Il mondo ha un disperato bisogno di geni.
Mai come in tempi di crisi le menti eccelse hanno il potere d’imprimere una svolta.
Se in passato s’invocavano i santi per i miracoli, oggi si confida nelle grandi intelligenze. La radice della parola genio, dal verbo latino genere, generare, dice già tutto.
I geni sono capaci di partorire idee grandiose, alle quali nessun altro aveva mai pensato prima e dopo le quali è impensabile tornare indietro. Sono visionari, innovatori, pionieri.
Basta pensare a quanto sarebbe diversa la storia senza di loro. Non avremmo mai conosciuto il pensiero di Platone o Aristotele, non avremmo ammirato capolavori come la Cappella Sistina di Michelangelo, non avremmo mai sentito la quinta sinfonia di Beethoven o letto la Divina Commedia.
Senza geni come Isaac Newton, Galileo Galilei e Charles Darwin crederemmo ancora che la Terra è piatta, il Sole ci gira intorno e Dio creò l’uomo a sua immagine il sesto giorno. Non avremmo neppure una lontana idea dell’Universo, se Albert Einstein non fosse nato.
E dobbiamo ringraziare inventori come Thomas Edison, Alan Turing, Nikola Tesla ogni volta che utilizziamo lampadine, computer, radio, telefoni e altre tecnologie.
Come ragionano le super menti? Cosa c’è dietro il pensiero creativo? Perché non nascono più “teste”come Leonardo? Creativi, innovatori, visionari, curiosi: la scienza dice che… Scopriamolo insieme.
1. Menti super-creative
Ma cos'hanno in comune persone così diverse? Il talento soprannaturale?
O forse un elevato quoziente intellettivo? Insomma, qual è la cifra della genialità?
Il genio è tale per le sue conquiste memorabili, ovvero per la produzione di qualcosa di originale, materiale o mentale, che suscita ammirazione ed emulazione degli esperti nel campo e spesso da parte del mondo intero.
Il minimo comune denominatore fra tutti, quindi, è l'eccezionale creatività. Tutti i geni sono straordinariamente creativi e prolifici. Non hanno solo una buona idea, ma una valanga.
Prendiamo un fenomeno indiscusso come Wolfgang Amadeus Mozart. Iniziò a comporre musica a cinque anni, un'età in cui normalmente i bambini imparano a scarabocchiare le prime lettere; quando morì a 35 anni, nel 1791 aveva scritto centinaia di brani.
Ciò che distingue il genio dalla semplice "persona creativa" è che i risultati del primo aprono una strada nuova, lasciano il segno per sempre.
2. Il pensiero magico
Sono state formulate diverse teorie sul pensiero creativo.
Secondo alcuni psicologi, l'illuminazione è preceduta da una fase di preparazione (nella quale si formula il problema) e da una fase di incubazione (nella quale avviene un'elaborazione inconscia), finché non arriva il fatidico flash.
Un'altra scuola di pensiero ritiene invece che i creativi si polarizzino tra due estremi: i cosiddetti “innovatori concettuali", i geni giovanili, quelli che compiono salti dirompenti nella loro disciplina, segnando una frattura netta col passato; e gli “innovatori sperimentali", cioè quelli che procedono per prove ed errori fino a raggiungere la perfezione in età matura.
Comunque sia, la creatività è strettamente legata alla capacità di ragionare fuori dagli schemi. “Think different", recitava il famoso slogan di Steve Jobs.
Chiamiamolo pensiero laterale, divergente, analogico. In sostanza, è l'abilità di fare associazioni insolite, unire elementi distanti tra loro e creare qualcosa di inedito.
Questo tipo di ragionamento si compie in gran parte nell'emisfero destro, mentre nel sinistro prevale il pensiero logico-razionale.
3. Dove nasce il lampo di genio
Già, ma come scatta la scintilla? Negli ultimi anni le neuroscienze hanno provato a rispondere alla domanda più intrigante.
Da un punto di vista biologico, le persone geniali anno un’attività mollo intensa a livello di strutture profonde, chiamate gangli della base.
I gangli della base si comportano come una sorta di mulinello delle idee: ne inviano a raffica alla corteccia finché questa non seleziona quelle giuste.
Un gruppo di ricercatori dell’Università di Chicago è riuscito a fotografare il lampo di genio: quando arriva, si accende un'area localizzata nel lobo temporale destro, più o meno dietro la tempia.
Sulla rivista scientifica PLOS Biology, gli scienziati l’hanno battezzato il punto “E". Come Eureka!, l'esclamazione che gridò Archimede, uscendo nudo dalla vasca da bagno, quando intuì il principio dei corpi galleggianti.
Il processo creativo è favorito da un basso livello di attività cerebrale, tipico del sogno a occhi aperti. Artisti e inventori sarebbero più abili a lasciarsi andare ai pensieri primari, in cui prevalgono fantasia, visioni oniriche, libere analogie.
