La Repubblica Ceca è un Paese piccolo al centro del continente europeo il quale confina a nord con la Polonia, a est con la Slovacchia, a sud con l'Austria, a ovest e a nord con la Germania.
Nata in seguito alla scissione della Cecoslovacchia in due stati, la Repubblica Ceca è divenuta indipendente, come la Slovacchia, il 1° gennaio 1993.
I primi abitanti del territorio ceco appartenevano alla stirpe celtica dei Boj (da qui il nome Boemia). Nel VI secolo, il territorio venne definitivamente occupato dagli Slavi provenienti da est.
La Repubblica Ceca è un’importante meta turistica. Ai visitatori offre non solo splendidi monumenti storici, ma anche varie bellezze naturali, montagne, laghi, grotte e terme con sorgenti minerali. Produce una birra famosa in tutto il mondo e acque minerali da oltre 900 sorgenti naturali, un record a livello internazionale.
La capitale del paese, Praga, vanta oltre mille anni di storia ed è ricca di monumenti architettonici in stili diversi quindi oltre ad avere molti turisti durante l'anno è spesso stata sfondo di film famosi. Viene considerata come una delle metropoli più belle del mondo, nella quale si può respirare l’atmosfera indimenticabile tipica di una città millenaria.
Gli innumerevoli musei, gallerie e monumenti non si trovano solo nella capitale, ma anche in altre regioni della Repubblica Ceca. La lingua parlata è il ceco, una lingua slavo-occidentale che assomiglia allo slovacco ed in parte anche al polacco e al serbo.
Oggi ci occuperemo in particolare di 5 date di primaria importanza che hanno segnato (nel bene e nel male) la storia di questo meraviglioso paese. Vediamole insieme.
Nome ufficiale: Česká republika
Nome completo: Repubblica Ceca
Forma di governo: Repubblica parlamentare
Capitale: Praga (1.257.000 ab. circa)
Superficie: 78.860 km2
Popolazione: 10.513.000 abitanti
Densità: 129 ab./km2
Lingua: Ceco
Religione: 10,3% cattolici, 0,8% protestanti (il 60% della popolazione non professa nessuna religione)
Moneta: Corona ceca
1. Jan Hus brucia sul rogo - 6 luglio 1415
Jan Hus, il controverso riformatore ceco, venne condannato dal Sacro Romano Imperatore Sigismondo del Lussemburgo per difendere le proprie idee religiose di fronte ai prelati riuniti nel Concilio di Costanza.
Nonostante avesse ricevuto da Sigismondo la garanzia di un salvacondotto, Jan Hus venne arrestato appena arrivato in città, nel novembre del 1414, e messo a giudizio come eretico nel giugno dei 1415.
I suoi accusatori gli negarono la possibilità di spiegare le sue opinioni, e Hus si rifiutò di abiurare convinzioni che non aveva mai predicato, sosteneva, che glie erano invece state imputate da falsi testimoni.
Il concilio votò al suo sfavore e, dato che la pena prevista per un eretico era la morte sul rogo o per annegamento, Hus venne arso vivo il 6 luglio 1415.
Un secolo prima della Riforma protestante, Jan Hus anticipò molte considerazioni teologiche del riformatore tedesco Martin Lutero. Verso la fine del 1300 aveva acquistato fama come docente all'università di Praga, in Boemia (l'odierna Repubblica Ceca), dalla quale affondò ulteriormente il suo attacco alla Chiesa negli anni precedenti alla sua morte.
Hus, profondamente influenzato dagli scritti del riformatore inglese John Wycliffe (ca. 1329-84), criticava le ricchezze della Chiesa e gli abusi del clero, in particolare riguardo alla concessione delle indulgenze. Il suo sostegno alla lingua ceca valse il favore popolare, e oggi è considerato un eroe nazionale ceco.
L'esecuzione di Jan Hus (le sue ceneri furono addirittura ribruciate e disperse) provocò rabbia in Boemia. I suoi seguaci presero il nome di "hussiti", e quando Sigismondo ereditò la corona di Boemia dal fratello, nel 1419, scoppiò un lungo e aspro conflitto.
Gli hussiti resistettero ai ripetuti attacchi che miravano ad annientarli finché, grazie a un accordo stretto nel 1436, acquistarono il controllo della Chiesa boema.
2. Scompiglio a Praga - 23 maggio 1618
Gli Stati locali si riunirono a Praga il 23 maggio decisi a protestare contro i recenti sviluppi politici: non solo l'arciduca Ferdinando di Stiria, nuovo re di Boemia e successore al Sacro Romano Impero, aveva bandito i non cattolici dai pubblici uffici, ma la cappella protestante di Klostergrab era stata abbattuta e quella di Braunau sbarrata.
Le autorità ordinarono all'assemblea di sciogliersi, ma i partecipanti seguirono invece il consiglio del conte Thurn e marciarono sul castello di Praga.
Qui catturarono 2 governatori imperiali cattolici, Martinitz e Slavata, li processarono sul posto per aver violato la "lettera di maestà" che dal 1609 garantiva la libertà religiosa in Boemia, e li giudicarono colpevoli.
Furono condannati alla pena di essere gettati da una finestra. I 2 sopravvissero al volo: i cattolici lo interpretarono come segno di favore divino, i protestanti rimarcavano che i 2 governanti erano atterrati in un mucchio di letame: da qui nacque il termine "defenestrazione".
Circa 3/4 della Germania erano ormai protestanti alla fine del XVI secolo. In molti sentivano che l'antica religione sarebbe scomparsa prima che la Controriforma prendesse piede.
