Grazie a saggezza, coraggio e valore guerriero, Shaka, re degli zulu, diede vita al più grande regno africano che il mondo avesse mai visto.
Il suo vero nome era Tshaka. Letteralmente, Shaka significa “bastardo” ed era un soprannome usato per prenderlo in giro da bambino.
Questo potente guerriero scalò i ranghi della tribù partendo da una posizione decisamente umile.
Mettendosi alla prova in combattimento, cominciò unificando le tribù della regione del Natal, attraverso conquiste violente.
Tuttavia, il potere gli diede rapidamente alla testa, e il re ne divenne sempre più assetato a mano a mano che il suo dominio sulla regione cresceva.
Ma chi era veramente Shaka, il grande re degli zulu? Scopriamolo insieme!
1. L'ascesa al potere
Shaka fletté i muscoli e adottò una postura da cacciatore mentre osservava il serpente velenoso tra l’erba alta.
Il mamba nero aveva appena ucciso uno dei preziosi tori che il suo capo e patrono, Dingiswayo, lo aveva incaricato di proteggere, e la responsabilità ricadeva su di lui.
Permettendo al serpente di uccidere un animale di proprietà di Dingiswayo, Shaka aveva deluso l’uomo che aveva accolto lui e sua madre dopo che erano stati scacciati dalla tribù di suo padre, e aveva anche macchiato l’onore dei guerrieri di Dingiswayo stesso.
Il serpente sibilò e compì una mossa d’avvertimento: Shaka doveva ucciderlo, per mantenere il proprio posto all’interno della tribù. Era alto, veloce e agile, ma sapeva che un morso dell’animale velenoso sarebbe stato fatale. Il serpente scattò fulmineo: Shaka si spostò di lato schivando il colpo, affondò con la lancia e lo trapassò.
Dingiswayo aveva sempre onorato Shaka per il suo sangue reale: era uno dei motivi per cui aveva accolto lui e sua madre quand’erano soli nelle pianure. Shaka, che aveva appena vendicato la morte del toro uccidendo il serpente, era ormai un guerriero zulu adulto con la sua preda.
La vittoria sul pericoloso rettile fu la prima di molte conquistate da Shaka nel corso della sua ascesa nella società zulu. La successiva fu quando si unì alla fratellanza guerriera della sua tribù, il reggimento chiamato impi, nel 1809.
L’affinità e l’accoglienza in un gruppo di soldati furono per lui un gradito sollievo rispetto al costante scherno di cui era oggetto tra gli altri ragazzi nella tribù di Dingiswayo, a causa della sua condizione di emarginato: i bambini gli gridavano insulti e offendevano sua madre.
Ora Shaka era un uomo che incuteva rispetto e presto divenne un leader abile e popolare. La sua statura e l’abilità di cacciatore lo rendevano di gran lunga superiore agli altri, ma era anche famoso per le sue idee originali.
Riteneva che le forme tradizionali di combattimento africane, che spesso comprendevano poco più che piccole schermaglie combattute scagliando lance, non mettessero alla prova la tempra di un guerriero.
Shaka introdusse una lancia corta, l’iklwa, e ordinò che fosse usata in combattimento ravvicinato insieme a grandi scudi, per annientare i nemici in fretta e con letale efficienza.
Dingiswayo fu molto colpito da queste innovazioni e dalle vittorie accumulate da Shaka nei suoi primi anni da guerriero: aveva trovato un potente alleato e sentiva di aver fatto bene ad accoglierlo nel villaggio quando nessun altro lo avrebbe accettato.
Per dimostrare la sua gratitudine per i servigi ricevuti, Dingiswayo aiutò Shaka a tornare alla tribù di suo padre e divenirne capo, nel 1816. Gli uomini che avevano insistito per bandire Shaka poco dopo la sua nascita furono presto sottomessi dai suoi temibili guerrieri zulu.
Dingiswayo aveva restituito l’onore a lui e a sua madre e in cambio Shaka gli offrì eterna lealtà: e fu questa lealtà a spingerlo ad agire quando Dingiswayo fu ucciso da membri della tribù ndwandwe.
Shaka fu spinto a vendicarsi degli assassini del suo patrono e in breve unì la sua tribù a quella di Dingiswayo per dar vita a un nuovo regno zulu; quindi iniziò una campagna di conquista contro gli ndwandwe e il loro capo, Zwide.
