L’orca è intelligente, misteriosa e poliglotta.
Negli oceani comanda lei. Anche squali e balene la temono perché è la più forte di tutti.
Con la sua intelligenza e la sua mole, attacca qualsiasi preda. Tende agguati anche in spiaggia e non ha nessun predatore.
Possono restare sott’acqua 20 minuti, poi emergono per respirare. Sono abili nuotatrici: raggiungono i 50 km/h.
La dimensione dell’orca varia da 4,5 a 6 m per la femmina e da 9 a 10 m per il maschio.
Ha un’imponente pinna carnosa sul dorso, che può essere lunga fino a 1,8 m nei maschi. I denti sono conici, adatti ad afferrare ogni tipo di preda.
È un predatore molto attivo nella zona del pack, dove assale anche animali di mole notevole quali pinguini, squali, Pinnipedi ed altri Cetacei.
Appartiene al gruppo dei mammiferi, che sono vertebrati. Come il delfino è un cetaceo. La popolazione antartica è stimata di circa 200.000 esemplari.
Ogni branco ha una sua lingua, vocalizzazioni complesse che vengono insegnate dalle madri ai cuccioli. Alcune orche parlano addirittura il delfinese!
Ecco 5 cose molto interessanti sull’orca, la regina degli oceani.
1. Una famiglia matrilineare
Paragonabile per complessità solo a quella degli elefanti o delle scimmie antropomorfe (uomo compreso), la società delle orche è una piramide che ruota intorno alla famiglia matrilineare.
Al centro di tutto c’è la madre: tranne rari casi, la sua progenie resta con lei per tutta la vita, indipendentemente dal sesso.
E, naturalmente, è la madre la responsabile dell’educazione.
Sono le femmine del pod a prendersi cura dei cuccioli e a insegnare loro le buone maniere: se un giovane si comporta male, la madre o un’altra femmina del branco lo sgridano.
Se sbaglia strada, le femmine lo spingono nella direzione giusta battendo le pinne sulla superficie dell’acqua per attirare la sua attenzione e persino mordendolo nei casi più gravi.
Poiché anche le figlie femmine si riproducono, i nipoti restano con la nonna; considerando l’età media dell’animale, che si aggira sui 50 anni, e che ogni orca partorisce in media un figlio (il primo arriva a 20 anni) ogni cinque anni, un nucleo familiare può ospitare da 2 a 5 generazioni.
I legami familiari sono dunque forti e duraturi, ma come evitare il rischio di inbreeding (accoppiamento tra consanguinei)? È qui che entra in gioco la seconda, e più complessa, struttura della cultura delle orche: il pod (in italiano: baccello).
Tipicamente comprende da una a quattro famiglie, ma la cifra è indicativa. Ciò che lega i singoli individui è un qualche avo in comune (per via materna) ma non abbastanza vicino da rendere impossibile l’accoppiamento: i maschi di ogni famiglia si accoppiano quasi esclusivamente con altre femmine dello stesso pod.
2. Alcune cose che forse non sappiamo di lei
- Grazie alle orche gli scienziati sono riusciti a farsi un’idea più precisa delle (pessime) condizioni ambientali del Polo Nord.
Il Polo è desolato e l’attività dell’uomo quasi assente; eppure, che sia via mare o via aria, gli inquinanti viaggiano anche per migliaia di chilometri, e le correnti spingono sempre a nord.
Questo significa che sostanze come i policlorobifenili circolano liberamente nel mare, e vengono ingerite dalla fauna. Più si sale nella catena alimentare, più la concentrazione di tossine aumenta.
Gradino dopo gradino, si arriva alle orche, predatore all’apice della catena e dunque ricettacolo di quello che è stato accumulato nei passaggi precedenti. - Non esistono orche bianche e nere! Oltre ai due colori più evidenti, infatti, l’orca ha anche una “sella” grigia dietro la pinna dorsale.
Dimensione e forma della sella cambiano da individuo a individuo e sono pertanto importanti strumenti di identificazione per gli scienziati.
Non solo: i tre tipi diversi di orca che si conoscono (residenti, transienti, offshore) hanno selle di aspetto diverso. - Un grande mammifero marino spiaggiato è uno spettacolo desolante. Ma se il mammifero in questione lo stesse facendo apposta?
Succede in Argentina, dove un branco di appena sette orche, l’unico al mondo a utilizzare questa strategia, è solito spiaggiarsi volontariamente.
Gli animali, che vivono tra Punta Norte e Valdes Creek, sfruttano il breve periodo di bassa marea per salire sulla spiaggia e aggredire leoni ed elefanti marini. Sarà poi l’alta marea a riportarli in mare. Sazi. - Le orche sono una delle attrazioni principali nei parchi acquatici degli Stati Uniti e del Canada.
Considerate vere e proprie star, trattate (in teoria) con i guanti di velluto, devono il loro status all’estrema intelligenza, la stessa che permette loro di capire la differenza tra libertà e cattività; ed è proprio questo il tema di Blackfish, sconvolgente documentario datato 2013 che punta il dito contro la pratica di tenere le orche come animali da circo.
3. I dialetti e l'apprendimento vocale
Come molti altri mammiferi marini, le orche comunicano con un complesso sistema di clic, fischi e suoni pulsanti.
