Sembra strano ma, molti autori di libri, disprezzano quelli che sono spesso considerati dettagli inutili e insignificanti come la correttezza morfosintattica, il congiuntivo, il condizionale, la punteggiatura, le maiuscole, l’uniformità nello scrivere determinati elementi. Quisquilie, rispetto all’afflato poetico…
E poi, perché non essere generosi di puntini di sospensione, punti interrogativi ed esclamativi, apostrofi improbabili?
Oggi, con i mezzi di scrittura elettronici, basta tenere premuto un attimo un tastino e di punti ne generi quanti ne vuoi! Perché privarsene?
Molto spesso i testi arrivano nelle mani di un editore in condizioni veramente pietose e gli ignari autori non immaginano nemmeno quanto sia fastidioso leggere un testo sciatto o anche soltanto impreciso dal punto di vista ortografico, anche in presenza di una buona e originale idea di base.
Il testo che arriva a un editore deve essere il più possibile curato, limato. Farà una migliore impressione, verrà letto più volentieri, e si avrà considerazione per voi.
Uno scrittore deve conoscere la materia che utilizza, ossia la lingua e le sue regole.
Oggi, attraverso questa piccola guida, vedremo cosa si può fare per presentare al meglio il vostro lavoro di scrittore.
1. La stesura al computer e uso delle lettera maiuscola
Ormai è d’obbligo. Impensabile usare ancora la macchina da scrivere o, peggio, la stilografica.
Dovrete scrivere un file di testo, meglio se poi lo salverete con l’estensione .rtf.
Usate un carattere (font) semplice, con un corpo leggibile, né troppo grande, né troppo piccolo, e un’interlinea di 1,5.
Non spezzate le parole con il trattino, ma lasciate che sia il programma ad andare a capo da solo; usate INVIO per andare volontariamente a capo per un nuovo paragrafo, oppure per lasciare una riga bianca.
Per le maiuscole accentate (È non va scritto E’) o i caratteri speciali, ad esempio le vocali con la dieresi, l’accento circonflesso ecc., usate sempre l’inserimento simboli o generateli con il tastierino e i codici ASCII.
Per le virgolette “caporali” usate «», mai << >>. Se nei dialoghi usate le virgolette “alte”, servitevi di quelle “uncinate”, non di " ".
Con la maiuscola si apre una pagina, un periodo. Usatela:
- dopo il «punto fermo», dopo il punto interrogativo e il punto esclamativo;
- quando si riferiscono le parole di un discorso diretto, quindi dopo i due punti; per esempio: “Egli mi disse: — Sta’ tranquillo”;
- con i nomi di persona, i cognomi, i nomi di luogo (Donato, Teresa, Manzoni, Dante Alighieri, Torino, Napoli...);
- con i titoli di opere o di giornali (la Divina Commedia, la Stampa di Torino);
- si preferisce la maiuscola con i nomi di popoli, non con gli aggettivi (i Romani, l’impero romano);
- con i nomi della fede religiosa (Dio, la Vergine, “Allah);
- i nomi di vie e piazze si scrivono con la maiuscola, ma i termini via e piazza sono, in genere, minuscoli (via Roma, piazza Marconi), ma si scrivono con la maiuscola i nomi di zone e quartieri urbani (Porta Palazzo, i Parioli).
2. L’accento e le parole straniere
In italiano si usano due accenti, quello grave e quello acuto.
È obbligatorio segnarlo sulle parole tronche, sulla sillaba finale. Per le vocali à, ò, ì, ù l’accento è di solito grave (attenzione, però: Einaudi esige “piú”, con l’accento acuto!).
Nel caso della vocale “e”, bisogna distinguere il suono aperto è dal suono chiuso é.
Scriveremo: è (verbo essere), cioè, caffè, tè...
Ma: né, sé, perché, viceré, ventitré... Se sussistono dei dubbi, consultate un buon dizionario.
Le parole straniere vanno sempre al singolare (i film, non i films).
Per quanto riguarda l’articolo, di solito questo concorda con il genere che la parola assume in italiano (lo swing, la boxe, la mail).
Per l’articolo maschile, la forma è quella che si userebbe davanti a una parola italiana con lo stesso suono iniziale (il jet, il jogging, lo champagne, i würstel, lo yen, lo strudel).
