Se non avessimo inventato la plastica… non ne saremmo stati sommersi, ma avremmo dovuto creare un materiale altrettanto versatile (come stiamo provando a fare).
In tasca non avremmo né smartphone né carte di credito, e non potremmo riprodurre la musica né online, perché Internet non esisterebbe, né su musicassette o cd.
I mezzi di trasporto sarebbero più pesanti e inquinanti, così come gli elettrodomestici; conserveremmo le bevande in bottiglie di vetro: i vestiti conterrebbero solo fibre naturali (niente poliestere, acrilico, nylon o elastan).
Sarebbero diversi i cosmetici, gli occhiali e gli orologi, mentre i nostri figli si diletterebbero con giochi in legno o metallo (niente Lego né Barbie); se ci ammalassimo, poi, correremmo un alto rischio di contrarre infezioni, visto che siringhe, guanti e provette sarebbero meno sterili.
E ancora, sulla Luna forse non saremmo andati; gli sport sarebbero più “vintage”, con tennis e golf che si praticherebbero con attrezzi in legno (altro che fibra di carbonio), mentre pompieri e forze armate, senza nomex e kevlar, non avrebbero abiti ignifughi e giubbotti antiproiettile.
Insomma, il mondo sarebbe meno progredito ma anche “diversamente” inquinato: non esisterebbero le spaventose isole di spazzatura che si sono formate negli oceani, ma avremmo probabilmente maggiori grane con la qualità dell’aria e con il buco dell’ozono, visto il conseguente aumento delle emissioni di CO2.
1. ALLE ORIGINI
Ricorrono quest'anno 120 anni dalla nascita di Giulio Natta, Nobel per la chimica nel 1963 con il collega tedesco Karl Ziegler (foto a sinistra), per le scoperte "nel campo della composizione e della tecnologia dei polimeri".
I due studiosi finalizzarono un processo iniziato nel 1855 dallo svizzero Georges Audemars (primo a ottenere una fibra artificiale dalla cellulosa, il rayon), attraversando varie tappe fino all'invenzione del polietilene da parte di Ziegler (1953) e del polipropilene isotattico da parte di Natta (1954).
Nacque così la plastica, destinata presto a cambiare il mondo con ricadute rivoluzionarie in quasi ogni settore, dalla conservazione degli alimenti alla tecnologia, dai trasporti alla medicina, dall'edilizia all'informatica e dall'industria tessile a quella dell'intrattenimento, peraltro con un impatto ambientale tremendo.
«La plastica impiega, a seconda del tipo e del prodotto, dai 10 ai 1.000 anni per dissolversi, e si stima che circa il 60% della plastica generata fino a oggi sia stata gettata in discarica o nell'ambiente naturale», spiega Anna Winkler, membro del comitato scientifico della onlus PlasticFree.
Ciò significa che quasi ogni singolo pezzo di plastica prodotto esiste ancora oggi, nell'ambiente, nelle discariche e persino nel cibo che mangiamo, sotto forma di nanoplastiche (grandi meno di un micrometro), ingerite dagli animali come conseguenza di una catena alimentare inquinante che ha avuto inizio negli anni '50 e mai arrestatasi.
Il problema riguarda gli oceani e i fiumi, ma anche i terreni, visto che il quantitativo di rifiuti plastici da essi assorbito è da 4 a 23 volte superiore, stando a una ricerca del Centre for Ecology and Hydrology di Leicester (Uk).
Nella foto sotto, Giulio Natta (a sinistra) e Karl Ziegler (a destra).
2. CIBI E TRASPORTI
Circa il 40% della plastica che produciamo (in tutto, 400 milioni di tonnellate l'anno in 90 varianti) serve per il packaging degli alimenti.
Senza, saremmo stati costretti a optare per materiali diversi, dal vetro all'alluminio fino al cartone, con ricadute negative sui prezzi, sulla conservazione dei cibi e forse anche sullo spreco alimentare, ma anche con effetti benefici sull'ambiente e sulla nostra salute.
