Il Saluki, o Levriero persiano, è un tipo di Levriero asiatico e può quindi vantare origini antichissime.
“Saluki” è un termine dell’arabo classico, apparso sicuramente verso il IV secolo, che significa “levriero”, sia a pelo raso sia a pelo frangiato.
È abbastanza vicino alla parola “Sloughi”, che non è altro che una deformazione dialettale dell’Africa del Nord.
“Tazi” è invece un nome di origine iraniana, che significa anch’esso “levriero” o, più esattamente, “veloce”.
Il Saluki è un animale di lusso? No, ma è innanzi tutto un grande sportivo che ama molto muoversi. Come accade per gli altri levrieri, la sua solidità e la sua salute sono notevoli.
Tutt’al più si può dire che la sua pelle molto sottile e il pelo poco folto rendono necessario evitare il contatto, o meglio lo scontro, con gli altri cani nel quale potrebbe riportare ferite.
Che sia indifferente, distante, diffidente o timido, non “lega” comunque molto facilmente, e ciò lo fa passare per un cane sdegnoso o pauroso, quando non è altro che un animale riservato.
Con i familiari è molto più affettuoso, ma non molto ‘ espansivo, come d’altronde tutti i levrieri, che conservano un fondo di spirito indipendente; ciò non gli impedisce di essere piacevole nelle vita quotidiana, dato il carattere molto dolce, calmo e silenzioso, e soprattutto la tendenza ad attaccarsi molto ai suoi padroni.
Dobbiamo darne un esempio? Tutti i proprietari di Saluki parlano della vita con il loro amico a quattro zampe come di una storia d’amore.
Questo animale molto sensibile non tollera la solitudine e diventa un po’ triste se è lasciato spesso solo e non ci si occupa abbastanza di lui (pur non essendo per questo un cane “appiccicoso”). Non è dunque da trattare mai come un cane di lusso.
Oggi scopriremo insieme l’origine, la storia, il comportamento e tanto altro ancora di questa nobile razza canina: il Saluki o Levriero persiano, il principe dei levrieri!
1. Origine e storia
Il Saluki, o Levriero persiano, è un tipo di Levriero asiatico e può quindi vantare origini antichissime.
Prima di ricordarle, però, è forse necessario precisare il significato dei differenti nomi che gli vengono attribuiti, per evitare confusioni.
“Saluki” è un termine dell’arabo classico, apparso sicuramente verso il IV secolo, che significa “levriero”, sia a pelo raso sia a pelo frangiato. È abbastanza vicino alla parola “Sloughi”, che non è altro che una deformazione dialettale dell’Africa del Nord.
“Tazi” è invece un nome di origine iraniana, che significa anch’esso “levriero” o, più esattamente, “veloce”. Si usa per levrieri a pelo raso o frangiato, o dal mantello molto folto. È quindi utilizzato abusivamente in Occidente come sinonimo di Levriero Afghano.
D’altronde Tazi designa ufficialmente una razza di levrieri dell’ex Unione Sovietica originaria del Kazakistan, dal mantello frangiato. Il Tazi però non è simile al Saluki soltanto per le frange del mantello: è un suo sosia perfetto.
Per le popolazioni locali dunque, dal Marocco all’Asia centrale, non esisteva, per così dire, che un solo levriero, anche se definito da due termini differenti. Certo si poteva scovare qualche differenza riguardo alla lunghezza e allo spessore del pelo, o al colore del mantello, ma queste diversità erano considerate secondarie.
In questa popolazione relativamente omogenea ma dispersa su immensi territori la cinofilia moderna, sia britannica sia francese o sovietica, ha trovato, in epoche diverse e da diversi punti di vista, il materiale per la creazione di numerose “razze” di levrieri.
Gli Inglesi hanno innanzi tutto individuato il Persian Greyhound, chiamato di volta in volta Gazelle Hound o Saluki. Questo cane era presente in Persia (Iran), ma anche in Siria, in Arabia, in Libano e fino in Egitto. Venivano selezionati soprattutto esemplari a pelo frangiato, era ammessa però anche una varietà a pelo raso.
Poi venne il turno dell’Afghano. Ancora una volta l’attenzione si fissò sulla varietà più spettacolare, a pelo molto lungo e folto, al punto che quasi ci si dimenticò che esistevano un Afghano a pelo frangiato e un altro a pelo raso.
I Francesi trascurarono per molto tempo lo Sloughi, e cercarono a lungo di caratterizzarlo, sforzandosi di distinguere uno Sloughi “delle sabbie” e uno Sloughi “delle montagne”.
