In una certa misura la proviamo tutti e quando è eccessiva ci fa star male.
Ma l’ansia non è solo un’emozione, è anche una risorsa: perché spinge all’impegno, protegge dai pericoli e sviluppa intelligenza e creatività.
Vediamo come!
1. Fisiologica o patologica? È questione d'intensità
Per qualcuno è un drago invincibile: un mostro che chiude lo stomaco in una morsa, opprime il petto, fa mancare il fiato, sudare freddo o impazzire il cuore.
Ma fortunatamente, l’ansia è anche altro.
Equilibrate dosi di ansia e di eccitazione nervosa servono ad affrontare qualsiasi prova della vita; un esame, un colloquio di lavoro, una gara sportiva o un evento che ci veda protagonisti.
L’ansia è presente in ogni essere umano, così come la tristezza, l’euforia, la vergogna e la paura e rappresenta uno dei tanti colori della nostra sfera emotiva e affettiva. Se non si espande sino a diventare dominante, è del tutto fisiologica e persino utile.
Basti pensare al giorno prima di un esame universitario: lo studente è animato da un’ansia che si traduce proficuamente in un impegno di studio e gli permette di fissare nella memoria le informazioni.
Ma se quell’ansia crescesse sino a trasformarsi in un’oppressione incombente e intollerabile, lo porterebbe al blocco di tutte le funzioni cognitive e il processo di apprendimento si arresterebbe. Lo studente non riuscirebbe più a concentrarsi né a memorizzare.
Fisiologica o patologica? È questione d'intensità.
Il grado di intensità definisce il confine tra l’ansia fisiologica e patologica. Può essere legata a motivi precisi oppure può essere svincolata da qualsiasi motivo apparente (ansia senza oggetto). L’ansia può presentare:
- una prevalente componente cognitiva (sensazione di testa vuota, incapacità a rilassarsi, sentirsi “sul filo del rasoio” o in allarme);
- una prevalente componente somatica (palpitazioni, sudorazioni, sbandamenti, vampate di calore o brividi, nodo alla gola, tremori);
- una componente mista: psichica e somatica. È importante distinguere componenti somatiche dovute a disturbi d’ansia (come per esempio gli sbandamenti) da sintomi somatici di origine organica.
2. Il troppo stroppia e l’altra faccia dell’intelligenza
- Il troppo stroppia
L’ansia eccessiva diventa quindi disfunzionale rispetto a una data performance.
In questo caso non è più fisiologica, ma sconfina nel patologico.
E se la totale assenza di ansia può coincidere con una mancanza di motivazione, viceversa livelli troppo elevati interferiscono con le funzioni cognitive.
Insomma, come è facilmente intuibile e come spesso accade, il meglio sta nel mezzo.
A dimostrarlo c’è anche la curva a U dell’ansia di Yerkes-Dodson, una coppia di psicologi che elaborarono una teoria sull’ansia nel lontano 1908 e che tutt’ora resta valida. Questa curva mostra infatti la relazione tra lo stato emozionale di allarme (ansia) e la prestazione.
Con l’aumento dell’ansia, aumenta proporzionalmente anche l’efficienza della prestazione, ma soltanto fino a un certo punto. Quando l’ansia aumenta oltre misura, l’efficienza diminuisce. - L’altra faccia dell’intelligenza
L’ansia è spesso l’altra faccia della medaglia di sensibilità e intelligenza. Le persone profonde, affettivamente calde, capaci di empatia e comprensione e intelligenti sono spesso ansiose.
Lo conferma l’esito di un recente studio della Lakehead University in Canada, nel quale 126 studenti sono stati sottoposti a questionari per valutare intelligenza e predisposizione all’ansia.
Il risultato rivela che i soggetti ansiosi sono mediamente più intelligenti di chi è più tranquillo e riesce a controllare meglio le emozioni.
L’intelligenza in questo caso è quella linguistico-verbale, che consiste nella capacità di parlare e scrivere con proprietà di linguaggio e nel saper esporre un concetto ed essere convincenti, qualità spesso associate all’uso umoristico delle parole.
«Gli individui con una maggiore intelligenza linguistico-verbale», spiega Alexander Penney, lo psicologo a capo dello studio, «sono più abili nell’analizzare gli eventi presenti e futuri nel dettaglio e ciò li espone a continui rimuginii».
Ne consegue che pensare molto, arrovellandosi sui pro e contro di eventi passati e futuri, è indice d’intelligenza, generata dall’ansia.
3. Dipende dall’amigdala e ci vuole molta autoironia
- Dipende dall’amigdala
L’ansia è una caratteristica che può stare anche alla base della creatività.
Lo dice una ricerca di un gruppo di ricercatori guidati da Adam Perkins del King’s College di Londra, esperto di studi sulla personalità, appena pubblicata sulla rivista Trends in Cognitive Sciences.
Colpa o merito dell’amigdala, la struttura più primitiva dell’encefalo che presiede al sistema limbico, ossia il centro delle emozioni.
È l’amigdala, infatti, che ci fa provare ansia, ma che al tempo stesso ci permette di sviluppare fantasia e creatività.
Dimostrazione di ciò è che la mancanza totale e patologica di ansia, che porta a non percepire alcun tipo di rischio, è correlata con una rara malattia dell’amigdala: una calcificazione bilaterale, nota in medicina come sindrome di Urbach-Wiethe. - Autoironia, rimedio infallibile
Ma come sedare l’ansia quando diventa eccessiva e invalidante? Un ottimo stratagemma è l’utilizzo dell’ironia, anzi dell’autoironia.
