Quando e dove è nato il tappeto annodato? A questa domanda sono state date molte risposte, spesso contrastanti.
C’è chi ha attribuito questa invenzione agli egiziani, chi ai cinesi, chi a questo o quel ramo del grande e intricato albero delle popolazioni indoeuropee.
Il più antico tappeto annodato fu rinvenuto nella vallata di Pazyryk in un tumulo risalente al V secolo a.C. Il suo stato di conservazione era eccezionalmente buono, perché per venticinque secoli era rimasto ibernato al riparo di una spesa lastra di ghiaccio.
Fin dal 1929 una missione archeologica russa guidata da Sergej Rudenko e Mikhail Griaznof aveva intrapreso gli scavi di cinque Kurgan, tombe a tumulo del periodo sciita scoperte nella valle di Pazyryk, lungo i monti Altaj, a 1650 metri sul livello del mare e a poche decine di chilometri dal confine orientale della Russia asiatica con la Mongolia esteriore.
Il ritrovamento del tappeto detto di Pazyryk avvenne nel 1949 durante lo scavo del quinto tumulo. Ma quali criteri si usano per classificare i tappeti in antichi o meno?
La oggettiva deperibilità dei tappeti e di conseguenza la loro difficile conservazione fa sì che, a differenza di altri oggetti d’arte maggiore o minore quali il quattro, la ceramica, il mobile, per i tappeti si usino criteri di azione molto più vicini alla nostra epoca:
– sono storici i tappeti del XV, XVI e XVII secolo; sono antichi i tappeti del XVIII e XIX secolo;
– sono semi-antichi, o vecchi, o, come più propriamente si dice, old carpets, i tappeti che datano dai primi del Novecento agli inizi della seconda guerra mondiale;
– sono moderni i tappeti dal 1940 ad oggi.
Per concludere questa classificazione, aggiungiamo che il tappeto orientale, per la sua strutturale peculiarità, non è mai contemporaneo, ma piuttosto “nuovo”, intendendosi con ciò un tappeto fatto oggi e che non è mai stato usato in precedenza.
Ma vediamo un po meglio la storia del tappeto: conosceremo il celebre “tappeto di Pazyryk”, tappeto di inestimabile valore storico, di rara bellezza e di elevata tecnica esecutiva e tanto altro ancora. Buona lettura!
1. Storia del tappeto
Una ricerca storica sul tempo e sul luogo d'origine del tappeto annodato richiede una distinzione tra ipotesi e dati di fatto, e cioè la sopravvivenza fino a noi di tappeti o frammenti di tappeti databili con certezza.
Le ipotesi si basano soprattutto su fonti letterarie: antichi testi che descrivono l'uso del tappeto e il suo commercio tra le popolazioni dell'antichità.
In taluni casi esiste anche una descrizione del disegno o della decorazione di tappeti famosi: mai, purtroppo, si accenna alla tecnica di lavorazione, lasciando quindi il dubbio se i tappeti descritti fossero annodati o ricamati.
Venendo ai fatti, prima del 1949, anno della scoperta del tappeto detto di Pazyryk, dal luogo del suo ritrovamento, erano giunti a noi solo alcuni frammenti di tappeti annodati databili attorno al VI secolo d.C., proveniente dall'Egitto e dalla regione del Turkmenistan cinese, ed alcuni esemplari du modesta manifattura del periodo selgiuchide del XII e XIII secolo.
Questi scarsi reperti portavano a formulare l'ipotesi che il tappeto, nato dalle esigenze delle popolazioni nomadi di proteggersi dal freddo ricoprendo il suolo della loro tende con un manufatto più funzionale perché più soffice e caldo delle pelli degli animali, avesse avuto un processo di evoluzione artistica molto lento, trasformandosi in opera d'arte solo in un'epoca assai vicino alla nostra.
Il ritrovamento del tappeto di Pazyryk ha fatto cadere questa ipotesi: questo esemplare di grande qualità di lavorazione, di raffinata struttura decorativa dimostra che già venticinque secoli or sono l'artigianato del tappeto aveva raggiunto un alto livello tecnico compositivo.
Il Pazyryk provando con certezza che già nel V secolo a.C. il tappeto non rispondeva solo ad una funzione pratica, ma era in grado di proporsi come oggetto d'arte evoluto, sposta molto indietro nel tempo l'origine del tappeto con fatto solo funzionale.
Ma quali criteri si usano per classificare i tappeti in antichi o meno?