Si scontrarono in battaglia presso il fiume Mhlatuze: Shaka guidò la carica e usò la sua nuova formazione “a corna di toro” per annientare l’armata di Zwide.
I sopravvissuti e le loro donne entrarono a far parte del regno zulu. Nell’arco di tre anni, Shaka aveva trasformato un piccolo villaggio in una nazione temibile in tutto il continente.
2. Le tattiche di Shaka
Con il sostegno del suo esercito e avendo sconfitto i nemici più vicini, Shaka si dispose a sottomettere tutti i popoli della regione del Natal.
Organizzò il suo nuovo regno secondo un codice militare: non aveva alcuna intenzione di essere di nuovo bandito o di lasciarsi uccidere per debolezza, così consolidò il suo potere.
Ora, tutti gli uomini del regno erano ritenuti idonei al servizio militare ed erano organizzati in reggimenti impi a seconda dell’età, mentre quelli non adatti a combattere alimentavano la macchina della guerra con cibo e armi.
La leva poteva durare anni e i soldati vivevano in caserme appositamente costruite, in modo che il re potesse convocarli ogni volta che gli serviva forza militare per soddisfare i propri desideri. Sotto il comando di Shaka, la nazione zulu era ormai completamente dedita alla guerra e alla conquista.
Ma quali furono le tattiche di Shaka? Nei suoi anni di regno, Shaka rivoluzionò completamente il modo in cui gli zulu combattevano le guerre. I conflitti tribali non si sarebbero mai più limitati a piccole scorrerie per il bestiame o a dimostrazioni di forza.
A differenza degli eserciti africani di un tempo, quello di Shaka era pensato per un solo obiettivo: schiacciare il nemico e distruggere le tribù rivali. Concepì un nuovo tipo di reggimento impi, nel quale tutti i maschi avrebbero prestato servizio per un periodo di tempo determinato: nel 1820 il suo esercito era arrivato a contare quasi 40mila uomini.
Introdusse l’ilkwa, una lancia corta, adatta alle inclinazioni di Shaka, che preferiva guidare i suoi guerrieri in scontri corpo a corpo contro il nemico. Il combattimento ravvicinato richiedeva anche scudi più pesanti, così egli introdusse quelli di cuoio.
Ma l’innovazione più importante apportata alla dottrina militare zulu fu la tattica a “corna di toro”: faceva avvicinare i suoi uomini agli avversari, come nella carica di un toro, e all’ultimo momento ordinava loro di spostarsi lungo i fianchi del nemico, formando le “corna” e schiacciandolo in una tenaglia.
Con queste innovazioni, il regno di Shaka spazzò le pianure sudafricane come un incendio, dando forma al regno zulu.
Come campione nel combattimento e capo dei suoi guerrieri, Shaka si rese conto di dover espandere il regno per poter mantenere alto il suo prestigio tra gli uomini che guidava in battaglia.
Aveva bisogno di più terra fertile, più bestiame, insomma, più di tutto ciò che serviva a soddisfare la sua gente. Inoltre, i suoi guerrieri sarebbero presto diventati irrequieti, se non avessero avuto nessuno da combattere.
Shaka decise di intraprendere incursioni nelle regioni a nord del Natal, uccidendo i nemici, assassinando o rendendo schiavi le donne e i bambini rimasti indifesi.
Ciò provocò una migrazione di profughi verso le terre tribali di quello che oggi è il Sudafrica centrale, causando carestia e fame sulla scia delle conquiste di Shaka.
3. La morte della madre e la fine
Le conseguenze della sua inarrestabile ricerca di conflitti sono ricordate come lo Mfecane o “schiacciamento” del popolo africano.
La migrazione di massa e le storie sulla distruzione che i profughi portarono con loro nelle terre a nord e a ovest del Natal non passarono inosservate dall’altra grande potenza che stava cominciando a mostrare la propria influenza nella zona: l’Impero britannico.
A Londra era giunta notizia di un re africano con una temibile reputazione di conquistatore nelle zone orientali dell’Africa meridionale: si diceva che fosse imbattibile. In quell’area, i britannici non erano abbastanza forti da sfidare apertamente Shaka, perciò inviarono una delegazione a negoziare con lui.
Shaka rimase impressionato dagli uomini che si recarono a trovarlo e offrì la pace e generosi accordi commerciali. Non si preoccupava delle loro armi da fuoco e della loro tecnologia, considerandole inutili contro l’agilità e la velocità della formazione “a corna di toro” dei suoi guerrieri zulu.
