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Pelè, il “Calciatore del secolo”

Il 23 ottobre scorso ha compiuto 80 anni Edson Arantes do Nascimento, detto Pelé, fuoriclasse amato dagli appassionati di calcio di tutto il mondo, un mito vivente, simbolo stesso del calcio e icona senza tempo dello sport più popolare del mondo.

Proclamato “Calciatore del secolo” e “Tesoro nazionale del Brasile”, con 1.281 reti resta il migliore marcatore della storia.

Ecco la sua storia!

 

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1. Ereditò la passione dal padre

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Il suo vero nome è Edson (in onore di Thomas Alva Edison) Arantes do Nascimento, ma per tutti, appassionati di calcio e non, è Pelé, detto O Rei (il re), un mito vivente, simbolo stesso del calcio e icona senza tempo dello sport più popolare del mondo.

Il 23 ottobre 2020 ha festeggiato i suoi 80 anni, traguardo di una vita contrassegnata da talento e passione nel corso della quale è stato incoronato “Calciatore del secolo” dalla FIFA (Fédération Internationale de Football Association), dal Comitato Olimpico Internazionale e dall’IFFHS (International Federation of Football History & Statistics).

Non solo: è stato anche insignito del Pallone d’oro FIFA del secolo e, unico calciatore al mondo, del Pallone d’oro FIFA onorario. La futura leggenda del calcio trascorse un’infanzia piuttosto difficile, condizionata dalla povertà della sua famiglia.

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Nato nel 1940 a Três Corações (nello stato brasiliano del Minas Gerais) da Maria Celeste Arantes e João Ramos do Nascimento, detto Dondinho, ex calciatore che dovette interrompere la carriera per un brutto infortunio al ginocchio, a cinque anni Edson si traferì con la famiglia nella città di Bauru, nello stato di San Paolo.

Qui iniziò a guadagnare qualche soldo facendo il lustrascarpe, mentre il padre gli instillava la passione del calcio. Visto che la famiglia non poteva permettersi un vero pallone, Edson si arrangiò facendosene uno con calzini, stracci e carta legati con uno spago.

Dai calci dati in strada a quelli in un campetto di calcio il passo fu breve: Edson, infatti, iniziò la carriera nelle fila della squadra dilettantistica della sua città, Bauru, e presto si vide affibbiato quel soprannome che lo farà conoscere in tutto il mondo: «Mio padre ha giocato per il Bauru Atlético», ebbe a dichiarare lui stesso in seguito, «e c’era un portiere di nome Bilé. Era il rivale di mio padre e i ragazzini, per farmi arrabbiare, mi hanno chiamato Bilé, che in seguito si è trasformato in Pelé».

Bilé o Pelé che fosse, Edson si faceva notare in campo per la sua destrezza nell’addomesticare il pallone e la sua abilità nel dribblare gli avversari e battere senza scampo i portieri avversari.

Qualità che non passarono inosservate a Waldemar de Brito, ex nazionale brasiliano che con la squadra carioca aveva giocato 18 partite segnando altrettanti gol. De Brito era sicuro che quel ragazzo di 15 anni avesse qualcosa di speciale e lo convinse a fare un provino per la squadra del Santos.

Nella foto sotto, Pelé con la mamma. Un ritratto del giovane Pelé con la madre Maria Celeste Arantes che non amava affatto il calcio.

 

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2. Tesoro del Brasile. Vittorie e record

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Nel 1956 Pelé entrò così a far parte delle giovanili del Santos giocandovi un’intera stagione per poi indossare la casacca della prima squadra il 7 settembre 1956, giorno del suo debutto.

Da quel momento si assicurò un posto da titolare e a soli 16 anni, con 24 reti, conquistò il titolo di capocannoniere del campionato di calcio dello stato di San Paolo, un primato che spianò la strada al suo primo contratto da professionista.

Fu l’inizio di un sodalizio tra lui e il Santos che durerà 19 stagioni e che nessuna delle tante offerte provenienti da squadre di tutto il mondo riuscirà mai a minare. Ci provarono, tra le altre, il Real Madrid, il Manchester United e la Juventus, ma invano.

