Il mondo punta il dito non solo sulla Volkswagen, ma su tutte le case automobilistiche.
L’ente di protezione ambientale degli U.S.A. il 18 settembre 2015 ha individuato in alcuni modelli di autovetture diesel prodotte dal Gruppo Volkswagen un sistema in grado di alterare le emissioni di scarico ed in particolare degli ossidi d’azoto (NOx), riducendoli durante i controlli per le omologazioni.
VW ha ammesso che i medesimi propulsori TDI circolano anche in Europa, immatricolati come Euro 5, per un totale di circa 11 milioni di mezzi, dei quali quasi 650.000 in Italia, e che essi non rispettano le condizioni per l’omologazione Euro 5.
Come vengono fatti i controlli? Quante volte? E chi ne è responsabile? La buona notizia è che dal 2016 le cose cambiano e barare sarà certamente più difficile.
Da poco (28 giugno 2016) si è diffusa la notizia dell’accordo divenuto definitivo negli USA tra VW, proprietari e Ministero della Giustizia.
Ai consumatori andranno risarcimenti variabili da 5.100 a 10.000 dollari oltre al riacquisto dell’auto ai valori pre-scandalo, oppure l’effettuazione, se possibile, della riparazione del mezzo per rispettare le normative.
Accordo da più di 15 miliardi di $ complessivi. Ora l’Europa mira al medesimo risultato. Ma vediamo quando inquinano davvero le auto!
1. Tre anni fa la prima denuncia
Il recente scandalo sulle emissioni truccate della Volkswagen ha aperto una breccia in un mondo finora sconosciuto, quello dei controlli sulle auto.
Tutto inizia a settembre del 2015 quando l’Epa, l’agenzia americana per la protezione ambientale, contesta alla casa automobilistica tedesca di aver barato sui test relativi alle emissioni di sostanze inquinanti per i veicoli diesel.
Alla base della presunta truffa ci sarebbe un software installato a bordo, che durante i test di omologazione dell’auto è in grado di riconoscere quando è il momento di rallentare il ciclo di combustione del carburante.
In questo modo, un’auto immatricolata come un mezzo a basso impatto ambientale è, al contrario, un veicolo inquinante come tanti altri.
Lo scandalo, che ha preso il nome di Diesel-gate, riguarda soprattutto i veicoli Euro 5, cioè quelli che sulla carta dovrebbero inquinare di meno. Ma come funzionano questi test e chi li fa? Come è stato possibile non accorgersene prima?
In realtà, qualche anomalia era già stata denunciata tre anni fa da Transport & Environment, un’organizzazione non governativa con base a Bruxelles.
In un rapporto dettagliato, la Ong aveva dimostrato tutte le debolezze degli esami e i vari “trucchi” che molti produttori di veicoli adottano per fare bella figura alle prove.
Il risultato dello studio getta una pessima ombra sul settore: su strada un’auto consuma in media il 23 per cento in più, e in alcuni casi anche il 50 per cento in più, rispetto a quanto dichiarato dalle aziende.
2. Test solo per l’omologazione e la prova sul tapis roulant
- Test? Solo per l’omologazione
Prima di tutto vale la pena ricordare che questi test sulle emissioni, che comprendono anche i capitoli su sicurezza e consumi, sono eseguiti solo in fase di omologazione delle auto.
Una volta in concessionaria o ancora peggio su strada, i veicoli non vengono più controllati, se non dal meccanico per la revisione. È un’anomalia, ma è dettata dalle direttive europee.
E non è l’unica. «Le norme dell’Unione europea riguardano anche l’uniformità delle dimensioni dei veicoli o delle prestazioni di determinati particolari o sistemi», spiegano dall’Aci, l’Automobile club d’Italia.
«Le norme di omologazione tecnica servono anche a facilitare gli scambi commerciali, impedendo che singoli paesi, con il pretesto di proprie norme nazionali, possano creare barriere d’ingresso ai prodotti stranieri». - La prova sul tapis roulant
I test di omologazione si eseguono nei Cpa (Centri prova autoveicoli). In Italia sono in tutto 12 e dipendono direttamente dal Ministero dei trasporti.
I test prevedono sia esami “in vitro” sia su strada. Il ciclo di controlli necessari per l’omologazione si chiama Nedc (New european driving cycle) ed è un protocollo di valutazione messo a punto negli anni Settanta, aggiornato per l’ultima volta nel 1997.
Il primo test misura i consumi e le emissioni in laboratorio su rulli simili a tapis roulant, dove al volante invece del conducente c’è un computer che segue una tabella di marcia simile a quella che si può seguire su strade urbane ed extraurbane.
Poi c’è una prova sull’asfalto vero e proprio che prevede accelerazioni da 20 a 120 chilometri orari.
«Nella prova su strade urbane la velocità massima consentita è di 50 chilometri all’ora da raggiungere in circa 26 secondi», si legge nel rapporto di Transport & Environment, «quando una normale auto familiare, nello stesso tempo, raggiunge il doppio della velocità».
