Può un particolare tipo di calzature raccontare modi di vivere e mentalità del passato?
Sì, se parliamo dei sandali: le prime scarpe indossate da uomini e donne.
I sandali hanno calzato i nostri piedi per millenni, dal Neolitico all’era contemporanea, conoscendo fasi alterne di fortuna e oblio. I suoi usi e le sue forme sono cambiati nei millenni, ma ancora la indossiamo.
E, a dispetto della loro semplicità, hanno un passato molto complesso: nel tempo hanno infatti assunto i significati più disparati, passando da mero sostegno e protezione per i piedi a status symbol, fino a diventare addirittura emblema di ribellione e di movimenti politici.
Tutto quello che c’è da sapere su una calzatura eterna, regina dell’estate.
1. LE FLIP-FLOP DEL FARAONE
A far supporre che i sandali siano state le prime tipologie di scarpe sono le testimonianze archeologiche.
I più antichi mai rinvenuti hanno oltre 9.000 anni e sono stati trovati nel 1938 nei pressi di Fort Rock Cave, nello Stato americano dell’Oregon.
Ma se i primitivi modelli di sandali avevano una foggia molto elementare (simile a ciabatte casalinghe), con l’avvento delle grandi civiltà il “design” ebbe una decisiva svolta.
Nella Terra del Nilo, già 6.000 anni fa, gli Egizi producevano sandali nelle più svariate versioni, tra cui le intramontabili infradito (foto a sinistra): nella tomba di Tutankhamon ne sono state scoperte molte paia, alcune delle quali arricchite con pietre e metalli preziosi.
Erano i precursori degli odierni (e iper-femminili) “sandali gioiello”. Se si esclude l’età contemporanea, il periodo d’oro delle calzature aperte è stato però quello dell’antichità greco-romana.
La stessa parola “sandalo” ha origine in Grecia, dove il termine sandalon indicava una scarpa costituita da una suola e varie liste di cuoio intrecciate nei modi più disparati. Non si trattava peraltro di una semplice protezione per il piede.
Foto sotto: Trova le differenze... Alcune calzature si rifanno in modo molto esplicito ai modelli dell’antichità. È il caso di queste scarpe rosse con stringhe incrociate sul collo del piede, che riprendono i modelli più classici rappresentati nelle statue (più a sinistra), nei dipinti e nei mosaici romani.
Spesso i sandali erano caricati di significati profondi: per esempio, il rito matrimoniale greco prevedeva che la donna indossasse i nymphides, dei “sandali da sposa” che rappresentavano il passaggio dal nubilato alla vita coniugale.
Questi venivano allacciati quando la futura sposa si trovava ancora nella casa del padre, per poi essere slacciati prima di unirsi ufficialmente al consorte. La potenza di Roma contribuì poi adiffondere capillarmente le calzature di matrice greca in tutta Europa.
Qua sotto, i sandali romani, raffigurati in questo mosaico, non sono molto diversi da quelli moderni.
2. IL RITORNO E SOLO PER DANZARE
Con la caduta dell’Impero romano, la moda dei sandali svanì.
Nei secoli che seguirono, a indossare i sandali erano solo i membri di alcuni ordini sacerdotali, quale simbolo di povertà e vita monastica.
Per rivederli ai piedi della “gente comune” bisognerà attendere la fine del Settecento, quando il gusto per l’antico promosso dal Neoclassicismo influenzò anche il modo di abbigliarsi.
Ma, a differenza del passato, erano soprattutto le donne di alto rango a indossarli, mentre erano pressoché assenti nei guardaroba maschili.
A guardar bene, però, i sandali proposti tra Sette e Ottocento avevano poco a che fare con le calzature a cui s’ispiravano. I modelli in voga tra XVIII e XIX secolo erano in fatti scarpe chiuse e con tacco basso.
E a evocare gli antichi sandali dei Greci e dei Latini erano solamente le decorazioni sulla tomaia, che somigliavano a stringhe intrecciate. Alle donne, infatti, non era concesso mostrare il piede seminudo.
A fare eccezione furono le Merveilleuses (“meravigliose”), appartenenti a una corrente culturale francese nata in seno al Direttorio (1795-1799), la forma di governo affermatasi dopo la Rivoluzione francese.
Le Merveilleuses (foto sotto), nostalgiche dell'Ancien Regime, portavano avanti una personalissima protesta anti-rivoluzionaria attraverso un look “alla greca”, caratterizzato da abiti semitrasparenti e, per l’appunto, sandali che lasciavano i piedi scoperti.
