In un mondo in cui spesso ci sentiamo chiamati a dimostrare la nostra competenza e sicurezza, il senso di onnipotenza può insinuarsi in modo subdolo nelle pieghe della psiche, influenzando decisioni e interazioni.
Ma come può influenzare il proprio comportamento e le relazioni? E, soprattutto, quali strategie possiamo adottare per coltivare una consapevolezza più sana ed equilibrata?
Oggi esploreremo il fenomeno del senso di onnipotenza e forniremo preziose chiavi per affrontarlo con efficacia nella vita quotidiana.
1. Cos’è
Per definizione, l'onnipotenza implica l'assenza di limiti: il potere di fare tutto, di controllare ogni aspetto della vita e dell'universo.
Questo concetto è da sempre stato associato alle figure divine, soprattutto nelle religioni monoteiste, dove Dio è visto come l'essere supremo, onnipotente e creatore di tutto ciò che esiste.
Ma l'idea di onnipotenza non è confinata al divino; nel pensiero umano, può prendere forma anche a livello individuale e psicologico.
Il senso di onnipotenza è un’illusione o una percezione distorta della realtà, in cui un individuo si sente invincibile, onnipotente, al di sopra delle leggi o delle restrizioni comuni. Questa sensazione può manifestarsi come un eccessivo senso di potere, controllo o grandiosità, accompagnato da una mancanza di consapevolezza dei limiti personali o delle conseguenze delle proprie azioni.
È tipicamente associato a disturbi psicologici come quello bipolare, quello antisociale di personalità, il disturbo delirante, psicosi o disturbi maniacali.
Ma che differenza c'è tra senso e delirio di onnipotenza? Il senso di onnipotenza si riferisce a una percezione distorta della propria potenza o controllo, ma tale sensazione può essere temporanea e non necessariamente accompagnata da convinzioni deliranti o irrazionali.
D’altra parte, il delirio di onnipotenza è un disturbo psicologico in cui un individuo ha convinzioni fisse e irrazionali di essere invincibile, onnipotente o dotato di poteri straordinari, nonostante le evidenze contrarie.
Mentre il senso di onnipotenza può essere un’esperienza passeggera e non patologica, l’altro è un sintomo di disturbi mentali gravi come la schizofrenia o il disturbo delirante.
2. I sintomi principali
Bisogna intanto distinguere tra il delirio di onnipotenza come sintomo di una crisi psicotica e il comune senso di onnipotenza, ben più comune, che invece indica il pensare di avere delle capacità così alte rispetto agli altri dal sovrastimarsi credendo di poter fare tutto.
In senso più tecnico, secondo il Manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali DSM5, il delirio di onnipotenza è una patologia propria della psicosi, che è uno stato di alterata coscienza dovuto a varie cause.
In quanto alle cause sottostanti, nel senso di onnipotenza appartenente alle persone comuni (quindi non psicotiche) il meccanismo serve a compensare dei tratti depressivi e a nasconderli a se stessi e agli altri.
Normalmente, il senso di onnipotenza è una risposta adattiva e di tipo narcisistico a quello che in realtà è un aspetto depressivo: una persona teme di scoprire, attraverso il mettersi alla prova, di non avere così tante capacità né molto valore a livello affettivo.
Questo ha spesso le radici nelle relazioni intrattenute con le figure educative nei primi anni di vita. Il senso di onnipotenza, però, si lega anche a una serie di fattori ambientali: viviamo in un’epoca in cui tendenzialmente si propone l’esaltazione dell’individuo, ma nei fatti sembra che siano in aumento i disturbi di tipo depressivo.
Spesso viene proposto come vincente il modello di una persona che eccelle in tutto, che è un leader. Una grande trappola per gli adolescenti. Se parliamo di delirio di onnipotenza intendiamo l’aspetto psicotico; c’è quindi un delirio strutturato che sostiene il Sé nella crisi psicotica costruendo un senso di grandezza.
Nel senso di onnipotenza troviamo persone che facilmente vanno a impattare male nei fallimenti della vita. Premettendo che tutti incorriamo in fallimenti, il fallimento lo incontra anche la persona che ha elevate capacità in un determinato ambito.
Chi ha alla base una certa sicurezza di sé di fronte a un evento del genere non si sgretola, piuttosto lo riconosce e riparte da esso per successive sperimentazioni.
Nel senso di onnipotenza chiaramente ciò non accade: si tende ad attribuire il fallimento alle circocostanze avverse o al mondo intero, che non è stato capace di accogliere la propria genialità.
3. Le strategie di intervento
Specifichiamo, innanzitutto, che nella sana fiducia in se stessi non si sovrastima pensando di avere delle eccezionali capacità; allo stesso tempo si contempla anche la possibilità di fallire nelle proprie azioni o relazioni affettive.
Fiducia in se stessi vuol dire considerare le ipotesi meno buone con un senso di sicurezza e di limite che ciascuno di noi dovrebbe riconoscere.
In un contesto terapeutico bisogna avvicinarsi con molta cautela, perché dietro al senso di onnipotenza spesso si può nascondere un tratto depressivo importante, in quanto esso è proprio un meccanismo di difesa che va a proteggere tale aspetto depressivo.