Soltanto in epoca recente l’ex Unione Sovietica ha riconosciuto l’interesse economico dei levrieri delle repubbliche dell’Asia Centrale e ha deciso di valorizzarli. Esistono dunque attualmente cinque razze di levrieri di origine asiatica (Salpki, Afghano, Sloughi, Tazi, Tajgan).
Questa suddivisione non corrisponde però alla realtà. Sarebbe infatti necessario tener conto delle varietà riconosciute in altre epoche, dimenticate, create a seconda delle diverse circostanze, e si ritroverebbe forse, eliminando tutti i diversi attributi, un unico “Levriero asiatico”.
Bisogna riconoscere che il Saluki, che potremmo chiamare anche Tazi, e persino Levriero arabo dato che fu il compagno dei beduini di tutto il Medio Oriente, non è strettamente “persiano”, ma occupa un posto privilegiato in seno alla famiglia dei Levrieri asiatici.
La sua area di diffusione coincide in effetti con la localizzazione dei resti più antichi di levrieri ritrovati in Asia. La tentazione di farne il rappresentante originario di queste razze (una considerazione ingannevole) è dunque forte.
Le attuali scoperte archeologiche tendono a provare che il levriero esisteva già all’epoca delle prime civiltà urbane, stabilite nella Mezzaluna fertile (fra il Tigri e l’Eufrate) e anche in Turchia e nell’altopiano iranico.
Il Levriero non è per questo originariamente né un “cittadino”, né il compagno dei contadini: è un figlio della steppa, appartenente a nomadi cacciatori, e il fatto che i resti più antichi siano stati trovati in Medio Oriente e nell’Asia Minore non prova che sia originario di quelle regioni.
Può essere venuto dagli altopiani e dalle pianure dell’Asia centrale. E perché non si potrebbe supporre che sia partito, in tempi ancor più remoti, dall’Africa, dato che questa fu la direzione delle prime migrazioni umane? Allo stato attuale delle conoscenze, comunque, il Levriero asiatico pare essere nato in Medio Oriente.
Vicino alla grande città di Ur, a Eridou, è stato ritrovato “lo scheletro di un cane apparentemente Saluki” e risalente al V millennio, secondo H. e D. Waters, che nella loro opera The Saluki in Art, History and Sport hanno riunito una notevole documentazione su questa razza.
Dall’altro lato del Tigri, sulle ceramiche di Susa risalenti alla prima metà del IV millennio, si sono potute osservare rappresentazioni stilizzate di levrieri. Il levriero non era comunque diffuso soltanto in Mesopotamia, come testimoniano rappresentazioni altrettanto antiche ritrovate in una zona molto più vasta.
A Tepe Gawra (nell’attuale Iraq), molto a nord rispetto alla Mezzaluna fertile, esistono sigilli risalenti al V millennio: malgrado le loro ridotte dimensioni, la silhouette dei levrieri raffigurati è decisamente tipica.
A Jarmo (Kurdistan) frammenti di vasellame risalenti a settemila anni fa testimoniano la presenza di levrieri in quella regione. Verso est, sull’altopiano iraniano, sono stati portati alla luce, fra le ossa di cavalli, anche resti di ossa di levrieri.
A ovest, in Turchia, nella celebre località di Qatal Hòyiik, è stato trovato un dipinto (5800 a. C.) in cui appare in modo riconoscibile un levriero. Mancano testimonianze della presenza di questa razza soltanto nell’Asia centrale, poiché l’area di diffusione del levriero nel IV millennio a. C. corrisponde in pratica alla sua ripartizione attuale.
Indubbiamente non tutte le rappresentazioni antiche di questo cane hanno la stessa validità: spesso non sono che silhouette più o meno stilizzate o rozze; non sarebbe perciò corretto riconoscervi un Saluki o una razza attuale di levrieri.
Sarebbe inconcepibile poter già parlare di levriero, o di cane levrieroide. Esiste ciò nonostante un’altra via di ricerca, che consiste nell’esaminare l’etimologia dei termini Tazi e Saluki: il luogo di nascita del levriero appare allora leggermente diverso. Secondo la tradizione araba, saluki vorrebbe dire “che proviene dalla città di Seluk” (nello Yemen).
In quanto a tazi, si ricollegherebbe anch’esso a una città dello Yemen, nella fattispecie Taiz, a meno che non ricordi il popolo Tadjik, di origine iranica e nomade fra il nord dell’Afghanistan e il sud delle repubbliche dell’Asia centrale: dato che la tradizione assicura che questo popolo è originario dell’Arabia, il risultato non è molto diverso.
