Inviare decine di messaggi al giorno a una persona, seguirla per strada, telefonarle di continuo, mandarle regali indesiderati: sono comportamenti tipici degli stalker, che in questo modo non esprimono un forte attaccamento ma mettono in atto una molestia considerata reato dalla legge.
In Italia il fenomeno dello stalking (il termine deriva dal verbo inglese to stalk : inseguire, fare la posta, cacciare in appostamento) è stato sanzionato dall’introduzione nel codice penale dell’art. 612 bis intitolato “Atti persecutori”.
Il reato di stalking è un delitto “di condotta” e “di evento”. Ciò significa che per la sussistenza del reato è necessario che un atteggiamento minaccioso e molesto, compiuto in più occasioni nei confronti di una o più persone, abbia provocato specifiche conseguenze dannose.
Lo stalking è un reato del quale possono diventare responsabili anche le donne, che tendono ad attuarlo in forme meno violente ma più subdole.
Non esiste una definizione generalmente accettata di stalking, ma così come enunciato da studiosi delle molestie assillanti di lingua anglofona è comunque colui che si “apposta”, che “insegue”, che “pedina e controlla” la propria vittima. Il termine “inseguimento” è quello più largamente usato e tradotto.
Quest’ultima definizione sembra la più vicina al comportamento tipico del molestatore assillante che è, infatti, quello di seguire la vittima nei suoi movimenti per poi intromettersi nella sua vita privata.
Un’altra traduzione molto usata di “stalking” è “persecuzione”, così come lo stalker è chiamato “persecutore” e la vittima “perseguitato”.
1. Lo stalking, un’intrusione pesante nella vita della vittima
Appostamenti, pedinamenti, minacce, continue telefonate, incessante invio di email e messaggi sul cellulare e regali indesiderati.
Queste molestie prendono il nome di “stalking”, dal verbo inglese “to stalk”, che il dizionario Sansoni traduce con “cacciare in appostamento” e per estensione “inseguire furtivamente e con ostinazione”.
La voce richiama l’atteggiamento del cacciatore che si apposta per inseguire una preda.
Lo stalking è un’intrusione pesante nella vita della vittima, di solito una donna, che genera uno stato cronico di apprensione e paura, con il rischio di degenerazioni violente tristemente note alle cronache.
Per il Codice Penale è un reato che si configura come atto persecutorio. Una sentenza della Cassazione del maggio 2017 ha stabilito che per procedere alla denuncia non è necessario attendere troppo tempo né che si verifichi un certo numero di episodi.
Il reato di “atti persecutori” scatta infatti quando il molestatore induce un «grave e perdurante stato di turbamento emotivo nella vittima oppure ha costretto la stessa ad alterare le proprie abitudini di vita».
Secondo i recenti dati dell’Istat (2016), il 16,1 per cento delle donne italiane è stata vittima di atti persecutori o di stalking nel corso della vita; percentuale che, tradotta in cifre, equivale a 3 milioni e 466 mila donne.
Fra queste, 1 milione e 524 mila hanno subito lo stalking dall’ex partner, 2 milioni e 229 mila da una persona diversa. Infatti il persecutore può essere anche un semplice conoscente, un datore di lavoro o uno sconosciuto desideroso di allacciare un rapporto sentimentale con la vittima.
Non esiste un profilo unico di stalker. Lo stalker non ha una vera e propria psicopatologia ma mette in atto una serie di comportamenti alla cui base ci possono essere diverse motivazioni.
Gli studi non sono tutti concordi, ma molti di essi riportano, fra gli stalker, una percentuale variabile di disturbi di personalità, tra i quali quello borderline, caratterizzato da una forte alternanza tra l’idealizzazione dell’altro e la sua forte svalutazione.
Chi soffre di un disturbo di personalità presenta instabilità emotiva e una visione distorta di sé, del mondo e degli altri che si traduce in gravi difficoltà relazionali.
Il disturbo si crea fin dalla prima infanzia con un attaccamento insicuro o disorganizzato alle figure di riferimento e in età adulta rende più vulnerabili nelle relazioni ed esposti alla paura dell’abbandono.
Di conseguenza un rifiuto può scatenare in questi soggetti un’enorme crisi di non accettazione.
2. Quando il persecutore è donna
Anche le donne possono arrivare ad atti persecutori contro gli uomini oppure contro un’altra donna per invidia, gelosia o per essersi viste soffiare il fidanzato. Parimenti esiste lo stalking uomo contro uomo.
In generale le strategie femminili di stalking sono fisicamente meno violente ma più subdole e sottili orientate, ad esempio, a minare la reputazione, la carriera o il rapporto di coppia della rivale.
Sugli uomini vittime non vi sono dati certi perché un uomo raramente denuncia una donna.
Al contrario della donna stalkerizzata da un soggetto maschile, che percepisce una minaccia molto forte alla sua incolumità e giunge a sviluppare disturbi psicologici seri, di fronte a una donna-stalker l’uomo prova per lo più fastidio.
A rendere gli uomini restii a sporgere denuncia concorre anche l’aspetto culturale della vergogna a temere una donna. Dalle sensazioni iniziali di stress e allerta si passa presto a preoccupazione, paura e rabbia.
Si arriva a un vero e proprio disturbo post-traumatico da stress con l’aggiunta di sintomi fisici (disturbi del sonno, somatizzazioni ecc.). La vittima sente minata la propria incolumità personale oltre a percepire l’intrusione nella dimensione privata come una forte violazione.