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L’unica squadra che stava per farcela fu l’Inter, ma l’affare saltò all’ultimo momento (vedi box qui sotto). Nel 1961, per evitare qualsiasi trasferimento in squadre estere, il presidente del Brasile, Janio Quadros, dichiarò Pelé “Tesoro nazionale”

Le sue doti atletiche, unite a un’intelligente e rapida visione di gioco e al suo incredibile senso del gol (mandava il pallone in rete sia di destro sia di sinistro e anche di testa) gli permisero di raggiungere le vette più alte del calcio, firmando con i suoi fulminei dribbling il periodo d’oro del Santos.

Nel 1974, quando decise di ritirarsi dal calcio, il suo bottino di vittorie contava infatti tutti i maggiori traguardi del campionato brasiliano e non solo: 10 titoli paulisti, 5 Taca Brasil, 3 Tornei Rio-San Paolo, una Taça de Prata, 2 Coppe Libertadores, 2 Coppe Intercontinentali e una Supercoppa dei Campioni Intercontinentali.

Fu sempre con la maglia del Santos che nel 1961, in un incontro vinto 3-1 contro la Fluminense, Pelé segnò il cosiddetto gol de placa, riconosciuto universalmente come il più bel gol mai segnato al Maracanã, lo stadio di Rio de Janeiro.

Otto anni dopo, il 19 novembre 1969, a soli 29 anni, segnò il millesimo gol in carriera, una sorta di consacrazione per il più grande goleador della storia.

Nella foto sotto, Pelé è premiato dalla regina britannica e dal principe Filippo, in visita in Brasile il 10 novembre 1968..

 

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3. Stella della nazionale carioca e la parentesi americana

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Grazie ai meriti acquisiti con il Santos, Pelé venne presto convocato nella nazionale brasiliana della quale divenne una stella fin dal suo esordio a soli 16 anni, il 7 luglio 1957, nell’incontro che il Brasile disputò contro l’Argentina.

Se il risultato finale non fu dei migliori (l’Argentina s’impose per 2-1), Pelé fece l’unico gol brasiliano della partita.

Un inizio promettente al quale seguì la convocazione come titolare della Seleçao (il soprannome della nazionale brasiliana) per i Mondiali di Svezia 1958.

A diciassette anni, il più giovane calciatore del torneo e il più giovane giocatore ad avere mai disputato le fasi finali di un Mondiale, stupì tutti: a suon di gol trascinò la sua squadra in finale contro i padroni di casa e la partita non ebbe storia.

Il Brasile si impose 5-2 (due i gol segnati da Pelé) e si aggiudicò il titolo mondiale. In seguito, se i due successivi Mondiali (in Cile nel 1962 e in Inghilterra nel 1966) furono sfortunati per lui che dovette fare i conti con due infortuni, in quello disputato in Messico nel 1970 ebbe la sua rivincita, proprio contro l’Italia.

Fu proprio lui, infatti, a segnare la prima delle quattro reti (1 sola rete azzurra) nella finale che regalò il terzo titolo mondiale al Brasile. Quello messicano fu l’ultimo Mondiale disputato da Pelé, che nella sua carriera giocò con la nazionale 92 partite segnando 77 reti.

Nel 1974 Pelé si ritirò una prima volta dal calcio. In realtà, la lontananza dal campo da gioco durò poco: l’anno successivo O Rei venne ingaggiato dai New York Cosmos, team statunitense che disputava la North American Soccer League e che la squadra di New York si aggiudicò nel 1977 grazie a lui.

Quello fu anche l’anno dell’addio definitivo al calcio: l’ultima gara disputata da Pelé fu un’amichevole tra Santos e New York Cosmos, le uniche due squadre dove aveva militato. Segnò una rete, disputando il primo tempo con i Cosmos (che vinsero 2-1) e il secondo con il Santos.

Nella foto sotto, Mondiali del 1970. Stadio Azteca di Città del Messico, 21 giugno, Pelé viene portato in trionfo con i compagni della nazionale brasiliana dopo la vittoria sull’Italia per 4 a 1.

