19Mussolini tifava per Primo Carnera e ne fece il modello dell’uomo fascista: forte, coraggioso e sempre vittorioso.
Ma il gigante friulano che vinse tutti i titoli della sua categoria non ebbe sempre vita facile.
Riuscì comunque a riciclarsi a 40 anni, dopo il ritiro definitivo dalla boxe, dandosi al wrestling. Con ottimi risultati!
Ma chi era veramente Primo Carnera, il pugile gigante che vinse tutti i titoli della sua categoria? Scopriamolo insieme.
1. Alla nascita pesa già 7 chili
Roma, piazza di Spagna. È il 22 ottobre 1933 e 65mila persone cingono trepidanti il ring sul quale sta per disputarsi un incontro storico.
Fresco del titolo mondiale dei pesi massimi, conquistato il 29 giugno precedente, il pugile italiano Primo Carnera sfida il basco Paulino Uzcudun, campione europeo in carica che nessuno, fino a quel momento, è riuscito a mandare al tappeto.
Primo dei nostri a salire in vetta all’Olimpo della boxe, Carnera, come scrive Daniele Marchesini nel suo Carnera (Il Mulino), «è all’apice della fama, osannato ovunque. Nel 1933 è probabilmente l’italiano più conosciuto al mondo, allo stesso grado del duce».
Mussolini non può mancare all’appuntamento: sa bene che l’immagine del pugile vincitore può essere un’eccezionale strumento di propaganda per mostrare a chiunque come “l’uomo fascista” sia sinonimo di forza e coraggio.
Primo Carnera sale sul ring, «libera il proprio corpo dalla severa camicia nera fascista che nasconde i suoi muscoli» e batte l’avversario ai punti al termine delle quindici riprese previste, difendendo così il titolo mondiale, conquistando anche quello europeo e venendo proclamato campione italiano.
La storia di questo indimenticabile campione inizia il 26 ottobre 1906 quando nasce a Sequals (allora provincia di Udine, oggi di Pordenone), figlio di Sante Carnera, mosaicista, e di Giovanna Mazziol, casalinga.
Primo, questo il nome scelto dalla coppia, è un neonato di dimensioni mai viste: leggenda vuole che alla nascita pesi già 7 chili.
La sua crescita è sbalorditiva: a 12 anni raggiunge il metro e 80 di altezza, mentre del suo appetito pantagruelico si parla in tutto il paese.
Abbandona presto la scuola e come tanti compaesani emigra nella speranza di un lavoro e una vita dignitosa. Il 29 giugno 1920 parte per la Francia e giunge a Le Mans dove va ad abitare da una zia materna.
Sotto, Primo Carnera con mamma e papà, 1937.
2. Il circo, la boxe e l’anno della svolta
Primo trova lavoro come garzone, falegname e manovale, ma la paga giornaliera riesce appena a sfamarlo.
Nel 1924 inizia a frequentare la palestra dell’Unione sportiva di Le Mans dove apprende i primi rudimenti della boxe, mentre l’anno successivo accetta l’offerta dell’impresario Alphonse Ledudal che gli propone di lavorare nel suo circo.
Per tre anni Carnera, forte del suo metro e 97 di altezza e di 120 chili di peso, diventa il “Terribile Giovanni” e intrattiene gli spettatori con sfide di lotta e pugilato.
Tra uno spettacolo e l’altro, arriva il fatidico 1928.
Ad Arcachon, nel Sudovest della Francia, Primo Carnera viene notato da Paul Journée, ex campione dei pesi massimi e allenatore di giovani pugili, che lo convince a lasciare il mondo dello spettacolo per avventurarsi, sotto la sua guida, in quello della boxe.
Inizia così per lui un lavoro di preparazione fisica che prevede ore e ore in palestra per trasformarlo in un vero pugile in grado di affrontare il primo incontro ufficiale a Parigi, il 12 settembre 1928.
Per lo sfidante Léon Sebillo il match dura poco: alla seconda ripresa finisce ko e Carnera ottiene la sua prima vittoria e un premio di 1.000 franchi.
Nel giro di poco tempo lui e il suo manager Léon Sée diventano inarrestabili, mentre in Francia il suo nome è sinonimo di forza e prestanza leggendarie.
3. L’amaro ritorno in Italia e il sogno americano
Il ritorno in patria, però, non è come il campione friulano l’ha sognato.
È il 25 novembre 1928 quando giunge a Milano per incrociare i guantoni con lo spagnolo Epifanio Islas: vince l’incontro ai punti dopo 10 riprese, ma l’accoglienza della stampa non è delle migliori.
La Gazzetta dello Sport scrive: «Carnera è un bluff gonfiato a Parigi da alcuni affaristi della boxe a scopo di speculazione. Ma la sua storia non durerà a lungo».
Così Primo e il suo staff decidono di abbandonare il Paese e di organizzare una serie di incontri all’estero, dando il via a un tour europeo che dura per tutto il 1929 snodandosi tra Francia, Germania e Spagna. Carnera conquista undici vittorie e due sconfitte (entrambe per squalifica) su 13 incontri.
Forte dei risultati ottenuti, il suo manager Léon Sée decide che è ora di guardare più lontano e gli propone di combattere negli Stati Uniti.
Qui il nostro campione sbarca il 31 dicembre 1929 e inanella una serie di vittorie che pare non finire mai: 23 incontri, 22 ko e una vittoria per squalifica dell’avversario.
Il 7 ottobre 1930 a Boston affronta Jim Maloney e incappa nella sua unica sconfitta (ai punti), seguita da altre due vittorie. Il 1931 e il 1932 non sono da meno: su 36 incontri disputati, Carnera se ne aggiudica 33, subendo solo 3 sconfitte ai punti.
