Cosa può accadere quando denaro, egocentrismo e cinismo che non conosce limiti si fondono in una sola persona?
E se si tratta di un magnate dell’editoria che con il suo impero mediatico è in grado di arrivare al cuore di milioni di lettori e di condizionarli?
Questa è una storia che sembra un brutto romanzo, ma è dannatamente vera. Una sciagura che ha avuto il suo triste epilogo addirittura in una guerra.
Il 23 aprile 1898, esattamente 118 anni fa, gli effetti di una scellerata manipolazione dei mass media hanno contribuito a dare il via al conflitto ispano-americano che costa circa dodicimila morti fra cubani, spagnoli e americani.
Dodicimila vittime della volontà e degli interessi di un uomo solo: William Randolph Hearst, l’uomo che ha inventato l’oscura arte delle tecniche di manipolazione psicologica di massa.
Curiosità: “Quarto Potere”, portato sul grande schermo dall’immortale Orson Welles, primo film ad aver tracciato e contemplato contemporaneamente con giudizi, analisi e critiche, il potere dei media, del giornalismo, e dei soldi fu liberamente ispirato alla vita del magnate statunitense William Randolph Hearst.
1. William Randolph Hearst fu il padre del giornalismo scandalistico
Figlio del milionario George Hearst, William viene educato dalla madre al culto di se stesso: ogni suo desiderio si trasforma assai presto in realtà.
Mentre gli altri giovanotti cercano di farsi assumere come praticanti in un giornale, il ventitreenne Hearst riceve in dono dal padre il San Francisco Examiner.
Con questa testata, decisamente poco importante fino ad allora, l’intraprendente editore scopre presto quanto gli scandali, veri o creati, permettono di aumentare le vendite. Questo è per lui essere democratico: vendere quanti più giornali alla gente.
E con i giornali, la gente porta anche a casa le opinioni di quell'uomo, idee semplici, quasi rozze, in cui buoni e cattivi sono indicati senza incertezze e senza analisi troppo accurate.
La riflessione non è il forte di Hearst, il quale anzi ama ripetere che la gente, quando torna a casa stanca la sera dal lavoro, non ha per niente voglia di affaticarsi a pensare, ma preferisce avere idee bell’e pronte, così come la massaia indaffarata desidera trovare il manzo in lattina già cotto e condito.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, le manifestazioni di simpatia per Hitler che Hearst non nasconde gli alieneranno il favore di quasi tutti gli americani.
Ma l'imprenditore è abbastanza ricco da potersi permettere una così imbarazzante libertà di opinione: altri al posto suo avrebbero avuto guai ben peggiori.
Per Hearst, tutto inizia e tutto finisce nel denaro: la sua ossessione per il potere è degna di un autocrate del basso impero. Gioisce nel poter disporre degli altri e la sua mania di onnipotenza causerà una guerra.
2. In cerca di un'eroina di carta: Evangelina Cisneros
Hearst comprende che alla gente dà più eccitazione leggere eventi sanguinosi e drammatici piuttosto che storie liete e serene.
Come gli spettatori dei gladiatori, i lettori per Hearst sono in cerca di emozioni forti.
Vogliono capire subito, senza dubbio, chi sono i buoni e chi i cattivi e assistere alla loro lotta. Hearst inventa i cattivi; la parte dei buoni è naturalmente riservata agli statunitensi.
Cuba è lo scenario ideale per mettere in piedi l’incredibile macchinazione dell'impudente editore: l’isola è vicino all'America ed è sotto il governo spagnolo, che Hearst raffigura come un regno quasi ancora medievale, barbaro, crudele.
Sui giornali della catena, appare una serie di articoli truculenti, e falsi, in cui si parla di bambini cubani sterminati dagli spagnoli, giovani donne violentate, contadini massacrati.
Il colpo grosso gli è offerto dal caso di Evangelina Cisneros, la figlia di un generale condannato a morte dagli spagnoli per aver guidato una ribellione; la pena gli è stata commutata nell'ergastolo (in foto Evangelina Cisneros in un articolo del New York Journal).
Il governatore spagnolo, Weyler, concede al generale di restare nell’Isola dei Pini, e non trasferito in una colonia africana, come sarebbe stato di norma; inoltre la figlia ottiene il permesso di vivere nella stessa isola per potere visitare spesso il padre.
