La nostra vita è già tutta scritta o il futuro dipende interamente da noi?
Fin dagli albori della civiltà l’uomo ha cominciato a porsi questa domanda, cercando risposte nella religione, nella filosofia, nella scienza.
Siamo davvero artefici del nostro destino o ci illudiamo soltanto di poter determinare il corso degli eventi?
Secondo la scienza, abbiamo infinite vite possibili davanti e tocca a noi sceglierne una!
1. Il destino nella mitologia
La nostra vita è già tutta scritta o il futuro dipende interamente da noi?
Fin dagli albori della civiltà l’uomo ha cominciato a porsi questa domanda, cercando risposte nella religione, nella filosofia, nella scienza.
Nell’antica Roma questa forza oscura era chiamata fatum, ovvero “ciò che è detto” e in origine indicava la decisione irrevocabile di un dio, alla quale nessuno si poteva sottrarre.
In alcuni miti, il Fato era considerato una divinità a sé stante e precisamente il capriccioso figlio del Caos, immaginato cieco poiché interveniva a modificare il corso della vita degli uomini senza alcuna precisa ragione. Niente poteva cambiare i suoi decreti.
Il concetto di Destino nella mitologia greca è sostenuto da una visione di tipo “Pessimistico” e “Tragico”, dove l’essere umano risulta sottomesso alla fatalità degli eventi.
L’idea di ineluttabilità viene rappresentata da precise figure mitologiche, le Moire, le tre figlie di Zeus e Temi chiamate Cloto, Lachesi e Atropo.
Esse, per ogni mortale, regolavano la giusta durata della vita dalla nascita alla morte, con l’aiuto di un filo che una filava, la seconda avvolgeva e la terza tagliava, allorché la vita corrispondente era terminata.
Ribattezzate Parche dai Romani, erano divinità del Destino che nella religione romana sono i demoni della nascita, chiamate anche le tre Fate, assimilate poi nel Dio del destino Fatum, una specie di demone personale che simboleggiava il Destino individuale.
Oggi queste temibili e affascinanti figure sono state sostituite dal pensiero razionale della scienza i cui esponenti più illustri sono giunti, nel corso dei secoli, a conclusioni diametralmente opposte sul concetto stesso di destino.
2. Un perfetto orologio cosmico
Nel XVII secolo il fisico e matematico inglese Isaac Newton (nella foto accanto) pensava che il cosmo fosse un meccanismo perfetto, una specie di grande orologio cosmico che Dio aveva caricato all’inizio dei tempi: avrebbe ticchettato per sempre in perfetto accordo con le tre leggi del moto dei corpi da lui formulate.
Secondo questa teoria, nota come determinismo newtoniano, le tre leggi determinano non solo il moto preciso di stelle e pianeti ma anche quello di ogni particella dell’universo.
Un suo quasi contemporaneo, il matematico e astronomo francese Pierre Simon de Laplace, si spinse oltre ritenendo che ogni evento futuro, dalla comparsa di una cometa in cielo alla più insignificante delle azioni umane o al destino di ogni singolo atomo, potrebbe essere calcolato in anticipo se solo esistesse una mente in grado di conoscere il moto iniziale di tutti gli atomi fin dall’inizio dei tempi. Perché tutto è già stato determinato già da quel primo istante.
Del tutto opposte furono invece le conclusioni del fisico tedesco Werner Karl Heisenberg, al quale si deve la scoperta che a livello subatomico la materia si comporta in modo ben diverso da come ipotizzato da Newton e Laplace.
Con il suo principio di indeterminazione, formulato nel 1927 come uno dei cardini della meccanica quantistica, Heisenberg dimostrò che non si può conoscere simultaneamente velocità e posizione di una particella, per quanto sensibili possano essere gli strumenti di misurazione: siamo cioè in grado di conoscere l’una o l’altra delle due condizioni, ma non entrambe allo stesso tempo.
Con tale principio si sancisce l’impossibilità da parte della scienza di pervenire a una conoscenza completa della realtà. Il fatto che non si riescano a determinare in alcun modo tutte le variabili di un sistema fisico significa, infatti, che non è possibile stabilirne con precisione l’evoluzione futura.
Siamo noi stessi, attimo dopo attimo, a creare e modellare la realtà che andiamo a vivere. Come è possibile quindi che sia già scritto quello che succederà in futuro?
3. I destini possibili sono infiniti e il retaggio del Dna
Una delle conseguenze del principio di indeterminazione, inoltre, è che l’universo in cui viviamo non è l’unico esistente, ma è solo uno degli infiniti universi possibili.
Questo significa che da qualche parte, in dimensioni che non possiamo percepire, esistono infinite copie di noi stessi, con scelte di vita che possono essere simili alle nostre, leggermente diverse o anche completamente diverse.
Chi di noi non si è mai chiesto, almeno una volta: cosa sarebbe successo se avessi preso l’aereo invece del treno? Se mi fossi fermato in ufficio invece di tornare subito a casa? Se non avessi perso le chiavi di casa? Sarebbe accaduto qualcosa di fondamentale per la mia vita o non sarebbe cambiato niente?
