New York è una città costruita sulle storie. E non potrebbe essere altrimenti, per una metropoli che è stata edificata da gente che arrivava da ogni parte del mondo.
Persone che portavano storie da terre lontane e mai dimenticate. Uomini e donne che arrivavano in vista di Lady Liberty con un paio di valigie di cartone e la speranza di una vita migliore.
E ciascuna di queste storie si è fusa in una narrazione comunitaria, che ha dato alla Grande Mela un’identità precisa, e non l’ha resa semplicemente un porto di mare attraversato da mille etnie. New York è una magnifica amalgama umana, il fulcro del nostro immaginario collettivo.
Partendo proprio da questo spunto, oggi vi racconteremo 5 interessanti leggende metropolitane, storie insolite che fanno parte della narrazione perenne di questa città.
Chi è particolarmente interessato all'argomento, consigliamo la lettura del libro "Misteri, segreti e storie insolite di New York" di Gianfranco Cordara. Un libro molto intrigante, insolito, avvincente e appassionante. Buona lettura!
1. Cropsey, l'uomo nero dei boschi alla periferia di New York
Se doveste vedere un gruppo di boy-scout nella periferia di New York, riuniti attorno al fuoco e intenti a raccontarsi terribili leggende e storie paurose per provare la loro fifa, probabilmente starebbero evocando la storia di Cropsey.
I boschi folti ai margini della Grande Mela appartengono infatti all’orrenda creatura conosciuta come Cropsey, che uccide e taglia a pezzi i campeggiatori in sosta in quella zona. Ma chi è questo Cropsey?
È l’uomo del buio che ci tirava la coperta da piccoli nel letto, che ci sembrava fosse stato nella nostra stanza quando ci svegliavano di soprassalto agitati per un incubo notturno. Lo immaginano con una grande accetta in mano e, in alcune varianti, anche con un paio di forbici appuntite e lunghe.
Si aggira veloce nel buio, ha sviluppato occhi capaci di scovare, fra tronchi e foglie secche, ogni possibile ostacolo alla sua marcia e percepisce la presenza umana in pochi secondi.
Erano gli anni Trenta quando di questa leggenda si scrisse per la prima volta e da allora il mito spaventoso di un uomo assetato di sangue che si aggira armato nei boschi di New York non ha mai abbandonato la città e i suoi abitanti.
Dalla leggenda alla realtà: 5 ragazzini scomparvero per sempre tra il fitto degli alberi dell’isola di Staten Island. Era il 1972 quando sparì la prima bambina, Alice Perreira di 5 anni, dopo che era scomparsa alla vista del fratello maggiore per pochi minuti.
Poi fu il turno di Holly Ann Hughes, che non tornò a casa dopo essere stata a giocare nel bosco dietro casa. Ma non sarebbero state le uniche: nel 1983 sparì Tiahease Jackson, 11 anni, e l’anno dopo Hank Gafforio, 22.
L’ultima ragazza scomparsa, Jennifer Schweiger, affetta da sindrome di Down, fu ritrovata 35 giorni dopo la scomparsa. Quest’ultimo delitto fu l’unico per cui venne incriminato Andre Rand, che dovette scontare 25 anni di prigione.
La stampa seguì molto da vicino l’intero ciclo di sparizioni e omicidi e associò proprio a Rand la figura di Cropsey, dando una moderna connotazione all’uomo nero della leggenda dei boschi. Rimasta a lungo come una storia minore, è ritornata fortemente in auge quando nel 2009 uscì un film-documentario dedicato proprio al mistero di Cropsey a opera di Joshua Zeman e Barbara Brancaccio, presentato al Tribeca Film Festival.
Anche se adulti, l’immagine di Cropsey non ha mai abbandonato la mente dei due autori, lasciando sempre in sottofondo il dubbio del mistero non soluto, della minaccia non placata; e probabilmente, non la lascerà mai perché è il simbolo di un archetipo pauroso, intrinsecamente legato alla città.
