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Memorabili imbrogli: ecco un elenco tra i più famosi

Nel corso degli anni, si sono tramandate molte storie di imbrogli famosi, alcuni semplicemente stupefacenti, e altri anche davvero ammirevoli!

Dai falsi Nerone alla burla dei Modigliani, dai “furbetti” della finanza alle finte eredità ecco un elenco degli imbrogli più memorabili.

1. Oscar Hartzell e la Banca Romana

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  • Oscar Hartzell, l'erede del corsaro
    Oltre 70mila pensionati americani dello Stato dell'lowa: tante furono le vittime di Oscar Hartzell (1876-1943, nella foto accanto) che, nel 1919, ingannò tutti fingendo di chiamarsi Drake e di essere erede niente meno che del corsaro inglese Francis Drake (1540-1596).
    Il suo piano può sembrare bizzarro, ma funzionò: convinse molte famiglie che di cognome facevano Drake a finanziare la sua causa contro il governo inglese che, a sentir lui, non aveva corrisposto agli eredi del corsaro la sua eredità.
    Considerati gli interessi maturati in oltre 300 anni, il governo avrebbe dovuto restituire circa 100 miliardi di dollari. Migliaia di pensionati ci credettero e finanziarono la sottoscrizione.
    Nel 1924 Hartzell poi si trasferì a Londra, mentre i suoi agenti in America aumentavano la mole dei finanziamenti.
    Il numero delle famiglie raggirate aumentò durante la Grande depressione nonostante il British Home Office e l'Fbi avessero smentito l'esistenza di alcuna proprietà di Drake indebitamente trattenuta dal governo britannico.
    Come fini? Dopo alcuni anni il truffatore fu processato e condannato: trascorse i suoi ultimi giorni in prigione, credendo davvero di essere erede del corsaro.
    Morì nel 1943, ma molte delle vittime truffate continuarono a credere alla sua buona fede.
  • La Banca Romana
    Quello della Banca Romana fu il primo grande scandalo dell'Italia unita, nonché una frode con tutti i crismi.
    Nel 1888, a fronte di 60 milioni previsti, la banca, uno degli istituti di credito autorizzati a emettere le lire, ne mise in circolazione 113 milioni, fra cui banconote false per 40 milioni.
    La cosa venne fuori e una prima inchiesta amministrativa fu promossa infatti già un anno dopo, quando alcune banche si trovarono a un passo dal crac finanziario.
    La frode però non fu resa pubblica. Quei soldi infatti costituivano un “fondo nero" per speculazioni edilizie e per corrompere politici, giornalisti e pubblici ufficiali. Per questo Francesco Crispi e Giovanni Giolitti insabbiarono tutto.
    Lo scandalo emerse due anni dopo, quando l'inchiesta arrivò nelle mani di Napoleone Colajanni, deputato radicale, che riferì alla Camera.
    Scoppiò con importanti ripercussioni, politiche e finanziarie: Giolitti scomparve (momentaneamente) dalla scena politica e nel 1893 fu istituita la Banca d'Italia, unico istituto d'emissione, che liquidò la Banca Romana.

