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Come riprendersi dopo un licenziamento e ripartire alla grande

Prima regola: non prenderlo per un fallimento personale.

Secondo: considerarlo un cambiamento.

Terzo: chiedere aiuto a coach e consulenti e tenersi pronti a esplorare nuove opportunità!

Oggi vedremo come riprendersi dopo un licenziamento e ripartire alla grande! Scopriamo come!

1. I licenziamenti in Italia

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Diminuiscono i licenziamenti dei lavoratori italiani.

L’anno scorso i rapporti di lavoro cessati sono stati 841.781, con un calo dell’8,14 per cento rispetto al 2014.

I dati vengono dal Ministero del lavoro e fanno ben sperare. Certo l’occupazione resta un problema importante e perdere il posto, nel corso della vita di ciascuno di noi, rappresenta ancora un’eventualità tutt’altro che remota.

Recentemente una ricerca svedese ha evidenziato il legame tra un evento traumatico come il licenziamento e l’insorgere di gravi problemi psichici.

Condotto da Lena Johansson dell’Università di Goteborg, lo studio ha indagato la relazione tra fattori di stress psicosociali come divorzio e disoccupazione e la possibilità, in particolare nelle donne, di sviluppare una qualche forma di demenza.

Gli autori hanno monitorato per quarant’anni 800 lavoratrici di età compresa tra i 38 e i 54 anni registrando, al termine dello studio, 153 casi di demenza fra i quali 104 di Alzheimer.

Ovviamente questi sono casi estremi, ma di certo tutti, di fronte al licenziamento, ci chiudiamo in noi stessi, siamo presi da profondo sconforto e proviamo rabbia verso il mondo oppure verso noi stessi.

2. Importante non colpevolizzarsi e i soggetti più a rischio

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Queste emozioni sono il risultato di un lavoro cognitivo inconsapevole che le persone fanno in relazione a se stesse, giungendo spesso ad attribuirsi la responsabilità principale di ciò che è loro accaduto.

Possono presentarsi inoltre diversi comportamenti che esprimono scarsa fiducia in sé, ansia, angoscia, sensi di colpa e vergogna.

La disoccupazione può agire come un “detonatore” in quelle persone che già da prima vivevano situazioni psicologiche precarie.

È il caso di molti lavoratori con percorsi professionali frammentari che si impoveriscono ulteriormente proprio con la disoccupazione. Inoltre vive male il licenziamento chi ha, come spiegano gli psicologi, un locus of control interno, cioè quelle persone che tendono ad attribuire a se stesse la causa principale di ciò che accade loro.

Questi soggetti vivono il licenziamento come un fallimento invece che considerarlo una contingenza dovuta al mercato del lavoro attuale. Un fattore che permette di vivere il licenziamento in modo meno traumatico è l’apertura mentale.

Ma quali sono i soggetti più a rischio? Sono maggiormente a rischio i soggetti con personalità rigide, poco disponibili e aperte alla novità, con atteggiamenti di chiusura che possono sfociare in forme di ritiro e disadattamento.

Al contrario, gli ottimisti sono abituati ad accettare i cambiamenti: è dimostrato, ad esempio, che l’eccessivo attaccamento all’impiego precedente è un fattore importante nel contribuire a reazioni negative di fronte alla perdita del lavoro.

Le caratteristiche di chi ha maggiore difficoltà a superare un licenziamento sono proprio la scarsa attitudine al cambiamento, la difficoltà ad adattarsi e ad acquisire nuove competenze.

Certamente però anche altre variabili hanno il loro peso: contano il genere (ancora oggi le donne incontrano maggiore criticità), l’età (gli over 50 e i giovani under 24 sono i più svantaggiati), le competenze professionali, il livello scolastico e la durata del periodo di disoccupazione: chi è senza lavoro da più di sei mesi, ad esempio, incontra più difficoltà.

Così le persone con più di cinquant’anni, specialmente donne con famiglie che dipendono dal loro reddito, sono le più vulnerabili.

3. Rimboccarsi le maniche

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Il licenziamento è un momento di crisi anche a livello aziendale.

Da una ricerca condotta da David Edwards, manager dell’azienda di consulenza nel campo delle risorse umane Drake International, emerge che in seguito al ridimensionamento del personale si assiste sempre a un calo motivazionale e della produttività.