2. I famigerati coccodrilli bianchi delle fogne di New York
Tra le tante leggende metropolitane che girano a New York, è degna certamente di nota quella di una famiglia (talmente popolosa da essere definita da alcuni una “colonia”) di coccodrilli albini che abiterebbero le fogne della città.
Correva l’anno 1935 e, dopo una copiosa nevicata, un gruppo di ragazzi armati di pale stavano liberando i vialetti delle loro case, gettando la neve nei tombini e nei canali. All’improvviso un coccodrillo avrebbe attaccato uno dei giovani, mordendolo alla gamba, ma sarebbe morto poco dopo, colpito dalle pale degli altri ragazzi.
Pare che l’animale in origine fosse riuscito a fuggire da una nave che lo stava portando a nord dalle Everglades, in Florida, dove tutt’oggi vivono e sono protette diverse specie di alligatori. Da lì avrebbe nuotato in solitaria lungo il fiume Harlem per oltre 220 chilometri.
Non abituato al clima rigido e alla tempesta di neve che si stava abbattendo a nord sulla costa est, l'animale si era rifugiato nelle fogne. Ma si potrebbe far risalire la leggenda anche al 1920, quando un ristretto gruppo di contrabbandieri – impegnato a consegnare una partita di alcolici in città – stava attraversando alcuni quartieri, servendosi proprio dei condotti fognari, e si ritrovò davanti a un alligatore.
Oppure ancora si potrebbe parlare del periodo di caccia al coccodrillo dopo che un operaio addetto alla manutenzione lo aveva sorpreso alle proprie spalle in un condotto. Negli anni che seguirono, in molti dissero di aver visto questi animali nelle fogne della città.
Dall’evento sporadico e non comprovato, si passò allo scenario più concreto quando persino il sovraintendente all’impianto fognario, Teddy May, annunciò di averne visti diversi. Il più grande era lungo 61 centimetri ed era stato avvistato durante un lungo sopralluogo nelle discariche, nei pozzi neri e nei condotti dell’acqua piovana.
I coccodrilli costretti a rifugiarsi prima e a sopravvivere poi nelle fogne, avrebbero dovuto lentamente mutare il proprio aspetto. Le squame, dure e spesse, utili per la mimetizzazione nelle scure acque fluviali, si sarebbero man
mano schiarite e assottigliate, fino a diventare, per la quasi totale assenza di luce solare, bianche.
Gli occhi, invece, dal riconoscibile colore giallo, sarebbero diventati rossi e avrebbero perso nel buio dei passaggi fognari la loro funzione, rendendo l’animale praticamente cieco. Quello che è vero è che a questa leggenda si sono ispirati diversi autori di libri e di fumetti, che ne hanno sfruttato il fascino e la curiosità.
È il caso di Lizard, Curtis Connors, personaggio dei fumetti ideato da Stan Lee per la Marvel, che apparve per la prima volta in una storia di Spiderman nel 1963: il dottor Connors, a seguito dell’assunzione di un siero a base di dna di lucertola, si era trasformato in un gigante rettile umanoide e aveva disseminato il panico nella città di New York.
3. Una questione di numeri
Quanta gente c’è a New York? La popolazione “ufficiale” di Manhattan è di soli 1,6 milioni di persone, ufficialmente residenti e registrate al Comune di New York.
Non sono molte, se si pensa che nel 1910 la popolazione era di 2,3 milioni. Insomma, Manhattan si è progressivamente svuotata.
Oggi, infatti, nonostante gli appartamenti di Manhattan siano i più piccoli per media di metri quadri di tutti gli Stati Uniti, almeno non si verificano più le situazioni di sovraffollamento che erano proprie dei quartieri più poveri, pieni di immigrati, dell’inizio del secolo scorso, come nel Lower East Side o a Chinatown.
