Cento anni fa veniva alla luce Margherita Hack, la prima donna chiamata a dirigere un osservatorio astronomico in Italia!
Margherita Hack, la prima donna direttrice di un osservatorio astronomico italiano, nasceva a Firenze il 16 giugno 1922 da papà protestante di origine svizzera e mamma toscana di fede cattolica.
Religioni poco praticate e poi abbandonate da entrambi, per aderire alla Società Teosofica Italiana, della quale il padre Roberto fu per un certo periodo il segretario.
Il cognome straniero della bambina proveniva dal nonno paterno, nato a Winterthur del Canton Zurigo ed emigrato nel capoluogo toscano per lavorare in una pasticceria.
La mamma Maria Luisa Poggesi utilizzò poco il diploma per insegnare, preferendo viaggiare al seguito di ricche famiglie straniere come istitutrice delle loro figlie: visitò Marocco, Svizzera e Fiume, allora sotto il dominio austriaco insieme a Trieste, una città che la entusiasmò per la grande civiltà e libertà di cui godevano le donne.
1. UNA BAMBINA SPORTIVA
Il cielo esercitò da principio poca attrazione su Margherita, nonostante il profetico nome della strada adiacente al luogo di nascita, ossia via Centostelle (oggi via Marconi), alla periferia nord di Firenze.
La sua vera passione, ancora da bambina, fu lo sport, che riusciva ad affascinarla soprattutto con le imprese epiche dei ciclisti, come ricorda in un libro autobiografico: “Il mio interesse per la bici e il ciclismo è cominciato molto presto, certamente prima che avessi compiuto dieci anni, perché la domanda di rito che rivolgevo a qualunque nuova persona che incontravo, sia che fosse un ragazzino come me o un amico dei miei era: ‘Sei per Binda o per Guerra?’ Io ero per Binda”.
Il tenore di vita della giovinetta mutò dopo il licenziamento del papà per motivi di salute, ma le vere ragioni andavano cercate nell’attività di sindacalista e in una malcelata ostilità al regime fascista. Provvederà la mamma, diplomata all’Accademia delle Belle Arti, a sostenere la famiglia, vendendo miniature dei grandi capolavori ai ricchi turisti stranieri di passaggio.
A causa delle minori disponibilità economiche, Margherita si trasferì in una vecchia casa, lasciata in eredità dalla nonna materna, situata in prossimità dell’Osservatorio astronomico di Arcetri. Nonostante questo ulteriore segno premonitore, l’incontenibile energia e la voglia di competere portarono la giovane verso l’attività sportiva.
Partecipava alle adunate organizzate dal regime, divertendosi insieme ai ragazzi che le animavano: ma dopo l’entrata in vigore delle leggi razziali, con l’allontanamento dalla scuola di alcuni compagni e insegnanti, la sua posizione nei confronti del fascismo cambiò.
A metà maggio 1939 fu protagonista di una accesa discussione con alcune compagne di classe, nel corso della quale criticò l’invasione tedesca di stati neutrali e definì vergognose le leggi razziali.
Accompagnata davanti al preside, con l’accusa di essere una disfattista, fu sospesa per venti giorni e rimediò anche un sette in condotta che le avrebbe precluso l’accesso agli esami di maturità classica.
Ma l’entrata in guerra dell’Italia il mese seguente portò all’abolizione degli esami; come lei stessa raccontò più tardi, “fummo promossi o bocciati con i voti riportati durante l’anno. Così, fui dichiarata matura con la media del sette ed ebbi sei in matematica e fisica, che erano il mio forte, e otto in filosofia, di cui non capivo nulla”.
2. LA SCELTA DELLA FACOLTÀ UNIVERSITARIA
Anche se col trascorrere del tempo mutò alcune sue abitudini, Margherita rimase sempre fedele al regime di alimentazione seguito dai genitori in seguito all’adesione alla teosofia che lei stessa definiva:
“Una filosofia di matrice buddista che crede in un Dio diffuso in tutto l’Universo, nella reincarnazione e soprattutto nel rispetto di tutti gli esseri viventi, e quindi anche degli animali. I miei avevano scelto di essere vegetariani, io sono nata vegetariana”.
