Peperoncino: facilissimo da coltivare sul balcone e nell’orto

Facile, bello e buono: questi i tre aggettivi che meglio descrivono il peperoncino commestibile.

Facile per­ché coltivarne la pianta, in vaso sul davanzale o nell’orto, è veramente ele­mentare, a prova di bambino.

Bello per­ché ha una forma graziosa, produce a getto continuo fiorellini stellati bianchi da giugno a settembre, e da fine luglio a novembre porta i frutti in mille for­me e colori secondo le specie e varietà.

Buono… beh, c’è chi non mangia nulla se non lo condisce con il piccante, e chi viceversa non sopporta di sentirsi bru­ciare la bocca: de gustibus…

 

1. Dall'America, che bellissima scoperta

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Il peperoncino appartiene al gene­re Capsicum, che si è sviluppato fra il Brasile e la Giamaica: già nel 5500 a.C. era coltivato in Messico come uni­ca spezia utilizzata.

Nel 1529 lo stori­co Bernardino de Sahagun affermò che gli Aztechi avevano creato alcune deci­ne di varietà di C. annuum, la specie che annovera sia il peperoncino sia il peperone.

Il primo peperoncino piccante arrivò in Europa nel 1493 con Cristoforo Colombo, di ritorno dal suo secondo viaggio che lo aveva portato ai Caraibi: molto probabil­mente la specie introdotta fu C. chinense (il nome inganna...) Scotch Bonnet o Habanero.

Gli Spagnoli sperarono di gua­dagnare bene dalla vendita dei semi, ma rimasero delusi: il peperoncino si adat­tò subito all’Europa, riproducendosi in maniera molto facile...

E il sapore piccante venne subito apprezzato, tanto da fornire il nome al frutto: “peperone” deriva dalla somiglian­za del sapore con quello del pepe. Nel Nuovo Mondo, invece, era chiamato chil­li oodili, donde il chili delle lingue spa­gnola e inglese.

Arrivarono in seguito anche le varietà di C. annuum di sapore dolce, anch’esse apprezzate fin da subi­to per la parentela con i fratelli piccan­ti già noti; e poi C.frutescens, il tabasco, C. baccatum , il cappello del vescovo, e C. pubescens, il rocoto.

Tutta la popola­zione, poveri e ricchi, ne beneficiò, grazie alla semplicità con cui i semi germoglia­no, e il sapore piccante si diffuse rapida­mente nelle cucine locali.

 

Non sono tutti uguali... e non sono Solanum. Come già detto, tutti i peperonci­ni appartengono al genere Capsicum, ma differenti sono le specie, così come diverse sono le forme di foglie e frut­ti.

Le specie coltivate sono: C. annuum (a cui appartiene la maggior parte del­le varietà, come il peperoncino calabre­se, il pepe di Cajenna, il Serrano, il Thai, lo Jalapeno), C. baccatum (fra le qua­li le varietà Rocotillo, Lemon Drop e Aji Amarillo), C. frutescens (fra cui diverse selezioni di Tabasco), C. chinense (com­prendente diversi tip i di Habanero, i più piccanti al mondo, Naga Morich, Carolina Reaper e Bhut Jolokia) e C. pubescens (fra cui Rocoto, dai semi neri).

I peperoncini di forma allungata colti­vati nell’orto sono praticamente tutti del­la specie Capsicum annuum , mentre fra i peperoncini ornamentali possiamo trovare molte varietà afferenti alle altre specie.

Ciò che contraddistingue visi­vamente le varietà di peperoncini orna­mentali è la grande diversità di forme e colori che vengono sfruttate, appun­to, a fini decorativi, pur essendo anch’esse tutte cultivar con frutti perfettamente commestibili.

 

Da luglio in poi, oltre ai peperonci­ni commestibili, si trovano in vendita piante simili, dalle foglie allungate e cariche di “ciliegine” verdi e arancioni, che assomigliano tanto ai nostri pepe­roncini, ma non sono Capsicum,ben­sì Solanum.

E la differenza è sostanzia­le: i frutti di Solanum pseudocapsicum (= S. capsicastrum) sono tossici e quin­di non commestibili.

Qualcuno li chiama incautamente “peperoncini ornamenta­li”, ma sono in realtà tutta un’altra cosa, pur essendo anch’essi appartenenti alla grande famiglia delle Solanacee. A pri­ma vista potrebbero anche essere con­fusi, ma già l’odore poco gradevole del S. pseudocapsicum permette di capi­re che non si tratta assolutamente di peperoncino!

Non è necessario assaggia­re i frutti: basta strofinare fra le dita una foglia e annusarla per rendersene con­to. L’apparenza inganna, ma è importan­te recepire la differenza, soprattutto se abbiamo bambini o animali domestici...