2. Cassie Chadwick e i pseudo-Nerone

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  • Cassie Chadwick, la "regina dell'Ohio"
    Il suo vero nome era Elisabeth Bigley (foto accanto), ed era nata il 10 ottobre 1857 in Canada.
    Ma le cronache la ricordano come Cassie Chadwick, la donna che riuscì a farsi passare per figlia illegittima di un miliardario americano e a intascare svariati milioni di dollari. Figlia di un ferroviere, Betsy cominciò a prendersi gioco delle banche a 14 anni, quando si presentò a una filiale di Woodstock, nell'Ontario, con una finta lettera che la dichiarava unica erede di un ricco parente inglese.
    Il direttore della banca ci cascò e le aprì un conto, ma quando si accorse che gli assegni che Betsy depositava erano finti la ragazza fu denunciata. Qualche anno dopo la ritroviamo in Ohio, Stati Uniti, con una nuova identità: Lydia DeVere, veggente.
    Nel 1891, dopo due matrimoni, un figlio e una condanna per frode, Betsy uscì di prigione, si inventò una nuova identità, quella di Cassie Hoover, e sposò un rispettabile vedovo conosciuto nel bordello dove lavorava: il dottor Leroy Chadwick.
    Grazie a lui cominciò a frequentare l'alta società e un giorno fu invitata a New York, nella residenza di Andrew Carnegie, magnate dell'acciaio nonché uno degli uomini più ricchi del mondo.
    Da quella visita tornò con una cambiale da 2 milioni di dollari: alla banca disse di essere la figlia illegittima di Carnegie, e che quella somma le era stata data proprio per tenere la bocca chiusa ed evitare uno scandalo.
    Nessuno osò chiedere conferme al miliardario e in questo modo Besty (alias Cassie Chadwick) si fece pagare false cambiali per oltre 10 milioni di dollari. Con quei soldi si diede alla bella vita e diventò famosa come la "regina dell'Ohio".
    Finché, nel 1904, un funzionario di una delle banche truffate, insospettito da quelle spese folli, scoprì che la donna aveva accumulato debiti per 5 milioni di dollari.
    Quando la arrestarono a New York aveva con sé, nascosti sotto il vestito, 100mila dollari in contanti.
    Condannata a 14 anni di carcere, morì in cella a 50 anni, circondata da quel poco che le restava della sua vita da "regina dell'Ohio".
  • Di Nerone ce n'è uno solo. Anzi, no
    La categoria "imbrogli politici" comprende una sottocategoria: i falsi re.
    La storia dei mistificatori che cercano di farsi passare per un potente creduto morto o per un presunto erede al trono inizia nell'antichità e prosegue infatti fino all'alba del '900. Trai primi casi noti, ben tre sono "falsi Nerone".
    Il primo apparve in Acaia (Grecia, allora provincia romana) pochi mesi dopo il suicidio dell'imperatore, nell'autunno del 68 d.C Era forse uno schiavo del Ponto (Mar Nero) o forse un romano.
    Avrebbe radunato alcuni seguaci sostenendo che il suicidio di Nerone era frutto di una congiura. Non andò lontano: imbarcatosi con una piccola flotta, naufragò nelle Cidadi, fu catturato e la sua testa fu portata a Roma.
    Il secondo "falso Nerone", alias Terenzio Massimo, arrivò più di 10 anni dopo, verso l'80 d.C. Contando sulla sua somiglianza con il defunto imperatore e sulla sua abilità nel cantare accompagnandosi con la lira, raccolse un certo seguito nella remota Mesopotamia.
    Da lì guidò una rivolta contro Tito, (Imperatore in carica. Si fece ricevere dal re dei Parti, Artabano IV, che all'inizio gli credette. Poi, scoperto l'inganno, lo fece uccidere.
    Il terzo pseudo-Nerone arrivò fuori tempo massimo, sotto il regno di Domiziano (81-96). Sostenuto dai nemici storici di Roma, i Parti, tentò, senza riuscirci, di far scoppiare una guerra contro Domiziano.

