Ci troviamo nel sistema di Alpha Centauri, precisamente sul pianeta appena scoperto e chiamato Proxima B che orbita intorno alla sua stella Proxima Centauri.
Quest’ultima è la stella più vicina a noi, anche se parliamo di una “vicinanza” di 4.23 anni luce, che, comunque, in termini astronomici, sono davvero pochi!
L’eccezionalità della notizia sta nel fatto che Proxima B è un pianeta molto simile al nostro: roccioso, poco più massiccio della Terra e la sua temperatura potrebbe consentire la presenza di acqua allo stato liquido.
Tali caratteristiche fanno sì che Proxima B diventi presto oggetto di studi per la ricerca di tracce di vita extraterrestre e, senza sognare troppo, potrebbe diventare una delle destinazioni dei prossimi viaggi interstellari.
1. La costellazione del centauro e la scoperta del pianeta
- La costellazione del centauro
La Nana Rossa Proxima Centauri fa parte del sistema di Alpha Centauri e fu scoperta nel 1915 da Robert Innes, l’allora direttore dell’Union Observatory del Sudafrica.
Il suo raggio è circa un settimo di quello del Sole, la sua massa è di circa un ottavo di quella solare, mentre la densità è 40 volte superiore alla nostra stella. A
causa della sua posizione decisamente australe, Proxima Centauri è invisibile da gran parte delle aree dell’emisfero boreale, mentre può essere osservata da gran parte dell’emisfero australe.
Ad ogni modo, essendo una stella rossa, non può essere osservata ad occhio nudo, ma solo utilizzando un telescopio con un’apertura di almeno 80-100 millimetri ed in presenza di condizioni atmosferiche favorevoli.
Proxima Centauri fa parte della Costellazione del Centauro che, pur non essendo molto facile da osservare poiché si trova al di sotto dell’equatore celeste, è una delle costellazioni più brillanti ed estese. Le stelle presenti in essa sono molteplici, quasi duecento e tra queste vi è Alpha Centauri, quella più vicina al Sole.
Altre due stelle, seconde alla precedente solo per dimensioni, sono Beta Centauri e proprio Proxima Centauri; quest’ultima leggermente più vicina a noi rispetto alle altre due.
- La scoperta del pianeta
La scoperta del pianeta Proxima B è dovuta ad un team di astronomi che hanno lavorato al progetto Pale Red Dot dall’inizio del 2016; il rinvenimento è stato presentato di recente nel corso di una conferenza stampa presso la sede tedesca dell’Osservatorio Australe Europeo (European Southern Observatory – ESO).
La notizia è stata pubblicata anche sulla rivista Nature, a dimostrazione dell’eccezionalità della scoperta.
Lo studio era finalizzato a rilevare eventuali perturbazioni del moto di Proxima B nello spazio poiché, in generale, la presenza di uno o più pianeti causa delle perturbazioni gravitazionali che alterano il moto della stella di riferimento provocando dei piccoli cambiamenti nella luce della stella stessa.
Nello specifico, per osservare e tenere sotto controllo Proxima Centauri è stato utilizzato il telescopio ESO dislocato presso l’Osservatorio di La Silla in Cile.
Con tale potente strumento, che misura ben 3,6 metri di diametro, è stato dimostrato che sulla stella osservata erano presenti delle piccole oscillazioni. Al fine di evitare ogni possibile dubbio Proxima Centauri è stata esaminata anche da altri telescopi.
Il risultato di tutte queste osservazioni? Unanime: le oscillazioni col passare del tempo sono diventate sempre più significative tanto da far affermare al coordinatore del progetto, l’astronomo Guillem Anglada-Escudé:
“Continuavo a verificare la coerenza del segnale ogni singolo giorno durante le 60 notti di osservazione della campagna. I primi 10 erano molto promettenti, i primi 20 erano consistenti con le previsioni e arrivati a 30 giorni il risultato era quasi definitivo, così abbiamo iniziato a scrivere l'articolo!”
La conferma, quindi, di una scoperta eccezionale.
2. Tentativi falliti e un pianeta paragonabile alla Terra
- Tentativi falliti
Negli ultimi 16 anni si era provato a confermare la presenza di un pianeta, ma senza raggiungere mai alcun risultato significativo.
Le Nane Rosse come Proxima Centauri, infatti, sono stelle attive soggette a brillamenti e possono variare frequentemente. Il team di ricerca ha monitorato con cura la luminosità della stella con una rete di telescopi per assicurarsi di non aver commesso errori in una così importante scoperta.
