Per commentare il terribile incendio che il 15 aprile del 2019 ha gravemente danneggiato la cattedrale parigina di Notre-Dame, il quotidiano francese Libération ha titolato: “Notre drame”.
Non a torto: perché questa chiesa gotica, più che un edificio di culto, è un “luogo della memoria”, come lo ha definito lo storico francese Pierre Nora.
Cioè “un’unità significativa, d’ordine materiale o ideale, che la volontà degli uomini o il lavorìo del tempo ha reso un elemento simbolico di una comunità”.
Qui infatti si sono svolti eventi determinanti per la Francia, dal punto di vista religioso e politico.
Momenti che si inseriscono nel complesso rapporto che negli anni si è delineato tra lo Stato e la Chiesa nazionale, che tuttora trova espressione nel fatto che l’edificio, in base alla Legge sulla separazione tra Stato e Chiesa del 1905, è proprietà statale, mentre il suo utilizzo è assegnato alla Chiesa cattolica.
Quando fu costruita, tra il 1163 e il 1250, era la chiesa più grande del mondo. Da allora Notre-Dame è sempre stata al centro della vita dei francesi. Nel bene e nel male.
1. FILIPPO IL BELLO E ALTRI RE
Non fu un caso dunque che il 10 aprile 1302, proprio a Notre-Dame, il re di Francia Filippo il Bello (1268-1314), ai ferri corti con il papa romano Bonifacio VIII, avesse convocato gli Stati generali.
Si trattava di un’assemblea composta da 300 membri di nobiltà, clero e terzo stato, chiamata a pronunciarsi sull’indipendenza del potere del re rispetto ai dettami del pontefice.
L’assemblea si schierò col sovrano, che subito venne scomunicato anche a seguito del presunto “schiaffo di Anagni”, inferto nel 1303 al papa dal nobile romano Giacomo Sciarra Colonna (inviato dal re francese per intimare al papa di dimettersi, pena la vita).
Il braccio di ferro vide vincente Filippo: morto Bonifacio, venne eletto un papa francese, Clemente V, che in accordo col re spostò la sede papale ad Avignone, dove rimase dal 1309 al 1377.
Circa 50 anni dopo, nel dicembre 1431, la cattedrale ospitò la sua prima incoronazione: quella di Enrico VI che, già proclamato re d’Inghilterra all’età di 9 mesi, a 10 anni vi venne incoronato.
Nell’ambito della Guerra dei cent’anni, che opponeva Francia e Inghilterra, la cerimonia avrebbe dovuto sancire il trattato di Troyes e la successione sul trono francese di un Lancaster, al posto del rivale Carlo VII di Valois.
Eppure, nonostante l’ingresso di Enrico su un cavallo bianco e la suggestiva cerimonia sotto un baldacchino colorato di blu con gigli d’oro, non ottenne l’effetto sperato: in primo luogo, perché la città tradizionale d’incoronazione dei re di Francia non era Parigi, bensì Reims; secondariamente, perché non avvenne per mano del vescovo di Parigi, ma del cardinale Henry Beaufort, vescovo di Winchester.
Quanto al citato Carlo VII, nel 1429 fu incoronato re a Reims, grazie all’incitamento dato alle sue truppe da Giovanna D’Arco. Mentre l’eroina, che nella stessa città morì sul rogo, nel 1456 proprio a Notre-Dame venne riabilitata, al termine di un processo di revisione approvato da papa Callisto III. E sempre a Notre-Dame fu beatificata nel 1909 da papa san Pio X.
Sotto, l’incoronazione di Enrico VI, ancora bambino.
2. NOZZE DI SANGUE
Numerosi furono anche i matrimoni celebrati nella cattedrale parigina, a cominciare da quelli di due principi Valois, figli di Caterina de’ Medici: Francesco e Margherita.
Il 15enne delfino di Francia Francesco di Valois si unì alla 14enne Maria Stuarda, regina di Scozia, il 24 aprile 1558 (foto a sinistra).
La sposa venne descritta dal cortigiano Pierre de Brantôme come “un centinaio di volte più bella di una dea dell’Olimpo. Il suo valore era pari a quello di un regno”. L’anno dopo, con la morte del suocero, Maria divenne regina di Francia.
