L’ultima telefonata, Eleonora, l’ha fatta a suo padre per chiedergli aiuto.
Quel maledetto 26 novembre, quando una frana ha travolto Ischia, la trentenne aveva cercato la voce del papà, spaventata come una bambina, per trovare conforto.
Durante quella chiamata la giovane ha raccontato quel che stava capitando, cercando di dare al padre le informazioni utili per ricevere soccorso.
Ma è stata questione di minuti: dopo poco la frana ha ucciso lei e il papà, appena salito in macchina per raggiungere la figlia.
In una società dove si apprezza chi è forte, positivo e in grado di risolvere da sé ogni problema, ammettere il bisogno di soccorso è percepito come una debolezza.
Gli esperti ci spiegano che è un atteggiamento sbagliato.
1. Chiedere aiuto non è da deboli. Ammettere il bisogno è difficile
Nei momenti drammatici della vita capiamo quanto la solidarietà tra gli esseri umani sia l’unico appiglio: in quei momenti chiedere aiuto è un atto di coraggio e dignità.
Nella nostra quotidianità, però, non è così: quando la posta in gioco non è così grande, chiedere una mano è sempre più complicato, oggi, complice una società competitiva in cui l’imperativo sembra essere quello di non mostrare alcuna debolezza.
Una richiesta di aiuto è infatti troppo spesso percepita come un’ammissione di vulnerabilità e dunque un rischio di diventare dipendenti dagli altri. Oggi sono apprezzate le persone che raccontano di avercela fatta con le loro forze, quelle che sono sempre solari nonostante le difficoltà.
Eppure alcuni studi mostrano che chi chiede aiuto non è necessariamente percepito come un debole: una ricerca pubblicata nel 2015 da Management Science e condotta da studiosi della Harvard Business School e dell’Università della Pennsylvania (USA) aveva dimostrato che quando la nostra richiesta di aiuto è sensata e ponderata, le persone sono portate a pensare che siamo competenti.
«Nonostante le persone traggano notevoli benefici dallo scambiarsi informazioni e idee, molti sono riluttanti a chiedere consigli e aiuto agli altri», scrivono Alison Wood Brooks, Francesca Gino e Maurice E. Schweitzer, autori dello studio. «La paura è quella di essere visti come incompetenti».
Sulla base di una serie di test e questionari, i ricercatori hanno invece smentito questo falso mito, chiarendo inoltre come questa percezione di competenza accresce quando la richiesta di aiuto nasce davanti a un compito complesso. Inoltre sono ritenute particolarmente competenti le persone che si mostrano a chiedere aiuto a chi è più esperto di loro.
Avere un problema non significa esserne colpevoli. Un problema non è un deficit ed essere vulnerabili non significa essere inadeguati. L’idea che di fronte a qualunque situazione sia necessario mostrarsi forti e perfettamente autonomi è una trappola che rende impossibile il cambiamento.
Per poter chiedere aiuto, infatti, occorre prima di tutto ammettere di avere un problema, il che non è sempre facile. Spesso non vogliamo prendere contatto con il nostro disagio. E così ci nascondiamo dietro a molti alibi.
2. Non significa essere di peso. Agli altri fa piacere
Uno di questi è quello di chi giustifica la propria riluttanza a chiedere aiuto affermando di non voler dare disturbo agli altri.
«Non voglio essere di peso», ci troviamo a dire. Se in alcuni casi è vero, in molte altre circostanze è una scusa: a parole ci mostriamo altruisti, ma in realtà abbiamo paura di apparire deboli o, peggio, di legarci troppo agli altri.
Chiedere aiuto ci pone infatti nella condizione di dover ringraziare, crea un precedente e ci connette emotivamente all’altro. Per molti tutto questo è fonte di disagio.
Quando chiediamo aiuto, esprimiamo la nostra fiducia in chi ci aiuta ed è proprio sulla fiducia che nascono i rapporti umani profondi, oggi sempre più spesso temuti. Inoltre una richiesta ci espone al rischio di un rifiuto e quindi a un’umiliazione.
C’è poi chi non chiede aiuto perché sicuro di non riceverlo. Spesso sbagliano, secondo vari studi: la maggior parte delle persone sono infatti ben disposte ad aiutare, e anzi ne traggono emozioni positive.
A settembre uno studio pubblicato da Psychological Science ha coinvolto duemila persone in sei piccoli esperimenti, tutti studiati per mettere a confronto le emozioni di chi chiede aiuto con quelle di chi lo dà.
In uno di questi test, a 100 persone è stato dato il compito di chiedere a sconosciuti in un parco di scattar loro una foto: da interviste condotte ai partecipanti è emerso che questi avevano sottovaluto la disponibilità degli altri a fotografarli, ma anche il piacere che chi scattava le foto aveva dichiarato di provare dopo aver fatto questo piccolo favore.