Una risposta, dai risvolti inquietanti, hanno cercato di darla film come Sliding doors, dove il destino della protagonista Gwyneth Paltrow (foto sotto) è legato alla possibilità di riuscire o meno a salire sulla metropolitana, o The family man, con Nicolas Cage nei panni di un uomo che scopre come avrebbe potuto essere la sua vita se avesse preso una decisione diversa 13 anni prima.
Secondo la teoria dei multi-universi, ogni singola decisione rappresenterebbe un mondo a sé stante, dalle infinite ramificazioni possibili.
«Eravamo soliti a credere che il destino dell’uomo fosse scritto nelle stelle. Ora sappiamo che, in larga misura, è scritto nei nostri geni», aveva dichiarato nel 1989 il biologo inglese James Watson, premio Nobel assieme a Francis Crick per la scoperta della struttura a doppia elica del Dna.
In effetti, oggi i test genetici rappresentano una vera rivoluzione e aprono la strada alla medicina predittiva che, dall’analisi dei sintomi, passa allo studio del rischio biologico per evitare che una certa malattia si manifesti.
È questo il caso, per esempio, della mutazione del gene Brca, che indica una predisposizione al tumore al seno e ha indotto l’attrice Angelina Jolie a sottoporsi a mastectomia preventiva.
Tuttavia, molte delle informazioni che otteniamo dall’analisi del Dna non rivelano un dato certo, ma piuttosto una predisposizione a sviluppare una certa patologia in un futuro indefinito.
4. Destinati a essere infedeli?
Sembrerebbe di sì a giudicare da quanto sostengono gli scienziati della State University di New York guidati dal professor Justin Garcia: tradire il proprio partner potrebbe essere un’indole scritta dalla nascita nel Dna.
La colpa sarebbe di una variante del gene Drd4, che serve a controllare la dopamina, un neurotrasmettitore prodotto dal cervello che ha un ruolo importante nei meccanismi della memoria e dell’apprendimento.
Tale variante comporterebbe un atteggiamento più disinibito capace di influenzare l’attività sessuale delle persone rendendo la fedeltà “geneticamente impossibile”.
Tale tesi sarebbe confermata da un altro studio condotto dal Karolinska Institutet di Stoccolma che ha appurato la presenza, nei cosiddetti “latin lover”, del gene Avpria, legato alla produzione dell’ormone vasopressina: sarebbe questo difetto genetico a non saziarli mai di sesso.
E non è tutto. Una recente ricerca coordinata da Sarah Robertson dell’Università di Adelaide, in Australia, rivela che le cattive abitudini, come bere alcolici, fumare e mangiare smodatamente si trasmettono dai genitori ai figli più di quanto si pensasse, secondo un processo di eredità familiare noto come epigenetica.
«Ciò significa», sostiene la Robertson, «che un figlio non parta da zero: ma porta già con sé il retaggio dello stile di vita dei genitori. Esso può modellare lo sviluppo del feto e del neonato».
Secondo la tesi dei ricercatori australiani, quindi, la salute del bambino viene direttamente influenzata non solo dai geni dei genitori, ma anche dal tipo di vita che essi stessi hanno condotto prima della sua nascita.
5. Primi della classe si nasce e cinque parole chiave
- Primi della classe si nasce
Secondo uno studio condotto dagli psicologi del King’s college di Londra, su oltre 11mila coppie di gemelli i geni pesano sulla carriera scolastica il doppio di quanto pensato fino a oggi.
Secondo Nicholas Shakeshaft, autore dello studio, l’educazione dei ragazzi, l’ambiente familiare e la scuola sono importanti, ma contano solo per il 29% della pagella scolastica.
Un buon 58% dei voti dipende dal Dna. L’influenza dell’ambiente su crescita e sviluppo culturale è importante, ma non preponderante sul risultato ultimo.
Il curriculum genetico gioca infatti un ruolo importante sulle predisposizioni naturali dello studente, specialmente nel caso delle materie scientifiche.
- 5 parole chiave
1. Genoma
Rappresenta il patrimonio genetico di un organismo vivente. Tale patrimonio è contenuto nel filamento del Dna sotto forma di un preciso susseguirsi di elementi di base, detti nucleotidi. La sequenza con la quale i nucleotidi si succedono nel genoma costituisce l’informazione genetica.
2. Geni
Sono le unità funzionali del genoma. Corrispondono a porzioni di codice genetico localizzate all’interno del filamento di Dna. Sono contenuti e organizzati all’interno dei cromosomi presenti in tutte le cellule di un organismo.
3. Progetto genoma umano
È un progetto internazionale che ha avuto lo scopo di localizzare la posizione dei circa 25mila geni tipici della specie umana e de- scriverne la funzione. Suo obiettivo, la comprensione della funzione dei geni e di quali malattie possono derivare dalle loro alterazioni.
4. Epigenetica
Significa “al di sopra della genetica” ed è un modello secondo cui i fattori ambientali possono influenzare l’espressione di alcuni geni della persona trasmettendosi alle generazioni successive.
5. Meccanica quantistica
È una teoria della fisica moderna per cui luce e materia sono fatte da minuscoli concentrati d’energia, detti quanti, che si comportano allo stesso tempo come un fenomeno ondulatorio e come particelle.