Questo mondo alieno è il posto più vicino possibile capace di ospitare vita al di fuori del nostro Sistema Solare. La ricerca di altri mondi ha catturato l'immaginazione nel corso della storia, ma solo di recente abbiamo avuto gli strumenti capaci di rilevare pianeti al di fuori del nostro Sistema Solare.
Questi pianeti extrasolari, o esopianeti, erano ancora sconosciuti fno a 25 anni fa. Oggi, grazie ai progressi nella tecnologia dei telescopi, gli astronomi ne hanno rilevati oltre 3.000. Tra questi, appunto, vi è Proxima B.
Vista la straordinaria rivelazione, di sicuro Proxima B sarà studiata con maggiore approfondimento nell’immediato futuro, utilizzando strumenti molto innovativi, come il telescopio E-ELT e, senza fantasticare troppo, il pianeta potrebbe essere la meta di viaggi extraterrestri, come prevede il progetto Star Shot.
In definitiva, nei prossimi decenni si potrebbe raggiungere il pianeta in meno di una generazione utilizzando delle sonde molto innovative.
- Un pianeta paragonabile alla Terra
Facendo dei paragoni si può affermare che Proxima B, pianeta roccioso, sia una pianeta simile alla Terra.
La sua massa è del 30% maggiore di quella del nostro pianeta e si trova a “soli” 7 milioni di chilometri da Proxima Centauri.
Confrontando la vicinanza tra quest’ultima ed il pianeta appena scoperto, possiamo dire che sono molto più vicini rispetto alla distanza tra Mercurio ed il Sole, impiegando 11 giorni per completare l’orbita.
La differenza è che Proxima Centauri è otto volte più piccola del Sole ed anche molto più debole; la superficie del pianeta, inoltre, non è rovente come quella di Mercurio. Ciò consentirebbe temperature superficiali molto miti.
Ed è proprio questa la scoperta eccezionale: la presenza di tali temperature consentirebbe all’acqua allo stato liquido di scorrere in superficie e, di conseguenza, permetterebbe la possibile presenza di forme di vita sul pianeta.
Se il pianeta fosse stato più vicino alla stella il suo calore avrebbe fatto evaporare tutta l'acqua; di contro, se fosse stato più lontano l'acqua sarebbe ghiacciata.
Poiché l'acqua liquida è essenziale per la vita così come la conosciamo, questo rende Proxima B il pianeta più vicino alla Terra che potrebbe ospitare forme di vita.
3. Gli altri pianeti
Tutti gli altri esopianeti simili alla Terra individuati fino ad oggi presentano distanze improponibili ed inaccessibili per qualsiasi tecnologia scoperta ed utilizzata ai giorni nostri.
Ma cosa sono gli esopianeti? Un esopianeta è un pianeta che non rientra nel sistema solare ed orbita, quindi, intorno ad una stella diversa dal Sole.
Si tratta di pianeti distanti anni luce da noi. Ad oggi sono stati individuati circa 3.500 pianeti extrasolari dislocati in 2.600 sistemi planetari diversi, ma l’interesse nei loro confronti aumenta sempre più.
Vista la grande difficoltà ad utilizzare apparecchiature in grado di scoprire nuovi esopianeti, la maggior parte di quelli individuati sono giganti gassosi, come Giove e, in un numero decisamente inferiore, sono quelli rocciosi, maggiormente simili alla Terra.
Il primo esopianeta scoperto risale al 1995 ed appariva come una ciambella rossa con al centro una macchia nera; fu immortalato dal telescopio spaziale Hubble e fece subito il giro del mondo.
Nel 2012, ad esempio, fu annunciata la scoperta di un pianeta facente parte sempre dello stesso sistema di Proxima B (ovvero di un sistema stellare triplo), si trattava di Alpha Centauri Bb, in orbita intorno alla stella Alpha Centauri B.
La sua distanza dalla Terra è di 4.37 anni luce e, fino alla recentissima scoperta di Proxima B, era l’esopianeta più vicino a noi. Il luogo della scoperta è sempre lo stesso: l’Osservatorio de La Silla in Cile; lo strumento impiegato per tale scoperta è lo spettrografo HARPS.
Gli astronomi che hanno condotto la ricerca (andata avanti dal 2008 al 2012) appartenevano all’Osservatorio di Ginevra ed al Centro di Astrofisica dell’Università di Porto.
Non avendo osservato transiti di Alpha Centauri Bb, sono sconosciute le sue dimensioni, la composizione e le condizioni atmosferiche. Nonostante ciò, si può affermare che il pianeta non possa ospitare la vita perché pare ruoti troppo vicino alla sua stella.