Pensate che all’epoca a New York esistevano più di 90.000 case senza finestre! Il problema non sono quindi i residenti, quanto piuttosto i commuter: ogni giorno arrivano, in metropolitana, treno e auto (ben pochi, con quest’ultima) in città quasi 2,3 milioni di individui che lavorano a Manhattan, facendo quindi più che duplicare il numero di presenti in contemporanea sull’isola.
Se a questi si aggiungono i turisti (New York è, dopo Parigi, la città al mondo più visitata), arriveremo facilmente a più di 4 milioni di persone. E stiamo parlando di un giorno qualunque. Se consideriamo il Thanksgiving e la parata di Macy’s, che generalmente è uno dei giorni di maggiore affluenza a New York, la popolazione potrebbe tranquillamente arrivare oltre i 5 milioni!
Le previsioni di crescita dell’ufficio del Comune per la pianificazione territoriale non prevedono crescite smodate per i prossimi anni: 200.000 persone sono attese nel giro di 30 anni, un numero assolutamente nella norma, a meno che… a meno che non venga approvato il progetto di espansione dell’isola!
Un professore della Columbia University, infatti, tale Vishaan Chakrabarti, ha proposto quella che a prima vista potrebbe essere presa per una follia: costruire un nuovo quartiere a sud di Mahanattan, prosciugando il mare che separa l’isola dal Governor’s Island, creando così il Lower-Lower Manhattan.
Si tratterebbe di altri blocks di grattacieli, metropolitane, negozi e ovviamente case! Una follia? Be’, fino a un certo punto: in pratica tutto il Waterfront di Manhattan, compreso Battery Park, è stato catturato al mare esattamente allo stesso modo…
4. Il mistero degli uomini talpa
Esistono tanti posti da visitare sopra la città di New York, tanti quanti ne esistono sotto le strade trafficate: là dove la luce del sole non arriva, dove i tombini fanno eco alle auto che sfrecciano sulle avenue, esistono persone che vivono come talpe.
Qui regnano il buio e il rumore dell’acqua che passa dalle fogne e scivola sulle pareti di roccia. Dove si sente il tintinnio di un rubinetto che perde in una sudicia pozzanghera che mai si è asciugata e che mai si asciugherà. La roccia di Manhattan non permetterebbe mai all’acqua di evaporare, quindi penetra nel terreno e ristagna, puzza, si infetta.
Questo non è un luogo che si vuole visitare e che tantomeno si penserebbe vivibile. Eppure delle persone esistono anche qui, si aggirano nei tunnel e nei cunicoli, possono attraversare la città solo orientandosi con i passaggi sotterranei, ma poco dello splendore che vedete in superficie esiste quaggiù: che sia uno sporco angolo di Chinatown, il Plaza Hotel di Central Park o il quartiere modaiolo di Soho, qui tutto è uguale, non si distingue nulla.
Ma come si finisce ad abitare qui? Homeless senza un posto in cui vivere, questi individui avrebbero scorto un tombino aperto, ci avrebbero intravisto una possibilità diversa da quella che offriva la città-livello-strada, che già conoscevano e che a loro non aveva altro da dare.
Avrebbero camminato in profondità, sempre di più, scoprendo cunicoli e passaggi, ripari dal freddo per le gelide notti invernali. Una nuova comunità avrebbe preso vita da quel giorno sotto le strade di New York. Si dice addirittura che questi “uomini talpa” abbiano deviato il corso di alcune tubature di acqua potabile per potersene servire, impedendo a qualcuno in un appartamento chissà dove di avere acqua calda nella doccia o in cucina.
Avrebbero perfino creato un circuito elettrico parallelo all’impianto di illuminazione stradale per rendere visibili i pochi ambienti già illuminati e rischiarare quelli che altrimenti il buio avrebbe per sempre inghiottito. Proprio la mancanza di luce solare avrebbe cambiato l’aspetto di queste persone, rendendole sempre più simili a topi, con occhi inutilizzabili, e a creature albine, che non conoscono i caldi raggi del sole.
