In molti avranno visto il film Free Wily, in cui un’orca detenuta in cattività viene poi liberata. Purtroppo, ancora oggi, in alcuni delfinari del mondo sono imprigionati questi animali incredibili, la cui vita è totalmente incompatibile con la cattività.
Uno dei più grandi predatori degli oceani ci offre spunti sulla sua variegata esistenza in natura, sugli adattamenti e sui comportamenti, che dovrebbero farci riflettere su come anche specie diverse dall’uomo possano veramente dimostrare una cultura incredibile.
L’orca (Orcinus orca) ha una vistosa colorazione nera, con macchie bianche ovali sopra agli occhi, e un’area sempre chiara che risalta sulla mandibola e sulle parti ventrali (è possibile abbia una valenza nella comunicazione visiva in acque torbide); la pinna dorsale, soprattutto nei maschi, è altissima e imponente, mentre le pettorali hanno le punte arrotondate.
Oltre che nella forma della dorsale, il dimorfismo sessuale in questa specie si manifesta nelle dimensioni: i maschi sono in media un paio di metri più lunghi delle femmine. La taglia massima varia a seconda della popolazione e nelle orche più grandi raggiunge- dalla punta del muso all’estremità caudale – i 9 metri!
Le orche hanno bocche armate di grandi denti conici, lievemente ricurvi all’indietro. Appartengono infatti agli Odontoceti, come globicefali, grampi, tursiopi e capodogli, contrapposti ai Misticeti (balene e balenottere) che invece hanno i fanoni per la filtrazione.
Sono tra i cetacei più diffusi al mondo: si trovano dal Polo Nord al Polo Sud, passando per imari temperati, Mediterraneo incluso, e quelli tropicali ed equatoriali, dove però sono meno abbondanti.
1. POPOLAZIONI SPECIALIZZATE
La loro capacità di sopravvivere in ambienti così diversi ha portato all'evoluzione di lievi differenze tra le popolazioni. I ricercatori definiscono ogni gruppo con caratteristiche diverse un "ecotipo".
Innanzitutto vengono divise tra quelle dell'emisfero settentrionale e quelle dell'emisfero meridionale, e poi ci sono ulteriori sottogruppi.
Per esempio, nel Nord del Pacifico si possono incontrare le "residenti", con una pinna dorsale più arrotondata e una dieta basata sulla migrazione dei salmoni; nelle stesse zone ci sono però anche le "transienti" che si spostano di più e cacciano soprattutto mammiferi come foche e lontre marine.
Molto più al largo, sempre nella stessa area geografica, si trovano le "offshore", che si nutrono per lo più di squali come verdesche e addirittura squali bianchi!
Nell'Atlantico Settentrionale, invece, ci sono orche che basano la propria esistenza sulle aringhe e le loro migrazioni riproduttive, mentre nello Stretto di Gibilterra ci sono individui che si concentrano sui tonni rossi di passo.
Nell'emisfero australe, tra le altre, si possono citarele "type D", caratterizzate da una macchia bianca oculare ridottissima, e le "type B", che sono più piccole e spesso con una colorazione giallastra dovuta alle diatomee che ne ricoprono la pelle.
Le differenze non sono solo dovute a una provenienza diversa, poiché alcuni ecotipi frequentano le stesse aree, ma a una vera e propria cultura, che permette ai gruppi (detti pod) di non competere tra loro per la dieta. Anche le strategie di caccia possono cambiare molto.
Le orche della Patagonia, per esempio, si spiaggiano pur di catturare i pinnipedi, mentre quelle antartiche provocano un'onda nuotando veloci sotto gli iceberg, per far scivolare giù le foche.
In Australia la caccia dei 28 trigoni viene fatta con attenzione agli aculei velenosi, mentre in Norvegia le aringhe vengono stordite a colpi di coda.
Le orche sono anche ottime apneiste: il record registrato è di 1.000 metri di profondità e 16 minuti "senza respirare", ma si ipotizza che i maschi possano scendere ancora di più. Soprattutto le popolazioni costiere, però, si immergono di solito su fondali di al massimo 100 metri.
2. ACCENTI DIVERSI
Anche la loro comunicazione è molto interessante: gli studiosi hanno scoperto che ogni ecotipo ha frequenze e sequenze specifiche, come fossero dialetti, utili per rinforzare i legami sociali, che in questa specie sono molto stretti.
Talvolta è perfino possibile riconoscere i singoli pod solo acusticamente!
I nuclei familiari sono composti da una femmina riproduttiva e dai figli, di solito meno di 20, ma ci sono in alcuni ecotipi grandi raggruppamenti, anche di 150 orche.
Capirne la reale composizione è molto complicato, perché dal gruppo "matrilineare" di piccole dimensioni si passa ai pod veri e propri, in cui più gruppetti si uniscono per almeno li 50% del tempo, e dunque una singola osservazione non permette di capire la reale struttura sociale. Quando si avvistano individui soli, invece, si tratta sempre di maschi adulti.
La maturità sessuale viene raggiunta tardi, almeno a 11 anni di età nelle femmine e 15 nei maschi (questi ultimi non si riproducono però fino ad almeno 20 anni), il che è critico dal punto di vista della conservazione.
