Curare l’alimentazione è fondamentale, perché il mondo è cambiato.
Una volta vivevamo in un ambiente amico, pulito, e i cibi erano più sani.
Oggi come esci di casa ti trovi in un ecosistema ostile, spesso inquinato, e inizi a stressarti subito, fin da quando sali in macchina per andare al lavoro, dove la tensione prosegue, con telefonate, email, riunioni…
Se a tutto ciò aggiungi una cattiva abitudine alimentare nei tempi, nei modi e nella qualità, capisci che stai correndo dei gravi rischi.
Ecco perché oggi l’alimentazione è fondamentale per la tua salute, non puoi trascurare gli aspetti positivi che ci può dare.
Il legame tra l’alimentazione, lo stile di vita e la salute è un tema importante, se lo comprendi e imbocchi la strada giusta non solo riesci a vivere meglio, più sano e più forte, ma anche più a lungo.
È un tema molto complesso: dimagrire, contrastare l’invecchiamento, migliorare la salute, vivere più forti, e più a lungo. Impresa impossibile? No, basta sapere cosa devi mangiare, e quando.
1. L’attività fisica è preziosa, ma quanta se ne deve fare?
L’attività fisica è uno degli elementi chiave della salute ma non è facile quanto lavoro deve essere svolto.
Spesso si pensa che più fai meglio è, ma dalla misura dello stress ossidativo vediamo che molte persone l’hanno altissimo, perché si allenano in modo sbagliato.
Al contrario, a volte senti dire “Ma io cammino sei chilometri ogni giorno...”. Peccato, perdi tempo, non serve a niente. Nell’attività fisica contano molto la qualità e l’intensità.
Perché un lavoro si possa definire metabolicamente attivo, si deve arrivare almeno al 70% del consumo di ossigeno massimale, intensità che grossomodo corrisponde al 60-70% del battito cardiaco massimale.
Se cammini non arrivi a questo livello di intensità, e non si attiva niente. Può succedere la prima volta che lo fai, se non hai mai svolto attività fisica, ma poi subentra la tachifilassi, cioè l’abitudine, e questo vale sia per l’intensità, sia per il tipo di attività.
Quello che puoi fare per evitare questo problema limitante è cambiare il tipo di allenamento, ma noi in genere siamo portati a fare sempre le stesse cose, con la stessa intensità, nello stesso luogo, vestiti sempre allo stesso modo, tutte cose che favoriscono l’abitudine del corpo.
Per questo allenarsi con un personal trainer è molto efficace. Primo perché sa cosa farti fare e come, e poi ti porta fuori dalla tua zona di comfort, e soprattutto dalla tua zona di percezione, perché non sai cosa ti farà fare.
Quando tu pensi a una cosa che farai, che quindi conosci bene, mediamente fai il 25% di fatica in meno. Quindi allenarsi con una persona che ti propone esercizi nuovi, è già più efficace solo per questo.
È un tema molto complesso, oggi ci sono anche atleti di alto livello che non si allenano correttamente. C’è molta approssimazione, e l’errore più comune, per esempio, è pensare che più si fa meglio è. L’allenamento non è solo attività ma è anche recupero, ma è difficile da stimare, perché non ci sono metodi oggettivi per stabilirlo.
Oggi abbiamo messo a punto un sistema per lo studio dello stress ossidativo e del sistema neurovegetativo, che ci serve per capire, in funzione della tua personale neurobiochimica, quali sono i momenti in cui devi lavorare e quelli in cui devi rallentare.
Questo vale per tutti, per gli atleti e semplicemente anche per chi vuole dimagrire. La maggior parte della gente non fa sport. Far diventare sportivo chi lo è già è interessante, ma la grande sfida è stimolare a fare dello sport a chi non l’ha mai fatto.
2. Mille diete, tutte valide
Ultimamente c’è un’uniformità di indicazioni sulla dieta; tempo fa se ne sentivano di tutti i colori.
Oggi con i mezzi che ci sono per attingere le informazioni è più facile controllare ciò che si sente ed è meno facile prendere in giro la gente.
Le diete però hanno un grande vantaggio: tutte fanno dimagrire. Oggi il vero disturbo è legato al fatto che una persona mangia in modo molto disordinato, e appena inizia a seguire un regime si fa presto a vedere i risultati.
Se sei sovrappeso perdere 4-5 chili è facile, e così molti “dietologi” hanno fatto fortuna. Il problema è che la maggior parte di queste diete hanno questo effetto ma poi ti fanno ammalare, non sono salutari, oppure sono difficili da seguire.
Se fai un’analisi storica vedi che tutti quelli che fino ad oggi hanno proposto dei regimi alimentari specifici non sono medici, anche quelli famosi, come Chenot, Messegue... Molti sono biochimici biologi, farmacisti, ma nessuno è medico.
Quando i medici hanno iniziato ad occuparsi delle diete, hanno iniziato a porre delle verità incontrovertibili, affermazioni basate su basi scientifiche, e questo fa una grossa differenza.
