giovani, prima di andare in cerca del proprio territorio, restano dove sono nati e aiutano a crescere i fratelli.

 

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4. Anche in Italia

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In Europa vive solo lo sciacallo dorato, arrivato nel sud-est dopo l’ultima glaciazione.

Le antiche popolazioni mediterranee si sono poi mischiate con quelle provenienti dall’Asia per una dispersione naturale.

Nel XIX secolo ha raggiunto l’Ungheria, nel XX la sua presenza è diventata significativa ed è ancora in espansione, tanto che scienziati ed esperti si confrontano su questo mammifero in un simposio internazionale ogni quattro anni.

In Italia è presente da oltre trent’anni, anche se è quasi sconosciuto: sceso dalla Slovenia, si è insediato in Friuli-Venezia Giulia, Veneto e Trentino-Alto Adige.

L’attuale distribuzione della specie nell’Italia nord-orientale copre le regioni Friuli Venezia Giulia, Veneto e parte della regione Trentino-Alto Adige, e sembra essere in rapida espansione.

Gruppi riproduttivi di sciacalli dorati sono ampiamente dispersi sulle montagne del Friuli Venezia Giulia e del Veneto e sul Carso (province di Gorizia e Trieste).

Le sporadiche presenze della specie in zone di pianura (province di Udine, Treviso e Venezia) sono principalmente legate a fenomeni di dispersione di maschi giovani e sub-adulti, ma in provincia di Udine è stato accertato anche un caso di riproduzione in agro-ecosistemi di pianura.

In tutta l’area indagata la specie predilige quote basse o medie, selezionando ambienti boscati o fortemente modificati dall’intervento antropico, mostrando una discreta preferenza per ambienti umidi, letti fluviali e boschi riparali.

I principali problemi per la specie in Italia sono sicuramente la mortalità stradale e gli abbattimenti accidentali nel corso dei prelievi di volpi.

Nel 2017 è stato visto in provincia di Modena e una fototrappola lo ha ripreso vicino a Bergamo: è l’avvistamento più a nord-ovest segnalato finora.

Alcuni studi ritengono si stia espandendo proprio in questa direzione: merito delle abbondanti e facili fonti di cibo, dei cambiamenti nell’utilizzo del territorio, dell’aumento di spazi aperti prediletti da questo animale, del clima più caldo.

Dati recenti hanno avvalorato la teoria che collega la comparsa dello sciacallo alla sparizione o assenza del lupo: questi due mammiferi, infatti, tendono a essere in competizione.

 

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5. Non una peste, ma utile

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Non è un animale a rischio di estinzione ma in Africa viene ucciso dagli allevatori per proteggere i propri animali e perché considerato portatore di malattie.

Nel nostro Paese viene confuso con la volpe e abbattuto per lo stesso accanimento mostrato verso quest’altro predatore.

Ma gli animali domestici o da allevamento non sono le prede principali dello sciacallo e ci sono metodi di protezione più efficaci della persecuzione; basterebbe, inoltre, una maggiore cura nello smaltimento dei rifiuti, dai quali è attirato.

Lo sciacallo è molto meno dipende dalle carogne di quanto comunemente si pensi.

Esso è in realtà un onnivoro opportunista, che si può nutrire di frutta, di Insetti, di Invertebrati, di Mammiferi (dai piccoli Roditori sino alle gazzelle) e di carogne.

Non teme l’uomo ma non bisogna averne paura, basta trattarlo come ogni altro animale selvatico: non avvicinarlo, né dargli da mangiare.

E può addirittura essere utile in agricoltura perché caccia i roditori e altri animali infestanti dei raccolti.

Affinché cambi l’atteggiamento ostile nei suoi confronti, è importante quindi capire l’importanza del suo ruolo nell’ecosistema.

 

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