Paolo Thaon di Revel fu il migliore comandante (e poi Capo di Stato Maggiore) della Marina militare italiana, che ai suoi tempi si chiamava Regia.
Talmente bravo, talmente ingegnoso, talmente stratega che, per distinguerlo da tutti gli altri suoi colleghi, lo hanno innalzato al grado di Grande Ammiraglio.
Un titolo creato apposta per lui e mai più assegnato. Ha ideato, negli anni del Primo conflitto mondiale, la guerra navale moderna; è stato il papà dei Mas, dei barchini e delle mignatte.
Non solo: anche dei treni armati e del reggimento San Marco, i marines ante-litteram che di recente, nella piazza principale di Venezia, hanno festeggiato il centenario della loro fondazione.
Ha salvato l’esercito serbo in ritirata, anticipando sulla costa adriatica dell’Albania quello che sarebbe poi successo in Normandia, a Dunkerque, quando battelli e navi di ogni specie e di ogni stazza s’incaricarono di imbarcare tutti i soldati britannici (ma anche francesi) bloccati sull’arenile di fronte all’impietosa avanzata degli uomini del Terzo Reich.
La Marina italiana fece la stessa cosa rendendo inutile l’assedio austro-ungarico. Thaon e passato anche alla storia come il salvatore di Venezia, che dopo Caporetto rischiava di essere travolta e distrutta dalle bombe nemiche, che arrivavano da terra, dal mare e dal cielo.
Escogitò qualsiasi sistema e qualsiasi stratagemma pur di salvare la città lagunare e i suoi monumenti unici al mondo.
Ecco la storia di Paolo Thaon di Revel, il grande ammiraglio del mare che più di tutti ha innovato la Marina italiana, con geniali intuizioni: dai Mas alle Mignatte, fino a San Marco.
1. Le lettere alla madre
Figlio del conte Ottavio (foto accanto), ministro delle Finanze del Regno e amico di re Carlo Alberto, aveva tra i suoi avi due viceré di Sardegna.
Ma anche luogotenenti generali, cavalieri della Santissima Annunziata, senatori, ministri, prefetti, governatori di numerose città. Tra cui Asti, Genova, Sassari, Torino e Tortona.
Insomma un predestinato. Nessuno della nobile e storica famiglia aveva mai fatto carriera in Marina. Anche perché la sua terra d'origine é la Savoia, incastonata tra le montagne che separano l'Italia dalla Francia.
Nella vita di Thaon ci sono state due donne. La madre, Carolina de Clermont de Vars, di antica nobiltà savoiarda. E la moglie, Irene Martini di Cigala e Cocconato, che arriva, guarda un po', da una famiglia di salde tradizioni marinaresche.
Uno zio é il vice ammiraglio Napoleone Canevaro. Un prozio, d'acquisto, era stato l'ammiraglio Carlo Pellion di Persano, responsabile della tremenda disfatta di Lissa, una pagina nera nella storia della Marina che proprio Revel provvederà a cancellare.
Rimasto orfano di padre a 9 anni (il senatore Ottavio Thaon é stato un personaggio di grande rilievo sia a Corte sia al governo del piccolo regno quale ministro delle Finanze, intimo amico e consigliere di re Carlo Alberto), il futuro ammiraglio tiene un fitto epistolario con la madre dal 1870 al 1883.
E quando “maman” chiuderà per sempre gli occhi, anche in questo sarà sostituita dalla consorte, conosciuta e poi sposata a Torino il 5 maggio 1898. Il secondo epistolario va dal 1901 al 1919.
Alle due donne, Thaon racconta tutto. Le prime crociere di addestramento, le prime esperienze di bordo, il viaggio intorno al mondo con la fregata a elica Garibaldi, i porti toccati e una descrizione minuziosa dei luoghi.
Dopo gli incarichi sulle navi scuola, passa alla guida di prestigiosi istituti di formazione (Scuola macchinisti di Venezia e Accademia navale di Livorno). Finalmente arriva il comando di una nave da battaglia. Dal 1907 al 1909 è sul ponte più alto della corazzata veloce Vittorio Emanuele.
E con questa unità partecipa al primo intervento di protezione civile ante litteram a favore delle popolazioni terremotate della Sicilia e della Calabria, dopo il tremendo sisma del 28 dicembre 1908, che provocò la morte di almeno 100mila persone e la distruzione di Messina e Reggio Calabria, le due città divise dallo stretto.
A bordo della Vittorio Emanuele salgono il re, Vittorio Emanuele III, e la regina Elena di Montenegro che dimostra già in questa occasione l'animo e il coraggio tipico di una crocerossina.