Dobbiamo quindi avvicinarci a comprendere che tipo di struttura ha il senso di onnipotenza, a che livello di intensità è e fino a dove la persona è in grado di distinguere, eventualmente con un lavoro terapeutico, quali possono essere i suoi sbagli e come li interpreta. Nell’adolescente l’approccio deve essere estremamente delicato, perché si tratta di una persona in formazione.
Nell’approccio con l’adulto, invece, si ha a che fare con un tratto stabile che ha già avuto una formazione, un collaudo e quindi deve essere trattato andando a capire quali sono le origini rispetto all’attuale. Qui si ha meno la tendenza a reagire impulsivamente agli eventi.
Le terapie più efficaci per trattare il senso di onnipotenza sono chiaramente quelle orientate a trattare gli aspetti di personalità: terapie psicodinamiche o cognitiviste e, laddove ci siano degli aspetti traumatici (che con alta probabilità troveremo), sicuramente un percorso di EMDR o ipnosi clinica per andare a trattare i nuclei traumatici, oltre alla parte farmacologica.
Stabilizzato il paziente, generalmente si compiono dei follow up ed eventualmente dei richiami a distanza di tre, sei o dodici mesi. In altri casi si tiene un monitoraggio semestrale su quello che è l’andamento.
4. Relazioni interpersonali
Nei rapporti con l’altro questo disturbo interferisce moltissimo.
Generalmente che ne soffre tende ad affiancarsi a persone che hanno dei tratti comunque depressivi o di scarsa autostima, e che quindi diventano estremamente accomodanti a costo di mettere da parte i propri bisogni.
In questa costruzione falsata delle relazioni, chi soffre di senso di onnipotenza ha l’illusione di circondarsi di individui che sostengono sempre questa impalcatura che egli stesso ha costruito e che obbliga gli altri (per chi acconsente) ad avvalorare.
Tendenzialmente, chi manifesta senso di onnipotenza tende a rompere le relazioni con coloro che godono di maggiore equilibrio, denigrandoli e spesso offendendoli, allontanandosi da essi perché minacciosi per la sua integrità psichica. È chiaro che, poiché questa impalcatura è di difesa, dietro c’è un io estremamente fragile.
Ma vediamo quale è il ruolo della famiglia nel riconoscere e affrontare il senso di onnipotenza. Essa si trova spesso in difficoltà e nella maggior parte dei casi tende a sostenere questo ruolo per non incorrere in liti o conflitti, che generalmente innesca laddove qualcuno minacci l’integrità del Sé onnipotente e grandioso.
È importante però che la famiglia possa riconoscere questi tratti e cercare di porre la persona in un’ottica di aiuto, perché ricordiamo che queste caratteristiche spesso fanno parte di un disturbo borderline di personalità, dove vi sono rischi importanti come abuso di sostanze o comportamenti eccessivi verso situazioni ad alto rischio (come ad esempio il gioco d’azzardo).
5. La psicologia dell'onnipotenza
Dal punto di vista psicologico, l'onnipotenza può essere interpretata come un meccanismo di compensazione.
Quando una persona si sente debole, vulnerabile o incapace di affrontare la realtà, può sviluppare un sentimento di onnipotenza per contrastare queste emozioni negative. Questo può accadere in situazioni di stress estremo, traumi o fallimenti personali, dove l'illusione di avere il controllo totale diventa una forma di autoconservazione.
Tuttavia, quando questo sentimento diventa troppo forte e persistente, può trasformarsi in un pericoloso distacco dalla realtà. La convinzione di essere invincibili può portare a comportamenti rischiosi, all'incapacità di accettare i propri limiti e a problemi relazionali. In casi estremi, l'onnipotenza può sfociare in disturbi mentali come il disturbo narcisistico della personalità o la mania.
Il concetto di onnipotenza è anche presente nel pensiero filosofico. Friedrich Nietzsche, ad esempio, parlava del "superuomo" (Übermensch), un individuo che trascende le convenzioni morali e sociali per affermare la propria volontà di potenza.
Tuttavia, Nietzsche non intendeva l'onnipotenza come un'illusione di grandezza, ma piuttosto come la capacità di auto-superarsi, riconoscendo e accettando i propri limiti per poi trascenderli.
L'onnipotenza è un concetto che racchiude in sé una profonda ambivalenza. Da un lato, rappresenta l'aspirazione umana a superare i propri limiti, a raggiungere nuovi traguardi e a esercitare il controllo sul proprio destino. Dall'altro, può diventare un'illusione pericolosa, che ci distacca dalla realtà e ci porta a comportamenti autodistruttivi.
Riconoscere e comprendere i propri limiti è fondamentale per evitare di cadere nella trappola dell'onnipotenza. Solo accettando la nostra vulnerabilità possiamo realmente crescere e trovare un equilibrio tra ambizione e realtà. In definitiva, l'onnipotenza, più che una condizione di potere assoluto, può essere vista come un invito alla riflessione su cosa significhi veramente essere umani.