A volte gli eventi più disastrosi generano meraviglie.
Una di queste è Noto, la città gioiello del Barocco siciliano, edificata dopo che un catastrofico sisma verificatosi alla fine del Seicento l’aveva rasa al suolo assieme a tutti gli altri centri della regione, uccidendone in massa gli abitanti.
La ricostruzione avvenne rapidamente grazie alla sollecitudine della nobiltà locale e delle potenti autorità ecclesiastiche del tempo, regalando all’umanità un vero e proprio capolavoro di architettura e arte, realizzato interamente nello stile barocco che aveva preso piede in Sicilia durante l’amministrazione spagnola.
Nel 2002 le città del Vallo di Noto sono state inserite nella lista del Patrimonio dell’umanità UNESCO perché rappresentano il culmine del Barocco europeo e per la loro omogeneità stilistica, dovuta al fatto di essere state ricostruite tutte insieme.
1. Il sisma più violento
Il terremoto si verificò tra il 9 e l’11 gennaio 1693 e interessò tutta la Sicilia orientale.
Con una magnitudo pari a 7,3 della scala Richter, costituisce, assieme agli eventi di Catania del 1169 e di Messina del 1908, il sisma più violento mai registrato in tempi storici in Italia.
Secondo recenti studi, si trattò probabilmente di due episodi distinti verificatisi a breve intervallo l’uno dall’altro. La Sicilia orientale in effetti è un’area ad alta instabilità geologica, dato che si trova sulla linea di contatto tra la placca euroasiatica e quella nordafricana.
Il terremoto del 1693 provocò la devastazione di ben 45 centri abitati e circa 60 mila morti. Non solo: fu seguito da un maremoto che colpì le coste ioniche della Sicilia, lo Stretto di Messina e, secondo alcune simulazioni, anche le Isole Eolie.
Al momento del terremoto Noto si trovava all’apice del suo splendore: la zona, abitata fin dall’Età del bronzo, aveva vissuto grande prosperità in età romana, e successivamente era stata arricchita di monumenti da Bizantini, Arabi, Normanni e Aragonesi.
Il sisma del 1693 rase dunque al suolo una città ricca e fiorente: per questo il Vicario generale per la ricostruzione Giuseppe Lanza, duca di Camastra, che a Noto rappresentava il Viceré di Spagna, decise di ricostruirla in tempi brevi, ma in un sito diverso, a circa 8 chilometri di distanza dal nucleo originario, in una posizione più a valle, più pianeggiante e perciò più adatta a offrire gli spazi ampi e ordinati dei quali la nuova città necessitava.
Fra l’altro il viceré Camastra, oltre a rappresentare formalmente l’autorità spagnola in Sicilia, era anche alla guida della potentissima nobiltà locale, che effettivamente governava l’isola e che contava 228 famiglie nobiliari.
Così, come è facile immaginare, dopo il terremoto ci fu una vera corsa alla riedificazione, in cui ciascun blasone fece il massimo sfoggio di magnificenza e prodigalità.
2. Un progetto complessivo
La nuova città e tutte quelle della stessa area furono immaginate secondo un progetto complessivo e in uno stile unitario, interamente all’insegna del tardo-Barocco.
Per questo il patrocinio UNESCO riguarda, oltre a Noto, altre sette città (Caltagirone, Militello in Val di Catania, Catania, Modica, Palazzolo Acreide, Ragusa e Scicli), tutte caratterizzate da uno stile omogeneo e coerente.
Come risulta dai documenti dell’epoca, furono diverse le personalità che ebbero un ruolo importante nella ricostruzione di Noto: tra questi l’ingegnere militare olandese Carlos de Grunenbergh, il matematico netino Giovanni Battista Landolina, il gesuita fra Angelo Italia, l’architetto militare Giuseppe Formenti e soprattutto gli architetti Rosario Gagliardi, Paolo Labisi, Vincenzo Sinatra e Antonio Mazza.
Assieme a loro lavorarono moltissimi artigiani di valore, soprattutto capomastri e scalpellini.
Uno degli elementi che caratterizzano l’urbanistica di Noto è che gli elementi barocchi non convivono con altri stili, ma pervadono tutto il tessuto urbano collegandosi l’uno con l’altro in un perfetto equilibrio estetico, tanto che il visitatore non ha la sensazione di passare da un edificio all’altro, ma di muoversi in un unico complesso senza soluzione di continuità.