2. Una carriera vertiginosa
Con l'inizio delle operazioni militari della guerra italo-turca, Revel diventa comandante della 2a divisione della 2a squadra e partecipa alle manovre per la conquista della Libia.
Nell'ottobre del 1912, incassata la pace di Ouchy, Thaon sbarca dall'incrociatore corazzato Garibaldi e sale sul Vettor Pisani nel suo nuovo incarico di ispettore delle siluranti.
Lo fa per pochi mesi: dall'ottobre del 1912 al marzo del 1913. Subito dopo e nominato Capo di Stato Maggiore. Altro gradino di una prestigiosa carriera. Ha 54 anni.
Nella Grande Guerra è protagonista assoluto. Vede lontano, capisce che lo scontro con la flotta austriaca sarà una guerriglia di azioni rapide con naviglio leggero, sommergibili, aerei. Le sue idee, il suo modus operandi si scontrano con quelle del comandante della flotta che è pure un principe, Luigi Amedeo di Savoia.
Il duca degli Abruzzi, spalleggiato da due contrammiragli a lui legati, Enrico Millo e Umberto Cagni, vorrebbe affrontare la squadra navale nemica in mare aperto e vendicare così l'onta della sconfitta di Lissa.
Thaon è più prudente e pensa piuttosto alla difesa delle nostre coste che, quotidianamente, dall'inizio del conflitto, sono nel mirino della flotta di Vienna con scorrerie e bombardamenti.
Vengono colpite Porto Corsini, Senigallia, Ancona, Vieste, Manfredonia e Barletta, con numerose vittime tra la popolazioni. E con il re commenta sarcastico: «Maestà, devo combattere e guardarmi dagli austriaci, dagli Alleati e dagli ammiragli italiani. Le assicuro che i primi mi danno meno da fare degli altri due...».
Il 1° ottobre 1915 Thaon va a dirigere il dipartimento di Venezia. La Casetta rossa di Campo San Maurizio, alle spalle del Canal Grande, dove abita D'Annunzio, e lo studio di Revel, all'Arsenale, diventano le centrali operative della nuova guerra nell'Adriatico. Che cambia completamente fisionomia: diventa una guerriglia, con mezzi navali leggeri, sottili e insidiosi: ovvero i Mas, i barchini e le mignatte.
Scrive Giorgio Giorgerini: «Pressoché immobilizzare le grandi unità, venne impresso grande dinamismo operativo ai reparti del naviglio sottile e silurante e all’aviazione navale, che si dimostrò molto attiva contro le basi e la flotta nemica. Ma il meglio della condotta di Revel fu nell'impiego di un nuovo mezzo insidioso: il Mas. Piccolo, veloce, offensivo. Risultò l'arma ideale e congeniale per la guerra adriatica della Marina italiana».
E' la “strategia della battaglia in porto“, ovvero portare l’offesa contro le navi nemiche direttamente nelle loro basi. L'impasse del conflitto si risolve così. Revel lo può fare perché all'inizio del 1917, esattamente il 17 gennaio, torna al vertice della Marina.
Silurato il Duca degli Abruzzi (nel comunicato dell'agenzia Stefani si maschera tutto con i soliti motivi di salute), ecco il rientro al comando dell'ammiraglio torinese nella duplice veste di comandante in capo delle forze navali e di Capo di Stato Maggiore della Marina.
Subito dopo Caporetto, e per vendicare quell'onta, Thaon impiega il naviglio leggero contro le grandi corazzate nemiche. Li chiamano “gusci di noce", ma sono terribilmente efficaci.
Partiamo dall'affondamento della corazzata Wien, nella rada di Trieste, avvenuto tra il 9 e il 10 dicembre 1917, da parte del Mas 9. Al comando c’è Luigi Rizzo (un nome, una leggenda) che riceverà la prima medaglia d'oro.
La presenza di due grandi unità corazzate (Wien e Budapest) era stata segnalata dalla nostra aviazione. A fianco del Mas di Rizzo c'è il numero 13, affidato al capo timoniere di prima classe Andrea Ferrarini.
Alle 23 i due battelli vengono sganciati dalle torpediniere nel punto prestabilito. Le operazioni di avvicinamento e soprattutto di taglio delle ostruzioni richiedono diverse ore. Alle 2:32 Rizzo ordina il lancio simultaneo.
I siluri del Mas 9 fanno centro, quelli del 13 mancano il bersaglio. La Wien si piega su un fianco e affonda rapidamente. La Budapest è incolume.
Nella foto sotto, Thaon di Revel, con altri ammiragli e ufficiali, partecipa a Venezia alla cerimonia di consegna del Fanò, ovvero le insegne , dell'alto comando.