Sono soprattutto le residenti a chiacchierare volentieri: le transienti rischierebbero di allertare anche le loro prede, e preferiscono limitare i clic al minimo necessario per individuarle grazie all’eco.
Ogni pod residente, per altro, ha una lingua propria: alternando in modo ripetitivo e regolare i tre suoni, i branchi di orche sviluppano un dialetto caratteristico, che viene insegnato ai cuccioli fin dalla nascita.
Naturalmente, le relazioni con gli altri pod possono sporcare o contaminare un dialetto, fino a farne nascere uno nuovo: studiando le differenze tra due dialetti è possibile capire quanto imparentati siano i pod.
Non è tutto: qualche anno fa, Ann Bowles, ricercatrice presso lo Hubbs-SeaWorld Research Institute a Carlsbad, California, ha deciso di dimostrare con prove schiaccianti «che le orche possono imparare altri dialetti. Bisogna scoprire come, e quanto bene sono in grado di farlo».
Acquari e parchi acquatici sono pieni di esemplari che hanno vissuto a lungo a contatto con altri mammiferi marini capaci di comunicare, come i tursiopi.
Studiandoli, Bowles ha scoperto qualcosa di incredibile: «Le orche sembrano notevolmente preoccupate di fare bella figura con i loro amici». Cioè: hanno capito come modulare il loro richiamo per farlo assomigliare a quello di un delfino e, in un caso, un animale ha persino imparato a emettere un suono nuovo.
Si chiama apprendimento vocale, ed è una caratteristica che le orche condividono solo con altri sette gruppi animali: pipistrelli, pinnipedi (foche e leoni marini), elefanti, passeri, pappagalli, colibrì, gli altri cetacei.
E l’uomo, naturalmente: è sconvolgente pensare quanto abbiamo in comune con un animale così apparentemente diverso da noi.
4. A ciascuna il suo pasto
L’estrema rigidità delle gerarchie è alla base delle tecniche di caccia delle orche.
Le differenti strategie, ciascuna sviluppata per un singolo tipo di preda, sono di una precisione assoluta.
Se stanno inseguendo un branco di balene, per esempio, agiscono ai margini per individuare un piccolo e la madre e li separano dagli altri; poi, prendono il cucciolo e lo tengono sott’acqua per annegarlo.
Non sono più tenere con gli squali, alcuni dei quali hanno bisogno di essere in costante movimento per non annegare: le orche li afferrano e li girano a pancia in su, lasciandoli soffocare lentamente (foto).
Se si trovano di fronte a un banco di pesci, invece, le orche scuotono le pinne per provocare piccoli mulinelli che costringono gli animali a stringersi tra loro in una palla; poi colpiscono l’acqua a pinnate per stordire o uccidere fino a 15 pesci per volta.
Nessun branco, però, è in grado di compiere tutte queste imprese assieme. A seconda della zona di residenza, e delle abitudini migratorie, ogni pod è specializzato in uno o pochi tipi di preda.
Gli scienziati individuano tre differenti varianti della specie (ecotipi) tra le orche: le residenti, le transienti e le offshore.
- Le residenti vivono in una zona limitata e da lì non si spostano mai; costituiscono i pod e le comunità più numerose e stabili.
- Le transienti hanno abitudini migratorie, formano pod che raramente superano i 10 individui e sono governati in genere da una singola madre.
- Le offshore sono membri di misteriosi pod che vivono in mezzo agli oceani e sui quali si sa poco.
Le residenti si nutrono in prevalenza di pesce. Le transienti preferiscono le prede grosse: squali, balene, altri mammiferi marini. Le offshore, invece, mangiano quello che trovano. Non si sono mai registrate interazioni tra pod residenti e transienti, che possono convivere nella stessa zona e ignorarsi.
5. La struttura sociale
- LA FAMIGLIA: diversamente da tutti gli altri mammiferi, le orche passano con le loro madri tutta la vita (la società è matrilineare). Dato che questi mammiferi vivono in media mezzo secolo (ma possono raggiungere i 90 anni), ogni nucleo ospita 4 e più generazioni. Le famiglie non si separano mai.
- IL POD: o più semplicemente branco, è un’associazione di famiglie (fino a quattro) che garantisce ai maschi la possibilità di accoppiarsi con femmine geneticamente non imparentate con loro.
Le singole famiglie possono abbandonare il pod anche per qualche mese, ma i maschi si accoppieranno praticamente sempre con femmine del proprio pod. - IL CLAN: il livello successivo della piramide è costituito dalla “famiglia allargata”, un gruppo di pod che condividono lo stesso dialetto e gli stessi antenati, ma che non è strettamente imparentato né legato a vincoli di fedeltà.
Spesso, il territorio di due clan si può sovrapporre, e i singoli pod cambiare appartenenza. - LA COMUNITÀ: è un gruppo di clan che interagiscono regolarmente soltanto per ragioni territoriali (e infatti i singoli clan di una comunità parlano dialetti diversi). La comunità meglio conosciuta del pianeta è quella del Pacifico Nord-orientale, composta da 3 comunità, 6 clan, trenta pod e 515 esemplari in totale.
- E I MASCHI? Generalmente vivono con la famiglia, ma ci sono casi di maschi appartenenti a pod transienti (cioè con abitudini migratorie) che diventano nomadi, non stringono legami con alcun pod e passano la loro vita saltando da un clan all’altro, in cerca di femmine con cui accoppiarsi.