Anche Barry Sears, l’ideatore della dieta a zona, nemmeno lui è un medico ma è con lui che si è iniziato a parlare di ormoni, di biochimica, non solo di alimenti, ma di cosa succede al nostro corpo quando mangi.
Conta come ti siedi. Per la salute non conta solo la qualità del cibo ma anche come lo mangi. Puoi preparare il pasto più salutare che c’è ma se lo consumi mentre sei al telefono in una concitata discussione di lavoro, l’impatto è molto diverso.
C’entra cioè la neurofisiologia, in questo caso particolare occorre considerare la connessione tra l’attività del sistema nervoso con le funzioni viscerali, somatiche e psichiche.
3. A ognuno la sua dieta: l’importanza della morfologia
In genere le diete moderne sono equilibrate, l’obiettivo comune è il controllo del livello dell’insulina e prevedono una dose di carboidrati che va a restringersi durante il giorno, più abbondante di mattina, che va quasi ad annullarsi la sera.
Questo vale in generale, per chi è sano, ma può cambiare molto a seconda delle persone. Se due individui mangiano allo stesso modo, ma conducono vite diverse, non è detto che ottengano gli stessi risultati.
Questo è in parte legato alla differenza biologica dovuta dai geni, ma oggi è più importante lo stile di vita: il bioritmo della vita cambia il bioritmo ormonale e di conseguenza modella anche il fisico.
La distribuzione del grasso in modo uniforme nel corpo, oppure l’accumulo nella vita, o nelle gambe e nei glutei, dipende dal bilancio ormonale, e per ottenere la massima efficacia occorre ritagliare la dieta considerando queste diversità. I cibi sono sempre gli stessi, la grande differenza sta nella loro distribuzione nella giornata.
- Il grasso nella pancia.
Il cortisolo è l’ormone dello stress, e molte persone lo hanno elevato. È una sostanza che causa infiammazione, che a sua volta è responsabile dell’accumulo di grasso nell’addome.
In genere chi ha questo problema è stressato, soffre tensioni sul lavoro, fa fatica a dormire, non fa colazione o spesso la salta.
In questi casi con una piccola correzione alla dieta, aggiungere la colazione e dei carboidrati alla sera, si ottiene un grande risultato.
I carboidrati alla sera, cereali, non zuccheri semplici, fanno dimagrire questa tipologia di persone perché diminuiscono il cortisolo, che inibisce la produzione di serotonina, melatonina e GH, ormoni che fanno bruciare i grassi.
Tutti dimagriamo di notte grazie a questo meccanismo, se si rallenta il fisico ne risente. La colazione alla mattina serve invece per apportare proteine perché il cortisolo, che comunque si forma durante la giornata, va a bruciare il muscolo.
Ecco perché in genere queste persone hanno una minor massa magra muscolare, anche se fanno attività fisica. - Il grasso nel sedere e nelle cosce
Chi invece accumula grasso nel sedere e nelle cosce è una persona con il metabolismo lento.
Uomini e donne di questa tipologia hanno in genere mani e piedi freddi, e magari stanno anche maniacalmente a dieta ma con scarsi risultati.
Il problema è che hanno l’ormone tiroideo basso, e occorre sbloccare il metabolismo, fornendo una dose di zuccheri, anche semplici, alla mattina, perché l’ormone tiroideo si forma sotto lo stimolo degli zuccheri; alla sera, invece, niente carboidrati, o una dose molto limitata.
4. C’è grasso e grasso
Le maniglie dell’amore, anche se per molti sono un cruccio, non sono un grosso problema.
La difficoltà sta nel fatto che la zona è poco irrorata di sangue e che nella giornata si muove poco, ma con una buona dieta e un po’ di attività fisica è facile ridurre il giro vita.
Un altro discorso è quello del grasso viscerale, quello concentrato all’interno della cavità addominale e distribuito tra gli organi e il tronco. È legato all’infiammazione, al cibo di bassa qualità e allo stile di vita.
Ci sono due problemi: ha un impatto negativo sul nostro organismo e nel tempo può causare numerose patologie; è quello più difficile da smaltire.
Anche in questo caso, per evitarne l’accumulo, c’entra la glicemia, ma è più importante mangiare zuccheri che non passino troppo velocemente nel sangue. Il nostro corpo funziona ancora come milioni di anni fa, quando il cibo non era una certezza, e ha meccanismi atti ad accumulare scorte.
Quando mangiamo uno zucchero che entra molto velocemente in circolo, anche se la quantità non è elevata, l’organismo non lo rende subito disponibile per essere bruciato, ma lo deposita in una zona di estrema riserva, attorno alle viscere, con lo stesso meccanismo degli animali che vanno in letargo.
Nel caso degli animali il grasso di riserva si brucia col tempo, ma nella nostra attività quotidiana no, resta lì a svolgere la sua naturale funzione di estrema riserva, ed è per questo che in genere si cala dappertutto ma si fa più fatica nella zona della vita.
Per ridurlo occorre lavorare in due fasi, nella prima è necessario rivedere lo stile di vita e ridurre l’infiammazione. L’alimentazione è una questione di qualità.