Gli accoppiamenti avvengono quando due pod si incontrano, e la gestazione dura circa 18 mesi; il piccolo viene allattato per due anni e avrà un'aspettativa di vita di 60 anni nei maschi e di un secolo nelle femmine!
3. ALTAMENTE SOCIEVOLI
I legami sono molto forti, tanto che quando muore un piccolo esiste- come negli scimpanzé - il "mourning", un comportamento di lutto, per cui li cadavere viene portato dalla femmina e dagli altri componenti del gruppo a lungo, come se volessero spingerlo in superficie per farlo respirare.
E ciò che è stato osservato anche nel porto di Genova, quando un gruppo di orche è misteriosamente apparso nel 2019 e ha sostato diverse settimane tra i moli; i ricercatori, grazie alla foto identificazione (possibile tramite l'osservazione delle cicatrici su corpo e pinne), hanno capito che si trattava di una famiglia già osservata in Islanda.
Ancora oggi nessuno sa come mai quelle orche siano rimaste così a lungo in un luogo apparentemente non idoneo, e perché avessero fatto un viaggio tanto incredibile dal Nord Europa, percorrendo oltre 6.000 km.
Seppure nel Mediterraneo siano presenti orche residenti (attorno a Gibilterra soprattutto) questo caso sembra molto diverso.
Dopo essersi allontanate dal porto, il maschio, chiamato Riptide, è stato fotografato da solo in Israele, totalmente fuori areale; è possibile che le altre della famiglia siano tutte morte, viste anche le condizioni emaciate dei loro corpi.
Anche tra i vivi, comunque, esiste molta solidarietà. Interessante, per esempio, il caso di un'orca sudafricana con pettorale amputata, probabilmente da un'elica, che è sopravvissuta solo grazie agli aiuti degli altri componenti del gruppo, proprio come osservato nei lupi.
4. L'ESPERIENZA.... S'INSEGNA
I comportamenti appresi vengono trasmessi di generazione in generazione, e si è visto che le orche "nonne" hanno un ruolo fondamentale: nei pod in cui sono presenti, la sopravvivenza dei nuovi nati è maggiore.
D'altronde l'esperienza di una predatrice centenaria è impareggiabile, e in più queste femmine anziane spesso "allungano" cibo ai nipoti, dando loro pesci o calamari, come fanno le nonne umane con i dolcetti.
Viceversa, sono stati registrati anche casi di infanticidio e addirittura di cannibalismo.
Le orche sono predatori straordinari, di cui si stimano almeno 50.000 individui in tutto il mondo.
La principale minaccia per la loro conservazione è costituita dalle catture per gli oceanari, dato che la caccia vera e propria è poco redditizia e comunque attualmente vietata.
Altri problemi sono legati a inquinamento da metalli pesanti (che si accumulano nei loro tessuti), sversamenti di petrolio, inquinamento acustico e competizione con le attività di pesca.
5. NON CHIAMATECI ASSASSINE
Le orche sono sempre state appellate come "assassine", anche in inglese (killer whales), ma in realtà gli unici attacchi mortali all'uomo derivano da animali in cattività che han no ucciso gli addestratori.
Esistono segnalazioni di interazioni ambigue in natura, per esempio un surfista fu morso a una gamba in California nel 1972, ma fu subito rilasciato (seppur ci "guadagnò" oltre 100 punti di sutura).
Nelle spedizioni antartiche di inizio Novecento sono riportati due casi di orche che provarono a rompere il ghiaccio sotto ai piedi di fotografi che documentavano le fatiche degli esploratori.
Attualmente c'è una situazione da monitorare con attenzione: nello Stretto di Gibilterra, dal 2020, si registrano interazioni con le barche a vela, che portano addirittura all'affondamento.
Le orche si avvicinano allo scafo (foto sotto), lo urtano, e poi mordono il timone e parti dello scafo, ma non sembrano interessate alle persone sopra.
La navigazione sta diventando un po' rischiosa in quelle acque, e le segnalazioni si moltiplicano (attualmente ci sono già stati oltre 500 attacchi); il fatto che a volte siano capitati casi quasi in contemporanea ma molto distanti tra loro fa pensare non si tratti di un solo pod.
Si ipotizza, però, che vi sia una trasmissione culturale di questo comportamento, magari tra animali imparentati in gruppi che si uniscono e separano temporaneamente; tra le orche identificate più di frequente in queste interazioni c'è Gladis Lamari, una matriarca, che avrebbe insegnato a figli e nipoti come distruggere i timoni.
Note
Nome comune: orca
Nome scientifico: Orcinus orca
Dimensioni: dal muso alla coda massimo 9 m nei maschi e 7 m nelle femmine
Dove vive: cosmopolita, si trova in tutti gli oceani del mondo, con popolazioni più cospicue nelle acque temperate e fredde che in quelle tropicali ed equatoriali
Segni particolari: livrea nera amacchie bianche
Habitat: molto adattabile, si può osservare sia sottocosta che al largo, sia in ambienti polari che attorno agli atolli
Cosa mangia: al dieta è molto variabile in base all'area geografica e comprende un ampio spettro di mammiferi marini, squali, grandi pesci ossei, cefalopodi, uccelli marini e tartarughe.