 

2. Annuali o perenni? Come superare l'inverno?

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Annuali o perenni? La maggior parte delle varietà appartenenti alla specie C. annuum, come dice il nome, sono tendenzial­mente annuali (soprat­tutto nel nostro ambien­te pedoclimatico), seb­bene le piante possano essere conservate anche per qualche anno, con i dovuti accorgimenti e un po’ di fortuna.

In realtà non ne vale particolarmente la pena perché, negli anni succes­sivi, le piante lignificano e riduco­no la produzione di fiori e quindi di frut­ti.

È invece senz’altro più agevole con­servare per più anni le varietà apparte­nenti alle specie C. baccatum e C. pube­scens che, se opportunamente mante­nute (cioè se non vengono potate per ammaloramenti da freddo), continuano a regalare una discreta produzione.

 

Come superare l'inverno? La prima cosa da tenere presente è che nessuna delle varietà coltivate (di qualunque specie) di peperoncino resi­ste al gelo intenso: solo in alcune zone della Penisola le piante possono essere conservate per gli anni successivi all’aper­to, eventualmente con coperture di tes­suto non tessuto o in serra fredda.

Nella maggior parte dei casi sarà invece neces­saria una protezione in ambiente riscal­dato. Chi non dispone di una serra potrà anche conservare i vasi in casa, in posizio­ne luminosa e fresca (ad esempio di fron­te a una finestra).

Le piante perderan­no ugualmente foglie e frutti nel periodo invernale ma, con una potatura effettua­ta in febbraio in modo da ridurne l’altezza a circa un terzo, potranno ricacciare nella successiva primavera.

Infatti, il sopravvenire delle gelate por­ta a morte certa le piante in esterni. Se abbiamo piante in vaso dobbiamo col­ locarle all’interno con il dovuto anti­cipo: gli 8-10 °C di temperatura mini­ma sono il limite massimo sopportabi­le dai Capsicum.

Soprattutto le varietà appartenenti alla specie C. chinense (Habanero in particolare) già a 4 °C perdono foglie e frutti e difficilmen­te sopravvivranno. Le piogge autunna­li invece non devono spaventare più di tanto, purché il drenaggio sia garantito. L’umidità eccessiva può però favorire lo sviluppo di funghi e batteri.

 

3. Tempo di raccolta

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Anche i frutti dei peperoncini orna­mentali sono commestibili, proprio come quelli da orto dalla classica forma a cor­netto.

Il miglior modo di utilizzarli per il consumo è quando raggiungono la pie­na maturazione, momento in cui il sapo­re è più pieno e maggiore è il contenu­to in sostanze benefiche per l’organismo umano.

Quasi sempre i frutti maturi sono solamente di colore giallo, arancio, rosso o marrone: se il colore dei frut­ti è verde o viola o altro, significa sempli­cemente che non sono maturi, saranno molto belli dal punto di vista ornamen­tale ma non al meglio per il consumo (il sapore sarà probabilmente un po’ slavato o più acerbo).

Se non abbiamo esigenze particolari, è consigliabile raccogliere i frutti scalar­mente, man mano che maturano, anche per lasciarne sempre alcuni a decorare le piante (vale soprattutto per balconi e terrazzi, dove la funzione ornamentale è importante). Recidiamo il picciolo con la forbice, con un taglio netto alla base.

Anche per l’estrazione dei semi il miglior momento è quello della pie­na maturazione, che andrà individua­to a seconda della varietà. I semi pos­sono essere estratti dal frutto matu­ro o anche già un pochino essiccato, ma dovranno essere stesi ad asciugare accu­ratamente, con una temperatura tiepida e in un ambiente possibilmente ventila­to.

Una volta ben essiccati si disporranno in bustine di carta (preferibilmente) o di plastica, adeguatamente etichettate e poi conservate in ambiente fresco e asciutto fino alla semina successiva.

 

4. Piantina o da seme? Conservare i peperoncini

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Il modo più comodo ed efficace di col­tivare peperoncino alle nostre latitu­dini è di utilizzare piantine (autopro­dotte in semenzaio caldo o acquista­te dal vivaista) trapiantate nel momento più opportuno (da aprile al Centro-Sud e isole, a maggio al Nord).

Il motivo è dato dal fatto che le prime fasi di svilup­po della piantina di peperoncino si sus­seguono lentamente e, per di più, coin­cidono spesso con un ambiente esterno sfavorevole (temperature basse) : quin­di, la produzione di piantine in ambien­te ottimale darà maggiore sicurezza e precocità.

Si può però anche effettua­re la semina diretta in campo, da feb­braio al Centro-Sud e isole o da marzo al Nord, sebbene con rischio di gelate tar­dive, accrescimento più lento e maggiore disformità di crescita fra le piante.

In ogni caso, per partire dal seme auto-prodotto occorre tenere presen­ti alcune importanti precauzioni da adot­tare. Il peperoncino è una pianta allogama, che cioè tende naturalmente a incrociarsi facilmente, a opera soprattut­to degli insetti pronubi.