Si dice, ancora, che anche il loro sistema di riscaldamento corporeo si sia modificato per essere più adatto all’ambiente, rendendoli più simili a rettili che a uomini. Sono chiamati anche “trivellatori del terreno” perché hanno scavato e hanno costruito là sotto una città, non pari per estensione, ovviamente, ma altamente sofisticata per il sistema idrico ed elettrico.
Sotto terra vivrebbero così almeno cinquemila persone, come ha scoperto la giornalista Jennifer Toth, che è scesa dentro un tombino fino alle radici della città per vedere con i propri occhi chi vive laggiù.
Drogati, alcolizzati, schizofrenici si sono rinchiusi da soli nei tunnel sotto terra per sfuggire all’indifferenza della metropoli, per sperimentare, anche se come disadattati, una dimensione più consona di quella di clochard agli angoli delle strade.
Quanto di questo sia leggenda, e quanto verità, non è dato sapere. Basti pensare che perfino una serie televisiva degli anni Ottanta – La bella e la bestia – raccontava una versione attualizzata della famosa fiaba proprio sullo sfondo di una città sotterranea abitata dai reietti di New York.
Ecco perché occorrerebbe davvero scendere nel sottosuolo e farsi luce con una torcia per riuscire a trovare le tracce della presenza umana e scoprire i segreti di questo mondo nascosto.
5. L'oro segreto di New York
Quando si pensa a Wall Street e al New York Stock Exchange, si pensa a una quantità incredibile di denaro “virtuale” scambiato e passato di mano alla velocità della luce tra broker misteriosi e trader senza scrupoli.
Ma anche la gente comune ci mette del suo: dalla tessera digitale della metropolitana all’immancabile carta di credito con cui si può acquistare perfino sulla bancarella all’angolo.
Ma New York è anche il luogo dove la moneta “fisica” ha il suo sancta sanctorum: la Federal Reserve Bank è infatti il più grande deposito di oro al mondo. Lasciate perdere Fort Knox.
È a 25 metri sotto il livello della strada, al 33 di Liberty Street, nella zona sud di Manhattan, che si trovano qualcosa come 500.000 lingotti, per un peso totale di 6.700 tonnellate d’oro.
Nonostante sia uno dei posti più controllati del mondo (la leggenda vuole che le guardie della Federal Reserve siano addestrate a uccidere al primo segno di intrusione), è anche visitabile, previo appuntamento e controllo della propria identità.
Il palazzo è piuttosto anonimo all’arrivo ma, dopo avere passato il metal detector e aver lasciato qualsiasi oggetto non consentito negli appositi armadietti (praticamente tutto), vi faranno entrare in uno spazio a prova di bomba.
Un ascensore supercontrollato dà accesso al caveau dove si rimane storditi dal luccicchio dell’oro, pari a trecento miliardi circa. Tremila sono le persone che lavorano negli uffici governativi al piano di sopra, ma il mistero assoluto regna sia sul numero esatto, sia sull’identità degli impiegati governativi che lavorano all’interno (per proteggerne la sicurezza).
A un certo punto, negli anni Settanta, prima dell’abolizione della parità aurea, questo vault arrivò a contenere addirittura 12.000 tonnellate di oro. Oggi ogni singolo lingotto pesa 27,4 libbre, per un valore corrispondente a 10 volte il salario medio di un operaio americano.
La forma trapezoidale è stata creata nel 1986, da quella originale rettangolare, dopo un grande dibattito internazionale, sulla forma che consentiva il migliore stoccaggio. Infatti, nella Federal Reserve di New York non è custodito solo l’oro degli Stati Uniti, ma parte delle riserve auree di più di 35 nazioni.
Una visita alla fed non avrà certo il fascino di quella alla Statua della Libertà o il brivido di salire sull’Empire State Building, ma rappresenta ugualmente un’esperienza interessante, soprattutto se abbinata a un giro alla Borsa di New York, poco distante.
Entrambe forniscono un quadro di quanto la Grande Mela sia diventata il centro dell’economia mondiale, fatta di contrasti tra ricchezza sfrontata e povertà più nera.