3. L'affaire Stavisky e una biografia molto credibile

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  • L'affaire Stavisky
    Nel film di Alain Resnais del 1974 aveva la faccia da schiaffi di Jean-Paul Beimondo.
    Quarant'anni prima, quando morì (ufficialmente suicida, ma forse assassinato), Serge Stavisky (nella foto accanto) era il volto dello scandalo che aveva portato la Francia sull'orto del colpo di Stato. Per una frode finanziaria.
    Francese di origini ucraine (era nato vicino a Kiev nel 1884), Stavisky esordì vendendo i presunti smeraldi dell'imperatrice di Prussia (falsi) e obbligazioni (altrettanto fasulle).
    Fu indagato per frode nel 1927, ma si salvò grazie alle relazioni che aveva coltivato nel mondo politico e finanziario. Negli Anni '30 a Bayonne, al confine con la Spagna, prese in gestione un “compro oro".
    Sempre grazie alle sue amicizie altolocate (soprattutto negli ambienti socialisti), prese il controllo dell'amministrazione della banca locale.
    E da qui convinse il direttore e il sindaco della città (un deputato) a mettere in piedi la truffa del secolo: un'emissione di buoni al portatore pari a centinaia di migliaia di euro.
    I buoni erano falsi, privi di garanzie. Ma provenendo da un serio istituto di credito furono acquistati da ministri e pezzi grossi della politica.
    Nel 1932 il direttore della banca fu arrestato e lo scandalo arrivò ai piani alti del governo francese, provocando le dimissioni del presidente del Consiglio. Stavisky rimase ai margini della mischia, mentre le destre cavalcavano il caso e nelle piazze la rivolta rischiava di sfociare in un colpo di Stato.
    Finché, nel gennaio del 1934, fu trovato morto in uno chalet di Chamonix, con una pallottola in testa.
  • Una biografia molto credibile
    Il progetto era potenzialmente esplosivo: presentare una biografia autorizzata di Howard Hughes, produttore cinematografico, regista, aviatore, da tempo lontano dai riflettori, che raccontasse lati inediti e insospettabili della sua vita, già molto chiacchierata.
    Peccato che il magnate americano non avesse autorizzato nessuna biografìa. Clifford Irving, scrittore ambizioso, si documentò però minuziosamente su di lui. Quando nel 1971 propose il progetto a una casa editrice di New York, tutti gli credettero.
    E per fugare ogni dubbio fece vedere una (falsa) autorizzazione firmata dallo stesso Hughes, presentando numerose lettere autografe che mimavano una loro lunga corrispondenza.
    La truffa riuscì e la rivista Life chiese all'autore addirittura un'esclusiva. L'editore, al momento di consegnare il secondo assegno a Hughes in Svizzera (in realtà alla moglie di Irving), però si insospettì e assoldò un detective.
    Fu lo stesso Hughes poco dopo a smascherare pubblicamente l'intrigo in un'intervista. Nel 1972 Irving fu così condannato a due anni di carcere.
    Raccontò la sua impresa successivamente in un libro, The Hoax ("L'imbroglio"), che diventò un bestseller. E nel 2006 grazie al regista Lasse Hallstrom, anche un film.

4. Modigliani:le teste della burla e Piltdown: il finto anello mancante

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  • Modigliani: le teste della burla
    Più che una truffa, una goliardata. È il mese di luglio del 1984.
    A Livorno, città natale dell'artista Amedeo Modigliani, si celebra il centenario della nasdta e si dragano i canali della città vecchia in cerca di alcune teste che, si racconta, l'artista gettò nel Fosso Mediceo nel 1909, esasperato dai commenti malevoli dei suoi concittadini.
    Il 24 luglio emerge una testa con l'inconfondibile stile di Modigliani. Stupore, perplessità, infine entusiasmo di molti critici, anche famosi: la scultura è autentica. Peccato che non fosse così. Inoltre, dal canale riemergono altre due teste.
    A settembre tre studenti livornesi, Pietro Luridiana, Pierfrancesco Ferrucci e Michele Guarduci (foto), confessarono al settimanale Panorama di essere gli autori di una delle teste, realizzata con un trapano.
    Mostrarono le foto con il falso Modi scattate prima di gettare la testa, ma dovettero anche ripetere l'opera in televisione.
    Le altre due teste invece erano di un altro livornese, il portuale e artista Angelo Froglia, che aveva una motivazione meno scherzosa: voleva smascherare il "sistema dell'arte", capace di farsi condizionare da esperti poco attenti, giornali e tv.
  • Piltdown, il finto anello mancante 
    Nella Storia si contano parecchie storie di truffe ai danni della comunità scientifica: tra il 1921 e il 1937, per esempio, negli scavi italiani si trovavano ossa sempre molto frantumate: a romperle erano gli operai, perché venivano premiati in base al numero di ritrovamenti.
    E sempre per guadagnare qualcosa in più gli addetti che lavoravano agli scavi di Breonio (Verona), nella seconda metà dell'Ottocento, impararono a realizzare dei falsi magistrali, interrando insieme ai ritrovamenti originali strumenti in selce di fattura sorprendente. A
    lla fine furono smascherati, ma nel frattempo i falsi reperti avevano fatto il giro dei musei di tutto il mondo.
    Il caso più clamoroso, però, fu il "ritrovamento" nel 1912 di un cranio in una cava nella località inglese di Piltdown. Il reperto, saltato fuori in piena epoca darwiniana, sembrava la prova dell'anello mancante tra l'uomo e la scimmia: aveva infatti una mascella dalla dentatura scimmiesca e un cervello molto sviluppato.
    All'ominide fu attribuito il nome di Eoanthropus dawsoni, in onore di Charles Dawson, l'archeologo con la passione per i fossili che lo aveva scoperto.
    Il Natural History Museum di Londra ufficializzò solo nel 1953 che si trattava di un falso: il reperto, infatti, era un collage costruito ad arte assemblando un cranio umano di epoca medioevale, una mandibola di orango risalente a 5 secoli prima e i denti di uno scimpanzé ben limati.





