Mentre lavorate il suono dei messaggi del cellulare o la notifica di un’email in arrivo vi distraggono in continuazione?
La capacità di mantenere la concentrazione coinvolge, infatti, sistemi cerebrali molto delicati e interconnessi tra loro: se alcune aree del cervello si occupano di dirigere l’attenzione volontaria verso ciò che stiamo facendo, esiste tuttavia anche un’attenzione involontaria.
Si attiva ogniqualvolta veniamo distolti da uno stimolo improvviso come il suono di un clacson per strada. Ed è proprio qui che si nascondono le nostre continue distrazioni.
Ma perché non riusciamo a concentrarci? Succede quando il cervello non riesce a escludere suoni o immagini irrilevanti. Ecco come non distrarsi.
1. Dipende anche dall’orecchio
La qualità delle nostre prestazioni dipende dalla capacità del cervello di impedire alle informazioni irrilevanti di accedere alla coscienza.
In altre parole, ci distraiamo quando il nostro cervello non riesce a escludere quegli stimoli irrilevanti (suoni, parole di chi ci sta attorno, immagini) che in ogni momento si intromettono tra noi e il compito che stiamo eseguendo.
Ma non c’entra solo il cervello: quando, per esempio, cerchiamo di concentrarci sulla voce di chi ci sta parlando nel mezzo del vociare dei commensali di una cena è la cosiddetta membrana tectoria, situata nell’orecchio interno, ad aiutarci.
Lo spiegano i ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (Usa) che hanno condotto uno studio in collaborazione con l’Università del Sussex (Regno Unito): «La nostra capacità di selezionare gli stimoli su cui concentrarsi», spiegano gli studiosi, «dipende anche da un meccanismo fisico che sembra essere indipendente dalla nostra volontà».
Sarebbe quindi la frequenza di ciascuna voce a permetterci di concentrarci più o meno facilmente su di essa, ignorando quelle di sottofondo. Stesso discorso per gli stimoli visivi, captati in ogni momento dagli occhi e dalla corteccia visiva, che possono interferire sulla nostra attenzione.
Gli esperimenti condotti allo University College di Londra dalla psicologa Nilli Lavie lo confermano: la ricercatrice invitò alcuni volontari a svolgere prove sempre più complesse e nel frattempo cercava di distrarli facendo apparire alcune lettere su uno schermo davanti a loro.
Oltre una certa quantità di distrazioni, i volontari iniziavano a ignorarle e diventavano sempre più abili a eseguire il compito. Secondo Lavie, questo dimostra che esiste un limite oltre il quale il nostro cervello ignora spontaneamente gli stimoli se vuole continuare a restare concentrato sul compito.
Come è possibile? La corteccia visiva riduce la sua attività via via che la necessità di concentrazione aumenta.
2. C’è troppa informazione
«L’ambiente attuale», aggiungono gli studiosi, «offre molta più stimolazione sensoriale visiva e uditiva rispetto a un tempo. Se non disponessimo di queste funzioni saremmo perduti, incapaci di selezionare ciò a cui dobbiamo prestare attenzione».
Già nel 1971 il futuro premio Nobel per l’economia Herbert Simon scrisse: «L’informazione consuma l’attenzione dei destinatari: la ricchezza d’informazioni crea povertà di attenzione e per non dilapidarla è necessario selezionare nella sovrabbondanza».
Letta oggi, questa frase suona come un monito: non controlliamo a ogni notifica il nostro cellulare, se non vogliamo perdere di vista le cose veramente importanti a cui ci vogliamo dedicare.
Sono infatti proprio le nuove tecnologie a contribuire al calo di attenzione a cui oggi assistiamo: del resto messaggi ed email sono distraenti anche quando non arrivano.
Secondo una ricerca presentata due anni fa dall’Università di Verona e l’Istituto italiano di neuroscienze di Verona, che ha coinvolto 126 studenti, l’aspettarsi una distrazione riduce la concentrazione di chi è impegnato in un compito.
Sottoposti a stimoli sensoriali a cui dovevano rispondere con la pressione di un pedale, i soggetti mostravano tempi di reazione più lunghi quando veniva detto loro che sarebbero stati distratti dall’improvviso lampeggiare di alcune luci rosse.
E questo anche quando le luci non erano state effettivamente attivate.
3. Il multitasking? Non esiste
Oggi l’attenzione è quindi la nostra risorsa più importante, ma anche la più difficile da ottenere.
Lo psicologo Mihály Csíkszentmihályi della Graduate University di Claremont (Usa) ha calcolato che il cervello può elaborare, ogni secondo, solamente 110 bit di informazioni (il bit è l’unità di base con cui vengono misurate le informazioni nei calcolatori).
Dal momento che per seguire una normale conversazione se ne usano 60, è di fatto impossibile seguirne due contemporaneamente.
E questo nonostante molti datori di lavoro spingano oggi gli impiegati, complice la crisi, a imparare a portare avanti più attività contemporaneamente.