Trattò con i britannici in termini di uguaglianza: il suo regno avrebbe avuto bisogno di commercio, mentre i bianchi avrebbero avuto bisogno di considerare sicura la fascia orientale del territorio.
Nonostante questo accordo apparentemente amichevole, Shaka sapeva riconoscere un predatore quando ne vedeva uno e sapeva che i britannici sarebbero tornati più numerosi.
Nel 1827, aveva ormai trasformato il regno zulu in una delle dinastie più potenti della storia africana. Tuttavia, i suoi guerrieri si erano stancati delle costante pretese del re.
Shaka era andato contro la tradizione, facendoli combattere a centinaia di chilometri da casa e insistendo affinché rimanessero celibi per tutta la durata del loro servizio nell’esercito.
Era anche diventato spietato nel trattare con gli avversari: spesso sanciva una sentenza di morte con un semplice cenno del capo, dal trono.
Quando l’adorata madre morì, nel 1827, Shaka si rese conto di essere ormai solo: non si era mai sposato e le uniche cose che avessero un significato nella sua vita erano la sua abilità di guerriero e il regno che aveva costruito.
Ordinò ai suoi guerrieri di piangere sua madre, ma quando i membri della sua tribù, demoralizzati, si mostrarono poco entusiasti nel dover passare le notti a eseguire danze funebri rituali per qualcuno che significava poco o nulla per loro, Shaka fu colto da un accesso di collera.
Comandò che tutti gli uomini che non s’impegnavano abbastanza nel lamentare la morte di sua madre venissero giustiziati. Poi si recò in alcuni villaggi zulu scelti e ordinò ai guerrieri di costringere ogni uomo, donna e bambino a piangere sua madre, sotto pena di morte.
Dopo i crudeli eventi del 1827, Shaka era diventato pericolosamente impopolare tra gli zulu. Non era più visto come un grande guerriero e un nobile leader, ma come un tiranno con le mani lorde del sangue del suo stesso popolo.
Dato che continuava a insistere nel trascinare il suo regno in una guerra dopo l’altra, uno dei suoi fratellastri, Dingane, complottò per assassinarlo. Il 22 settembre 1828 il glorioso regno di Shaka giunse bruscamente alla fine quando Dingane e la sua guardia del corpo, Mbopha, gli affondarono una iklwa nella schiena.
Mentre Shaka giaceva morente, le sue ultime parole furono: “Mi state pugnalando? Provocherete la vostra stessa fine uccidendovi l’un l’altro.” Aveva combattuto come un guerriero per tutta la vita e non riusciva a immaginare altro che guerra, mentre esalava il suo ultimo respiro nelle pianure africane.
4. Timeline
- 1787: Nascita di un guerriero
Shaka nasce dal capo zulu Senzanga-Kona e dalla sua amante Nandi. Nonostante le nobili origini, viene rifiutato dal padre: madre e figlio fuggono dalla sua corte. - 1800: Prima uccisione
Dingiswayo, il suo nuovo capo, incarica Shaka di sorvegliare un prezioso toro. Un mamba nero uccide l’animale, così Shaka attacca il serpente velenoso, schiva il suo assalto e lo uccide. - 1809: Shaka si unisce al suo impi
Avvicinandosi all’età adulta, Shaka entra a far parte del reggimento impi corrispondente alla sua età e diventa un guerriero di Dingiswayo. La sua notevole statura e la reputazione di guerriero valoroso e inflessibile impressionano presto il suo capo. - 1816: Rivendica il suo diritto di nascita
Dopo 26 anni di esilio, Shaka riconquista la tribù in cui era nato sconfiggendo i suoi fratellastri illegittimi. Per farlo, sfrutta la potenza militare di Dingswayo. - 1818: Shaka diventa re degli zulu
In seguito alla cattura e all’uccisione di Dingiswayo a opera di una tribù vicina, gli ndwandwe comandati dal feroce Zwide, Shaka fa un coraggioso tentativo di unire tutti gli zulu sotto il suo comando.
Dopo un certo numero di dimostrazioni rituali di coraggio e con la presenza dei suoi fedeli guerrieri alle spalle, Shaka riesce a convincere la tribù di Dingiswayo che una nazione zulu unita potrebbe conquistare tutta l’Africa.