Palazzi e chiese sono edificati in tufo, una pietra locale di consistenza tenera, facile da lavorare e di colore tra il giallo dorato e il rosato, che a seconda dell’ora della giornata e dell’esposizione ai raggi solari assume colorazioni cangianti.
Un’altra caratteristica del Barocco di Noto è che gli architetti non si concentrarono solo sugli abbellimenti e sulle decorazioni, ma realizzarono edifici armoniosi senza sovraccaricarli di elementi ornamentali, come si vede per esempio nel Barocco di Lecce e di Catania.
Tipiche di Noto sono anche alcune architetture elaborate come le facciate concave delle chiese del Carmine e di San Carlo Borromeo al Corso o convesse come quella di San Domenico (foto sotto); notevole è anche la forma curvilinea della torre campanaria del Seminario.
3. Due strade parallele
Il centro cittadino si sviluppa lungo due grandi strade parallele, che oggi si chiamano via Cavour e corso Vittorio Emanuele, intervallate da scenografiche piazze decorate da scalinate e terrazze e dominate da grandi chiese.
Su corso Vittorio Emanuele si affaccia una lunga sequenza di splendidi edifici barocchi.
Percorrendolo, s’incontra piazza dell’Immacolata, sormontata da un’ampia gradinata che porta alla splendida chiesa di San Francesco all’Immacolata, opera dall’architetto Francesco Sinatra, fiancheggiata dal monastero benedettino del Santissimo Salvatore (foto sotto).
Proseguendo si arriva alla piazza del Municipio, cuore della città sul quale si affacciano diversi edifici, tra i quali la maestosa cattedrale, dalla splendida facciata a due ordini e fiancheggiata dalle torri campanarie.
Ci sono poi palazzo Ducezio (foto sotto), con un elegante loggiato ad arcate e sede del Municipio, palazzo Landolina e l’ottocentesco palazzo vescovile.
A poca distanza dalla piazza si incontra la chiesa di San Carlo (foto sotto), con la sua caratteristica facciata convessa, e piazza XVI Maggio, dominata da un lato dalla chiesa di San Domenico e dall’ex convento dei Domenicani e, dall’altro, dal Teatro comunale, l’edificio più significativo del periodo ottocentesco e uno dei pochi elementi cittadini di discontinuità stilistico-architettonica.
L’altro asse viario importante del centro di Noto è via Cavour, parallela a corso Vittorio Emanuele, ma situata in posizione più elevata. Qui si trova un’altra significativa serie di palazzi, chiese e conventi settecenteschi, tra cui palazzo Castelluccio (foto sotto), sobrio ed elegante, l’ex oratorio di San Filippo Neri, e il palazzo Astuto, dagli splendidi balconi.
Se la Cattedrale, dedicata a San Nicolò, vescovo di Mira, è il luogo di culto più importante di Noto, il secondo per importanza è la chiesa del Santissimo Crocifisso (foto sotto), progettata da Rosario Gagliardi.
La facciata è incompiuta: l’interno, a tre navate, custodisce diverse opere rilevanti, molte delle quali recuperate dalle macerie dell’antica città.
Infine ricordiamo la chiesa di Santa Chiara, a pianta ellittica, con una ricca decorazione di stucchi all’interno, la chiesa del Santissimo Crocefisso, situata nella parte alta della città e ricca di pregevoli opere d’arte, e le chiese di Santa Maria del Carmelo (foto sotto) e di Santa Maria dell’Arco.
4. Alti e bassi della storia
Il Barocco siciliano di Noto non si esprime solo in superbi edifici religiosi: i palazzi e le dimore nobiliari sono gioielli altrettanto preziosi e di magnificente bellezza.
Tra questi spiccano palazzo Ducezio, sede del Municipio, progettato nel 1746 da Vincenzo Sinatra che trasse ispirazione da alcuni palazzi francesi del XVII secolo.
La sua facciata è convessa. Conta venti arcate, sorrette da colonne con capitelli ionici e tredici finestroni rettangolari.