3. La beffa di D'Annunzio
Poi è la volta di Buccari, non distante da Fiume, in fondo al canale tra l'isola di Cherso e la costa orientale dell'Istria, dove la ricognizione aerea aveva segnalato quattro navi da trasporto e una da guerra.
Ma si sbagliava. Di quest'ultima non c’è traccia e i siluri lanciati dai Mas contro i mercantili non superano lo sbarramento di reti sommerse.
L'impresa però resta: essere entrati nel golfo più protetto dell'Impero asburgico, aver attaccato ed essere tornati incolumi. D'Annunzio, e da qui la beffa, lascia scivolare in mare tre bottiglie di champagne adornate da nastri tricolori.
All'interno, arrotolati, i fogli con questo messaggio del poeta-soldato, come al solito irriverente: «In onta alla cautissima flotta austriaca occupata a cavare senza fine dentro i porti sicuri la gloriuzza di Lissa, sono venuti col ferro e col fuoco a scuotere la prudenza nel suo più comodo rifugio i marinai d'Italia, che si ridono d'ogni sorta di reti e di sbarre, pronti sempre a osare l'inosabile».
Ma è soprattutto la terza impresa, quella di Premuda, a lasciare il segno. Anche qui protagonisti sono i Mas. Il 15 e il 21, rispettivamente comandati da Rizzo e Giuseppe Aonzo (nella foto piccola, in alto a sinitra), si infilano tra le unità di una formazione navale nemica e fanno fuoco.
I siluri colpiscono e affondano la corazzata Szent Istvàn (nota anche come Santo Stefano) e danneggiano la nave da battaglia Tegetthoff, che porta il nome dell'ammiraglio che nel 1866 sconfisse gli italiani nella Battaglia di Lissa. Vendetta è fatta!
Nella foto sotto, batterie posizionate sulla costa veneta pronte a respingere un attacco aereo. Nella zona di Caposile, strategicamente importante, c'era la maggiore concentrazione di artiglieria.
4. I disaccordi con Mussolini
Paolo Thaon di Revel e Armando Diaz (nella foto accanto) sono i vincitori della Grande Guerra.
Tutti e due affiancano Vittorio Emanuele III sul balcone del Quirinale, il 31 ottobre 1922, mentre sfilano le camicie nere della rivoluzione fascista all'indomani della marcia su Roma.
E' il sovrano a volerli nel governo di Benito Mussolini quali “sorveglianti" di fiducia di Casa Savoia. Il 24 maggio 1924, nell'anniversario della nostra entrata in guerra, il re gli conferisce il titolo di Duca (diventerà Duca del Mare solo l'11 gennaio 1940).
E il successivo 4 novembre, sempre del 1924, altra data da commemorare, viene nominato Grande Ammiraglio, in modo da equipararlo ai Marescialli d'Italia. Diventa monumento di se stesso.
La rottura definitiva con Mussolini avviene sulla modifica dell'ordinamento del Comando supremo. C'era già stata una frattura quando il generale Pietro Badoglio, tra i maggiori colpevoli della disfatta di Caporetto, era stato nominato Capo di Stato Maggiore dell'Esercito.
L'ammiraglio Franco Maugeri commenta: «Con la fondazione dell'arma aeronautica, avvenuta il 28 marzo 1923, furono sciolte le aviazioni dell'esercito e della Marina, malgrado le vivacissime proteste di Revel e Diaz. Fu un errore gravissimo. La Seconda guerra mondiale ce ne fornì l’amarissima prova. Errore aggravato da un altro ancora più madornale: la proibizione alla Marina di dotarsi di navi portaerei».
Da qui in poi Thaon sparisce, o quasi, dalla vita pubblica e militare. Diventa un monumento vivente. Non solo Duca del Mare, non solo Grande Ammiraglio, ma anche senatore del Regno, Collare dell'Annunziata (equiparato a cugino del re), Gran Croce dell'Ordine militare di Savoia, primo segretario del sovrano per l'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, cavaliere della Corona d'Italia e una sfilza di altri titoli onorari.
Nonostante tutto è stato fedele al fascismo sino al crollo del regime, il 25 luglio del 1943. Basta andarsi a rileggere i suoi interventi dai banchi del Senato. Lo ha fatto Silvio Bertoldi, giornalista e storico, recentemente scomparso. Quando scoppia la Seconda guerra mondiale, il Grande Ammiraglio ha ormai 81 anni.
Vive a Roma, ai Parioli, dopo aver abitato per un quarto di secolo in via Mario Pagano. Bertoldi lo definisce una sorta di nume visto che la sua collocazione come padre della patria si è consolidata nel tempo.