Per poco, comunque: il marito morì giovanissimo e il potere passò (o meglio restò) nelle mani dell’ingombrante suocera. Più tardi Maria ebbe la pessima idea di avanzare pretese sul trono inglese. Iniziò così una contesa con la cugina Elisabetta d’Inghilterra, che si concluse con la decapitazione, nel 1587, della Stuarda.
Non meglio andò il matrimonio tra il protestante Enrico di Navarra e Margherita di Valois (foto sotto). Per la cerimonia confluirono a Parigi migliaia di ugonotti, in un clima di festa per un matrimonio che, almeno sulla carta, avrebbe dovuto rappresentare un tentativo di pacificazione religiosa.
Invece, solo 5 giorni dopo l’evento, celebrato il 18 agosto 1572 nel sagrato di fronte Notre-Dame, almeno 5.000 ugonotti furono massacrati nella cosiddetta Strage di san Bartolomeo. Una terribile trappola ordita, molto probabilmente, dal re Carlo IX (fratello della sposa), con il più o meno esplicito benestare di Caterina.
In ogni caso, nel 1593, al termine della guerra civile detta dei “tre Enrichi”, Enrico di Navarra si convertì al cattolicesimo. Si dice che, prima di abiurare al calvinismo, abbia pronunciato la celebre frase: “Parigi val bene una messa”, per sintetizzare il tornaconto politico favorito dalla sua conversione.
Fu invece un matrimonio “per procura”, ovvero senza che lo sposo fosse davvero presente nella cattedrale, a decretare la sorte di un altro monarca: Carlo I d’Inghilterra. Tramite il suo sostituto George Villiers, duca di Buckingham, nel maggio 1625 il re sposò a Parigi la cattolica Enrichetta Maria di Borbone.
Dato che le nozze avevano allarmato il Parlamento inglese, che temeva un’attenuazione delle leggi restrittive contro i cattolici, grazie a questo escamotage il re poté dichiarare di non essersi sottomesso a un rito cattolico.
Perciò altre nozze, con rito protestante, furono ripetute a Canterbury. Ma al termine di una guerra civile, che nasceva da motivazioni religiose, oltre che da opposte concezioni politiche, il re finì condannato per alto tradimento e venne decapitato nel 1649.
3. IL TEMPIO DELLA RAGIONE
Durante la Rivoluzione francese, la furia del popolo nei confronti della monarchia si espresse anche in una foga iconoclasta e nell’abbattimento della cosiddetta “galleria dei re”: una serie di 28 statue di re biblici che affollavano la facciata occidentale di Notre-Dame, erroneamente ritenute raffigurazioni dei regnanti francesi.
Nel 1793 le statue furono abbattute con funi e decapitate e la chiesa venne trasformata nel tempio della Ragione. Tutte le 20 campane della cattedrale, tranne la colossale Emmanuel, del peso di 13 tonnellate, furono rimosse e fuse per fabbricare cannoni.
Sul finire del secolo XVIII la chiesa versava perciò in uno stato miserevole. Per questo fu necessario camuffarne le condizioni quando Napoleone Bonaparte, che nel 1801 aveva firmato un concordato che riconosceva il cattolicesimo come “la religione della grande maggioranza dei francesi” e riconvertiva la cattedrale di Parigi in un edificio di culto, volle inscenare lì la sua incoronazione a imperatore.
La cerimonia che si tenne all’interno della chiesa il 2 dicembre 1804, immortalata in un celebre dipinto di Jacques-Louis David, fu un “geniale esempio di moderna propaganda”, ha riassunto lo storico dell’arte Todd Porterfield.
Da un lato infatti interrompeva la tradizione secondo cui i reali venivano incoronati a Reims, sottolineando la forza dirompente del generale corso. Dall’altro, mutando la formula rituale latina usata per le incoronazioni Accipe coronam (Ricevi questa corona) con la frase Coronet vos Deus (Vi incoroni il Signore), Napoleone indicava che non era papa Pio VII a conferirgli il potere, bensì Dio.
Una dichiarazione platealmente ribadita dal fatto che Napoleone si autoincoronò, senza aspettare che fosse il pontefice a porgli la corona sul capo. Qua sotto, L’incoronazione di Napoleone di Jacques-Louis David.
4. OLTRE LA TEMPESTA
Nell’agosto 1944 un altro militare transalpino, il generale Charles de Gaulle, che aveva guidato la Resistenza francese contro la Germania nazista, si recò a piedi verso la chiesa principale di Parigi per un Te Deum di ringraziamento, a dispetto dei cecchini che ancora vi albergavano.