La oggettiva deperibilità dei tappeti e di conseguenza la loro difficile conservazione fa sì che, a differenza di altri oggetti d'arte maggiore o minore quali il quattro, la ceramica, il mobile, per i tappeti si usino criteri di azione molto più vicini alla nostra epoca:
- sono storici i tappeti del XV, XVI e XVII secolo; sono antichi i tappeti del XVIII e XIX secolo;
- sono semi-antichi, o vecchi, o, come più propriamente si dice, old carpets, i tappeti che datano dai primi del Novecento agli inizi della seconda guerra mondiale;
- sono moderni i tappeti dal 1940 ad oggi.
2. Il tappeto di Pazyryk
Il più antico tappeto annodato fu rinvenuto nella vallata di Pazyryk in un tumulo risalente al V secolo a.C.
Il suo stato di conservazione era eccezionalmente buono, perché per venticinque secoli era rimasto ibernato al riparo di una spesa lastra di ghiaccio. Attualmente si trova al Museo dell'Ermitage a San Pietroburgo.
Fin dal 1929 una missione archeologica russa guidata da Sergej Rudenko e Mikhail Griaznof aveva intrapreso gli scavi di cinque Kurgan, tombe a tumulo del periodo sciita scoperte nella valle di Pazyryk, lungo i monti Altaj, a 1650 metri sul livello del mare e a poche decine di chilometri dal confine orientale della Russia asiatica con la Mongolia esteriore.
Il ritrovamento del tappeto detto di Pazyryk avvenne nel 1949 durante lo scavo del quinto tumulo. È per un susseguirsi di circostanze favorevoli che il tappeto di Pazyryk è arrivato fino a noi.
Il curgan dove fu ritrovato venne saccheggiato probabilmente dopo la tumulazione delle spoglie del capo a cui era dedicato: fortunatamente il tappeto, che si trovava in una posizione secondaria insieme ai resti di alcuni cavalli sepolti secondo l'usanza con i loro cavaliere, non venne asportato.
Successivamente, a causa di una infiltrazione di acqua, si formò all'interno del tumulo una spessa lastra di ghiaccio che protesse il tappeto il processo di cristallizzazione e polverizzazione della lana che il contatto con l'aria avrebbe provocato.
Il tappeto di Pazyryk è di rara bellezza e di elevata tecnica esecutiva. È composto da una grande bordura con due cornici principali delimitate da tre cornici secondarie e da un campo centrale suddiviso in 24 quadrati.
La cornice principale esterna è decorata da una teoria di cavalieri, sette per ogni lato; alcuni sono in sella, altri marciano accanto al cavallo. Sul fondo rosso si stagliano i cavalli bianchi e la policromia delle selle, dei finimenti, dell'abbigliamento dei cavalieri.
Nella cornice principale interna, su fondo chiaro e in direzione opposta a quella dei cavalieri, sono raffigurati alci disposti in file di sei per ogni lato; il loro corpo è rosso con macchie gialle, i palchi delle corna sono gialli.
Dall'araldica contrapposizione di direzione e di colore della teoria dei cavalieri e degli alci nasce un suggestivo effetto di ieratico movimento.
Le due cornici secondarie che delimitano all'interno e all'esterno la bordura sono decorate da un susseguirsi di piccoli quadrati entro i quali un grifone rosso emerge su fondo giallo.
La cornice che separa le due fasce dei cavalieri e degli alci è decorata da un motivo che ricorda la croce di Sant'Andrea, motivo che si ritrova anche in alcuni tappeti caucasici.
Anche i ventiquattro quadrati del campo centrale sono decorati con un motivo simile: sul fondo rosso un ornamento chiaro a forma di croce termina alle quattro estremità con un fiore stilizzato; tra un fiore e l'altro, quattro lamine azzurre.
Una serie di quadratini di vari colori incornicia a sua volta i 24 quadrati: tutto il motivo del campo è all'insegna di un prezioso decorativismo.
Anche se i colori originali del tappeto si sono molto attenuati nel corso dei secoli, rimane la certezza della sua vivace policromia, con una prevalenza di rosso scuro, azzurro, giallo, arancione.
La lavorazione del tappeto di Pazyryk è pari a quella delle migliori provenienze classiche e moderne, 360.000 nodi di tipo turkibaft per metro quadrato. Esso misura cm 200x182.
3. Origine del tappeto di Pazyryk
L'attribuzione del luogo e del popolo di origine di questo tappeto è incerta.