Anche chi rimane impiegato in un’azienda in cui sono avvenuti tagli al personale tende a scoraggiarsi, temendo che possa accadere anche a lui.

Così, invece di sentirsi stimolato a produrre, si demotiva con il risultato che si genera un clima lavorativo di tensione e sfiducia e un calo di attaccamento all’azienda. Per uscirne occorre impegnarsi a trovare le risorse dentro di noi.

Si tratta di mettere a fuoco come si è arrivati a perdere il lavoro e con quali risorse e condizioni di vita si deve fare i conti. Ma serve anche un po’ di carattere.

Un tratto di personalità come l’estroversione, ad esempio, è tra i fattori che ci proteggono dai possibili rischi di vittimizzazione dopo un licenziamento. In questo naturalmente hanno un peso anche gli strumenti a disposizione dei lavoratori per reinventarsi la carriera.

È fondamentale che gli over 40 siano sostenuti per riempire eventuali mancanze nelle loro competenze, soprattutto nell’uso delle nuove tecnologie.

Le agenzie per il lavoro possono essere utili in quanto possano coinvolgere le persone senza competenze o con competenze superate in percorsi che offrono loro orientamento, consulenza informativa, un bilancio delle proprie competenze, formazione professionale e accompagnamento al lavoro.

4. Supera il licenziamento in 6 mosse

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L’importante è cambiare la rappresentazione della disoccupazione: da condizione definitiva che indica un fallimento esistenziale a evento temporaneo.

Viviamo in una società che non ha pazienza e ciò rende tutto molto più complicato.

Secondo gli psicologi del lavoro e gli esperti di ricollocamento, occorre seguire alcune accortezze per evitare che la fine del lavoro sia un trauma insuperabile.

  1. Teniamoci aggiornati
    Informiamoci e studiamo il mercato del lavoro. È fondamentale avere sempre la curiosità di conoscere che cosa c’è oltre al lavoro che abbiamo finora svolto.
  2. Facciamo un’analisi di ciò che sappiamo fare
    Analizziamo le nostre competenze professionali, le passioni e gli hobby per capire come reinserirci.
  3. Facciamo un’analisi del mondo del lavoro
    Studiamo il mondo del lavoro che ci circonda sia a livello locale sia a livello nazionale e internazionale: quali aziende ci sono, quali profili cercano, quali servizi di intermediazione (le agenzie, per esempio) e programmi di reinserimento esistono, quali sono le opportunità di metterci in proprio. In questo la Rete è di grande aiuto, ma anche le conoscenze attorno a noi.
  4. Capiamo se abbiamo le competenze
    Verifichiamo se possiamo candidarci ai nuovi posti di lavoro che abbiamo individuato o se abbiamo bisogno di acquisire nuove competenze. Reperiamo informazioni sull’esistenza di corsi di formazione utili a noi.
  5. Prepariamo la nostra candidatura
    Scriviamo o riscriviamo il nostro curriculum, declinandolo in modo diverso per ogni posto di lavoro al quale ci candidiamo.
  6. Non facciamoci problemi a chiedere aiuto
    Ricorriamo alla nostra rete di conoscenze, ma anche a personale specializzato: agenzie di lavoro, intermediari e cacciatori di teste. Ci serve per trovare lavoro più rapidamente e per evitare il rischio di isolamento.




5. Un buon “coach” può essere d’aiuto

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Rimettersi in pista dopo un licenziamento non è facile. Ancora meno se si ha più di 40 anni.

Sono d’aiuto i centri per l’impiego e le agenzie per il lavoro (maggiori informazioni su www.assolavoro.eu, il sito dell’associazione che le raggruppa).

Possono essere utili anche i career coach, consulenti di carriera, che aiutano a mettere a fuoco le proprie risorse, capacità e attitudini così da “vendersi” al meglio sul mercato del lavoro.

Il coach, al pari di una guida alpina non sceglie la destinazione, non cammina al posto degli esploratori, non scandisce la velocità, ma è un esperto del territorio che accompagna gli escursionisti in luoghi sconosciuti, li sostiene, li motiva a continuare, li riporta sul tracciato, conosce e sa decodificare le tracce.

Si tratta di servizi a pagamento, pertanto occorre scegliere bene. Un aiuto viene dal sito della Federazione internazionale dei coach (www.icf-italia.org).






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