In natura esistono diversi esempi di comportamenti complessi che nascono dall’interazione del comportamento collettivo di piccoli esseri dalle possibilità singolarmente limitate.
È il caso delle colonie di formiche, vespe, api, termiti, ma anche degli stormi di uccelli o dei banchi di pesci.
L’enorme potere adattativo di tali insiemi di esseri viventi è oggetto di studio per quella che viene definita “intelligenza di sciame” (swarm intelligence).
1. PONTI VIVENTI
C’è un filo sottile che lega un qualsiasi bambino alle formiche. Potrebbe rimanere a osservarle per ore, mentre sbucano dalle fessure dei mattoni del giardino o dalle spaccature dei muri.
Trasportano materiali molto più grandi di loro, si muovono rapidissime e con un’organizzazione impeccabile, degna di una grande squadra che gioca a memoria con la mano sapiente di un bravo allenatore. Ma chi allena le formiche?
In maniera del tutto inconsapevole e con qualche “incidente” di percorso, anche un bambino può concludere da sé che il lavoro del formicaio sia un lavoro globale.
Le formiche, operando insieme, oltrepassano dei limiti estremi e le sfide più insuperabili culminano sempre nel superamento dell’ostacolo. La scienza ci insegna infatti che hanno sviluppato un’infinità di espedienti straordinari grazie ai quali riescono ad adattarsi con successo ai più disparati ambienti.
Tra le foreste equatoriali americane e africane, per esempio, esiste una tipologia particolarissima: le formiche legionarie. Sono violente, formano colonie molto popolose che possono raggiungere fino a 20 milioni di individui e si spostano come un grande esercito di guerrieri che devasta tutto ciò che incontra lungo il suo cammino.
Compiono spedizioni di caccia e di saccheggio, scambiandosi le informazioni – come gli altri insetti sociali – tramite dei segnali chimici, i feromoni. Sono quasi cieche e per questo individuano la preda attraverso il movimento e i cambi di luce.
Consumano molto cibo e da ciò deriva la loro indole nomade; non formano dunque dei veri e propri nidi ma dei bivacchi temporanei, prima di spostarsi nuovamente e raggiungere territori di caccia inesplorati. Durante i loro viaggi riescono a trovare delle scorciatoie e non temono alcuna barriera naturale.
Una colonia di formiche legionarie riesce infatti a superare anche i piccoli corsi d’acqua, formando dei veri e propri ponti con i singoli corpi, agganciati tra loro tramite le mandibole a forbice e le unghie. Un artificio straordinario, che permette di avanzare nella foresta come un unico grande organismo vivente.
2. COMPORTAMENTI ANIMALI COMPLESSI
Quasi tutti gli esseri viventi formano gruppi sociali più o meno nutriti. Mandrie di cavalli, greggi di pecore, branchi di lupi: l’esistenza animale isolata è una rarità e la natura ci ha ampiamente abituati a questo.
Anche le formiche non scappano da un tale destino, conducono una vita sociale e suddividono il loro lavoro secondo ruoli molto rigorosi.
La regina è la femmina feconda, che deponendo le uova garantisce la continuità della colonia, mentre le cosiddette operaie (femmine di norma sterili) costruiscono il nido e svolgono tutte le attività, incluse quelle a difesa del formicaio. Ai poveri maschi spetta invece il solo compito di fecondare la regina durante il volo nuziale.
Ma cosa sono i sistemi complessi? Un sistema complesso si compone di vari sottosistemi, che interagiscono fra di loro dinamicamente. La fisica moderna ne studia e descrive il comportamento tramite modelli matematici e una visione olistica, secondo la quale la natura del “tutto” è sempre maggiore della mera somma delle singole parti.
Questo approccio è quindi fondato su un pensiero di tipo contestuale, che sposta il punto di vista dell’indagine dai singoli oggetti alle relazioni dinamiche.
I sistemi complessi hanno infatti un’identità strutturale di tipo globale e presentano delle caratteristiche d’insieme diverse e non deducibili da quelle degli individui che li compongono.
Le nuove proprietà di sistema manifestate sono proprietà emergenti, vale a dire tipologie di comportamento complessive non previste dallo studio di quelle delle singole parti.
3. UN ORGANISMO UNITARIO
Una colonia di formiche, però, è molto di più di una semplice associazione di individui che collaborano fra di loro seguendo compiti ben precisi.
Nonostante le singole formiche siano esseri separati, infatti, la colonia si comporta in tutto e per tutto come un organismo unitario, che ha caratteristiche totalmente nuove rispetto a quelle delle sue componenti.
In effetti, la regina sarebbe il nostro candidato numero uno a ricoprire il ruolo di “allenatore” ma, sebbene sia fondamentale per l’esistenza del formicaio, non ne comanda né coordina alcuna attività.
Siamo al cospetto di un super organismo, cioè di un unico corpo collettivo che opera senza un comando centrale, tramite un incastro perfetto di interazioni reciproche dettate dalle esigenze di comunità.
Più in generale, le colonie di insetti sociali sono dei sistemi complessi, il cui comportamento globale nasce dall’integrazione nel “tutto” e non dalla banale somma delle singole parti. Le caratteristiche peculiari dell’individuo non sono infatti determinanti per quelle del formicaio.