Quindi, sia che ci si basi sulla memoria collettiva sia sugli studi archeologici, è in Medio Oriente che allo stadio attuale delle ricerche dobbiamo situare l’origine del Saluki. Il Levriero asiatico non restò però confinato nella sua terra natale.
Nel II millennio giunse presso gli Egizi, senza dubbio grazie agli Hyksos (che fecero scoprire loro anche il cavallo). Numerosi documenti mostrano che il Levriero asiatico soppiantò progressivamente l’africano.
Era più spesso a pelo raso, anche se ne esiste qualche rappresentazione a pelo frangiato, quale il dipinto murale della XVIII dinastia proveniente dalla tomba di Rekhmire a Tebe.
Il levriero arrivò presto in Europa, molto prima delle crociate, grazie ai Celti. Nel II secolo Arrien, nel suo celebre Trattato sulla caccia, evoca i veloci levrieri celti, precisando che potevano essere indifferentemente a pelo raso o “a pelo folto”, cioè che potevano avere delle frange.
I Romani accolsero tardi il Levriero asiatico, anche se la sua presenza nell’Africa del Nord è attestata da alcuni mosaici ritrovati a Thrydrus, e esposti oggi presso il museo del Bardo a Tunisi.
Ben prima altre popolazioni del Mediterraneo, non meno importanti, avevano adottato il levriero asiatico. Per esempio, i Cretesi: ricostruzioni di affreschi di alcuni palazzi micenei a Tirinto, Micene, Pilo (Navarino), risalenti al secondo millennio prima di Cristo, mostrano grandi levrieri maculati dalla coda frangiata.
Su alcune anfore e boccette greche del VII e VI secolo a. C. appaiono d’altronde immagini di levrieri dalla coda frangiata. I Greci li chiamavano Levrieri della Laconia (questa regione situata nel Peloponneso fu posta sotto la dominazione micenea, e questo particolare ci rimanda dunque ai Levrieri cretesi).
Il Levriero asiatico giunse indubbiamente sino all’Estremo Oriente: dipinti e statuette dell’epoca Tang e Song mostrano infatti levrieri molto simili. E non si debbono dimenticare, infine, i dipinti indiani del XVI e XVII secolo.
In Occidente, fra l’antichità e l’anno 1830, data in cui i primi Persian Greyhound furono esposti in uno zoo britannico, il Saluki non fu diffusissimo, ma non scomparve mai (per non parlare poi del successo delle miniature persiane in cui erano raffigurati i Saluki).
Forse le crociate diedero modo di importare i Levrieri dal Vicino Oriente, ma sicuramente cani simili erano già presenti in Occidente. In effetti sarebbe un errore credere che nel Medioevo questi cani siano stati scoperti — o riscoperti — grazie alle spedizioni religiose verso i luoghi santi, poiché si sa, per esempio grazie a diversi testi giuridici, che i levrieri erano molto apprezzati già in epoca merovingia.
Fu tuttavia nell’Italia rinascimentale che apparvero rappresentazioni di levrieri molto simili al Saluki (vale a dire al Levriero asiatico a pelo frangiato). Esiste per esempio una tela del Tintoretto (1518-1594) nella foto sotto, Il Cristo che lava i piedi ai suoi discepoli, in cui appare un levriero accucciato, dalle orecchie e dalle zampe frangiate, oltre ad altri dipinti del Veronese (1528-1558) e di Iacopo Bassano (1516-1592).
Ma è un bassorilievo di Benvenuto Cellini, datato 1554 e appartenente orginariamente al granduca Cosimo de’ Medici, ad apparirci ancor più sorprendente: dall’ovale di bronzo spunta un Saluki quasi “moderno”!
Verso il 1830 alcuni Saluki vennero esposti allo zoo di Londra. Senza dubbio non erano i primi a calcare il suolo d’Inghilterra, poiché a quanto pare alcuni esemplari erano arrivati prima di quella data, a seguito dell’importazione di purosangue arabi provenienti dalla Siria. Non molto tempo dopo, nel 1878, una femmina Saluki fu iscritta al Kennel Club.
L’inizio vero e proprio dell’allevamento in Occidente si colloca però soltanto nel 1897. Florence Amherst, molto conosciuta per il suo allevamento di eleganti fagiani, ricevette in dono dal colonnello Jennings Brantley una coppia di cani che quest’ultimo aveva acquistato da uno sceicco beduino, in Egitto e non in Medio Oriente.
