L’osteoporosi è una malattia definita sociale, un nemico silenzioso che lavora nell’ombra e colpisce 5 milioni di persone, in maggioranza donne.
Per definizione si tratta di una patologia caratterizzata da una riduzione della massa ossea e da un’alterazione quali-quantitativa dell’architettura scheletrica.
Si definisce “osteoporosi primaria” la forma che compare dopo la menopausa o con l’avanzare dell’età (senile), per distinguerla dalle forme secondarie (iperparatiroidismo primario, osteoporosi da farmaci, da glucocorticoidi o da trapianto d’organo).
Secondo recenti stime, nel mondo ogni 3 secondi si verifica una frattura da fragilità osteoporotica a carico di femore, polso e vertebre, dati che ci portano a somme eclatanti: circa 25 mila fratture al giorno, 9 milioni all’anno.
Dati preoccupanti, destinati tuttavia a crescere, ipotizzando che entro il 2050 il numero delle sole fratture di femore salirà dagli attuali 1,6 milioni annui ad un numero compreso fra 4,5 e 6,3 milioni.
Malattia a prevalenza femminile, dicevamo, visto che colpisce il 33% delle donne tra i 60 e i 70 anni di età, il 66% di ultra 80enni, contro il 20% degli uomini.
Solo in Italia il 25% delle donne di età superiore ai 40 anni ed il 17% degli uomini di età superiore ai 60 anni ne è affetto.
La forma più comune di osteoporosi maschile è associata a ipogonadismo (produzione insufficiente di ormoni da parte delle ghiandole sessuali), alcolismo, mieloma multiplo, iperparatiroidismo, malassorbimento ed uso di corticosteroidi.
Per concludere con le cifre, diremo che nonostante colpisca quasi 5 milioni di italiani (dei quali 3.600.0000 donne) sono molti ancora i lati oscuri da illuminare.
Oggi cercheremo di darvi i consigli giusti, soprattutto nel campo della prevenzione, che anche in questo caso, è la miglior cura di ogni malattia.
1. La prima diagnosi parte dalla densitometria
L’osteoporosi si manifesta inizialmente con una diminuzione della quota di calcio nella massa ossea, soprattutto nelle vertebre dorso-lombari, nel polso e nel femore.
Con l’evoluzione del processo è possibile incorrere in fratture definite patologiche (perché provocate da un trauma di lieve entità).
Non è facile, almeno allo stadio iniziale, individuare i sintomi della malattia, che non provocando quasi mai gravi disagi, induce il paziente a rivolgersi al medico solo qualora si verifichi una complicanza, come ad esempio una frattura.
Il metodo diagnostico per eccellenza è la densitometria, consistente nella misurazione della massa ossea, che peraltro comporta un’esposizione minima alle radiazioni.
In pratica un fascio di raggi X con due diversi picchi energetici attraversa l’osso e i tessuti molli. Un picco energetico viene assorbito dall’osso, l’altro dai tessuti molli.
Il contenuto minerale osseo viene determinato in base alla riduzione di intensità del fascio, sottraendo matematicamente la componente legata al tessuto molle.
Le macchine moderne consentono una maggiore definizione dell’immagine e una minore durata dell’esame. In particolari casi sono utili esami di laboratorio, e talvolta si può fare una diagnosi di tipo istologico (biopsia della cresta iliaca).
È bene eseguire una densitometria ossea nelle donne oltre i 65 anni; In quelle di età inferiore, e negli uomini, tale indagine va riservata ai casi di menopausa precoce (prima dei 45 anni), magrezza eccessiva, uso di farmaci che possono causare riduzione della massa ossea, condizioni morbose potenzialmente pericolose, ecc.
Successivamente alla diagnosi, sarà necessario effettuare un follow-up, per valutare l’efficacia della terapia. La densitometria andrebbe ripetuta ogni 2 anni nei soggetti a rischio.
2. Terapia
Il trattamento di tipo farmacologico ha come fine ultimo la riduzione del rischio di fratture ed è giustificabile nel caso in cui il rischio a 10 anni superi il 20-30%.
Esistono molti farmaci che integrati con il giusto apporto di calcio e vitamina D si sono di mostrati efficaci nell’inibire il riassorbimento osseo.
Appartengono per lo più alla classe dei bifosfonati (principalmente alendronato, risedronato, ibandronato, clodronato, ecc.).
Abbiamo poi gli osteoformativi, che favoriscono la formazione ossea, indicati nei casi di osteoporosi più grave o di insuccesso degli altri farmaci.