Il test dura in tutto una ventina di minuti e in questo caso le case automobilistiche non stanno barando, perché è tutto previsto dalle normative europee.
Certo è che, a leggere il rapporto di Transport & Environment, nella vita reale, le auto hanno performance ben diverse.
3. Sono ammessi 10 “trucchi”
Sia durante il test in laboratorio sia in quello su strada, inoltre, sono ammesse alcune “accortezze”.
Sono tutte legali, ma lasciano comunque perplessi. Sono i 10 trucchi, elencati dal rapporto della Ong, per alterare i risultati.
Come, per esempio, sigillare le portiere per aumentare l’aerodinamica o gonfiare i pneumatici per diminuire l’attrito.
Secondo le leggi europee, poi, nei laboratori dove si svolgono i test la temperatura può essere compresa tra i 20 e i 30 gradi centigradi.
E in un clima caldo, che certamente non rappresenta la media europea, il motore ingrana più in fretta, consuma meno carburante e produce un livello inferiore di emissioni inquinanti.
In realtà l’Unione europea, a partire dal 2007 e cioè da molto prima dello scandalo della Volkswagen, aveva iniziato a progettare un altro tipo di test per rendere la prova più realistica.
Il nuovo test si chiama Rde (Real driving emission) ed è applicabile a decorrere dal 1° gennaio 2016.
Abbina ai classici test di laboratorio per la misurazione delle emissioni inquinanti le prove su strada con accelerazioni e decelerazioni casuali.
La misura delle emissioni viene effettuata con apparecchiature portatili chiamate Pems (Portable emission measuring systems).
L’obiettivo di questo nuovo ciclo di omologazione è misurare efficacemente le differenze tra i risultati dei test in laboratorio e quelli su strada.
Le variazioni casuali di velocità quindi renderanno la prova non alterabile da parte di un software come quello utilizzato dalla Volkswagen.
4. Quasi 9 milioni di veicoli coinvolti (non solo Volkswagen)
In tutta l’Unione europea per lo scandalo Diesel-gate saranno richiamate in officina quasi 9 milioni di auto Volkswagen.
In Italia sono quasi 650.000. Lo aveva annunciato la stessa casa madre tedesca, aggiungendo che "i richiami partiranno da gennaio 2016 senza costi per i proprietari".
La casa automobilistica travolta dallo scandalo delle emissioni truccate ha garantito che i nuovi motori diesel EA288 non sono stati manipolati.
Come si vedrà dalla tabella dei casi più eclatanti degli ultimi cinque anni, il richiamo in azienda non è un fenomeno isolato.
Il caso Volkswagen è comunque diverso perché le auto funzionano a meraviglia, ma inquinano più di quanto dichiarato dall’azienda.
- 2014: La Toyota richiama 6,4 milioni di auto per una probabile criticità allo sterzo.
- 2013: La Toyota richiama quasi 2 milioni di Prius, un modello ibrido, per problemi al sistema frenante. 2013 Hyundai e Kia richiamano 3 milioni di veicoli per un difetto al sistema airbag. 2013 Chrysler richiama 2,7 milioni di Jeep per problemi di sicurezza.
- 2013: Volkswagen richiama 2,6 milioni di veicoli per la verifica di luci, trasmissioni e perdita carburante.
- 2010: Nissan richiama 2,1 milioni di auto per un problema di avviamento.
- 2010: General Motors richiama 1,5 milioni di modelli per un problema allo sterzo
5. Il Diesel-gate allo studio all’Università di Urbino e la prima richiesta di risarcimento viene da Cuneo
- Il Diesel-gate allo studio all’Università di Urbino
Dal 2014 l’Università di Urbino studia i trucchi sui test delle auto diesel venuti a galla con il caso Volkswagen.
Con il progetto Sefira, finanziato dall’Unione europea, l’ateneo marchigiano sta in particolare curando sul suo sito web (www.sefira-project.eu) un approfondimento scientifico delle notizie legate alle accuse alla Volkswagen della Agenzia per la protezione ambientale degli Usa. - Viene da Cuneo la prima richiesta di risarcimento
La prima richiesta danni contro Volkswagen in Italia è di una coppia cuneese proprietaria di una Audi A5 2000 Tdi, che contesta danni patrimoniali alla casa di Wolfsburg.
La coppia è legalmente assistita dal Global justice network, una rete internazionale per i diritti dei consumatori.
Tutti gli interessati possono sottoporre il proprio caso al team legale sul sito www.emissionidiesel.com, dove sono disponibili informazioni per veicoli Volkswagen, Audi, Skoda o Seat.
I NUMERI IN ITALIA:
- 361.432 Volkswagen
- 197.421 Audi
- 35.348 SEAT
- 38.966 ŠKODA
- 15.291 Volkswagen Veicoli Commerciali