Si trattava di due bei levrieri frangiati, di color beige e di grande taglia. In seguito a ciò il Saluki incominciò a essere conosciuto in Inghilterra, agli inizi del nostro secolo, grazie alla creazione di un club della razza (non riconosciuto, però, dal Kennel Club).
La maggior parte dei cani da cui nacquero i primi ceppi inglesi fu importata dalla Siria e dall’Iraq dopo la prima guerra mondiale, più precisamente nel 1921, dal generale E.W. Lance. Dobbiamo citare in particolare un maschio, di nome Saronakelb, che si dimostrò un riproduttore eccezionale.
Sempre a quell’epoca risalgono le importazioni di cani più squadrati, provenienti dal Bahrein e dall’Iran. Erano innegabilmente veri Saluki, ma furono trascurati a beneficici del tipo “leggero” decisamente più elegante, proveniente dall’Iraq e dalla Siria. Ecco un altro esempio del fatto che la relativa diversità dei Levrieri asiatici non coincide affatto con la nozione occidentale della razza.
Il 1922 vide la nascita del Saluki or Gazzelle Hound Club, questa volta accettato dagli organismi ufficiali britannici e posto sotto la presidenza di lady Amherst. Nel 1923 il Club redasse uno standard, ancora in vigore ai nostri giorni — un caso pressoché unico nel mondo cinofilo. Questo testo, di indubbio valore storico, è decisamente molto conciso.
Prima degli anni Trenta i primi Saluki giunsero in Germania e in Olanda, sia attraverso la Gran Bretagna, sia direttamente dal Medio Oriente, in special modo grazie agli sforzi di Han Jungerling, un olandese che si occupava di Saluki dal 1905 (e che si interessava anche ai Levrieri Afghani).
Questo grande esperto possedeva dei notevoli esemplari neri e beige. Il sostegno britannico alla razza mette spesso in secondo piano resistenza di ceppi olandesi e tedeschi di grande qualità.
Indubbiamente vi furono presto più Saluki in Gran Bretagna che in tutti gli altri paesi occidentali, ma non si deve esagerare: nel 1947 il Kennel Club non poteva arrivare a un centinaio di cani iscritti sui suoi libri delle origini.
Negli Stati Uniti la razza venne riconosciuta nel 1927. Molto presto alcuni allevatori americani si rifornirono direttamente nella regione natale del Saluki, e ciò diede origine a ceppi diversi da quelli inglesi.
La storia della razza in Francia è molto curiosa. Si può ipotizzare che esemplari Saluki siano stati presenti nel paese d’oltralpe fin dall’inizio del nostro secolo, portati dall’Oriente da alcuni militari.
Ma soltanto nel 1934 venne organizzato un allevamento, interessante perché fondato a partire da cani siriani, dotati di discrete 'qualità per quanto possiamo dedurre dalle rare fotografie apparse nella stampa cinofila francese del l’epoca. Sfortunatamente questo ceppo si estinse dopo la seconda guerra mondiale e la Francia non riuscì a raggiungere gli altri paesi pionieri.
A partire dal 1955 un nuovo tentativo di insediare la razza diede come risultato la nascita di una trentina di cani. Dieci anni dopo un altro allevamento, basato su eccellenti ceppi inglesi, vide la luce. Gli inizi sono stati ottimi: fra il 1975 e il 1977 la razza ha raddoppiato il numero degli esemplari presenti nel paese d’oltralpe.
Sono occorsi però vent’anni di pazienza. Comunque sia, anche se l’allevamento francese è rimasto per lungo tempo dipendente da quelli inglese, americano e olandese, ha saputo scegliere le genie migliori; Attualmente è assai celebre per la sua grande qualità.
In Italia il Saluki è poco diffuso, ma è comunque allevato, e vi si trovano esemplari molto pregiati.
2. Comportamento
Il Saluki ha dunque avuto modo di farsi conoscere e apprezzare in Occidente, a dispetto dell’avvio del suo allevamento che si presentò come difficile e laborioso.
Non c’è alcun dubbio sul suo carattere asiatico.
Dobbiamo subito sottolineare che non è stato “rovinato” da migliorie esclusivamente estetiche, come è accaduto (molto tempo fa) al Barzoi in Inghilterra.
Il tipo attuale è indubbiamente una sintesi di numerose varietà tradizionali, ma non è comunque in nessun caso una “creazione” moderna, anche se si è forse potuta constatare una tendenza a esagerare nell’affinamento delle linee, così come pure nelle frange, che appaiono più sviluppate che in passato.
