Peperoncino, curry, zenzero, curcuma: le spezie non solo insaporiscono i nostri piatti, ma ci tengono alla larga dalle più gravi malattie.
Soprattutto se non beviamo alcolici.
Ne sono convinti i ricercatori dell’Accademia cinese di scienze mediche: consumare quotidianamente spezie piccanti ridurrebbe del 14 per cento il rischio di morte.
Mangiare piccante salva la vita? Scopriamolo insieme.
1. I cibi piccanti possono proteggere la salute
Riso in bianco o allo zafferano? Spaghetti al burro o con aglio, olio e peperoncino?
Le spezie e gli aromi migliorano il gusto, il colore e, più in generale, l’appetibilità dei cibi.
Ma non è solo una questione di sapore: i cibi piccanti sembrano anche proteggere la salute.
Ne sono convinti i ricercatori dell’Accademia cinese di scienze mediche: consumare quotidianamente spezie piccanti ridurrebbe del 14 per cento il rischio di morte.
Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista British Medical Journal, ha monitorato per sette anni le abitudini alimentari e lo stile di vita di 487.375 persone di età compresa fra 30 e 79 anni, che all’inizio della sperimentazione non erano affette da tumori o malattie cardiovascolari e non erano mai state colpite da ictus.
Durante il periodo di osservazione, in cui sono decedute 20.224 persone, i ricercatori hanno osservato evidenti effetti benefici in chi mangiava piccante.
Infatti, rispetto a chi consumava cibo speziato meno di una volta alla settimana, chi consumava una o due volte alla settimana curry, peperoncino e altre spezie (per esempio rafano e wasabi) ha avuto un rischio di morte diminuito del 10 per cento.
E in chi consumava questi alimenti tre, cinque, sei volte alla settimana, o anche tutti i giorni, il rischio è diminuito del 14 per cento.
«Questa associazione tra aumento del consumo di spezie e diminuzione del rischio di mortalità è stata più evidente nelle persone che non bevevano alcol», dicono gli scienziati cinesi, che aggiungono:
«Abbiamo visto che il consumo frequente di cibi speziati è anche correlato a un rischio minore di morte per cancro, attacco ischemico e malattie del sistema respiratorio: ancora più nelle donne che negli uomini».
2. Un cocktail di salute
Molte delle persone che hanno partecipato allo studio cinese consumavano abitualmente curry, un condimento tipico della cucina indiana e preparato riducendo in polvere una miscela di spezie: pepe nero, cumino, coriandolo, cannella, curcuma e anche chiodi di garofano, zenzero, noce moscata, fieno greco, peperoncino, zafferano, cardamomo.
La composizione del curry varia a seconda delle zone da cui proviene. Il curry è antitumorale, antinfiammatorio, antibatterico e riesce a combattere il meteorismo anche perché è un vero e proprio toccasana per l’intestino.
In particolare, è la curcumina, il principio attivo contenuto nella curcuma, che aiuta a contrastare il rischio di sviluppare tumori, perché sembra che inibisca la trasformazione delle cellule sane in cellule cancerose.
Questo effetto è amplificato dal fatto che nel curry la curcumina è miscelata alla piperina, componente del pepe nero: la piperina aumenta la biodisponibilità di curcumina, cioè la rende più facile da assorbire e da utilizzare nel nostro organismo. Ma le virtù di questo cocktail di spezie non finiscono qui.
Il curry contiene anche lo zenzero, che blocca la formazione di molecole coinvolte nei processi infiammatori del nostro corpo, combatte il gonfiore addominale ed è un antitumorale come la curcuma.
Ma contiene anche la cannella che aiuta a controllare i picchi di glicemia nel sangue, il pepe che stimola la circolazione sanguigna e contrasta la ritenzione idrica, e il peperoncino conosciuto anche per le sue proprietà dimagranti: stimola il metabolismo favorendo il consumo di calorie, ma non bisogna abusarne.
Ma quali sono le virtù del peperoncino? Spezia molto usata anche nella nostra cucina mediterranea, soprattutto in quella del Sud Italia, il peperoncino è considerato uno dei cibi che allungano la vita, soprattutto se consumato da chi non fa uso di alcol.
Merito del suo contenuto in capsaicina: un alcaloide presente in grandi quantità nella pianta, a cui conferisce il tipico sapore piccante, e del quale sono state ampiamente dimostrate, già in passato, proprietà antinfiammatorie.
La capsaicina è anche un potente vasodilatatore, utile in caso di ipertensione arteriosa, oltre che un antibatterico, efficace come conservante.
3. Il rovescio della medaglia e perché nei paesi caldi se ne usano di più?
- Il rovescio della medaglia
Il consumo di spezie può però avere delle controindicazioni.