Evangelina, sfruttando la sua bellezza, cerca di conquistare il capo delle guardie per fare evadere il genitore, ma il tentativo di fuga fallisce e anche Evangelina viene rinchiusa in carcere.
Hearst apprende per caso questa faccenda alcuni mesi dopo; con il fiuto istintivo dell'animale da preda, ne comprende subito tutta la potenzialità: una bella ragazza che vuole salvare il padre (e poco importa se costui è veramente colpevole di tradimento e in ogni paese, Stati Uniti per primi, sarebbe stato condannato).
Evangelina Cisneros viene chiamata la Giovanna d’Arco di Cuba. Negli articoli del New York Journal (proprietà di Hearst, manco a dirlo) Evangelina viene descritta come una bellezza esotica, esposta alle voglie oscene di soldati spagnoli sempre ubriachi. Arrestata perché non si concede loro. Sappiamo invece che la realtà è ben diversa.
Hearst nota con soddisfazione che il pubblico si appassiona alla storia, che del resto è narrata come un feuilleton: i giornalisti inventano che la povera fanciulla è stata condannata a vent'anni di galera ed è stata rinchiusa in un lercio carcere di prostitute.
Lo spregiudicato editore sa di avere sotto mano una montagna d'oro: sguinzaglia i suoi redattori a cercare dettagli sensazionalistici sul caso Evangelina, e se non ce ne sono di autentici, se ne inventano senza tanti problemi.
Hearst passa poi al punto due: orchestrare e scatenare una campagna popolare contro il governatore Weyler, e contro la Spagna.
L’editore sta realizzando la più classica delle trame di un romanzo mediocre: il cattivo e crudele (Weyler), la dolce vittima indifesa (Evangelina Cisneros), i buoni (tutti coloro che compravano e leggevano la stampa di Hearst).
La catena giornalistica organizza una petizione alla regina di Spagna in difesa della povera fanciulla maltrattata. Qui Hearst fa le cose in grande: riesce a far firmare la madre del presidente americano McKinley, la moglie del segretario di stato Sherman e un intero monastero di suore.
La Spagna non ha alcuna voglia di inimicarsi gli Stati Uniti e il governo ordina a Weyler di liberare Evangelina e di affidarla ad alcune monache, ma il governatore cade stupidamente nella trappola: arrabbiato per la continua campagna di insulti dei giornali di Hearst non obbedisce e non fa uscire la ragazza dalla prigione.
3. Una guerra personale
Per Hearst la notizia che il governatore spagnolo Valeriano Weyler non obbedisce e non fa uscire la ragazza dalla prigione è una gran bella notizia.
Se Evangelina fosse stata liberata, tutto l’affare cubano sarebbe crollato, e l'editore ci avrebbe rimesso molto denaro.
Decide così che è giunto il momento di giocare forte: invia a Cuba un emissario con il compito di far evadere Evangelina. Non è un'azione molto difficile, perché l’uomo di Hearst è pieno di soldi con cui corrompere le guardie.
La ragazza, travestita da marinaio, viene portata in nave a New York e inizia così un tour per gli Stati Uniti durante il quale racconta molte menzogne, ma guadagna tanto denaro.
Hearst può ben compiacersi dei risultati della sua campagna antispagnola, i suoi giornali raddoppiano le vendite. Ma allo squalo non basta: “Niente quanto una guerra aumenta le tirature”, dice.
Gliene serve una, e l'affaire Evangelina può bene prolungarsi in un vero e proprio conflitto. Ormai, infatti, grazie alle bugie dei suoi giornali, milioni di americani considerano Cuba un’isola di schiavi sottoposti alla vessazioni di un governo sanguinario.
La tensione fra le due nazioni (creata, va chiarito senza equivoci, soltanto dalle iniziative di Hearst) raggiunge livelli tali che il console americano a Cuba, Lee, chiede protezione militare per le proprietà americane sull’isola.
La Maine, una nave da guerra, arriva a L’Avana, ufficialmente in visita di cortesia; gli spagnoli, per salvare la faccia, mandano, in una visita altrettanto “cortese”, la cannoniera Vizcaya nel porto di New York.
Ma nessuno, né a Madrid né a Washington, vuole frizioni fra i due paesi, nessuno se non Hearst che desidera la sua guerra a tutti i costi. Così, quando la diplomazia sta risolvendo la situazione, lo scellerato editore ci mette il suo zampino avvelenato.