I colori del mantello sono estremamente vari, ma lo sono sempre stati. Ci sono Saluki tricolori, macchiati, e anche picchiettati, molto rari fra i levrieri (soltanto alcuni Greyhound hanno questo tipo di mantello).
Ve ne sono anche di “grizzle” (da collegare ai mantelli chiari), bianchi e avorio. Il marrone, sebbene inizialmente consentito dallo standard, in pratica oggi non esiste più. L’aria gracile del Saluki non deve far pensare che sia stato un animale di lusso.
Certamente gli era concesso di entrare nelle tende, al contrario di tutti gli altri cani, meno considerati (la tradizione vuole d’altronde che il levriero sia una razza del tutto diversa).
Era l’oggetto di cure paragonabili a quelle dedicate ai falchi, e la sua genealogia era seguita con passione e precisione quanto quella del cavallo purosangue arabo o del dromedario da corsa.
Animale nobile, il Saluki è tuttavia un grande cacciatore. Possiede l’eleganza della gazzella, gli stessi occhi a mandorla e bordati di nero, e il suo ruolo è quello di lanciarsi al suo inseguimento, di raggiungerla, afferrarla e ucciderla.
Caccia anche la lepre, in coppia o insieme al falco. Il Saluki, come la maggior parte degli altri levrieri, non lavora in muta e non utilizza il fiuto a questo scopo (non che ne sia sprovvisto, ma nel deserto non gli è di nessuna utilità).
Così come il gatto che fa le fusa al suo padrone può trasformarsi all’occorrenza in un predatore implacabile — alcuni dicono addirittura crudele — di qualsiasi piccolo animale, il dolce e leggero Saluki diventa un temibile destriero in grado di atterrare gazzelle e lepri.
Tutto ciò dovrebbe appartenere a un passato remoto, al pari dei nomadi che andavano a caccia, con il falco incappucciato in mano ed il Saluki posto dietro la sella. Effettivamente la selvaggina è diventata molto rara, è spesso protetta, e i beduini non possono più permettersi di avere dei Saluki.
Talvolta i principi e gli sceicchi vanno ancora a caccia, per puro piacere. Ma, costretti a percorrere distanze sempre maggiori, optano per la Land Rover e, ovviamente, per il fucile.
Per rispettare le tradizioni alcuni utilizzano dei Saluki, non più posto sulla groppa di un purosangue, ma accucciato piuttosto nella parte posteriore di un fuoristrada da cui saltano giù al momento opportuno per inseguire la lepre.
A questo proposito si ricorda che alcuni ricchi arabi hanno reimportato dei Saluki dall’Europa, per ricollegarsi alla tradizione. In Europa i levrieri sono generalmente cani da compagnia, eppure esiste qualche Saluki utilizzato per la caccia.
Alcuni appassionati si ritrovano nel sud della Spagna, paese in cui è ancora permessa la caccia con i levrieri, e i loro Saluki dimostrano di sapersi confrontare con successo con i Galgo. Anche in Scozia i proprietari di Deerhound organizzano cacce su terreno naturale a cui prendono parte anche i Saluki.
La razza non ha dunque perduto il suo istinto venatorio, dato che i suoi fedeli sostenitori ritengono che la conservazione delle sue qualità ancestrali non debba escludere la sua vocazione alla caccia.
Ciò nonostante è indubbiamente più facile limitarsi a preservare il suo innato gusto per l’inseguimento, così come le sue qualità di velocità e resistenza. Sono dunque più numerosi i Saluki nei cinodromi, in quasi tutti i paesi dell’Europa continentale.
Non sono specialisti come i Greyhound, ma danno prova di una notevole velocità: a parte il Levriero Inglese, il Saluki è spesso la razza che ottiene i tempi migliori. Le prove di inseguimento a vista su esca, di recente introduzione, sono meno lontane delle vere situazioni di caccia e sono dunque più adatte.
Il Saluki è un animale di lusso? No, ma è innanzi tutto un grande sportivo che ama molto muoversi. Come accade per gli altri levrieri, la sua solidità e la sua salute sono notevoli.
Tutt’al più si può dire che la sua pelle molto sottile e il pelo poco folto rendono necessario evitare il contatto, o meglio lo scontro, con gli altri cani nel quale potrebbe riportare ferite.
Che sia indifferente, distante, diffidente o timido, non “lega” comunque molto facilmente, e ciò lo fa passare per un cane sdegnoso o pauroso, quando non è altro che un animale riservato.