Una volta si parlava solo di calorie, ma è chiaro a tutti che a parità di apporto calorico è ben diverso mangiare una merendina industriale oppure una fatta di pane integrale biologico.
Oggi si parla quindi di qualità del cibo, non solo per la risposta glicemica dovuta a uno oppure all’altro alimento, ma anche per le reazioni indotte nel fisico, che coinvolgono tutti gli ormoni che conosciamo, principalmente quelli infiammatori e quelli regolatori e stimolatori.
Quindi distinguiamo i cibi che stimolano il GH, il testosterone, altri il glucagone, l’insulina, il cortisolo, altri ancora che favoriscono la formazione delle interluchine infiammatorie.
Quindi, è essenziale scegliere cosa mangiare perché ci sono sostanze che generano risposte molto diverse nel nostro organismo. Le calorie insomma contano poco, per mettere a posto il bilancio energetico basterebbe infatti un po’ di attività fisica in più.
5. Il problema del sale e il glutine moderno
- Il problema del sale
Fin qui abbiamo parlato dell’importanza per la salute dell’indice glicemico, degli zuccheri “veloci” e dello stile di vita.
Tra le fonti di infiammazione ci sono il latte, anche se il primo effetto sembra essere quello contrario, calmante, le proteine animali e il glutine, oggi un tema che ormai è noto a tutti.
Un’altra fonte di infiammazione, alla quale forse facciamo meno caso, è il sale. Il sale, come lo zucchero, si trova in quasi tutti i cibi preparati, poiché conferisce sapidità a buon prezzo. Però infiamma.
E spesso il gonfiore che abbiamo è in buona parte dovuto anche al sale. Anche questo è un additivo subdolo, che assumiamo in gran quantità senza rendercene conto.
Per esempio, quando va bene il solo impasto di una pizza ne contiene 5 grammi, che, secondo una raccomandazione dell’OMS, è più di quello che dovremmo mangiare tutto il giorno. Poi c’è la mozzarella, che in sostanza è fatta con latte e sale.
Difficile sfuggirgli: lo troviamo anche dove non ce lo aspettiamo, nel tonno in scatola, nel formaggio... è contenuto in grande quantità in quasi tutti i cibi preconfezionati, ed eliminare la saliera dalla nostra tavola conta poco: quando la usiamo ne scende solo una minima quantità.
Un aneddoto spiega l’importanza del sale nell’industria alimentare di oggi: la Scandinavia è il regno dei surgelati, e tempo fa il governo scandinavo ha chiesto alle industrie alimentari di dimezzare il sale nei prodotti, per evitare i problemi legati al sovradosaggio.
Le industrie hanno risposto positivamente, ma anche che lo avrebbero fatto in 15 anni. Il punto è che se lo avessero fatto da un giorno all’altro non avrebbero venduto più nulla; questo spiega a che livello di assuefazione siamo arrivati.
Mangiare salato però è solo un’abitudine, perché se smetti di usarlo, oltre ad apprezzare i veri sapori dei cibi, poi non solo non ti manca, ma poi farai fatica solo ad assaggiare qualcosa che ne abbia solo un pizzico.
Oggi invece c’è la cultura del sale, ed è comune sentire nelle trasmissioni di cucina, anche di alto livello, chef famosi che commentano: “Manca sale”. La stessa cosa vale per lo zucchero.
Quant’è pericoloso il sale? Più di quello che si pensi. L’OMS ha stabilito che se ne mangiassimo solo un grammo al giorno - come i Boscimani e gli Esquimesi, le malattie cardiovascolari sarebbero virtualmente assenti.
Raccomanda di mangiarne 3-4 grammi al giorno, noi normalmente siamo attorno ai 10-12 grammi, tre-quattro volte di più. E, come spiegato, senza accorgercene.
Come risolviamo questo problema? Semplice. Evitando di consumare alimenti già preparati cucinando cibi freschi senza sale. - Il glutine moderno
Oggi il glutine è al centro di una battaglia. Quello nativo, cioè contenuto nei cereali originari, non dà problemi, fino a pochi anni fa solo una persona su un milione era intollerante.
Oggi siamo tutti, più o meno sensibili al glutine, anche una persona che non ha problemi se una sera mangia la pizza il giorno dopo si può sentire affaticato.
È un problema dovuto, come al solito, all’industrializzazione del cibo, cioè alla qualità della farina utilizzata. Come sempre non va bene generalizzare.
Un conto è il glutine che c’è nei cereali biologici ottenuti con semenze antiche, cioè non selezionate per avere un seme ricco di glutine.
Il problema di questi cereali “moderni” è che rendono poco; i frumenti con un alto tasso di glutine permettono di pastificare molto di più, per esempio dallo stesso campo invece di ricavare 20 kg di pasta ne ricavi 30.
Inoltre ci sono alcuni diserbanti che andrebbero a modificare la gliadina, una molecola del glutine, e questo genera altri problemi alla salute. Nella fase di detox va bene ridurlo, o eliminarlo del tutto, ma non si può mangiare sempre senza glutine.