La singola formica è ritenuta da un punto di vista cognitivo “ottusa”, dispone di una memoria ristretta e locale. La memoria globale e tutte le altre caratteristiche che permettono alla colonia di lavorare in maniera intelligente emergono soltanto nel comportamento del super organismo, nella sua totalità.
Chi allena le formiche? Nessuno, ma virtualmente l’intero formicaio.
4. ARCHITETTE DANZATRICI. LA DANZA È COMUNICAZIONE
Il lavoro delle colonie di insetti sociali è mirabile anche durante la costruzione del nido.
Una vera e propria opera architettonica dà vita a strutture imponenti e durature, in alcuni casi fornite di sofisticati sistemi di aerazione.
Le api, per esempio, possiedono un complesso meccanismo di comunicazione attraverso cui scelgono il luogo di nidificazione e segnalano la presenza di forme di cibo. Il loro nido, l’alveare, ha forme geometriche rigorosissime ed è composto dai favi, delle costruzioni verticali di cera formate da cellette esagonali che accolgono le uova della regina.
Con questa struttura specifica, le api sfruttano al meglio lo spazio, badando a funzionalità e comfort al pari di un bravo architetto. La forma aperta consente a più individui di lavorare contemporaneamente all’ampliamento del favo, come in un vero e proprio cantiere.
In una zona periferica vi sono poi le cellette utilizzate per conservare le provviste di cibo, che possiedono un’inclinazione sufficiente a impedire che il miele scivoli via. Ma come arriva il miele?
Questa domanda apre la strada a un tema affascinantissimo, che ci porta a esplorare il linguaggio delle api, un innato sistema di comunicazione “gestuale” studiato dal premio Nobel Karl von Frish.
Secondo l’etologo austriaco, l’ape può essere definita come un animale simbolico, poiché trasferisce informazioni per mezzo di segni convenzionali.
Attraverso delle vere e proprie danze, le api sono in grado di esprimere gioia, di orientarsi in rapporto alla posizione del sole, di effettuare persino dei massaggi per rianimare altre compagne irrigidite dal freddo e perciò incapaci di rientrare nell’alveare, e soprattutto di comunicare le sorgenti di nutrimento scoperte.
È la cosiddetta ape bottinatrice ad andare in esplorazione alla ricerca di cibo e, a seconda della distanza dall’alveare, effettua due principali tipi di danza, una circolare e una denominata dell’addome.
Individuata la fonte, informa le compagne attraverso una serie di movimenti compiuti sui favi dell’alveare e fa “assaggiare” una piccola quantità di nettare raccolto.
Più rapidi e vivaci saranno i movimenti della danza, più abbondante sarà la sorgente alimentare e, di conseguenza, maggiore il numero di bottinatrici che lasceranno il nido per completare la missione.
Anche in questo caso, è la sorprendente attività di cooperazione a dare vita a un super organismo, in grado di garantire l’agire consapevole e la sopravvivenza di ogni singolo individuo della comunità.
5. TEMIBILI “APPARIZIONI”
Spostandoci nelle profondità degli abissi, scopriamo quanto anche in mare i fenomeni naturali complessi siano molto comuni.
Esistono diverse specie di piccoli pesci dalla vocazione fortemente gregaria che formano dei banchi disciplinati, innescati principalmente in risposta a degli stimoli esterni significativi.
La presenza di cibo, di una luce potente o di un predatore che ne minaccia l’incolumità possono determinare degli spostamenti di massa verso una stessa meta; con dei movimenti perfettamente sincronizzati quei pesciolini si raggruppano così in un corpo unico, un “nuovo” organismo che diventa ancor più temibile del predatore che li sta attaccando.
Insieme, riescono ad avvertirne la presenza in maniera più efficace e si rendono meno individuabili singolarmente; grazie a movimenti armonici e veloci, cambi di direzioni e improvvise aperture a ventaglio che disorientano il loro avversario, riescono a richiudersi immediatamente alle sue spalle o a fuggire disperdendosi.
Le atherine per esempio, più comunemente note col nome di “lattarini”, sono in grado di reagire al pericolo in meno di un quinto di secondo, disponendosi in modo da assumere la forma di uno squalo; ognuna di loro riesce persino a interpretare di volta in volta una parte anatomica diversa del predatore, a seconda della direzione da cui sopraggiunge.
Osservando il fenomeno con speciali camere subacquee si può infatti ammirare come la reazione di ciascuno dei singoli pesci coinvolti sia assolutamente simultanea.
E anche quando questi banchi raggiungono le migliaia di individui, la perfetta interazione fra i loro organi sensoriali li aiuta a mantenere un ordine globale rigoroso e strategico. Quasi come si muovessero a memoria, guidati dalla mano sapiente di un grande allenatore.
La preminenza del superorganismo consiste nel fatto che l’equilibrio coesivo che si crea tra i suoi membri è più difficilmente soggetto a distruzioni esterne; per esempio, riattaccare un arto è infinitamente più difficile che non ricostruire una fila di formiche che è stata interrotta.
Il superorganismo lavora a scapito dell’individualità dei suoi membri: una forte individualità dei singoli individui, infatti, mina la sua costruzione, ma è proprio in una certa quantità di individualità residua nei suoi singoli membri che risiede la sua forza.