Nel corso dell'Ottocento la moda continuò a proporre calzature ispirate all'età classica, come nel caso delle delicate scarpette-sandalo, realizzate con nastri da avvolgere alla caviglia o lungo la gamba.
Come racconta Elizabeth Semmelhack nel suo saggio Scarpe, storia, stili, modelli, identità (Odoya), si trattava di calzature quasi inconsistenti che poco si adattavano all’uso quotidiano.
Del resto, uscire e camminare fuori casa erano attività che mal si coniugavano con l’ideale femminile ottocentesco: la donna (aristocratica o borghese) era il centro spirituale e affettivo della casa, e lì doveva “regnare”, non certo per le strade dissestate e fangose dell’epoca. In compenso le scarpe-sandalo erano perfette per le ballerine.
In anni in cui il balletto smise di essere un passatempo riservato agli aristocratici e iniziò ad appassionare anche le classi borghesi, le danzatrici apparivano leggere ed eteree nelle loro scarpette di seta che, opportunamente modificate, permettevano anche di danzare sulle punte.
Fu Maria Taglioni nel 1832 la prima ballerina a inaugurare la tecnica, dopo aver rinforzato le sue scarpette da ballo con opportune cuciture laterali (foto sotto).
3. IN VACANZA E DALLE SUOLE RASOTERRA ALLA ZEPPA
Un altro contesto che richiedeva l'uso di sandali o scarpette leggere erano le neonate vacanze al mare.
Poiché il piede nudo era ancora tabù, il guardaroba dei primi vacanzieri si adattò alle nuove esigenze: in mare si entrava rigorosamente con piedi calzati!
Il XIX secolo fu anche l’epoca dell’apertura verso nuove mete esotiche (Nord Africa e Oriente in primis) che, grazie ai racconti di viaggio di artisti e intellettuali, catturarono l’immaginario europeo.
E ancora una volta i sandali tornarono a imporsi: le scarpe provenienti da quei luoghi incarnavano infatti l’armonia con la natura e il distacco dalla cultura borghese dominante, assumendo dunque un carattere “anticonvenzionale”.
Dopotutto, li calzava la stessa Libertas, dea romana che personificava la libertà. E fu proprio ispirandosi a questa divinità che, non molto tempo dopo, alcune attiviste americane per il suffragio femminile indossarono vestiti classicheggianti e sandali alla marcia di Washington del 1913.
A politicizzar li contribuirono poi anche gli uomini. Lo scrittore socialista Edward Carpenter (1844-1929), noto agitatore politico, ne fece per esempio l’emblema del radicalismo e della “vita semplice”.
Altro personaggio che contribuì astringere il legame con il pensiero radicale fu Raymond Duncan (1874-1966), fratello della scandalosa ballerina Isadora, colei che per prima osò danzare a piedi nudi.
Strenuo sostenitore di uno stile di vita genuino e lontano dai precetti borghesi, Raymond scelse di vivere indossando perennemente tunica e sandali, anche in inverno.
Dal XX secolo, l’industria della moda promosse i sandali per il guardaroba giornaliero, complice anche un rinnovato interesse per l’estetica del piede femminile e il fatto che le gonne, ormai, continuavano ad accorciarsi.
Fu in tale contesto che nacque un vero mito: la zeppa, “pietra miliare” nella storia dei sandali giunta fino a oggi. In realtà, suole imponenti erano in uso anche nel Rinascimento, quando le dame di corte spagnole e italiane indossavano altissime pianelle (o chopiné, foto in alto a sinistra).
Ispirato da queste bizzarre scarpe, negli anni Trenta, lo stilista Salvatore Ferragamo iniziò a usare pezzi di sughero per riempire lo spazio tra tacco e suola.
Era l’Italia del fascismo, sul Paese pesavano le sanzioni economiche imposte dopo l’invasione dell’Etiopia e il regime incoraggiava le industrie a impiegare materiali locali.
Ferragamo scelse quindi di utilizzare sughero sardo, con cui nel 1937 brevettò il suo primo modello di zeppa (foto sotto). E fu subito un successo mondiale.
4. ARRIVANO LE INFRADITO
Subito dopo, nel secondo dopoguerra, il Giappone divenne un grande produttore di gomma.
E fu proprio la gomma a sostituire le fibre naturali per la produzione degli zori, le infradito della tradizione nipponica.
Nacquero così le ciabatte casalinghe o da doccia (in Occidente assunsero il nome di “flip-flop” per via del rumore che emettono camminando) che rapidamente divennero l’emblema indiscusso del relax estivo.