 

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4. Attore e ambasciatore che segnò 1.281 gol

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- Attore e ambasciatore

Celebrato in tutto il mondo, dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, Pelé non rimase con le mani in mano: compose brani musicali, recitò nel film Fuga per la vittoria e fu nominato, nel 1992, ambasciatore delle Nazioni Unite per l’ecologia e l’ambiente, due delle sue battaglie assieme a quelle contro la droga e le discriminazioni razziali e sessuali fuori e dentro il mondo sportivo.
Ministro straordinario dello sport dal 1995 al 1998 (sua la legge per ridurre la corruzione nel calcio carioca), il 27 luglio 2011 fu nominato “Patrimonio storico-sportivo dell’umanità” dall’Ufficio internazionale del capitale culturale a seguito di un sondaggio popolare a cui parteciparono 327.496 persone di 72 Paesi diversi.
Qua sotto, DRIBLE DE VACA... Così si chiamava l’arma segreta di Pelé che consisteva nel far passare il pallone a lato dell’avversario e superarlo dall’altro. La utilizzò anche nel match contro la Bulgaria nei Mondiali del 1966, in Inghilterra. Ma sul 2 a 0 per i brasiliani il difensore bulgaro Zechev aggredì O Rei, che si infortunò al ginocchio. Il Brasile non arrivò ai quarti di finale.
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- Segnò 1.281 gol

Con 1.281 reti realizzate in carriera Pelé ha conquistato il titolo di più grande goleador della storia del calcio.
Sul primato, tuttavia, sono sorti dei dibattiti: secondo alcuni osservatori, il record apparterrebbe al ceco Josef Bican (1.468 gol), seguito dal tedesco Gerd Müller con 1.461. In questa classifica Pelé occuperebbe la terza piazza.
La FIFA, però, rifacendosi unicamente alle statistiche ufficiali, ha decretato che il calciatore più prolifico di sempre sia proprio lui con i suoi 1.281 gol, 767 dei quali segnati in competizioni ufficiali.
Altri suoi record riguardano il numero di reti segnate in una sola partita: se una sola volta Pelé riuscì a segnare 8 gol in un singolo incontro, furono 6 i match in cui marcò 5 gol, 30 quelli in cui andò a rete 4 volte e 92 quelli in cui segnò una tripletta.
Nella foto sotto, una rovesciata di Pelé coi colori del Santos in uno scatto del 1968. Ha giocato in questa squadra per 19 stagioni.

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5. Il cinema e l'Inter

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- Ecco perché Pelé non andò all’Inter

Nel 1958 il sogno dei tifosi dell’Inter si stava avverando: l’allora presidente Angelo Moratti firmò un contratto con il Santos per quel giovane Pelé che nei Mondiali di Svezia di quell’anno si era messo in luce.
Sembrava tutto pronto per il trasferimento in Italia, ma all’improvviso il contratto fu stracciato e il campione brasiliano rimase dov’era. Che cosa successe?
Una volta saputo che Pelé avrebbe lasciato il Santos, i tifosi erano insorti e, oltre alle dure contestazioni, erano arrivati addirittura a incendiare la sede sociale e a minacciare il presidente della squadra che, sconvolto e spaventato, aveva chiesto a Moratti di annullare il contratto.
«Papà dovette aderire a quella richiesta», ha ricordato in un’intervista Massimo Moratti, figlio di Angelo. «Non era più un affare calcistico, ma un caso di coscienza e così papà stracciò quel contratto».
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- Anche il cinema gli ha reso omaggio

Nel 1974 Pelé fu protagonista di Isto è Pelé, documentario diretto da Eduardo Escorel e Luiz Carlos Barreto che raccontava la sua vita e le sue gesta calcistiche sin dagli esordi.
Trent’anni dopo, nel 2004, sarà invece Pelé eterno, per la regia di Anibal Massaini Neto, a ripercorrere le vicende che trasformarono Edson Arantes do Nascimento nel re del calcio. Il documentario si aggiudicò il Premio Città di Roma-Arcobaleno Latino al Festival di Cannes 2005.
Nel 2016 è stata invece la volta della pellicola Pelé, film biografico scritto e diretto dai fratelli Jeff e Michael Zimbalist e che vede, tra i produttori esecutivi, lo stesso Pelé interprete anche di un cameo.

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