Sicuramente stimolante, questa modalità di lavoro detta multitasking ha però un rovescio della medaglia: ci spinge a fare tanto, ma con minore concentrazione e quindi peggio.
Maria Antonella Brandimonte, docente di psicologia dell’apprendimento e della memoria all’Università degli studi suor Orsola Benincasa di Napoli, è particolarmente critica verso questo approccio: «Un cervello umano multitasking di fatto non esiste», chiarisce la psicologa.
«Gli studi di neuroimaging hanno mostrato che durante l’esecuzione di compiti multipli il cervello di volta in volta sceglie quanta attenzione concedere a ciascun compito».
In altre parole, non è mai possibile fare due cose insieme allo stesso modo. «Inoltre attività multitasking favoriscono il rilascio degli ormoni dello stress e di adrenalina che, se non tenuti sotto controllo, causano danni a lungo termine alla salute.
Se questo esercizio della mente si consolidasse forse in futuro penseremo in modo molto veloce, ma molto superficiale».
4. Migliora così la tua concentrazione
Le tecniche per migliorare la concentrazione costituiscono un ambito di ricerca nuovo e promettente. Oggi sappiamo che è possibile imparare a concentrarci in modo più efficace.
Ecco i consigli degli esperti per ridurre distrazioni e aumentare i risultati, sul lavoro e fuori.
- Quando siete molto impegnati non fatevi problemi a mettere un cartello fuori della porta con scritto “Non disturbare”.
- Dedicatevi alla meditazione e a esercizi di respirazione: aiutano a migliorare le funzioni cerebrali e vi consentiranno di imparare a notare quello che normalmente vi sfugge.
- Durante i periodi più stressanti cercate di condurre una vita regolare: orari stabiliti per i pasti e un numero di ore di sonno adeguato.
- Durante lo studio e il lavoro fate in modo che l’illuminazione provenga da dietro: la luce da davanti è distraente e stancante.
- Durante i periodi di lavoro più intenso datevi un limite al numero di controlli delle email: aprite il programma di posta solo 2 o 3 volte al giorno.
- Ponetevi obiettivi concreti e datevi un premio quando li raggiungete.
- Stabilite un periodo durante il quale terrete spento cellulare e Facebook.
- Fate esercizio fisico leggero ma costante. E nei momenti più stressanti riprendete la concentrazione perduta facendovi una passeggiata.
- Nel tempo libero dedicatevi ad attività che migliorano la concentrazione volontaria: leggete, ascoltate musica, suonate uno strumento, fate puzzle e giochi di memoria.
- Evitate quelle emozioni negative che possono spingere alla distrazione: ansia, stress, demotivazione.
5. La musica e il tempo
- La musica distrae? No, se non è cantata
Basta fare attenzione al genere e al volume. Secondo un recente studio anziché distrarre la musica può rendere meno stressati e aumentare creatività e produttività.
Secondo Ravi Mehta dell’Università dell’Illinois (Usa), che ha condotto la ricerca, troppo rumore disturba e distrae mentre troppo poco non stimola la mente a sufficienza.
La frequenza giusta si attesterebbe attorno ai 70 decibel, corrispondenti al transito di un veicolo. «Un moderato livello di rumore migliora la capacità di risolvere i problemi», spiega Mehta.
Meglio se questo livello è raggiunto con la musica: secondo i ricercatori del Centro di consulenze dell’Università di Waterloo (Canada) per mantenere la concentrazione dovremmo ascoltarne di strumentale (meglio un solo strumento) e senza parole.
- Quando il tempo vola: ecco la spiegazione
«Ero così concentrato che non mi sono accorto che il tempo passava». Perché succede? Gli scienziati dell’Istituto Weizmann (Israele) hanno studiato l’attività cerebrale di nove volontari.
Osservandone il cervello con la risonanza magnetica, hanno scoperto che durante l’esecuzione di un compito l’attività si concentra nel giro frontale superiore, associato alla coscienza di sé.
Quando però il compito diventa più complesso questa parte rimane a riposo: di fronte a un problema esterno, infatti, il cervello mobilita le sue risorse a scapito dell’attenzione normalmente rivolta verso noi stessi, al nostro stato fisico e alle nostre emozioni.
Questa condizione, la miglior forma di concentrazione possibile, è stata descritta dallo psicologo ungherese Mihály Csíkszentmihályi in Living well (Weidenfeld & Nicolson) con il termine “flusso”: «Si tratta di quella sensazione di agire senza sforzo che si avverte quando le abilità sono interamente coinvolte nel superare una sfida», spiega.
Le persone che avvertono il flusso non dicono di essere felici perché troppo occupate per pensarci. Eppure lo sono: queste esperienze contribuiscono molto al benessere globale.
Non a caso questa condizione è neurologicamente simile all’ipnosi che, lasciando libera la mente, permette di risolvere molti problemi psicologici.