I cibi piccanti possono causare reazioni indesiderate nell’organismo.
Nel caso del curry, per esempio, la presenza di pepe non lo rende adatto a chi soffre di ulcere gastriche e gastriti, mentre la capsaicina del peperoncino potrebbe causare irritazioni alle mucose della faringe, dell’esofago, dello stomaco, dell’intestino (con aggravamento della sindrome del colon irritabile) e dell’apparato urinario se assunto in eccesso.
Nei soggetti predisposti, peggiora i sintomi delle emorroidi. Svolge un effetto negativo anche sui tessuti della prostata maschile: irritandola, ne diminuisce la funzionalità. - Perché nei paesi caldi se ne usano di più?
Paul Sherman della Cornell University di Ithaca (Usa) ha studiato quasi 5.000 ricette a base di carne di 36 paesi del mondo, esaminando la correlazione tra l’uso di 43 spezie e la temperatura media.
Il risultato è stato che paesi con un clima più caldo usano più spesso le spezie di quelli con un clima più freddo.
Il motivo, che risale ai tempi in cui non esistevano i metodi di refrigerazione, è stato quello di inibire la proliferazione di funghi e batteri nel cibo.
«L’uomo trasmette tratti benefici sia geneticamente sia culturalmente e questi includono i recettori nella nostra bocca e il nostro gusto per determinati sapori. Chi apprezzava il cibo con spezie antibatteriche aveva una vita più sana, viveva di più e generava più figli, che a loro volta imparavano le ricette di famiglia contenenti le spezie benefiche. In questo modo si è creato un vantaggio evolutivo di alcuni gruppi, che facevano uso di spezie, rispetto a coloro che non ne facevano uso».
4. Queste tre spezie sono le più costose
Queste tre spezie sono le più costose:
- Zafferano
Costa minimo 12mila euro al chilo. Ma il prezzo supera i 30mila per quello Dop.
È caro perché per coltivarlo e raccoglierlo serve tanto lavoro manuale e la resa è bassa: «Per un kg di zafferano secco servono circa 200mila fiori e 500 ore di lavoro», dicono al Consorzio per la tutela dello zafferano dell’Aquila.
Delle 180 tonnellate prodotte ogni anno nel mondo, il 90% arriva dall’Iran. L’Italia ne produce 500 chili all’anno. - Cardamomo
Può arrivare a costare 200 euro al chilo.
Conosciuto anche dagli antichi Greci e Romani che lo usavano per produrre profumi, se ne consumano i semi essiccati, protetti da una capsula da eliminare prima di scioglierli o macinarli.
Le due principali varietà sono il cardamomo verde, più pregiato, prodotto soprattutto in Iran, India e Malesia, e quello nero che è il più comune e di cui il Nepal è il principale produttore. - Vaniglia
Vale anche 259 euro al chilo quella più pregiata di Tahiti. L’aroma di vaniglia è il più usato in campo alimentare e industriale.
Il nostro naso lo percepisce anche in minime tracce. Si estrae dai baccelli di una pianta della famiglia delle Orchidaceae, Vanilla planifolia, originaria del Messico.
Gli Aztechi la chiamavano tlilxochitl, “fiore nero”, e la usavano per aromatizzare il loro “cibo degli dei”, la bevanda a base di cacao.
5. Le spezie resero più forti gli operai delle piramidi
- Sembra che agli operai impegnati intorno al 2600 a.C. nella costruzione della piramide di Cheope venissero forniti cibi speziati per mantenerli in forze e proteggerli dalle epidemie.
Anche nel Papiro Ebers, un documento risalente al 1550 a.C. quando regnava il faraone Amenhotep I, oggi conservato all’Università di Lipsia in Germania, sono descritti numerosi rimedi a base di erbe aromatiche e spezie.
Inoltre, fra i ritrovamenti archeologici di quel periodo ci sono tracce di anice, fieno greco, cardamomo, cumino, aneto e zafferano.
Già in quest’epoca la gran parte delle spezie proveniva dall’India. - Da secoli il prezzo delle spezie orientali era gravato dall’intermediazione dei commercianti arabi, persiani, turchi e veneziani. Per questo l’8 luglio 1497 l’esploratore portoghese Vasco da Gama salpò da Lisbona con l’obiettivo di raggiungere l’India e aprire la tanto agognata “Rotta delle Spezie” che avrebbe permesso di farne a meno.
Ci riuscì: sbarcò infatti in India a Calicut (oggi Kozhikode) il 20 maggio 1498. - Sei anni prima di lui anche Cristoforo Colombo aveva cercato una rotta rapida per le Indie contattando finanziatori interessati a spezie da commerciare. Ma lungo il viaggio trovò le Americhe.