Shaka viene incoronato re degli zulu e presto si occupa di riformare il sistema militare, preparandosi ad affrontare Zwide e gli ndwandwe al di là del fiume Mhlatuze. - 1819: Vittoria contro Zwide
Shaka sfrutta la sua superiore abilità nel combattimento e le nuove tattiche che ha insegnato ai suoi guerrieri zulu per annientare completamente l’esercito ndwandwe radunato presso il fiume Mhlatuze e assicurare alla giustizia gli assassini del suo grande protettore.
La battaglia è diversa da qualunque altra mai combattuta dai guerrieri della zona. Anziché una piccola schermaglia o dimostrazioni di forza non violente, Shaka ordina un attacco totale e i suoi guerrieri zulu ingaggiano in fretta uno scontro ravvicinato, sfruttando la tattica “a corna di toro” per massacrare gli uomini di Zwide. - 1820: Scorrerie annuali
A partire dalla metà degli anni Venti del XIX secolo, Shaka inizia a usare il suo esercito permanente per depredare le popolazioni circostanti il regno, incutendo paura e assicurando il travolgente dominio degli zulu. - 1825: La delegazione britannica
Un ufficiale britannico, il tenente James King, visita Shaka e stipula con successo accordi commerciali, compreso il permesso di costruire un forte in territorio zulu. - 1827: Morte della madre
La madre di Shaka muore nel 1827 e fa precipitare il re guerriero in una profonda depressione.
Sola fonte di protezione e sostegno nei suoi primi anni, la madre aveva avuto una grande influenza su di lui e Shaka insiste nell’imporre cerimonie di lutto a tutto il suo regno, compresi i suoi demoralizzati guerrieri.
Mentre queste cerimonie prendono avvio, Shaka ha un attacco di rabbia psicotica, convinto che il suo popolo non stia piangendo la morte di sua madre con abbastanza intensità: ordina che centinaia dei suoi uomini vengano uccisi di fronte alle loro famiglie, per ottenere maggiore impegno nell’onorarla. - 1827: Attacco alla baia di Delagoa
In seguito agli eventi degli anni precedenti, i suoi soldati sono sempre più demoralizzati, ma Shaka procede nel rafforzare il suo regno, con scorrerie dirette al cuore della tratta degli schiavi europea, ovvero alla baia di Delagoa, nel nord dei suoi territori. - 1828: La fame
L’inarrestabile ricerca di potere di Shaka devasta la regione circostante. Le continue guerre provocano migrazioni di massa verso terre già soprappopolate e carestia. È il periodo noto come Mfecane o “schiacciamento”. - 22 settembre 1828: Tradimento e morte
Shaka diventa sempre più impopolare a causa della devastazione che ha portato nella regione ed è ucciso da un fratellastro e dalla sua guardia del corpo. Lascia un regno zulu temuto sia dagli alleati sia dai nemici.
5. La vita al tempo di Shaka
- I coloni bianchi
All’epoca di Shaka, coloni bianchi iniziarono a invadere le terre degli africani in numero sempre maggiore.
Le tribù africane furono costrette a fuggire, combattere oppure accontentare i coloni meglio che potevano.
Alcune tribù, come gli zulu, all’inizio divennero alleati e partner commerciali degli invasori. - Lo Mfecane
Il termine significa pressapoco “schiacciamento” e indica il periodo intorno alla fine del regno di Shaka.
Come risultato delle costanti guerre che il re condusse nella regione del Natal, profughi e tribù furono costretti a lasciare l’area e disperdersi nei territori circostanti, provocando una diffusa carestia.
La lotta per accaparrarsi le terre in grado di produrre cibo provocò in certe zone sovraffollamento. - Cambiamenti climatici
Si ritiene comunemente che i cambiamenti del clima dell’Africa sudorientale resero più instabili e militaristiche le tribù contadine che vivevano nella regione, e che in origine erano state per lo più pacifiche.
Ciò avvenne infatti a mano a mano che le terre coltivabili si riducevano a causa del clima sempre più secco. - Riti zulu
La società zulu era fortemente ritualizzata e basata su parentele e affinità: per esempio, nel sistema militare della tribù i maschi diventavano guerrieri superando un rito di passaggio da affrontare insieme ai coetanei. Quando Shaka divenne re, sfruttò questo costume per espandere il suo regno. - Una tradizione orale
Molto di ciò che sappiamo su Shaka e la sua giovinezza deriva dalla ricca tradizione orale zulu, nella quale la storia veniva ripetuta attraverso racconti tramandati a voce di generazione in generazione.
Fu solo dopo che gli esploratori entrarono in contatto con gli zulu che la loro storia venne trascritta.