Per questo spesso le idee migliori vengono quando uno meno se l'aspetta. Il cervello approfitta della modalità stand-by per sfavillare.
È possibile, inoltre, che le grandi menti abbiano qualcosa di strutturalmente diverso. Alla fine degli anni Novanta, la dissezione del cervello di Einstein suggerì qualche spunto.
A sorpresa, il suo cervello si è rivelato più piccolo (circa 1.200 grammi di peso, contro il chilo e mezzo della media), ma aveva il lobo parietale particolarmente sviluppato e mancava una fenditura, la cosiddetta "fessura di Silvio" che potrebbe aver favorito una miglior comunicazione tra le aree cerebrali.
Inoltre, lo scienziato avrebbe avuto un maggior numero di cellule gliali, che portano nutrienti ai neuroni, una corteccia cerebrale più sottile ma più densa, e alcune aree più estese rispetto ai cervelli “normali".
È difficile pensare che queste poche differenze anatomiche siano bastate a renderlo un genio assoluto. Forse dovremmo accontentarci di ciò che disse lui stesso: «Non ho nessun talento particolare, sono solo profondamente curioso».
Tuttavia, alcune ricerche scientifiche suggeriscono che, sebbene le dimensioni del cervello non contino granché per l'intelligenza di una persona, a fare la differenza potrebbe essere il volume della materia grigia in alcune parti della corteccia, in particolare nella regione prefrontale (sede del pensiero complesso, della personalità e della capacità di pianificazione e coordinazione).
4. Fuori tempo
Una condizione comunque molto rara, tanto che c'è chi pensa che l'era dei grandi geni sia finita.
Perlomeno, nell'accezione rinascimentale del termine.
Il genio contemporaneo, in particolare in campo scientifico, dev’essere iper-specializzato e scalare vette altissime prima di “salire sulle spalle dei giganti".
Come potrebbe esistere oggi una figura eclettica, brillante a 360 gradi, come Leonardo, che fu pittore, scultore, architetto, ingegnere, anatomista, musicista e inventore? Il genio universale è sempre stato più unico che raro.
Nella maggior parte dei casi, spicca un solo lato dell'intelligenza, di tipo logico-matematico o artistico-letterario, ma coltivare altri interessi, al di là del proprio ambito disciplinare, resta lo stimolo più forte alla creatività.
Se vogliamo rilanciare quello che una volta chiamavamo “genio italico", ripartiamo da qui. Insegniamo ai bambini l'amore per la cultura. Aiutiamoli a sviluppare fantasia, creatività e anticonformismo.
Per pensare in grande ci vuole un po' di follia. Lasciamoli sognare. E forse domani qualcuno di loro saprà ancora cambiare il mondo.
5. Troppa intelligenza...frena e siamo più in gamba dei nostri bisnonni?
- Troppa intelligenza...frena
Nell'accezione comune, un genio è una persona super intelligente.
Tuttavia, il quoziente intellettivo ha ben poco a che fare con la genialità.
La differenza tra intelligenza e genialità è che la prima è la capacità di risolvere problemi già risolti da altri in precedenza, mentre la seconda è la capacità di trovare nuove soluzioni.
Molte persone con un Qi super non hanno prodotto nulla di che.
Per esempio, Marilyn vos Savant, classe 1946, è entrata nel Guinness dei primati come la persona vivente con il più alto Qi: è nota per la sua rubrica domenicale Ask Marilyn sulla rivista americana Parade, ma non ha avuto ispirazioni in campo scientifico, artistico o letterario.
A dirla tutta, l'intelligenza non è neppure così fondamentale.
Il Premio Nobel per la fisica William Shockley (nella foto in alto a sinistra), co-inventore del transistor, è certamente un genio, ma ha un Qi molto al di sotto di 140.
Secondo molti psichiatri, un'intelligenza spiccatamente analitica può persino frenare la creatività, rendendo troppo rigidi e severi con se stessi. - Siamo più in gamba dei nostri bisnonni?
Rispetto a un secolo fa. siamo diventati tutti più svegli.
I test d’intelligenza, introdotti agli inizi del Novecento, hanno mostrato un progressivo miglioramento nei punteggi, generazione dopo generazione. - Se nel 1910 il Qi medio di americani ed europei oscillava tra 50 e 70 punti, oggi è raddoppiato, assestandosi attorno ai 100. Questa tendenza, nota come “effetto Flynn", dal nome dello psicologo neozelandese James Flynn, è legata a una serie di fattori.
I più influenti sono senz’altro il miglioramento dell’istruzione e della salute, la moltiplicazione di stimoli e i progressi scientifici e tecnologici.
Agli occhi dei nostri trisavoli, i bambini del terzo millennio sembrerebbero tutti superdotati.
Eppure, di geni in giro non se ne vedono tanti. Del resto, in alcuni Paesi scandinavi l’effetto Flynn si è già arrestato e il Qi medio sarebbe addirittura in leggera diminuzione.