I DABA (Dual action bone agents), rappresentati principalmente dal ranelato di stronzio, hanno dato risultati molto promettenti grazie alla doppia azione sul metabolismo osseo: stimolano la produzione e riducono il riassorbimento dell’osso.
Sono stati notati effetti positivi anche con terapie a base di: diuretici tiazidici (trattengono il calcio altrimenti eliminato con le urine) e anti-infiammatori non steroidei (FANS, come paracetamolo, acido acetilsalicilico e nimesulide).
Un discorso a parte va fatto per la Terapia Ormonale Sostitutiva, che consiste nella somministrazione di estrogeni (con o senza associazione progestinica) per ridurre il rischio di fratture.
Tale terapia non è indicata nella maggior parte dei casi, in quanto i rischi (carcinoma della mammella, ictus, cardiopatia ischemica, ed eventi trombo-embombolici) sono maggiori dei benefici.
La TOS può essere utile per le donne in menopausa non oltre i 55 anni di età che soffrono di sindrome climaterica (transizione dalla vita riproduttiva alla menopausa).
3. Check-up e tutti i fattori di rischio: menopausa, alcol, fumo & C.
L’osteoporosi è una patologia che riguarda l’organismo in generale, ma che colpisce specificamente l’osso, che perde la sua matrice, quindi la densità, e va incontro più facilmente a fratture. In definitiva la struttura interna dell’osso, costituita di fosfato di calcio, si impoverisce di questi due elementi e diventa più debole.
L’osso è una struttura viva, in continuo rimodellamento grazie all’attività di due tipi di cellule, gli “osteoblasti”, che contribuiscono alla formazione, e gli “osteoclasti”, con effetto opposto, di riassorbimento della matrice ossea.
La menopausa (donna di 60 anni) riduce la produzione di estrogeni, che favoriscono la produzione di osteoblasti, perciò il tessuto osseo si in debolisce, così come l’inattività fisica protratta (caso limite: l’astronauta in orbita, senza forza di gravità) comporta un aumento del riassorbimento osseo, per la prevalenza dell’attività osteoclastica.
Parimenti, l’allettamento (anziano nella casa di riposo) si associa al rallentamento del fisiologico turn-over dell’osso (produzione alternata a riassorbimento), con conseguente aumento della possibilità di fratture.
La frattura è, per definizione, un’interruzione della continuità dell’osso. È provocata da una causa scatenante, come un trauma, una caduta, insomma un evento che vince la normale resistenza dell’osso.
Quando però la frattura viene provocata da un trauma minimo, si parla di frattura “patologica”, cioè causata da un meccanismo normalmente non in grado di provocare un danno simile.
L’osteoporosi si associa molto spesso a fratture patologiche, che avvengono perciò per traumi non importanti, a volte per banali cadute.
Esistono, come per tutte le patologie, fattori di rischio, in grado di aumentare la possibilità di sviluppare l’osteoporosi, distinti in modificabili e non.
Tra questi ultimi il più importante è l’età, ed è evidente come l’aumento della vita media abbia amplificato la possibilità di ammalarsi.
Possono essere molteplici le cause scatenanti dell'osteoporosi. Fattori di rischio che il Ministero della Salute raggruppa in quattro categorie:
- Anagrafici, genetici, costituzionali
Età avanzata, sesso femminile, costituzione minuta, familiarità per osteoporosi o fratture da fragilità ossea, razza bianca o asiatica. - Alterazioni ormonali
Menopausa precoce (prima dei 45 anni, anche chirurgica), periodi prolungati di amenorrea (più di 1 anno), malattie infiammatorie croniche intestinali (celiachia, morbo di Crohn, colite ulcerosa), anoressia nervosa, ipertiroidismo. - Ambientali e comportamentali
Dieta povera di calcio, troppo ricca di proteine e/o di fibre non digeribili (cibi integrali), carenza di vitamina D, vita sedentaria, eccesso di fumo, alcol, caffeina. Abuso di lassativi. - Uso di farmaci Corticosteroidi, anticoagulanti, antiepilettici.
4. Consigli pratici casalinghi
Fare diagnosi di osteoporosi è oggi semplice, ma è sempre bene ricordare come la medicina moderna sia basata prevalentemente sulla prevenzione, più che sulla terapia, pertanto cerchiamo di fornire alcuni consigli, sia di tipo igienico sanitario che di modifica dello stile di vita, al fine di evitare ulteriori problemi a chi soffre di questa malattia.