Durante l’estate di quello stesso anno iniziò a praticare l’atletica leggera e partecipò ai Giochi della Gioventù, su invito della professoressa di ginnastica, andando a Roma per gareggiare nel lancio del peso, a lei completamente sconosciuto.
Risultando inadatta a questa disciplina, si dedicò al salto in alto e in lungo, ottenendo buoni risultati da principio a livello regionale e l’anno seguente anche a livello nazionale.
La crescente incertezza di quei giorni, legata alla scelta della facoltà universitaria, sarà poi ricordata così dalla protagonista: “I miei erano convinti che avrei scelto la facoltà di Lettere. Così, senza pensarci troppo, piuttosto passivamente, mi iscrissi a Lettere.
La prima e unica lezione a cui assistetti [...] mi sembrò un’ora di inutili chiacchiere, che non mi interessavano. Con spavento capii di aver sbagliato strada. Che fare?
È vero che la matematica e la fisica erano le materie che mi piacevano di più e in cui riuscivo meglio, ma se poi mi iscrissi a Fisica lo debbo anche in parte alla scelta fatta da una mia compagna, Tina Schwaner. Lei si era iscritta a Fisica, e così pensai di far lo stesso”.
3. TRA ESAMI E GARE NELLA FIRENZE IN GUERRA
Superati con qualche affanno gli esami del primo anno, la giovane acquisì maggiore metodo negli studi e riuscì a conciliarli con l’attività agonistica: nel 1941 vinse i campionati universitari, i “Littoriali dello Sport”, gareggiando nel salto in alto diventato nel frattempo la sua specialità.
La convocazione pochi mesi dopo agli allenamenti collegiali, in vista dei campionati europei, non avrà un seguito per il drammatico precipitare degli eventi bellici.
Tra esami e gare, Margherita giunse quasi al completamento degli studi accademici quando incontrò Aldo De Rosa (foto sotto), che sarà suo marito per quasi settant’anni:
“Ai primi di giugno del 1943, mentre stavo preparando gli esami di fisica teorica e fisica superiore, incontrai per caso Aldo a Porta Romana. Stava leggendo i Dialoghi di Platone, anche lui in preparazione di un esame.
Da quando da bambini si giocava al Bobolino, ci si era rivisti casualmente due o tre volte, ma dell’antica amicizia e ‘affinità elettiva’ provate allora, sembrava non fosse rimasta traccia. Io non sapevo che dire, e forse si provava una reciproca leggera diffidenza.
Quando lo vidi a Porta Romana, il mio primo impulso fu di tirar dritto, tanto più che stava leggendo e probabilmente non mi aveva visto. Poi, pensando che forse s’era accorto che avevo fatto finta di non vederlo, lo chiamai.
Fu così, forse perché né io né lui in quei giorni avevamo compagnia di nessun genere, che decidemmo di rivederci. Cominciò un periodo di grandi discussioni e litigi, per la politica, per la religione, sulla sincerità, sulla capacità di autocoscienza e su molti altri massimi problemi.
Sono stati mesi in cui pian piano ci siamo ritrovati, ma sono stati anche mesi di grande sofferenza per tutte le nostre diversità e incomprensioni”.
4. L’APPRODO QUASI CASUALE ALL’ASTRONOMIA
Nel febbraio del 1944 Margherita cercava un argomento per la tesi di laurea, possibilmente di tipo sperimentale e nel campo dell’astronomia, così decise di salire ad Arcetri, dove nell’Osservatorio incontrò Mario Girolamo Fracastoro, che le suggerì di dedicarsi a particolari stelle variabili chiamate cefeidi.
L’entusiasmo manifestato dal giovane assistente del direttore Giorgio Abetti, come solo più tardi la studentessa apprese, derivava dal fatto che lei sarebbe stata la sua prima laureanda.
L’anno seguente ottenne la laurea in fisica, discutendo una tesi su astri enormemente importanti, perché consentono di misurare la distanza delle galassie. Nasceva così professionalmente una grande astronoma che avrebbe sempre parlato con modestia del suo contributo alla scienza.
Dopo la laurea, iniziò un periodo di precariato come assistente presso lo stesso Osservatorio e come insegnante presso l’Istituto di Ottica dell’Università di Firenze. Nel 1947 la Ducati, industria milanese di ottica, le offrì il primo impiego e Margherita si trasferì con la famiglia a Milano, ma dopo un solo anno sentì l’esigenza di tornare al “suo” ambiente universitario, a Firenze. Fino al 1951 insegnò astronomia a Firenze in qualità di assistente.