5. L'arte rifatta e colpo grosso in Portogallo

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  • L'arte rifatta
    Lo scultore cremonese Alceo Dossena (1878-1937, foto accanto) è considerato uno dei migliori falsari di opere spacciate per originali del '300 e del '400, ma anche dell'antichità greca ed etrusca.
    Prese bottega a Roma, dove nel 1918 affittò un magazzino sulla via Trionfale.
    La sua era una vita da bohémien, fatta di stenti, fino a quando non incrociò Alfredo Fasoli e Alfredo Pailesi, due commercianti d'arte privi di scrupoli, che cambiarono la sua vita.
    Nel decennio 1918-28 gli commissionarono decine di sculture nello stile di Giovanni Pisano, Mino da Fiesole, Desiderio da Settignano, anche Donatello, rivendendole poi, a sua insaputa, a musei e collezionisti americani come opere autentiche.
    Accumularono una fortuna, mentre l'artista veniva pagato un'inezia. Quando, nel 1928, in America si diffuse la voce che molte sculture italiane erano false, Dossena aprì gli occhi e rivendicò apertamente la paternità di molte sculture, dichiarandosi estraneo alla truffa.
    Fasoli e Pailesi cercarono di metterlo a tacere accusandolo di antifascismo. In tribunale, grazie alle arringhe del gerarca fascista Roberto Farinacci, l'artista fu assolto. Pagò poi la parcella dell'avvocato con due piccole statue false firmate Dossena.
  • Colpo grosso in Portogallo
    Artur Virgilio Alves dos Reis (1898-1955) è probabilmente l'artefice della più colossale truffa perpetrata ai danni di una banca nazionale: la Banca del Portogallo.
    Con l'aiuto di alcuni complici, nel 1925, produsse documenti falsi firmati dai dirigenti della Banca destinati alla società inglese incaricata della stampa delle banconote portoghesi.
    I documenti contenevano la richiesta di stampa di biglietti da 500 escudos, per un valore di 80 milioni di euro.
    Ai responsabili della società inglese spiegò che per ragioni politiche l'operazione andava condotta con la massima discrezione: le banconote erano destinate infatti alla colonia portoghese dell'Angola, per un piano di sviluppo economico riservatissimo.
    Il raggiro funzionò. Alves dos Reis e i suoi complici investirono parte della liquidità in Angola. Con la rimanente provarono ad acquisire il controllo della Banca del Portogallo, per prevenire ogni indagine: comprarono così oltre 25mila azioni, sulle 45mila necessarie per il controllo totale.
    La cosa insospettì i vertici dell'istituto e un giornale svelò la truffa. Il giorno dopo quelle rivelazioni, Alves dos Reis fu arrestato e con lui i suoi collaboratori.
    Nel processo che si concluse 5 anni dopo fu condannato a 20 anni di reclusione.








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