L’autoironia non solo è un talento ma anche un’innegabile forza che ci sorregge nella vita, aiutandoci a “guardarci dal di fuori”, a cogliere i nostri lati buffi o semplicemente umani.
È un potentissimo antistress perché allevia la tensione e sdrammatizza. In altre parole, essere autoironici aiuta a tenere l’ansia sotto controllo: umorismo e ironia permettono di trovare soluzioni fuori dagli schemi e per questo svolgono una potente azione anti ansia. - L’elisir del piacere
Il piacere in tutte le sue manifestazioni è un elisir che previene e cura molti mali, ansia compresa.
Chi ha un’idea felice o riesce a trovare momenti piacevoli durante la giornata, vive con maggior spensieratezza e minore ansia.
Ci si sente ansiosi e scoraggiati perché tutti i giorni sono uguali e la vita sembra scandita unicamente da doveri.
Se si perde la capacità di sognare, di sorprendersi e di ridere, è il momento di cercare interessi e passioni (dal sesso al cibo, dallo sport alla lettura) che donino gioia e d’imparare di nuovo a ridere di gusto.
Non dimentichiamo che il senso dell’umorismo è una medicina importante contro l’eccesso d’ansia e lo stress.
4. L'ansia ci protegge dai pericoli fin dalla preistoria
Che l’ansia sia un sistema di allerta in grado di difenderci dal pericolo, non ci sono dubbi.
Basti pensare a che cosa accade nel nostro corpo quando ci sentiamo ansiosi.
I vari neurotrasmettitori interagiscono tra di loro accendendo una sorta di segnale di pericolo e lo stato di allerta viene comunicato a tutto il sistema nervoso.
La reazione individuale è poi legata a una serie di concause: la nostra struttura psichica e cerebrale, le esperienze precedenti, l’ambiente in cui viviamo e la situazione contingente.
Per non parlare della storia della nostra specie: "Anche i nostri progenitori, durante la caccia o in guerra, avevano come alleata l’ansia riferisce Umberto Longoni, psicologo, sociologo e docente della Simp (Società Italiana Medicina Psicosomatica) nel suo recentissimo "L’ansia non è un difetto". "Essa li rendeva più attenti, prudenti e pronti a difendersi".
È proprio l’incertezza del risultato finale l’elemento che rende l’ansia spiacevole. Anche se costituisce una condizione emotiva fastidiosa, in quanto ci orienta all’anticipazione di un potenziale pericolo, l’ansia ci proietta nel futuro.
Tanto più il nostro organismo è in grado di mettere in atto strategie preventive valide, tanto più l’ansia tenderà a ridursi verso uno stato di equilibrio e non sarà così sgradevole.
Fermati e respira
Il controllo del respiro è fondamentale per tenere a freno l’ansia in eccesso e ciò vale anche durante gli attacchi di panico.
Quando siamo particolarmente agitati e ansiosi, tendiamo a respirare affannosamente e a trattenere l’aria.
Ciò fa incamerare all’organismo alte dosi di anidride carbonica, che non sono d’aiuto. In sostanza, si innesca un circolo vizioso e l’ansia cresce esponenzialmente.
Per invertire la rotta bisogna focalizzarsi sull’aria che entra ed esce dai polmoni, cercando di fare respiri lunghi e profondi.
Prendere fiato, dunque, non è solo un modo di dire, ma è la prima cosa da fare quando l’ansia divora.
5. Ansia e genio vanno a braccetto: lo dimostrano i grandi del passato
- Un esempio lampante di legame tra rimuginio ansioso e attività creativa si trova nella biografia dello scienziato Isaac Newton (1642-1727, nella foto accanto) che soffriva dell’impossibilità di porre argine ai suoi pensieri.
Si devono a lui alcune importanti teorie della fisica, che tuttavia furono accompagnate da continui tormenti interiori.
Newton era solito dire: «Il problema da risolvere resta costantemente davanti a me e aspetto finché il primo abbozzo si apre lentamente, un po’ alla volta, in una luce piena e chiara». - Noto è anche il caso dello scienziato Charles Darwin (1809- 1882), padre della teoria dell’evoluzione.
Darwin era ansioso al punto che alcuni inconvenienti, che ritardarono la partenza del Beagle, il brigantino attrezzato sul quale doveva fare il giro del mondo, gli causarono vere e proprie palpitazioni e dolori al cuore. - Tra gli scrittori più famosi, invece, il nostro Alessandro Manzoni (1785-1873) soffriva d’ansia al punto di avere frequenti attacchi di panico. La sua esistenza fu costellata di continui malesseri, dovuti a una significativa forma depressiva che lo portava a un esasperato rimuginio. Ciò è confermato anche dalla lunga elaborazione del suo capolavoro, I promessi sposi.
- La creazione ansiosa, d’altra parte, la fa da padrone in buona parte dell’arte novecentesca. Le opere di Bacon, Burri, de Chirico, Ensor, Giacometti, Kokoschka, Munch, Picasso, Schiele, Van Gogh sono solo alcuni esempi di rappresentazioni artistiche nate dalle vertigini dell’anima.
Questi artisti soffrirono tutti di forti depressioni causate da un eccesso di ansia.