Con i familiari è molto più affettuoso, ma non molto ' espansivo, come d’altronde tutti i levrieri, che conservano un fondo di spirito indipendente; ciò non gli impedisce di essere piacevole nelle vita quotidiana, dato il carattere molto dolce, calmo e silenzioso, e soprattutto la tendenza ad attaccarsi molto ai suoi padroni.
Dobbiamo darne un esempio? Tutti i proprietari di Saluki parlano della vita con il loro amico a quattro zampe come di una storia d’amore.
Questo animale molto sensibile non tollera la solitudine e diventa un po’ triste se è lasciato spesso solo e non ci si occupa abbastanza di lui (pur non essendo per questo un cane “appiccicoso”).
Non è dunque da trattare mai come un cane di lusso. Non si creda che i suoi occhi da gazzella rispecchino la nostalgia del deserto e della libertà. In una famiglia che l’ama e lo rispetta, il Saluki sa essere anche allegro e giocherellone.
Questo principe dei levrieri, dolce e snello, è veramente un compagno ideale con cui è molto facile convivere.
3. Dal Levriero al lupo passando per il cane pariah?
I primi levrieri apparvero in Asia nel V millennio.
Sulla base delle rappresentazioni più o meno stilizzate e dei reperti ossei raramente completi a nostra disposizione, risulta difficile determinare le circostanze che hanno accompagnato la loro nascita.
Si possono comunque nutrire dei dubbi sulla responsabilità umana in questo frangente: coloro che vivevano sei o settemila anni fa, anche se possedevano un certo grado di civiltà, erano davvero in grado di selezionare un animale così diverso dagli altri cani, così specializzato?
Si pensa dunque che sia stata la natura a svolgere la maggior parte di questo "lavoro": il levriero sembra essere stato plasmato dalla vita nella steppa e dalla caccia nelle distese più o meno desertiche.
In quell'ambiente il fiuto molto sviluppato del cane non gli è più così utile, perché il caldo e il clima secco contribuiscono a far svanire qualsiasi traccia. La scarsità della vegetazione e l'immensità del paesaggio permettono di scorgere facilmente la gazzella o la lepre, e così si sviluppa una grande acutezza visiva.
In questa condizione la selvaggina può contare soltanto sulla velocità per sfuggire ai sui predatori, anch'essi rapidissimi. Questo ambiente, infine, non si presta alla caccia in muta, caratteristica dei cani, in effetti si nota che i predatori selvatici cacciano da soli animali che non si riuniscono mai in folti gruppi.
Per sopravvivere in questa natura ostile gli esemplari esistenti della specie canina dovevano dunque trasformarsi radicalmente: abbandonare l'istinto di cacciare in muta, non affidarsi più al fiuto, sviluppare la velocità a scapito della resistenza, in breve, dovevano diventare levrieri.
Ma quali cani furono alla base dei levrieri? Numerosi specialisti, fra cui E. Dechambre e P. Pfeiffer, hanno pensato ai "pariah", cani semi-selvatici che vivevano non lontano dagli uomini dall'Africa fino all'india, passando per il Medio Oriente.
A loro parere i pariah non sono cani abbandonati, ritornati praticamente allo stato selvatico. Sono i sopravvissuti dei cani "originari". Che vengano dal Borneo o dall'Africa, sono sorprendentemente simili al celebre Dingo australiano, di cui peraltro non si sa se si tratti di una specie selvatica o di un cane i "fuggiasco".
Secondo questi autori lo scenario dell'addomesticamento del cane potrebbe essere il seguente: sarebbero esistiti dei Canidi selvaggi che, per sopravvivere (trovandosi in concorrenza specialmente con i lupi, gli sciacalli e altri canidi), si sarebbero uniti ai primi uomini, che assicuravano loro il cibo in cambio di alcuni servizi (pulizia degli accampamenti, avviso in caso di arrivo di predatori o nemici, aiuto per la caccia), il problema è che non si sono ancora trovati resti di questi canidi.
Ma la teoria ha sedotto gli appassionati dei levrieri, e ovviamente dei saluki, che possono immaginare il passaggio dal pariah al levriero più facilmente che non veder discendere quest'ultimo dal lupo.
I sostenitori dell'altra ipotesi, quella più generalmente accettata (secondo la quale il cane discenderebbe dal lupo), non mancano certo di argomenti per controbattere. Sostengono per esempio che il lupo di cui parlano non è il grande lupo nordico ma quello indiano, molto più piccolo e assai vicino al pariah e al Dingo.