Un altro splendido edificio è palazzo Nicolaci di Villadorata (foto sotto), tuttora abitato da alcuni esponenti della famiglia: ha un’incantevole facciata, ornata da un ampio portale fiancheggiato da due grandi colonne ioniche e sormontato da un gruppo di balconi sorretti da mensoloni diversi uno dall’altro e ornati con leoni, centauri, cavalli alati, chimere, putti e sirene.
Altrettanto bello è palazzo Castelluccio (foto sotto), ricostruito in stile neoclassico alla fine del XVIII secolo per i marchesi omonimi. Anche qui si trovano splendide stanze affrescate; per la loro bellezza questi ambienti sono stati utilizzati come set di diverse fiction, tra cui Il commissario Montalbano, tratto dai famosi romanzi di Andrea Camilleri.
Fino all’inizio dell’Ottocento, Noto rimase a capo dell’amministrazione del Vallo. In seguito una riforma attribuì questo ruolo a Siracusa, ma nel 1837, dopo un moto carbonaro che interessò la città, Noto divenne capoluogo di provincia e, nel 1844, centro di una diocesi.
Nel 1861, dopo la Spedizione dei Mille, entrò a far parte del Regno d’Italia, perdendo però il suo ruolo di capoluogo, trasferito ancora a Siracusa nel 1865. Dopo la Seconda Guerra mondiale la città si spopolò: molti furono i cittadini che emigrarono nel Nord Italia, in Germania e in America.
Ma il pericolo di sprofondare in un malinconico oblio fu evitato: dalla fine degli anni Settanta l’attenzione degli studiosi di storia dell’arte e, in seguito, dei turisti, ha portato nuovo impulso alla vita economica della città.
5. Nel Barocco di Noto la parola d’ordine è “armonia”
Il Barocco siciliano rappresenta una forma particolare dello stile che ha dominato la cultura e le arti del Seicento e dei primi decenni del Settecento.
Come il Barocco in generale, caratterizzato da decorazioni esuberanti e da composizioni complesse e movimentate, quello siciliano, detto anche tardo Barocco, presenta una certa sovrabbondanza di motivi ornamentali, accompagnati però da un forte senso scenografico e cromatico.
A Noto, in particolare, è evidente la ricerca di geometrie spaziali complesse e di impianti scenografici e prospettici, nei quali gli elementi decorativi si inseriscono in modo armonioso, senza risultare eccessivamente prominenti.
Quanti guai ha passato San Nicolò... La cattedrale di San Nicolò (foto sotto) sorge in cima a un’ampia scalinata, sul lato nord di piazza Municipio. La sua costruzione iniziò nel 1694, pochi mesi dopo il sisma del 1693, e fu aperta al culto nel 1703.
La facciata è a due ordini ed è fiancheggiata da due torri campanarie. L’interno ha tre navate e custodisce numerose opere d’arte, alcune provenienti da Noto Antica.
Purtroppo questa chiesa è stata vittima di un altro terremoto il 13 dicembre 1990, che le ha causato diversi danni strutturali. Il disastro peggiore però risale al 13 marzo 1996, quando a causa di un difetto costruttivo dei pilastri della navata centrale, uno di essi è crollato, causando il collasso della cupola e, di conseguenza, dell’intera navata destra e di quella centrale (foto sotto).
I lavori di ricostruzione sono cominciati nel gennaio 2000 e sono stati eseguiti utilizzando gli stessi materiali e le tecniche del Settecento. Tutti gli elementi danneggiati sono tornati all’antico splendore compresa la nuova cupola, pressoché identica all’originale. La chiesa è stata riaperta nel 2007.
- Curiosità: I numeri
7,3: gradi della scala Richter, ossia magnitudo del terremoto che nel 1693 devastò la Sicilia orientale.
45: città distrutte nel sisma.
60.000: vittime del sisma.
228: famiglie nobiliari netine che finanziarono la ricostruzione delle città distrutte dal terremoto. 3: numero dei principali architetti, originari di Noto, artefici della ricostruzione: Rosario Gagliardi, Paolo Labisi e Vincenzo Sinatra.
8: città inserite nel Patrimonio UNESCO (Caltagirone, Militello in Val di Catania, Catania, Modica, Noto, Palazzolo Acreide, Ragusa e Scicli).