Nella parole dell’allora corrispondente della Bbc da Parigi, Robert Reid, l’ingresso del generale fu accompagnato da colpi di arma da fuoco, con “una pazza scena di guerra moderna nel contesto medievale di una chiesa del tredicesimo secolo, mentre nell’aria si mescolavano gli odori di cordite e incenso”.
De Gaulle però non si lasciò turbare e proseguì incolume la sua marcia (foto sotto).
Sempre al centro della vita parigina, nel bene e nel male, a Notre-Dame il 15 novembre 2015 si celebrò la messa per le 129 vittime dell’attentato terrorista al Bataclan, avvenuto due giorni prima.
Un massacro che richiama le parole scritte a proposito della cattedrale da Victor Hugo in Notre-Dame de Paris, il romanzo che più di ogni altro fattore determinò il recupero e la trasformazione della chiesa parigina:
“Sulla faccia di questa antica regina delle nostre cattedrali, accanto a ogni ruga si trova invariabilmente una cicatrice: ‘Tempus edax, homo edacior’, che sarei incline a tradurre: Il tempo è cieco, ma l’uomo è insensato”.
Eppure, nonostante il fuoco che l’ha sfregiata, Notre-Dame si prepara a risorgere dalle sue ceneri come una fenice: il presidente Emmanuel Macron ha annunciato che in 5 anni il suo restauro sarà completato.
Sopravvissuta alla Rivoluzione francese, alle guerre mondiali, all’abbandono, Notre-Dame supererà anche questa tempesta. In linea con il motto di Parigi: “Fluctuat nec mergitur”: è sbattuta dalle onde, ma non affonda.
5. SECOLI DI LAVORI
La storia della costruzione di Notre-Dame, finora il monumento più visitato in Francia (oltre 13 milioni di turisti ogni anno), inizia nel Medioevo.
È il 1160 quando il teologo Maurice de Sully, vescovo di Parigi, ordinò di erigere una nuova cattedrale, con pianta a croce latina e due torri campanarie, destinata ad accogliere una popolazione sempre più numerosa.
Tre anni dopo, la prima pietra venne posata da papa Alessandro III e nel 1182 fu consacrato l’altare maggiore. Il coro, la facciata ovest e la navata principale furono completati nel 1250, ma occorsero altri 100 anni per ultimare portici, decorazioni e cappelle a un costo che nel 1955 il settimanale americano Time stimò a 100 milioni di dollari.
Nel 1239 il re Luigi IX, in attesa del completamento della Sainte-Chapelle (la chiesa gotica dei re di Francia, sempre sull’Île de la Cité), fece collocare a Notre-Dame la reliquia della Corona di spine che, secondo la tradizione, Cristo portò sulla testa lungo la salita al Calvario.
La reliquia è sempre rimasta qui, ed è fortunatamente scampata alle fiamme, come la Tunica di San Luigi. Nel 1300 furono completati i peculiari archi rampanti, strutture esterne che servivano a sostenere il tetto e le pareti, lasciando così libere le pareti interne, per conferire più slancio all’edificio alto ben 96 metri (guglia inclusa) e largo 40.
La chiesa subì gravi danni e razzie durante la Rivoluzione francese e rimase in condizioni precarie fino alla pubblicazione, nel 1831, di Notre-Dame de Paris di Victor Hugo. L’enorme successo del romanzo convinse i francesi a restaurare la cattedrale.
A partire dal 1845 iniziò l’intervento (che alcuni ritengono uno stravolgimento storico) degli architetti Jean-Baptiste Lassus e soprattutto di Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc.
Fu quest’ultimo che aggiunse i famosi gargoyle (foto sotto), figure grottesche poste come doccioni, per canalizzare il deflusso dell’acqua piovana, e che ridisegnò la guglia centrale, detta la Flèche (la freccia), al posto di quella medievale.
La fece affiancare da 4 gruppi di statue in rame realizzate da Adolphe-Victor Geoffroy- Dechaume: raffigurano i 12 apostoli e tutte guardano verso la città. Solo una, quella di san Tommaso, che ha il volto di le-Duc, è rivolta verso la guglia. E ammira, quasi incredula per lo stupore, la sua opera più nota, e la più controversa.