Il suo mito contagia ora anche i compatrioti che iniziano a seguire le sue gesta, mentre lui, nell’ottobre del 1930, torna in Friuli accolto da una folla curiosa.
4. La tragedia di Schaaf e la sconfitta da Baer. Wrestler prima di morire
Circonfuso di gloria per le sue numerose vittorie, nel 1933 Carnera incappa nel suo Annus Horribilis: il 10 febbraio, durante un incontro, l’avversario, il pugile statunitense Ernie Schaaf, crolla a terra sotto i suoi pugni.
Sembra un ko come gli altri, ma Schaff non riprende conoscenza: trasportato d’urgenza all’ospedale, muore quattro giorni dopo per emorragia cerebrale.
L’episodio turba Carnera, che tuttavia il 29 giugno 1933 si prepara a sfidare il detentore del titolo mondiale dei pesi massimi Jack Sharkey.
Al nostro pugile sono sufficienti sei riprese per far crollare al tappeto il temibile avversario e diventare il nuovo campione mondiale.
Purtroppo il primato non è destinato a durare a lungo.
Dopo la difesa del titolo contro Paulino Uzcudun a Roma nell’ottobre 1933, infatti, il 14 giugno 1934, al Madison Square Garden Bowl di New York, di fronte a oltre 52mila spettatori Carnera incrocia i guantoni con lo statunitense Max Baer.
Sono appena passati 2 minuti e 10 secondi dall’inizio del match quando Baer gli sferra un colpo preciso e potente in pieno volto: il campione italiano vacilla e crolla a terra (foto sotto).
È l’inizio della fine: cadendo si procura una frattura a una caviglia e nelle successive riprese viene atterrato più volte da Baer. Dopo un ko alla nona ripresa, tre nella decima e due all’undicesima, l’arbitro interrompe l’incontro: Carnera non può proseguire e Max Baer è il nuovo campione per ko tecnico.
In seguito Carnera disputa ancora 13 incontri, subendo 5 sconfitte. Si ferma nel 1937. Affetto da diabete, subisce l’asportazione del rene e nel 1939 si sposa con Pina Kovacic, dalla quale ha due figli, Umberto e Giovanna Maria (foto sotto).
Inattivo fino al 1945, decide di tornare sul ring, ma dopo le prime due vittorie, viene battuto per tre volte consecutive. Per lui è arrivato il momento di abbandonare i guantoni ma non ancora quello di sparire dalla scena.
Nella sua carriera ha disputato 103 incontri conquistando 88 vittorie e 15 sconfitte. Decide allora di trasferirsi con la famiglia negli USA dove combatte – con ottimi risultati – dal 1946 al 1963 come wrestler.
Colpito da cirrosi epatica, nel 1967 torna in Italia e qui muore il 29 giugno, quasi sessantunenne, lo stesso giorno dello stesso mese in cui, 34 anni prima, aveva conquistato il suo titolo più prestigioso.
Sotto, Carnera (in primo piano) allena l’inglese Al Hayes (1952). Oltre a essere stato campione mondiale nella boxe, si aggiudicò anche due titoli nella NWA - National Wrestling Alliance.
5. Carnera rappresentava il modello dell’uomo fascista. Fu anche attore e la sua casa oggi è un museo
Arruolato nella 55a Legione Alpina “Friulana” di Gemona, Carnera rappresentava il modello dell’uomo fascista, coraggioso e vittorioso.
Un modello che non contemplava la sconfitta: così il Ministero della cultura popolare ordinò che i giornali non pubblicassero sue immagini al tappeto, nemmeno quando fu sconfitto da Baer, tanto più che quest’ultimo era ebreo e combatteva in pantaloncini su cui era ricamata la stella di David.
La sconfitta del 25 giugno 1935 contro il pugile di colore Joe Louis, per un’Italia pronta alla guerra di Etiopia, segnò il punto di svolta: Carnera non serviva più al fascismo e fu abbandonato dalla stampa di regime.
Sotto, il Duce con i pugili italiani Vittorio Tamagnini (al centro) e Primo Carnera (dietro) e il tedesco Rudi Kretzschmar a Roma (1937).
Sequals, paese natale di Primo Carnera, non ha mai dimenticato il campione che oggi viene ricordato anche grazie alla sua villa – museo.
Circondata da un giardino, è composta da due edifici: uno principale, la casa vera e propria, e uno più piccolo, destinato a palestra. Costruita nel 1932 per volontà del pugile, ospita una mostra che documenta la sua vita.
Nella palestra, con scritta in mosaico dorato Mens sana in corpore sano, si trovano tuttora le colonnine di ferro che servivano a tendere le corde di un ring di dimensioni reali.
Villa Carnera è visitabile la domenica da maggio a ottobre. Info: https://villacarnera.com/
Carnera non temeva nessuno, nemmeno la macchina da presa: dopo l’esordio nel 1933 sul set del film Mr. Broadway di Johnnie Walker, il pugile italiano recitò in altre 17 pellicole.
Ne L’idolo delle donne (1933) interpretò se stesso e, curiosamente, si trovò a recitare al fianco di Max Baer (che nel film è un barista), proprio colui che un anno dopo gli avrebbe tolto il titolo di campione mondiale.
In Due cuori fra le belve (1943) fu invece al fianco del principe della risata, Totò. Il suo ultimo film è Ercole e la regina di Lidia, diretto nel 1959 da Pietro Francisci.
Oltre al cinema Carnera fu anche protagonista di molte pubblicità e comparsate televisive come quella famosa nella trasmissione condotta da Mario Riva Il Musichiere.
Sotto, Primo Carnera e Myrna Loy in una scena del film "The Prizefighter and the Lady" (titolo italiano "L'idolo delle donne"), 1933 di W. S. Van Dyke.