Se si ipotizza che il cane frutto di questo piccolo lupo indiano sia comparso per lo meno diecimila anni fa, bisogna immaginare un periodo di tremila anni durante il quale questo animale è diventato un longilineo levriero nella steppa. Circa un migliaio di generazioni, dunque, che appaiono più che sufficienti...
4. Razze affini
Il Saluki è uno dei celebri rappresentanti della famiglia dei Levrieri asiatici, che comprende lo Sloughi, nativo dell'Africa del Nord, l’Afghano e due razze dell'ex URSS, una molto vicina al Saluki, l’altra imparentata con l’Afghano.
Ne sono esistite in passato molte altre, specialmente in India, che furono descritte nel secolo scorso ma attualmente sono scomparse.
A quanto pare ne esistono perfino in Cina, ma a questo proposito non disponiamo che di rari reperti. C’è poi un Levriero che avrebbe tutto dei Levrieri orientali se non fosse per il fatto di provenire da tutt’altra regione: l’Azawakh.
È una novità del mondo cinofilo, dato che si è cominciato a parlarne soltanto nel 1970, e che ne è stato redatto lo standard soltanto nel 1982. Ma non v’è dubbio che le sue origini siano remote, anche se non le si è mai potute far risalire all’Asia.
Fino a prova contraria, dunque, è originario delle regioni desertiche del Sahel, fra il Mali e il Niger. Era il Levriero degli "uomini blu ”, i Tuaregh, anche se molti altri popoli lo conoscevano (i Peul, per esempio).
Assimilato un po’ frettolosamente allo Sloughi, ha ricevuto successivamente parecchi nomi: Levriero del Mali, Oska, Levriero Tuaregh (per citare soltanto i principali), ma ciò non ha contribuito a farlo uscire dall'anonimato.
Alcuni avrebbero desiderato un accostamento con il saluki. Tranne le frange, infatti, questi due levrieri si somigliano molto. Entrambi possono avere un mantello variegato di bianco (è in particolare la presenza del bianco nel mantello che aveva impedito un accostamento allo Sloughi).
Esiste comunque una sensibile differenza: il Saluki ha una forma leggermente allungata, mentre l’Azawakh è nettamente più alto che lungo, e ciò muta notevolmente la silhouette, per lo meno a un occhio esperto.
L'Azawakh sembra dunque avere tratti sia del Saluki sia dello Sloughi. Ciò nonostante è una razza a sé, poiché ha origini diverse dal Levriero persiano e dal Levriero Arabo. Lo Sloughi, per parte sua, sfortunatamente sembra trovarsi di nuovo in una situazione delicata.
Non ha beneficiato dell'attenta selezione del Saluki e ne risente ancor oggi. È un po' più potente del Saluki, di forma più quadrata, ed esclusivamente a pelo raso.
La sua gamma di colori, più ristretta, offre soltanto tre possibilità: beige di diversi toni (dal sabbia chiaro al fulvo), a fondo rosso con striature scure, o nero, sempre senza macchie bianche. Dell'Afghano si conosce, e si conosceva, soltanto la varietà dal pelo più folto, con un ciuffo sulla testa e le cosiddette "zampe d'elefante".
Nella sua regione d'origine ne esistono altre, a pelo molto meno folto, e semplicemente frangiate come i Saluki, o a pelo raso come gli Sloughi, e certo ciò testimonia la parentela di queste tre razze.
Si è potuto notare in un passato molto prossimo qualche tentativo di riportare agli onori della cronaca queste varietà di Afghano, tentativi fino ad oggi risultati infruttuosi. Eccezionalmente possono nascere nei parti degli Afghani esemplari a "pastorali sguarniti" e anche degli esemplari a pelo corto.
A proposito del Tazi, vale a dire la razza così chiamata nell’ex Unione Sovietica, abbiamo detto che è un vero sosia del Saluki. Vive nelle repubbliche dell'Asia centrale — Kazakhistan, Uzbekistan, Turkestan —, in cui viene utilizzato per la caccia della lepre, del gatto selvatico, del daino e talvolta del lupo.
È questo uso che gli ha permesso di essere riconosciuto dall'ex stato sovietico, che ha creato per selezionarlo un centro d'allevamento vicino a Taskent. Ha la silhouette del Saluki ma è un po' più squadrato e con frange meno sviluppate.
Lo standard russo dice che il mantello può essere bianco, fulvo o grigio in tutti i toni, nero, a macchie, oppure picchiettato. La taglia è compresa fra i 60 e i 70 cm per i maschi
e fra i 55 ed i 65 cm per le femmine.