«Ci sentiamo tutti bene a fare la differenza nella vita degli altri», ha detto Xuan Zhao, coautrice dello studio: «aiutare fa sentire meglio le persone». Naturalmente la propensione a farsi aiutare dipende anche dagli aspetti della personalità di ciascuno e da fattori socioculturali.
3. Alle donne è più concesso. E sul lavoro?
Ad esempio, l’immaginario collettivo è sicuramente più inclusivo nei confronti di una debolezza espressa da una richiesta di aiuto che proviene da una donna piuttosto che da quella di un uomo.
Percepiamo come più accettabile che sia una donna a chiedere aiuto, influenzati ancora come siamo da una cultura che vuole quello femminile come il sesso debole.
Tuttavia la richiesta di aiuto maschile è vista come più autentica. La debolezza di un uomo, quando esplicitamente espressa, tende a tingersi di una patina di coraggio che non viene riservata alle donne.
E sul lavoro? Peraltro queste differenze sono ancora più evidenti nei contesti di lavoro, dove chiedere aiuto è spesso molto difficile. La cultura della performance ne è un ostacolo: si teme di essere superati, di perdere delle opportunità, di essere lasciati da parte.
Avere fiducia nella nostra capacità di fare le cose da soli è motivante, ma c’è un limite e chiedere aiuto non dovrebbe mai essere un dramma: occorrerebbe avere quella che Amy Edmondson, docente di Management alla Harvard Business School, chiama “sicurezza psicologica” e cioè la certezza che in azienda una persona non sia punita per aver dato voce a idee, domande, richieste o preoccupazioni.
E quindi nemmeno per aver alzato la mano in un momento di difficoltà. Creare contesti di lavoro sicuri da un punto di vista psicologico è una sfida a cui rispondere pena l’aumentare di stress, conflittualità, insoddisfazione e scarsa produttività.
4. Impariamo a chiedere aiuto senza sentirci a disagio
È importante lasciarci andare e imparare a non sentirci a disagio quando siamo in difficoltà e dobbiamo “alzare la mano”. Ecco i consigli degli psicologi.
- Guardiamoci dentro.
Il primo passo sta nel comprendere i nostri bisogni e le nostre difficoltà, senza vergognarcene. Siamo onesti con noi stessi: proviamo a scrivere di cosa realmente abbiamo bisogno e quali sono le nostre paure. Se non abbiamo chiari questi aspetti ci sarà difficile chiedere una mano agli altri in modo efficace.
- Individuiamo la persona a cui chiedere aiuto e parliamole.
Evitiamo di usare mezzi impersonali, come mail e messaggi. Cerchiamo di incontrarla o, almeno, di parlarle al telefono o in videochiamata, dopo aver concordato un appuntamento.
- Siamo chiari e diretti.
Cerchiamo di andare dritto al sodo: evitiamo inutili giri di parole che potrebbero essere interpretati come espressione del nostro senso di colpa.
Uno studio spagnolo del 2008 pubblicato sul Journal of Personality and Social Psychology mostrava come le richieste di aiuto più efficaci siano appunto quelle fatte direttamente, senza giustificazioni, in modo onesto e chiaro.
Se chi chiede aiuto può sentirsi in imbarazzo a essere così tranchant, è tuttavia questa la modalità di richiesta più apprezzata da chi è chiamato ad aiutare. Per la stessa ragione, evitiamo di scusarci.
Non ce n’è bisogno: stiamo chiedendo aiuto, non facciamo del male a nessuno.
5. Quattro buoni motivi per imparare a lanciare un SOS
- Rinsalda i legami esistenti
Chiedendo aiuto, esprimiamo fiducia nell’altro e così rafforziamo il rapporto. Chi chiede aiuto e chi aiuta beneficiano entrambi della situazione, a patto la relazione tra loro sia alla pari.
- Consente di creare nuovi legami.
Per la stessa ragione, chiedere aiuto è anche un ottimo modo per iniziare a relazionarci con qualcuno. Così come a noi piace aiutare, anche gli altri possono sentirsi bene quando ci aiutano.
- Ci rende più empatici.
Riconoscere che esistono circostanze in cui abbiamo bisogno del supporto di qualcuno che ci aiuti ci rende più umani e più vicini alle altre persone.
- Ci aiuta a capire di più di noi stessi e degli altri.
Siamo animali sociali, fatti per cooperare con gli altri e con l’ambiente che ci circonda. Fare sempre tutto da soli è impossibile e non è sano.
Pensare che non si debbano mai mostrare le nostre fragilità ci impedisce di conoscere la reale natura dell’animo umano.