Davanti al w inglese, si usa di solito l’articolo il (il west, il week-end).
3. La punteggiatura
Prima di tutto, teniamo presente che la punteggiatura non è come un cucchiaio di parmigiano grattugiato da buttare sulla pasta e dove va, va.
Il primato degli usi errati, per quanto riguarda la punteggiatura, va senz’altro alla virgola.
Quando la si dovrebbe usare:
- nelle enumerazioni (Ha comperato pane, salame, frutta e verdura);
- per distinguere un inciso, ad esempio un vocativo, all’interno di una frase (Per questo, mia cara, è meglio che tu stia zitta);
- per isolare un complemento all’interno di una frase (Finalmente, verso mezzogiorno, siamo andati a mangiare);
- prima di una proposizione relativa (Sono stata da Maria, che mi ha parlato di te);
- in genere, per distinguere una subordinata dalla principale (Sebbene abbia già trent’anni, non mi sembra molto maturo).
Un esempio, frequentissimo, di uso errato: “Marco, ieri è andato al mare”. Non si può separare il soggetto, Marco, dal verbo che ad esso si riferisce. Si potrebbe, invece, fare una frase con un inciso, isolandola con due virgole:
“Marco, quell’essere odioso e antipatico, ieri è andato al mare”.
Bisogna fare attenzione, usando la punteggiatura, a non inserire spazi prima, e a inserirli sempre dopo. Esempio: “Maria, senza dubbio, ti ha spiegato tutto.”
Sarebbe invece errato scrivere: “ Maria , senza dubbio , ti ha spiegato tutto .” Oppure, sempre errato: “Maria,senza dubbio,ti ha spiegato tutto”.
4. La punteggiatura nei dialoghi, trattini e le virgolette «basse»
Nei dialoghi si possono usare i trattini, le virgolette “alte” o le virgolette «basse», e ci sono piccole variazioni nell’uso della punteggiatura associata.
In genere, ogni casa editrice ha le sue abitudini e le sue regole “interne” per cui, se pensate di pubblicare con un preciso editore, andate a studiarvi i libri che pubblica.
Per quanto riguarda i trattini e le virgolette «basse», in primo luogo, per il dialogo si usa “— ” , mentre “-” non è utilizzato nei dialoghi, ma nei termini composti (I colloqui italo-americani).
I trattini si usano a inizio battuta e non in chiusura (— Buongiorno, io sono Anna e non — Buongiorno, io sono Anna —.
Nel caso di frase incidentale, non si mette interpunzione, il trattino è sufficiente. Esempio: — Non è il caso — disse l’uomo — che tu aggiunga ancora qualcosa.
A differenza dei trattini, le virgolette basse vanno chiuse al termine della battuta, ma la punteggiatura associata è la stessa. «Non è il caso» disse l’uomo «che tu aggiunga ancora qualcosa.»
Osservate le piccole differenze nell’uso della punteggiatura e della minuscola, anche dopo il punto interrogativo:
“Posso entrare?” disse la ragazza. (così, senza maiuscola a ‘disse’)
“Certo, venga,” rispose la donna, facendosi da parte.
“Sono passata,” disse la ragazza, “per riprendere la mia valigia.”
Come dicevamo, ci sono altre soluzioni possibili, a seconda delle abitudini delle diverse Case editrici. Solitamente, le virgolette vengono considerate un’interruzione sufficiente, senza dover aggiungere le virgole intermedie.
5. Troncamento ed elisione
L’elisione è la caduta della vocale finale di una parola, di fronte ad una parola successiva che inizi anch’essa per vocale.
Il segno dell’elisione è l’apostrofo.
Tasto dolente: molti autori non hanno la più pallida idea che ci sono, in italiano, delle regole molto precise in fatto di elisione. Non stiamo qui a ripeterle, ma serve consultare una buona grammatica, soprattutto se pensate che sia giusto scrivere “un’angelo”!).
Attenzione: tra l’apostrofo e la parola che segue non ci vuole lo spazio: “L’amica” e non “L ’ amica” o “L’ amica”.
Il troncamento può eliminare anche una sillaba intera, non soltanto una vocale: è il caso di po’ (poco) e mo’ (modo); gli aggettivi tale e quale diventano tal e qual (qual è, un tal coraggio, senza apostrofo!).