Nel Turkestan, infine, i Kirghisi allevano il Taigan (o Tajgan), per la caccia allo stambecco e ad altri animali di montagna. Questo levriero ha un pelo folto, come l'Afghano.
5. Lo Standard della razza
FCI Standard N° 269/ 29.11.2000
SALUKI
ORIGINE: Medio Oriente / Patrocinio FCI
DATA DI PUBBLICAZIONE DELLO STANDARD ORIGINALE VIGENTE 25.10.2000
UTILIZZAZIONE: Cane da caccia e da corsa
CLASSIFICAZIONE F.C.I. Gruppo 10 Levrieri
Sezione 1 Levrieri a pelo lungo o frangiati
Senza prova di lavoro
ASPETTO GENERALE
Nell’insieme questa razza dovrebbe dare l’impressione di grazia e simmetria, di grande velocità e resistenza unite a forza e attività. Varietà a pelo liscio: ha le stesse caratteristiche; soltanto il pelo non presenta frange.
PROPORZIONI IMPORTANTI
La lunghezza del corpo (dalla punta della spalla alla punta della natica) è quasi uguale all’altezza al garrese, anche se il cane dà spesso l’impressione di essere più lungo di quanto sia in realtà.
COMPORTAMENTO-CARATTERE
Riservato con gli estranei, ma non nervoso né aggressivo. Dignitoso, intelligente e indipendente.
TESTA: lunga e stretta, nell’insieme mostra nobiltà
REGIONE DEL CRANIO
Cranio: moderatamente ampio fra gli orecchi, non bombato
Stop: non marcato
REGIONE DEL MUSO:
Tartufo: nero o marrone fegato
Mascelle/Denti: Denti e mascelle forti, con perfetta, regolare e completa chiusura a forbice
Occhi: da scuri a nocciola e brillanti, larghi e ovali, ma non sporgenti. L’espressione dovrebbe essere dignitosa e gentile, con occhi fiduciosi e che guardano lontano.
Orecchi: lunghi e ricoperti da peli lunghi e serici, inseriti alti, mobili, pendenti aderenti al cranio.
COLLO: lungo, elastico e ben muscoloso
CORPO
Dorso: piuttosto ampio.
Rene: leggermente arcuato e ben muscoloso.
Groppa: con punte iliache ben distanziate.
Torace: profondo, lungo e moderatamente stretto. Cassa toracica non a botte né con costole piatte.
Linea inferiore: ben rilevata
CODA: lunga, inserita bassa e portata naturalmente con una curva, ben fornita di frange nel lato inferiore con lunghi peli serici, non arruffati. Negli adulti non portata al di sopra della linea dorsale se non nel gioco. La punta deve arrivare almeno al garretto
ARTI
ANTERIORI
Spalle: bene all’indietro, muscolose ma non pesanti.
Braccio: di circa la stessa lunghezza della scapola. Forma con quest’ultima un buon angolo.
Avambraccio: lungo e diritto dal gomito al carpo.
Metacarpi: forti e flessibili, leggermente obliqui
Piedi anteriori: di moderata lunghezza. Dita lunghe e bene arcuate, non aperte, ma allo stesso tempo non simili a piedi di gatto. Nell’insieme forti ed elastici; con frange tra le dita.
POSTERIORI: forti, che mostrano potenza per il galoppo e il salto.
Coscia e gamba: ben muscolose.
Ginocchio: moderatamente angolato.
Garretti: ben discesi
Piedi posteriori: come gli anteriori
ANDATURA: al trotto liscia, fluente e senza apparente sforzo . Leggera e con elevazione, mostra allungo e spinta senza che il cane debba steppare né camminare pesantemente.
MANTELLO
PELO: liscio e di una tessitura soffice, serica, con frange alle gambe e al posteriore delle cosce; frange possono essere presenti alla gola negli adulti, mentre i cuccioli possono avere frange leggermente lanose sulle cosce e le spalle. La varietà “a pelo corto” non ha frange.
COLORE: E’ permessa ogni varietà di colore e combinazione. Le tigrature non sono desiderabili.
TAGLIA:
Altezza al garrese: normalmente tra 58 - 71, le femmine proporzionalmente più piccole
DIFETTI: qualsiasi deviazione da quanto sopra deve essere considerato come difetto e va penalizzato a seconda della sua gravità.
N.B.: I maschi devono avere due testicoli apparentemente normali, completamente discesi nello scroto.