Questo perché, senza un imballaggio duraturo, igienico ed economico come la plastica, saremmo obbligati a consumare prima i cibi, e magari a reperirli più freschi e a chilometro zero, sfavorendo la grande distribuzione a vantaggio dei piccoli produttori locali.
Basti pensare che le verdure durano circa l'80% in più negli imballaggi in Ldpe, la frutta il 120% e le carni anche otto volte tanto.
Da una situazione del genere trarrebbero giovamento piante, animali, ma anche noi che, soprattutto attraverso le carni, ingeriamo nanoplastiche a tavola, con conseguenze sulla salute non ancora sufficientemente indagate.
Per i liquidi, il vetro sarebbe rimasto la scelta più ovvia, ma con costi più ingenti legati al trasporto visto il peso dieci volte superiore delle bottiglie.
E, a tal proposito, non solo i mezzi su gomma, ma anche treni, navi e aerei sarebbero più pesanti, inquinanti e cari, con emissioni di CO2 nell'atmosfera quasi triplicaterispetto aquelle attuali (2,7 volte in più stando ai numeri forniti dall'istituto Denkstatt).
3. GEOPOLITICA E TURISMO
Essendo la plastica un derivato del petrolio, è possibile che quest'ultimo sarebbe stato utilizzato solo per i carburanti, con un lieve risparmio alla pompa di benzina, ma è comunque improbabile che si sarebbero combattute meno guerre per ottenerlo, visto che solo il 4% del greggio estratto serve alla produzione di polimeri.
Ad apparire diverso, invece, potrebbe essere l'equilibrio economico mondiale.
Se la maggiore produzione di vetro e metalli avrebbe avvantaggiato i soliti noti (Cina, Stati Uniti e grandi Stati Europei), grazie a quella della carta sarebbero più forti economie di nazioni come Russia, Canada, Brasile, Argentina e Indonesia - dotate di ampie risorse boschive - rispetto a quelle mediorientali che oggi basano la propria economia prevalentemente sul petrolio.
Sarebbe diverso anche il mondo del turismo, soprattutto quello ad ampio raggio, che senza compagnie low cost risulterebbe meno accessibile e riservato solamente alle classi più abbienti.
Permettersi un volo transoceanico, per esempio, sarebbe un lusso, e in linea di massima tutto il traffico sarebbe ridimensionato, a vantaggio di quello su terra e su mare.
Ne uscirebbe ridotta anche la ricettività di tanti Paesi che hanno grandi introiti dal turismo come Francia, Spagna, Italia, Grecia e Stati Uniti.
4. IL ROVESCIO DELLA MEDAGLIA
La plastica contribuisce in maniera preponderante all'inquinamento e al surriscaldamento globale: se è dunque ovvio che senza di essa mari, fiumi e ghiacciai ne gioverebbero, emergerebbe di controuna maggiore richiesta di prodotti derivati dal legno, e l'eccessivo disboscamento sarebbe un problema per la qualità dell'aria.
Non ci sarebbero le fabbriche che oggi lavorano i materiali sintetici, ma una quantità ancora maggiore di CO2 sarebbe immessa nell'atmosfera per produrre vetro, metalli e carta.
«A differenza della plastica», prosegue l'esperta, «il riciclo dell'alluminio consente di risparmiare 100 kg di CO2 per ogni tonnellata di materiale rimesso in circolo, ma la sua produzione primaria rilascia in media 13,5 tonnellate di CO2 contro le 2,4 della plastica».
Anche nel campo della salute i passi in avanti sarebbero stati ben più lenti, basti pensare a quanto siano igieniche le tubature in PVC che portano l'acqua ai nostri rubinetti senza il rischio di essere intaccate da muffe, parassiti o batteri (caratteristica che ha reso la plastica indispensabile in ambito medico), o a quanto sia fondamentale il rivestimento dei cavi elettrici che rende sicuri gli impianti.
Eventuali infezioni o infortuni sarebbero dunque più probabili, e una volta giunti in ospedale ci troveremmo di fronte a una sanità meno avanzata e più cara, visto che anche la scadenza dei farmaci sarebbe inferiore.