Al quadro psicologico si associano gravi ripercussioni a livello relazionale e lavorativo poiché il tentativo di sfuggire allo stalker porta spesso la vittima a mutare stile di vita e ritmo delle attività quotidiane, uscendo di meno, riducendo certe attività o cambiando i percorsi giornalieri o il numero di telefono.
3. Il silenzio è la tattica migliore
Ricevere venti email o telefonate al giorno è esasperante e mette a dura prova la tenuta nervosa. La tentazione di rispondere allo stalker contrattaccando è quasi irresistibile.
Anche se è difficile non reagire, la tattica più utile per far desistere uno stalker è il silenzio.
Infatti, intimargli di smettere e di non chiamare più, ribadendogli di non volerlo più né vedere né sentire, non fa che fomentare il suo comportamento.
Per lo stalker, infatti, non essere ignorato è già un successo che lo spinge a continuare. La tattica giusta quindi è chiudere totalmente le comunicazioni, ignorare i messaggi e non rispondere alle telefonate.
I regali indesiderati vanno respinti senza neanche dire ‘no grazie, non lo voglio’, poiché qualunque comportamento di risposta diventa un motivo per insistere e continuare. È molto
importante informare le persone che stanno attorno di ciò che sta succedendo in modo da potersi avvalere del loro supporto.
Attrici, cantanti e persino calciatori sono le vittime più frequenti
Lo stalking verso il personaggio famoso coinvolge con maggiore frequenza le donne. Siamo di fronte a un’idealizzazione esasperata della vittima in cui lo stalker perde di vista la realtà e trasforma il suo ideale in un’ossessione.
In questa categoria di stalking, il persecutore tenta di costruire una relazione con un partner idealizzato e persiste con i propri approcci, incurante delle risposte negative da parte della vittima.
Tra le innumerevoli star vittime di stalking ci sono la conduttrice televisiva Michelle Hunziker, il calciatore Cristiano Ronaldo, la cantante Madonna e l’attrice Jennifer Lawrence.
4. Ci sono 5 tipi diversi di stalker
Un autorevole studio clinico australiano del 1999 del Victorian Institute of Forensic Mental Health di Melbourne (Australia) ha portato alla classificazione di cinque tipologie di stalker e dei rispettivi quadri psicopatologici.
Ripresa dall’American Journal of Psychiatry e utilizzata anche dalla Polizia, questa classificazione evidenzia da parte degli stalker differenti quadri di comportamento, contesti, motivazioni e relazioni con le vittime.
1. Il “risentito”
Agisce spinto dal rancore per i traumi affettivi che gli sono stati inflitti (di solito dall’ex partner).
2. Il “bisognoso d’affetto”
Cerca di avviare una relazione sentimentale convinto che, prima o poi, la sua insistenza convincerà l’altra persona ad accettarla.
3. Il “corteggiatore incompetente”
Non ha capacità relazionali e interpreta male i segnali di vicinanza. Infastidisce per il suo atteggiamento invadente e insistente. Di solito questo stalker non persiste a lungo.
4. Il “respinto”
Generalmente ha subìto un rifiuto dalla vittima ed è diviso fra desiderio di vendetta e tentativo di riprovare ad allacciare una relazione con lei.
5. Il “predatore”
Il suo fine è sessuale. Si eccita all’idea di possedere la vittima dopo averla fatta precipitare in uno stato di angoscia e paura. Statisticamente le tipologie di stalker più pericolose che possono mettere in atto comportamenti violenti o aggressivi sono il risentito, il respinto (vendicativi poiché feriti dall’abbandono o dal rifiuto) e il predatore, che è un potenziale stupratore.
5. Che cosa dice la legge
Lo stalking rientra nel reato di “atti persecutori”, introdotto dall’art. 612-bis del Codice Penale con il D.L. 23.2.2009, n. 11.
Nel primo anno di vita questa legge ha portato a 5.200 denunce.
Il comma 1 dell’art. 612-bis prevede che il reato di stalking, salvo aggravanti, sia punito con la reclusione da 6 mesi a 4 anni. Alcune norme accessorie prevedono un aumento di pena in caso di recidiva o se la vittima è un minore.
Nel passato recente, la legge sullo stalking è stata oggetto di discussioni ed emendamenti, soprattutto riguardo all’art.162-ter che prevedeva la possibilità di estinguere i reati di stalking “non gravi” con un risarcimento in denaro.
Nel caso esso fosse stato valutato congruo dal giudice, poteva portare all’estinzione del reato anche senza il consenso della vittima.
Dopo la levata di scudi contro questo provvedimento, nel dicembre 2017 la norma è stata corretta escludendo espressamente per tutti gli atti persecutori che il reato possa venir estinto “per condotta riparatoria” (cioè dietro versamento di denaro).
Per chi volesse evitare di adire alle vie legali, esiste l’opportunità di ricorrere all’atto di diffida, che viene notificato allo stalker dal questore. In esso, il molestatore è diffidato dal proseguire la sua condotta molesta nei confronti della vittima, spesso con l’indicazione di stare lontano dai luoghi che questa frequenta.
Secondo l’Istat, il 66 per cento delle donne riesce a far cessare i comportamenti persecutori con la sola diffida, senza aprire un procedimento penale.