Secondo Rudenko la tesi più probabile è che sia di origine persiana.
Il Pazyryk però fu trovato a migliaia di chilometri dalla Persia e quindi ben lontano dai confini della sorgente dinastia archemenide.
Perché non pensare che il Pazyryk, rinvenuto in una tomba di un capo sciita, fosse opera di una di quelle tribù nomadi delle steppe asiatiche che i greci chiamavano appunto, con un unico nome, sciiti?
Lo stesso Rudenko, alcuni anni dopo il ritrovamento del tappeto di Pazyryk, durante gli scavi di un grande tumulo scoperto a Basadar, a circa 200 chilometri ad occidente di Pazyryk, portò alla luce i resti di un tappeto annodato di lavorazione ancora più fine di quella del Pazyryk, circa 700.000 nodi per metro quadrato.
Questa seconda scoperta conferma l'uso del tappeto presso queste popolazioni e rende ancora più credibile l'ipotesi che ad annodarli fossero gli stessi nomadi.
Anche i cavalli, gli alci, i grifoni del Pazyryk si riallacciano ai motivi animalistici della splendida oreficeria sciita; gli alci, inoltre, testimoniano una collocazione geografica più settentrionale rispetto a quella dei territori persiani.
E se è vero che i cavalieri hanno una sembianza persiana, va ricordato che gli sciiti erano originali del nord della Persia e raccolsero nella loro arte e nei loro costumi anche motivi di ispirazione iranica.
Così il copricapo che scende a riparare le orecchie dei cavalieri può essere sia il cappuccio dei medi e dei persiani, come ravvisa Rudenko, sia quello delle tribù più settentrionali che dovevano proteggersi dai venti gelidi delle steppe.
Ancora agli sciiti usavano inumare per ogni capo morto sette cavalli, o un multiplo di sette: nella cornice principale del tappeto di Pazyryk i cavalli sono disposti in file di sette.
La misura del tappeto di Pazyryk e la sua particolare architettura, che riserva un ruolo importante alla decorazione delle cornici in rapporto alla uniformità del centro, fanno supporre che fosse usato come sella.
Ed è verosimile che per un'utilizzazione così essenziale alla vita nomade, in cui il cavallo ha un ruolo fondamentale, gli sciiti annodassero essi stessi i loro tappeti piuttosto che acquistarli da altri popoli.
C'è chi ha ipotizzato che il tappeto di Pazyryk servisse anche come tavola da gioco, interpretando i quattro piccoli cerchi posti presso uno degli angoli delle due cornici più esterne come i contrassegni iniziali di un gioco.
Questo uso non esclude il primo: si può pensare che alla sera, al termine di un lungo spostamento, i nomadi poggiassero il tappeto per terra e lo utilizzassero come tavolo da gioco.
Malgrado sia impossibile stabilire con certezza l'origine del tappeto di Pazyryk, la conclusione più probabile è che esso sia opera delle stesse popolazioni nomadi che lo utilizzavano.
L'arte di annodare i tappeti, praticata dai nomadi della civiltà delle steppe, potrebbe essersi sviluppata indipendentemente presso le contemporanee civiltà stanziali dell'Asia centrale e della Mesopotamia.
In tal caso il numerosi tappeti citati gli storici greci nel descrivere le civiltà mesopotamiche potrebbero essi pure essere annodati, contrariamente all'ipotesi più diffusa che li vuole ricamati.
A sostegno di questa ipotesi vi sono i pannelli di pietra dei pavimenti del Palazzo Reale assiro a Ninive, del VII secolo a. C., decorati con disegni tipici dei tappeti.
Questi pannelli sono stati trovati soltanto sotto gli architravi delle porte e mentre all'interno delle stanze i pavimenti erano in terra battuta: è probabile che il suolo delle stanze fosse ricoperto di tappeti con la stessa decorazione dei pannelli disposti sotto le porte.
4. Il tappeto di Marby (prima metà del XV secolo)
Il tappeto di Marby deve il suo nome alla località in cui è stato rinvenuto, il paese di Marby, nella contea di Jämtland in Svezia.
Esso si trovava appunto nella chiesa di Marby, e ora è conservato a Stoccolma, Statens Historiska Museet.
Purtroppo non sappiamo come questo tappeto sia arrivato in un logo tanto lontano dalla sua zona di origine: molto probabilmente risale alla prima metà del XV secolo e fa parte del ristrettissimo numero di tappeti di quel periodo giunti fino a noi.