Se avessimo bisogno di protesi odi organi artificiali, poi, avremmo opzioni limitate, visto che oggi il 45% dei biomateriali con cui si realizzano - oltre ad accessori pratici come cateteri, flebo, defibrillatori, e persino le lenti a contatto - sono di plastica.
5. LUNA PIÙ LONTANA
La plastica è una componente fondamentale di ogni oggetto tecnologico e dunque anche dei satelliti e dei razzi.
Senza, per esempio, un adeguato materiale per l'isolamento dei cavi, americani e sovietici avrebbero avuto molte più difficoltà nella corsa allo spazio, andando incontro a tempi più lunghi e costi (e anche rischi) maggiori.
Sarebbe stato più complicato andare sulla Luna e costruire la Iss, e tanti progressi raggiunti grazie alle esperienze orbitali sarebbero rimasti più a lungo nei nostri sogni: per es. tv satellitari e smartphone.
Insomma, un mondo senza plastica sarebbe forse più simile a quello in cui sono cresciuti i "boomer" (i nati tra il 1946 eil 1964), parola che peraltro non esisterebbe perché quel "boom" economico lo si deve anche e soprattutto a questa invenzione.
Una cosa però sarebbe probabilmente migliore: la nostra società non avrebbe sviluppato quella cultura consumistica dell'usa e getta che la plastica ha portato con sé.
Se il progresso fosse arrivato più lentamente, studiando altri materiali al posto dei polimeri di Natta e Ziegler, forse oggi saremmo più attenti all'ambiente e meno spreconi, membri di una società meno tecnologica e connessa, ma che magari avrebbe fatto meno danni.
MA CHI ERA GIULIO NATTA?
⋅ ORIGINI:
Nato a Porto Maurizio (Liguria) il 26 febbraio del 1903, Natta è l'unico italiano ad aver vinto il Nobel per la chimica (1963).
⋅ STUDI:
Laureato ventunenne al Politecnico di Milano, dove nel 1925 ottiene la cattedra di chimica analitica,trascorre un periodo a Friburgo da Hermann Staudinger, pioniere nello studio dei polimeri, appassionandosi alla materia. Nel dopoguerra sintetizza il polipropilene isotattico (1954), basandosi sulle scoperte effettuate dal tedesco Karl Ziegler l' anno precedente.
⋅ MALATTIA:
Il Parkinson (diagnosticatogli nel 1956) non limita i suoi studi, da cui nasceranno altri polimeri, tra cui il celebre Moplen. Dopo il Nobel, la malattia peggiorerà e Natta si ritirerà a Bergamo fino alla morte, nel 1979.
Note
SOLUZIONI NATURALI PER SOSTITUIRE LA PLASTICA
I materiali plastici sono cosi diffusi perché leggeri, resistenti, isolanti, facilmente modellabili ed economici da produrre. Ma in natura esistono alternative più ecologiche, derivate da fibre vegetali e, dunque, più facilmente biodegradabili. Sebbene la domanda, in realtà, non sia quali alternative abbiamo alla ma piuttosto come possiamo ridurre gli sprechi, non pensando alla plastica come a un "rifiuto" ma come a qualcosa che possa far parte di un sistema circolare.
- FOGLIE DI BANANO.
Soluzione "bio" per avvolgere alimenti vegetali e aumentarne i tempi di conservazione.
- BUCCE DI BANANA.
Vi si ottiene un filamento utile alle stampanti 3D per produrre occhiali e altri oggetti.
- PLASTICA DI LATTE.
Si tratta di un polistirene realizzato con la caseina, principale proteina del latte.
- PIUME DI POLLAME.
Contengono cheratina, con cui si può produrre un materiale resistente alla trazione.
- LEGNO LIQUIDO
Con trucioli di ciliegio e scarti di acero i ricercatori hanno creato mazze da golf e giocattoli.
- AMIDO DI RISO.
Ha ottime proprietà meccaniche ed è già utilizzato per vestiti, imballaggi ed elettronica.
- AGHI DI PINO.
Esiste una startup indiana - Vasshin- che vi produce stoviglie biodegradabili e idrofile.
- GUSCI DI NOCI E UOVA.
Essiccati, macinati e uniti a biopolimeri sono utili per oggetti come pettini e orologi.