Un vero e proprio segugio degli esopianeti è il telescopio spaziale Keplero, avendone individuati quasi 1.300; nell’estate 2015, infatti, il telescopio ha scoperto Kepler 452b, pianeta molto simile alla Terra poiché roccioso, distante da noi ben 1.400 anni luce e che ruota intorno ad una stella molto simile al Sole, la Kepler 452, che si trova nella Costellazione del Cigno.
Il pianeta è grande una volta e mezzo il nostro e, rispetto al Sole, è del 10% più luminoso e del 4% più grande. Secondo la NASA si tratta del “più piccolo pianeta finora scoperto in orbita nella ‘zona abitabile,’ la zona intorno ad una stella di tipo G2, come il nostro Sole, dove l’acqua liquida potrebbe raccogliersi sulla superficie di un pianeta orbitante e di una stella”.
Grazie al telescopio spaziale Keplero, quindi, oggi sappiamo che potrebbero esserci più pianeti che stelle. Altra scoperta, ad opera questa volta degli astronomi dell’Istituto di Astrofisica e Geofisica dell’Università di Liegi in Belgio, è relativa a tre pianeti tutti della dimensione della Terra che si trovano nella costellazione dell’Acquario a 40 anni luce da noi.
Il gruppo di ricerca, infatti, avrebbe scoperto l’esistenza di tre esopianeti che, per dimensione e temperatura, sarebbero molto simili alla Terra e quindi abitabili. I tre pianeti ruotano intorno alla stella Trappist-1, poco più grande di Giove e con una temperatura pari solo alla metà di quella del Sole.
Anche in questo caso è stato impiegato il telescopio ad infrarossi installato presso l’European Southern Observatory (ESO) del Cile; utilizzando ulteriori apparecchiature moderne, presto si potrà constatare l’eventuale presenza di acqua e tracce di vita su tutti e tre i pianeti.
4. Investimenti e il progetto esplorativo “Pale Red Dot”
- Investimenti
Mentre negli ultimi mesi era in corso il progetto Pale Red Dot che ha portato alla scoperta di Proxima B, ad Aprile 2016 Stephen Hawking, Mark Zuckerberg ed il magnate russo Yuri Milner annunciarono di voler mettere a punto un progetto, chiamato Starshot Breakthrough, che prevede la realizzazione e l’invio in orbita di un migliaio di mini-sonde innovative che raggiungeranno il sistema Alpha Centauri.
Si prevede l’utilizzo di radiotelescopi molto potenti che hanno l’obiettivo di registrare eventuali radiazioni elettromagnetiche provenienti da Alpha Centauri e da altre stelle, il tutto ad un costo che sarebbe compreso tra i 5 ed i 10 miliardi di dollari.
L’inserimento nel progetto dell’ideatore di Facebook è dovuto al fatto che il più famoso social network, così come Google, punta a partecipare a sfide fantascientifiche al fine di raggiungere e superare le nuove frontiere dello sviluppo tecnologico.
L’innovazione del progetto consiste nell’impiego di una vela spinta da un potentissimo raggio laser sparato da terra.
L’idea sarebbe realizzabile, senza dover attendere troppi anni prima di vederla concretizzata. In condizioni normali ed odierne affrontare un viaggio di questo genere significherebbe percorrere quasi 40 mila miliardi di chilometri impiegando circa 30 mila anni.
Attraverso il progetto Starshot Breakthrough, invece, si prevedono tempi decisamente inferiori; le mini-sonde raggiungerebbero la stella in circa 20 anni ad una velocità pari ad un quinto di quella della luce.
Una volta in orbita poi le mini-sonde dovrebbero aprire una sorta di aquilone spesso pochi atomi e largo qualche metro; si tratta di sonde dalle dimensioni di un chip e dal peso di pochi grammi.
A questo punto il raggio laser dovrebbe emanare tantissima energia, pari a circa 100 gigawatt, per intenderci quella che serve per far decollare uno Space Shuttle e, soprattutto, bisognerebbe mantenere una precisione perfetta. Una volta arrivate a destinazione le sonde dovranno scattare foto e, qualora fosse possibile, raccogliere dati preziosi dal pianeta.
Per ricevere tali informazioni, dovremo attendere più o meno altri quattro anni poiché tanto impiegheranno ad arrivare a noi.
Insomma, si stanno concretizzando tutti quegli aspetti che faranno in modo nei prossimi decenni di sentire ancora parlare di esopianeti e di viaggi spaziali.
Non resta che attendere l’evoluzione della tecnologia e restare fiduciosi.