E' importante ricordare questi consigli:
- L’attività fisica è fondamentale: va fatta per almeno 30’ al giorno, almeno 5 giorni la settimana. Dovrebbe essere di tipo aerobico, ma con l’accortezza di inserire anche esercizi con modesti sovraccarichi, per stimolare il tessuto muscolare e favorire l’attività degli osteoblasti.
- L’alimentazione deve privilegiare latte, latticini, proteine. Ideale, da questo punto di vista, il parmigiano, poco calorico, digeribile e ricco di calcio e magnesio.
- È molto importante assumere vitamina D, secondo le modalità stabilite dal medico, per favorire l’assorbimento intestinale del calcio.
- È bene tenere luci notturne o una torcia vicino al letto, nel corridoio della casa, in bagno ed in ogni altra stanza in cui si può aver bisogno di camminare di notte.
- I tappeti devono essere ben fissati al pavimento.
- Non bisogna tenere fili elettrici sparsi per il pavimento.
- Si devono salire le scale reggendosi fermamente alla ringhiera, assicurandosi anche che siano ben illuminate.
- Non lasciare gli animali domestici camminare troppo vicini ai piedi.
- Usare scarpe con tacco basso e largo, con suole di gomma antiscivolo.
- Non cercare di spostare da soli mobili pesanti, o di aprire porte e finestre pesanti o bloccate.
- Durante le attività domestiche bisogna aver cura di tenere la testa e le spalle indietro rispetto alle anche, per un maggior equilibrio.
- Mantenere la schiena dritta mentre ci si piega sulle ginocchia e sulle gambe.
- Quando si utilizza l’aspirapolvere o si rastrella il giardino, muoversi spostandosi avanti e indietro piuttosto che stare fermi sul posto.
- Per chi è affetto da osteoporosi vertebrale evitare movimenti di flessione e cadute in verticale sul fondo schiena.
5. Fratture del femore, pericolo per gli anziani
Le fratture tipiche da osteoporosi sono quelle del collo del femore, vertebrali, del collo dell’omero e del polso, ma anche altre fratture possono però essere favorite da questa patologia.
In tutto il mondo il problema dell’osteoporosi è spaventosamente sottovalutato, tanto che molto spesso non solo non viene trattata con la terapia opportuna, ma non viene neanche diagnosticata!
È questo è grave, perché, per esempio, la frattura di un femore in un anziano, non solo comporta un elevato rischio di disabilità dopo l’intervento chirurgico (incapacità di camminare come prima della frattura), ma un rischio anche di vita.
Fra i soggetti operati di frattura del femore prossima le (tipica dell’osteoporosi), nel 20% dei casi permane una disabilità permanente alla deambulazione, e solo il 30-40% riacquista un’autonomia paragonabile a quella prima della frattura.
Si è calcolato che la mortalità annua per una frattura del femore da osteoporosi (dovuta alle complicanze che tale frattura può provocare, specie nelle persone anziane) è superiore a quella per cancro del pancreas e dello stomaco.
Il 5% dei pazienti affetti da frattura osteoporotica del femore muore nel primo mese dalla frattura, nel 15- 25% dei casi entro il primo anno dopo la frattura.
Una frattura da osteoporosi comporta un aumento del rischio di nuova frattura dell’86%. Il 5-10% dei pazienti con frattura del femore prossimale, si rifrattura in un intervallo medio di 3.3 anni.
Tutti i soggetti sopra i 60 anni e le donne dopo la menopausa dovrebbero sottoporsi a mineralometria ossea (M.O.C.) per valutare se sono affetti da osteoporosi.
Normalmente le donne, quando raggiungono l’età della menopausa, vengono seguite dal ginecologo, che dovrebbe prescriverle un’adeguata terapia per l’osteoporosi, viste le importanti modificazioni ormonali che si instaurano in tale periodo. Ma non è l’unico periodo in cui la paziente deve essere seguita.
Il medico di famiglia in primis dovrebbe indicare alla paziente (ma anche al paziente uomo) quali devono essere gli esami a cui si deve sottoporre e quale deve essere l’eventuale terapia.
È necessario sensibilizzare di più i medici e i pazienti su questo problema, molto diffuso e spesso non trattato.
È stato calcolato che ben il 33% dei pazienti non riceve alcun trattamento dopo la diagnosi di osteoporosi, senza contare che la diagnosi viene fatta in meno del 50% dei casi.
La corretta terapia dell’osteoporosi può ridurre fino addirittura al 50% il rischio di fratturarsi.