Nella foto sotto, un paio di sandali ricavati da copertoni: materiali poveri, ma comodi e robusti. Calzature di questo tipo sono molto diffuse nel Sud del mondo.
Negli anni che seguirono, la controcultura hippy degli anni Sessanta e Settanta si appropriò dei sandali, conferendo loro nuovamente un carattere anticonvenzionale.
Il celebre modello tedesco Birkenstock, nato come articolo ortopedico, si affermò tra i seguaci di una vita spartana e libertaria, tanto da diventare oggetto di scherno: alle primarie presidenziali americane del 2004, alcuni conservatori coniarono infatti il termine “Birkenstock liberal” per deridere i sostenitori degli avversari politici.
Ma i sandali da uomo, tenuti lontani dal guardaroba maschile per secoli, saranno definitivamente sdoganati solo negli anni Ottanta, grazie anche al lancio del primomo dello sportivo della storia: il Teva, creato nel 1984 da una guida fluviale del Grand Canyon, che aggiunse dei cinturini da orologio a delle comuni ciabatte da spiaggia.
Un gesto semplice che chiuse il cerchio: i sandali tornarono a essere la scarpa adatta a tutti, uomini e donne, sportivi e non. Proprio come era già stato per i Greci e i Romani dell’antichità.
5. MA I SANDALI FANNO BENE O MALE AI NOSTRI PIEDI?
Ma i sandali, con il loro lasciare scoperto il piede e con il tipo di camminata che richiedono, fanno bene o male ai nostri piedi?
- I sandali, che lasciano le nostre estremità più o meno scoperte, fanno bene?
Un sandalo estivo può essere utilizzato come una sorta di attrezzo per rimettere in funzione la muscolatura, se non viene “trascinato”, ma trattenuto con le dita.
Possiamo così tornare ad allenare i nostri muscoli plantari, come facevamo da bambini quando giocavamo a raccogliere gli oggetti con i piedi.
- Perché fa bene usare al meglio la muscolatura, anche dove non sembra necessario...
Il piede è una struttura complessa, che si adatta alle irregolarità del terreno. Tuttavia, se la sua muscolatura non è utilizzata in modo corretto, può perdere parte della sua funzione.
Per adattarsi alle diverse superfici, deve essere flessibile modificando la forma all’inizio delle fasi di appoggio.
Allo stesso tempo deve potersi irrigidire per sostenere il peso del corpo, fornendo una solida base di appoggio sia in posizione statica sia nella fase di spinta propulsiva del passo e della corsa.
- Funziona insomma come un ammortizzatore?
Sì. Durante il cammino (che consiste in un’alternanza tra sbilanciamento in avanti e recupero dell’equilibrio), grazie alle sue componenti muscolari, scheletriche e legamentose, il piede funge da ammortizzatore - quando caricato - e restituisce elasticamente l’energia accumulata nella fase di distacco dal suolo.
- Questo vale per tutti i piedi, anche se sono diversi l’uno dall’altro?
La conformazione del piede varia da individuo a individuo, su basi genetiche, e con essa varia la risposta alle sollecitazioni, che è maggiore in caso di arcate plantari ben conformate (che infatti si ritrovano più frequentemente negli atleti) e minore in caso di piede piatto (quando l’impronta plantare è molto più ampia e l’arco si abbassa).
- Quindi i sandali troppo piatti fanno male?
Oggi viviamo per la maggior parte del tempo su superfici piane (in casa, per strada, ecc.) che non richiedono un grande utilizzo della muscolatura del piede, che così perde gradualmente tono.
Questo - in particolare negli individui predisposti - aggrava i difetti di appoggio, al punto da causare alterazioni della struttura del piede e delle dita, con conseguente insorgenza di dolorose malformazioni. L’utilizzo di calzature congrue permette di conservare meglio nel tempo la conformazione migliore.
Le ditte produttrici di calzature sportive da anni lavorano alla ricerca dei migliori materiali e della forma ideale delle calzate, per assicurare vantaggi sotto il profilo biomeccanico agli atleti.
Una soletta completamente piatta non rappresenta l’ideale se si devono compiere lunghi percorsi: è invece più vantaggioso avere un rialzo di due o tre centimetri al tallone, per spostare meglio il baricentro del corpo sulla verticale del piede.
Questo è ancora più importante per chi tende a “pronare”, cioè a portare il peso verso la parte interna del tallone e sul profilo interno del piede durante il passo. In questi casi occorre fare attenzione a utilizzare una calzatura con un buon sostegno della volta plantare.