Nel 1954 ottenne la libera docenza e iniziò la sua attività di divulgatrice scientifica, spinta del marito. Chiese e ottenne il trasferimento all’Osservatorio di Merate, vicino a Lecco, una succursale dello storico Osservatorio di Brera.
Nello stesso periodo tenne corsi di astrofisica e di radioastronomia presso l’Istituto di Fisica dell’Università di Milano e iniziò a collaborare con università straniere in qualità di ricercatore in visita. Accompagnata dal marito, che la seguiva in ogni spostamento, svolse questa attività negli Stati Uniti, in Francia, in Olanda e in Messico.
Nel 1964 divenne professore ordinario, ottenendo la cattedra di astronomia presso l’Istituto di Fisica teorica dell’Università di Trieste, dove insegnò sino all’età della pensione. La posizione comportava anche la direzione del locale Osservatorio astronomico e di conseguenza fu la prima donna a ricoprire tale incarico in Italia.
In qualità di divulgatrice, Margherita divenne nota anche al grande pubblico, grazie alla produzione di testi di divulgazione, all’attività di conferenziere, alla frequente presenza in TV a discutere non solo di astronomia.
E vogliamo ricordare infine che fu la fondatrice, insieme a Corrado Lamberti, della rivista l’Astronomia e poi di le Stelle, la cui eredità è stata infine raccolta da Cosmo. Margherita ci ha lasciato il 29 giugno 2013, ma è una stella che ancora oggi brilla nel nostro cielo.
5. UNA BRILLANTE INTUIZIONE
La modestia di Margherita cedeva a un pizzico di orgoglio solo quando raccontava della sua brillante intuizione avuta nel 1957:
“Durante un lungo soggiorno a Berkeley, in California, avevo fatto delle ipotesi per spiegare le caratteristiche di una stella unica nel suo genere, Epsilon Aurigae, ma per verificare queste ipotesi avrei dovuto osservarla nell’ultravioletto, inaccessibile da terra. Quando nel gennaio 1978 fu lanciato Iue (International Ultraviolet Explorer), il mio primo programma di osservazione fu Epsilon Aurigae.
Ricordo che ero alla stazione dell’Esa a Villafranca del Castillo vicino a Madrid da cui si comandava il satellite e aspettavo con ansia guardando lo schermo del computer.
Se la mia ipotesi era giusta, sullo schermo doveva apparire lo spettro ultravioletto, altrimenti lo schermo sarebbe rimasto vuoto. Dopo qualche minuto, cominciarono ad arrivare i fotoni ultravioletti e la strisciolina luminosa che avevo predetto”.
Lo spettro confermava che Epsilon Aurigae (foto sotto), così come aveva suggerito l’astronoma, è un sistema binario con la stella secondaria molto calda, quindi caratterizzata da intensa emissione ultravioletta, a sua volta circondata da un disco di polveri responsabile delle variazioni di luminosità osservate, con un periodo di 27 anni.
Per aver un’idea della popolarità di Margherita Hack, basta digitare il suo nome su Google: una ricerca eseguita preparando questo articolo ha prodotto 3,2 milioni di risultati.
E una ricerca della sua produzione editoriale porta a svariate decine di libri, scritti da sola o in collaborazione con altri autori, tra cui scegliamo solo quelli nei cui titoli le stelle sono declinate in tutti i modi: Tutto comincia dalle stelle, Notte di stelle, Dove nascono le stelle, Perché le stelle non ci cadono in testa?, Stelle, pianeti e galassie, Siamo fatti di stelle, Così parlano le stelle, Stelle da paura, La stella più lontana, L’amica delle stelle, Una vita tra le stelle, In bicicletta tra le stelle, Pan di stelle, Il mio zoo sotto le stelle, Le stelle, ragazzi, sono meravigliose...
E poi ci sono il volto e la voce di Margherita, registrati in una quantità sterminata di interviste, interventi TV, conferenze pubbliche, non solo dedicate all’astronomia, ma anche ai rapporti tra scienza e fede e all’altra sua grande passione per la natura e per gli animali. Possiamo ritrovare tutto ciò su YouTube, di nuovo semplicemente digitando il suo nome.