Un suo giornalista all'Avana riesce a rubare una lettera del console spagnolo in cui quest’ultimo esprime giudizi non proprio gentili a proposito del presidente americano.
Non è niente di terribile, ma i giornali di Hearst gridano che occorreva lavare l’onta col sangue: “Il peggiore insulto della storia contro gli Stati Uniti”, titolano, e aggiungono la solita palata di fango.
La Spagna corre subito ai ripari: chiede ufficialmente scusa al governo Usa e lascia intendere che per Cuba si può prospettare una imminente indipendenza.
Per Hearst la pace è una tragedia insopportabile e già sta per trovare un altro espediente per creare una crisi, quando il caso gli dà una mano (nella foto una scena del film Quarto potere, 1941, liberamente ispirato alla biografia di Hearst).
4. Misteriosa esplosione
Il 15 febbraio 1898 la nave americana Maine deflagra nel porto de L'Avana, uccidendo quasi i tre quarti dell'equipaggio (nella foto a sinistra La Maine dopo l’esplosione, nel porto della capitale di Cuba).
Ovviamente viene accusata la Spagna di avere affondato la nave, cosa che si deve escludere perché gli spagnoli non hanno alcun motivo di scatenare la guerra con l’America.
In seguito, una commissione governativa statunitense rivelerà che lo scoppio è causato dall’incapacità del comandante, il quale fa stipare esplosivi troppo vicino alle caldaie.
Ma ricercatori indipendenti raggiungono un'altra conclusione: è Hearst, tramite uno dei suoi tanti emissari, a far minare la nave. L’editore vuole la guerra, e lo scoppio della Maine è l’atto conclusivo di quella sua atroce ostinazione.
I titoli stampati a tutta pagina sui giornali sono folli di rabbia e incitano all'odio: “La nave da guerra Maine spezzata in due da un’infernale macchina segreta nemica”, “Il paese è in preda alla febbre di guerra”, “Ecco cos'è rimasto del Maine fatto saltare dagli inganni spagnoli”, “La popolazione de L'Avana insulta la memoria delle vittime del Maine”.
La diplomazia si affanna a spegnere i fuochi di guerra che lo scellerato Hearst appicca con tutti i mezzi che gli consente la sua ricchezza.
Arriva perfino a pagare il viaggio a Cuba a cinque senatori americani perché questi vedessero pretese atrocità spagnole; una moglie d'un senatore muore durante il viaggio di ritorno: Hearst fa scrivere sui suoi giornali che la poveretta aveva visto scene così raccapriccianti che il cuore le si era schiantato...
5. Il bandito patriota
Poi Hearst va a scovare una vecchia gloria del West, Frank James, fratello del celebre bandito Jesse James, il quale dichiara che era disposto a partire subito con una grossa banda di cowboy e seicento sioux che hanno una gran voglia di scotennare spagnoli.
Il presidente americano McKinley si fa trascinare dall’isteria collettiva: rivelandosi tragicamente debole e abboccando al diabolico piano del cinico editore, sottopone al Congresso la dichiarazione di guerra alla Spagna, l’11 aprile 1898.
Da questo giorno in poi, gli eventi scivolano lungo un ripido piano inclinato che porta inevitabilmente alla guerra, quel conflitto che un solo uomo aveva desiderato, pianificato, organizzato, sollecitato, scatenato (in foto il reggimento Rough Riders, guidato dal futuro presidente Theodore Roosevelt).
Quando scoppiò formalmente il conflitto, il 23 aprile, Hearst prepara la prima redazione viaggiante della storia, attrezzando un piroscafo con macchine da stampa con cui dà vita al Journal-Examiner, un quotidiano che viene scritto e pubblicato nella zona delle operazioni belliche.
La guerra termina rapidamente (troppo rapidamente, per Hearst...) il 12 agosto 1898. Gli Stati Uniti risultano vincitori e Cuba diventa una sorta di protettorato Usa, e lo resterà fino alla vittoria di Fidel Castro sul dittatore Batista (1959).
La storia di William Randolph Hearst insegna molto ancora oggi, perché è lui che ha inventato le tecniche di manipolazione psicologica di massa che, pur con le grandi diversità introdotte dalle innovazioni tecnologiche, sono tuttora praticate.
Anzi, mentre cent'anni fa, il cinismo spietato di Hearst era un'eccezione, oggi si può dire che è la regola.