Se si hanno vici­ne fra di loro più varietà della stessa spe­cie, non resta che indurre l’autofeconda­zione nelle piante prescelte, proteggen­do i fiori prima che si aprano (con “tes­suto non tessuto” o altro), etichettando i rami con i frutti che verranno autofecon­dati.

Se non approntiamo tutto questo, molto probabilmente ci troveremo l’anno successivo di fronte ad alcu­ne piante con caratteri­stiche diverse: se amia­mo le sorprese, possia­mo estrarre i semi da frutti ottenuti senza autofecondazione.

 

Conservare i peperoncini. Da novembre in poi i frutti di peperoncino non raccolti cado­no dalla pianta e tendono ine­vitabilmente a marcire: pertanto chi vuole conservarli nel tempo deve raccoglierli prima e conser­varli.

Le modalità di conservazio­ne sono diverse, dai sottaceti alla salamoia, alle conserve di frut­ti interi o triturati, farciti o meno eco., ma questi aspetti merite­rebbero un libro a parte.

Limitiamoci pertanto ai due metodi più semplici e “naturali" per la conservazione, il primo è la congelazione, particolarmen­te indicata per le varietà a frutti carnosi che, una volta scongela­ti, potranno essere consumati in diversi modi ma tutti cotti (perché perderanno l'aspetto gradevole con lo scongelamento).

Il secondo è l'essiccazione, che permette di conservare i frutti per almeno un anno e che dovrà pre­feribilmente avvenire in ambien­te tiepido e ventilato.

Le varietà più indicate sono quelle a frut­ti rossi e allungati, con poca pol­pa, che si essiccano veloce­mente, mantengono la forma e il colore e possono essere uti­lizzati successivamente a scopo ornamentale o alimentare.

Le più simpatiche composizioni sono quelle a mazzetti, che possono essere anche regalati o utilizza­ti a distanza di diversi mesi, svol­gendo nel frattempo una funzio­ne di decorazione della cucina.

 





5. Come coltivarlo

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- IN VASO...

Le dimensioni del vaso sono molto varia­bili in funzione della varietà: per le meno vigorose possono essere sufficienti vasi del diametro di 12-14 cm di diametro, mentre per varietà più vigorose si potrà arrivare a 18-20 cm. per passare even­tualmente anche a 25-30 cm o più negli anni successivi.
Utilizziamo un terriccio universale mesco­lato a metà substrato per piante da orto e con una manciata di humus di lombri­co. Il drenaggio dev’essere tale da evita­re ristagni prolungati, mentre brevi perio­di di sommersione sono generalmente tollerati: 1 cm di argilla espansa è più che sufficiente.
L'irrigazione deve garantire una costante umidità del terriccio: a seconda del perio­do dell'anno si può passare da un'irriga­zione giornaliera (in primavera ed estate) a irrigazioni scaglionate di una settimana (in autunno) o anche di un mese (in inver­no).
Se si vedono le foglie afflosciarsi e perdere il normale turgore, si farà ancora in tempo a intervenire con un'abbondan­te annaffiata: l'importante però è preveni­re il disseccamento.
La concimazione è un elemento decisa­mente importante nella coltivazione in vaso, a causa del continuo dilavamento di sostanze nutritive provocato dalle fre­quenti irrigazioni.
I concimi più comodi da usare sono quelli liquidi, meglio se in for­mulazioni adeguate per piante orticole, da distribuire alle dosi e con le frequen­ze indicate in etichetta.
I concimi granula­ri sono generalmente più economici ma richiedono un dosaggio più attento, per evitare fenomeni di fitotossicità o, al con­trario, di carenza. L'esposizione dovrà essere il più possibi­le in pieno sole.
Tra le avversità, la carenza idrica porta all’instaurarsi del ragnetto rosso, da eli­minare con irrorazioni di sapone molle: la mosca bianca colpisce facilmente gli esemplari conservati in luogo umido e poco arieggiato: si elimina con il piretro.

 

 

- ... E IN GIARDINO/ORTO

Si semina in seminiera in febbraio, in postarelle profonde 1-2 cm: germinerà nel giro di 15 giorni, ma occorre atten­dere lo spuntare della quinta foglia pri­ma di trapiantarlo in piena terra (in apri­le). lasciando tra una pianta e l'altra 30-40 cm circa. Oppure si semina direttamente a dimora in aprile.
Deve essere coltivato in terreni ricchi di materia organica e ben drenati: ha biso­gno di essere annaffiato regolarmente ma eventuali ristagni idrici agevolano lo sviluppo di marcescenze.
Saranno quin­di utili anche frequenti zappettature che, oltre ad arieggiare il terreno, eviteranno il propagarsi di infestanti concorrenti. Va concimato da giugno a settembre una volta al mese con un prodotto organico.

 








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