«Non ha peso politico - commenta Bertoldi - ma la sua parola è seguita religiosamente negli ambienti della Marina. Il suo credito presso la Casa reale è altissimo, la sua autorità indiscussa. Attraversa forse un momento di turbamento quando nel 1940 Mussolini annuncia di assumere il comando supremo delle forze armate in guerra, togliendolo al re, a cui spetta per norma di quello statuto di cui suo padre è stato uno dei firmatari».
Dopo il 25 luglio e l'8 settembre 1943 è un superstite angosciato. La Commissione per l'epurazione lo accuserà, per poi scagionarlo nel 1945 da ogni addebito. Muore il 24 marzo 1948, alle 18,15, all'età di 89 anni. Nel mese precedente aveva perso l'adorata moglie, Irene.
Ora il lungo silenzio sul Grande Ammiraglio si è finalmente interrotto. A 71 anni dalla scomparsa, la Marina gli intitola un pattugliatore d'altura varato il 15 giugno scorso a La Spezia. E lo tira fuori dall'oblio post bellico nel quale era finito.
5. Un grande innovatore
La Grande Guerra finisce in gloria per gli uomini della Regia Marina, grazie alle nuove armi introdotte da Thaon di Revel.
Le date sono passate alla storia: 10 giugno 1918 e 1o novembre sempre dello stesso anno. I luoghi degli scontri sono Premuda e Pola.
La data della prima battaglia viene ricordata ogni anno perché quel giorno la Marina italiana è in festa. Due Mas compiono la più audace delle missioni: affondano la corazzata Santo Stefano, vanto e gloria della flotta imperiale austro-ungarica, e danneggiano una seconda corazzata, la Tegethoff.
Poi riescono a eludere la reazione avversaria e tornare da dove erano partiti, la banchina del porto di Ancona. Al comando dei due Mas ci sono il capitano di corvetta Luigi Rizzo (nella foto piccola, in alto a sinistra), sempre lui, siciliano di Milazzo, e il guardiamarina Giuseppe Aonzo, ligure di Savona. L'isola di Premuda è davanti alla costa della Dalmazia, oggi Croazia.
I nostri due motoscafi compiono un'azione ricognitiva e stroncano sul nascere un'azione della flotta nemica che puntava a sbloccare lo sbarramento del Canale di Otranto. Le immagini della grande unità che prima si capovolge e poi scompare negli abissi sono indimenticabili. Rappresentano non solo la fine di quella nave da guerra, ma anche dell'Impero di Vienna.
Nella base di Pola, il 1o novembre 1918, viene utilizzato per la prima volta un nuovo mezzo d'assalto. Ha le sembianze di un siluro, si chiama "mignatta". Il natante ha due cariche esplosive da 110 chili ciascuna e viene posizionato sulla fiancata della corazzata Viribus Unitis.
Alle cinque del mattino di quel giorno i nostri due operatori vengono scoperti e catturati. Svelano il loro piano e consentono di salvare molte vite umane. Anche la loro. Si chiamano Raffaele Rossetti, maggiore del Genio navale, e Raffaele Paolucci, tenente medico.
Erano partiti da Venezia, trasportati e scortati da due torpediniere e altrettanti Mas al comando di Costanzo Ciano. L'esplosione avviene alle 6:44 del mattino del 1o novembre. Verranno imprigionati a Pola sino al 5 novembre, fino cioè all'arrivo delle navi italiane dopo la firma dell'armistizio. La guerra è finita.
Nella foto sotto, la corazzata S. Stefano, ammiraglia della flotta austriaca, si sta capovolgendo dopo essere stata colpita dai due siluri sganciati dal Mas comandato da Luigi Rizzo. È il 10 giugno 1918.
PER SAPERNE DI PIU':
Pier Paolo Cervone è autore di un libro sulla figura di Thaon di Revel (Mursia Editore). Si tratta di un instant-book. Nel senso che esce in occasione del varo della prima unità della Marina italiana intitolata al Grande Ammiraglio.
Il 15 giugno, al cantiere di Muggiano, a La Spezia è stato messo in mare il primo di una serie di pattugliatori veloci che darà il nome all'intera classe di unità.
Tutto appare in linea con la visione di Thaon, padre del naviglio sottile, veloce e insidioso, ma anche sostenitore convinto della portaerei bocciata da Mussolini.
Il volume ha una lunga prefazione scritta dall'ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, già Capo di Stato Maggiore della Marina e della Difesa.
Un altro ammiraglio, Ezio Ferrante, ha dedicato molti anni allo studio della vita e delle pagine di storia che riguardano Revel.
Il suo prezioso lavoro è arricchito dalla testimonianza diretta della figlia del protagonista, Clorinda, che ha messo a disposizione non solo i suoi ricordi ma anche l'archivio di famiglia con il carteggio intercorso tra il Grande Ammiraglio, la madre e la moglie. Le donne della sua lunga vita.