- Il progetto esplorativo “pale red dot”
Il progetto esplorativo che ha consentito la scoperta del pianeta Proxima B ha il nome di Pale Red Dot e prende spunto da Pale Blue Dot (“piccolo punto azzurro”), nome dato alla Terra dall’astronomo americano Carl Sagan poiché visto dallo spazio il nostro pianeta sembra proprio un piccolo puntino azzurro.
La campagna è stata coordinata dall’astronomo Guillem Anglada-Escudé della Queen Mary University di Londra.
L’obiettivo di partenza era quello di cercare un pianeta intorno alla stella Proxima Centauri. Obiettivo raggiunto visto che lo staff dei ricercatori ha in effetti individuato tale pianeta e chiamato Proxima B.
Usando lo spettrografo HARPS sul telescopio ESO da 3,6 metri de La Silla in Cile, gli astronomi hanno trascorso la prima metà del 2016 osservando la tenue oscillazione della luminosità della stella causata dall'attrazione gravitazionale di un pianeta in orbita, arrivando alla definitiva conferma della sua esistenza.
Nella foto sotto, StarShot. Il progetto per raggiungere Alpha Centauri.
5. Osservare lo spazio dalla Terra col nuovo super telescopio e i messaggi alieni
- Il nuovo super telescopio
Il più grande telescopio che consenta all’occhio umano di scrutare il cielo e studiare tutto ciò che circonda la Terra?
Si chiama European Extremely Large Telescope, più comunemente conosciuto come E-ELT.
Non ancora costruito, sarà un telescopio a terra con uno specchio primario di 39 metri il cui obiettivo principale sarà quello di individuare quei pianeti che presentano le caratteristiche adeguate alla formazione della vita; ma dovrà anche effettuare studi di “archeologia stellare”, ovvero dovrà misurare le proprietà delle prime stelle e delle galassie vicine, verrà impiegato anche per consentire studi dettagliati di oggetti quali i pianeti intorno ad altre stelle, i buchi neri.
E-ELT parlerà anche un pò di italiano visto che recentemente è stato firmato un accordo che prevede l’intervento di aziende nostrane per la costruzione della cupola e della struttura portante del telescopio.
Ancora qualche anno, quindi, (si dovrà attendere probabilmente fino al 2024) e gli astronomi di tutto il mondo potranno utilizzare questo super telescopio (nella foto in alto a sinistra, un'illustrazione di come sarà l’E-ELT).
- Osservare lo spazio dalla Terra
L’Osservatorio Australe Europeo (European Southern Observatory – ESO) altro non è che un’organizzazione inter-governativa che tratta tematiche inerenti la scienza e la tecnologia nell’ambito dell’astronomia.
Lo scopo dell’Osservatorio è quello di progettare, costruire e gestire potenti strutture che consentano di osservare dalla Terra lo spazio al fine di effettuare importanti scoperte scientifiche nel campo dell’astronomia.
L’organizzazione è costituita da 16 paesi europei con l’aggiunta del Cile; infatti, anche se la sede principale dell’Osservatorio è a Garching, vicino Monaco di Baviera, in Germania, esistono tre siti presso la regione del deserto di Atacama in Cile: La Silla, Paranal e Chajnantor.
In particolare, il primo è il fiore all’occhiello dell’Osservatorio poiché è attrezzato con diversi telescopi ottici con specchi di diametro fino a 3,6 metri.
- Messaggi alieni?
Il radiotelescopio russo Ratan-600, posizionato ai piedi dei Monti del Caucaso, ha captato un messaggio radio apparentemente senza spiegazione astrofisica.
Si tratterebbe, nello specifico, di un’onda elettromagnetica proveniente da una stella presente nella Costellazione di Ercole, distante dalla Terra circa 95 anni luce, il cui nome è HD164595.
L’astronomo americano Carl Sagan, in merito a tale scoperta, sarebbe arrivato a proporre due possibili spiegazioni: gli alieni provenienti dalla stella in questione avrebbero inviato il messaggio in tutte le direzioni impiegando un’energia talmente elevata da essere pari a 100 miliardi di miliardi di Watt, oppure avrebbero inviato di proposito il messaggio alla Terra ma utilizzando anche in questo caso un’enorme quantità di energia.
In entrambe le soluzioni, quindi, chiunque avesse inviato tale messaggio sarebbe in possesso di una tecnologia a noi umani sconosciuta. Ad oggi, comunque, non sono arrivati altri messaggi “alieni”.
Nella foto sotto, la sede dell'ESO. L’ osservatorio si trova presso La Silla, in Cile.