Gli eventi del 23 maggio scatenarono un confitto lungo 3 decenni e detto appunto "Guerra dei 30 anni". Seppur originatasi per motivi di ordine religioso, la guerra assunse sempre più contorni politici con l'intrecciarsi dello scenario boemo allo scontro fra gli Asburgo di Spagna e gli olandesi.
Il conflitto terminò nel 1648 con il Trattato di Westfalia, da cui la Germania emerse come un mosaico di monarchie assolute, mentre il Sacro Romano Imperatore asburgico regnava sull'Austria.
3. Invasione nazista - 15 marzo 1939
Nel marzo 1938, la Cecoslovacchia - repubblica indipendente sorta dopo lo smembramento dell'impero austroungarico - era stata costretta a cedere la regione dei Sudeti, mentre altri territori venivano rivendicati da Ungheria e Polonia.
Nel giro di nemmeno un anno, il 15 marzo, Hitler ordinò alle sue truppe di occupare Praga.
Le cessioni del 1938 avevano inevitabilmente indebolito la repubblica Cecoslovacca e il nuovo presidente, Emil Hácha, era stato costretto ad accogliere richieste di autonomia degli slovacchi.
Hitler era ansioso di estendere il proprio potere sull'Europa centrale e determinato a schiacciare la Polonia per annettere parte del suo territorio alla Germania, quindi procedette all'invasione di quel che ancora restava della Cecoslovacchia.
Senza più difese alla frontiera occidentale e avendo perso gran parte della propria capacità produttiva industriale con la cessione dei Sudeti, il paese non era in condizioni di opporre resistenza.
Il 13 marzo la Slovacchia si costituì in una repubblica indipendente e 2 giorni dopo le truppe tedesche occuparono Praga. Sotto la minaccia dei bombardamenti dell'aviazione tedesca, Emil Hácha ordinò all'esercito ceco di non intervenire.
Il giorno successivo Hitler dichiarò la repubblica ceca protettorato tedesco e riconobbe l'indipendenza della Slovacchia. La Repubblica Ceca e la Slovacchia sarebbero state riunite nel 1945, dopo la liberazione da parte dei Russi, per entrare nell'orbita sovietica insieme agli altri stati dell'Est europeo.
4. Fine della Primavera di Praga - 20 agosto 1968
L'invasione sovietica della Cecoslovacchia aveva l'obiettivo di porre fine alla Primavera di Praga, un periodo i riforme liberali introdotte dal governo di Alexander Dubček.
La stagnazione economica e la diffusa richiesta di riforme politiche in Cecoslovacchia avevano portato nel gennaio di quell'anno all'espulsione del leader stalinista Antonin Novothy.
Al suo posto era subentrato Dubček che aveva annunciato l'immediata introduzione di una serie di riforme.
Il nuovo presidente non aveva intenzione di allentare i rapporti con Mosca, ma era convinto della necessità di rendere il socialismo cecoslovacco più umano: legalizzò i partiti d'opposizione, abolì la censura e normalizzò i rapporti diplomatici ed economici con la Germani Ovest.
Ma Dubček sottovalutò quello che sarebbe stato l'impatto delle sue azioni sul mondo comunista. In Polonia i dimostranti scesero in piazza per chiedere riforme simili a quelle introdotte in Cecoslovacchia.
Dubček era certo che il suo discorso pronunciato durante l'incontro dei paesi membri del Patto di Varsavia avrebbe attenuato le preoccupazioni sovietiche.
La risposta di Mosca fu, invece, l'invasione del suo paese. L'Occidente condannò le azioni sovietiche senza prendere provvedimenti più concreti.
L'Unione Sovietica chiariva così ai regimi sotto il proprio controllo che democrazia parlamentare e comunismo erano 2 linee di pensiero tra loro incompatibili e che qualsiasi altro tentativo di ribellione sarebbe stato represso con la forza.
5. Václav Havel presidente - 29 dicembre 1989
Václav Havel, drammaturgo e politico dissidente, venne eletto presidente della prima nazione post-comunista dal Parlamento federale della Cecoslovacchia.
Giunto al potere, si impegnò per realizzare una reale democratizzazione del paese.
Havel era nato in una ricca famiglia nel 1936 ed era sempre stato uno dei dissidenti più odiati del governo comunista. Si era affermato come drammaturgo nel 1968, ma non aveva mai abbandonato l'attivismo politico.
Era stato un sostenitore della "Primavera di Praga" e del leader dell'epoca Alexander Dubček, che intendeva riformare il sistema collettivista in senso democratico, e aveva criticato aspramente la successiva repressione sovietica.
Per queste sue prese di posizione era stato bandito dai teatri di tutto il paese e incarcerato più volte, guadagnando grande fama a livello nazionale e internazionale come attivista anti-sovietico.
Nel corso della "Rivoluzione di velluto" del 1989 venne scelto come portavoce del movimento democratico.
Durante i suoi incarichi di presidente della Cecoslovacchia (1989-1992) e di presidente della Repubblica Ceca (1993-2003), Havel ottenne una grande visibilità internazionale, mentre sul fronte interno i risultati furono altalenanti.
Contrario alla divisione del Paese, non riuscì a persuadere cechi e slovacchi a dar vita a un'entità federale. Supervisionò la privatizzazione dell'economia ceca, creando un sistema che univa elementi di liberismo e statalismo.
I suoi provvedimenti di amnistia, l'abolizione della pena capitale e le scuse di Stato alla popolazione di lingua tedesca espulsa dai Sudeti nel 1945, crearono forti tensioni nel paese.
Nonostante ciò, Havel riuscì a guidare la repubblica Ceca verso la democrazie e l'Occidente. Gli storici oggi considerano la presidenza Havel una fase fondamentale dello sviluppo recente del suo paese.