Un esemplare molto simile e conservato a Berlino, Museum fur Islamische Kunst: le affinità di questi due tappeti nella struttura decorativa, nella tecnica di lavorazione dei materiali usati sono tali da far supporre che siano entrambi dello stesso periodo, forse opera dello stesso artigiano.
Tappeti con decorazione analoga appaiono raffigurati in alcuni dipinti della fine del XIV e dell'inizio del XV secolo, come nell'Annunciazione di Gentile da Fabriano.
Ciò fa supporre che la decorazione del tappeto di Marby fosse diffusa nei tappeti orientali di quel periodo.
Come spesso accade per tappeti così antichi, l'attribuzione del luogo di provenienza è controversa: se la provenienza più ampia e concorde è l'Asia minore, la struttura e il disegno del tappeto inducono a propendere più specificamente per il Caucaso.
Il tappeto di Marby misura m 1,45 × 1,09, è è annodato con nodo turkibaft con una densità di 75.000 nodi per metro quadrato.
L'ordito, la trama e il vello sono in lana: in particolare, l'analisi a rilevato che i fili dell'ordito sono lana di capra del Tibet; i fili della trama sono rossi, come in molti esemplari caucasici; i fili del vello sono molto spessi, caratteristica propria della maggior parte delle provenienze caucasiche.
Il tappeto in discreto stato di conservazione anche se, purtroppo, è stato tagliato in due parti, oggi ricucite: manca così una piccola zona centrale tra i due grandi ottagoni.
Il campo del tappeto di Marby è decorato da due grandi ottagoni uguali delimitati da una greca tipicamente caucasica nota come cane che corre.
All'interno di ogni ottagono la decorazione è costituita da un albero estremamente stilizzato ottenuto con un abile gioco di greche e da due uccelli affrontati anch'essi stilizzati e ottenuti con una composizione di greche.
La bordura ha uno sviluppo limitato rispetto al campo, si distribuisce in tre fasce, di cui quella centrale è leggermente più larga delle altre due, semplicemente decorate con un susseguirsi di greche.
Il numero dei colori utilizzati è limitato: giallo per il fondo del campo; rosso, marrone, beige e blu per i motivi.
5. Tappeto Egiziano (XVI secolo)
Il tappeto Egiziano riprodotto nella foto accanto e conservato a Vienna, Österreichisches Museum für angewandte Kunst, è rappresentativo dell'artigianato che fiorì nella città di Cairo intorno al XV secolo durante il periodo dei sultani mamelucchi, che regnarono in Egitto dal 1252 al 1517.
In realtà l'artigianato del tappeto al Cairo continuò anche dopo la conquista dell'Egitto da parte dei turchi ottomani nel 1517.
Sotto il regno del sultano ottomano Solimano il Magnifico (1520 - 1566) fu avviata a Costantinopoli una manifattura sultaniale che si avvaleva di artigiani egiziani.
I tappeti ivi realizzati erano molto simili ai tappeti anteriori e dello stesso periodo annodati al Cairo e sono noti come tappeti turco-egiziani. L'esemplare raffigurato misura m 2,60 x 2,40; ordito, trama e vello sono in lana.
Una estrema e raffinata geometria decorativa caratterizza questo tappeto. Sul caleidoscopio decoro del campo si innesta il grande ottagono composto da un susseguirsi di ottagoni più piccoli che si distinguono grazie all'alternanza dell'azzurro e del verde pallido come colori di fondo, mentre le decorazioni utilizzano sempre il rosso.
La bordura è composta da due esili cornici perimetrali che racchiudono la cornice principale, decorata dall'alternanza di due ottagoni, il piccolo con campo risso e il grande con campo verde pallido.
Altri tappeti appartenenti a questo gruppo utilizzano la seta per l'ordito e il vello, limitando l'uso della lana ai fili della trama. Il nodo è di tipo farsibaft, come in tutti i tappeti egiziani e turco-egiziani, con una densità di 140.000 nodi per metro quadrato.
La decorazione di tutti i tappeti egiziani e turco-egiziani ha uno schema comune: la ripetizione del disegno in quattro quarti uguali: dividendo infatti il tappeto con due linee perpendicolari che passano per il centro si ottengono quattro parti uguali e speculari a due a due.
L'insieme della decorazione, che si dipana attorno al grande ottagono, è composto da numerose figure geometriche preziosamente decorate da un fitto intreccio di motivi vegetali stilizzati.