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Traviata: la vera storia della “Signora delle camelie”

La figura sottile e il viso angelico, vestita all’ultima moda e in modo provocante.

Prezzemolina del bel mondo e degli appuntamenti festaioli.

Esperta nell’attirare l’attenzione dei cronisti mondani.

No. non stiamo parlando di una delle chiacchierate escort di casa nostra.

Ma di una loro “collega” che 150 anni fa ha dominato le scene di Parigi: si tratta di Marie Duplessis (1824-1847), per tutti la “Signora delle camelie”.

Resa immortale da Giuseppe Verdi e da Dumas figlio, la “Signora delle camelie” Marie Duplessis fu la cortigiana parigina più sexy dell’8oo. Ecco la sua vera storia!

1. Bellissima

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La figura sottile e il viso angelico, vestita all'ultima moda e in modo provocante.

Prezzemolina del bel mondo e degli appuntamenti festaioli. Esperta nell’attirare l’attenzione dei cronisti mondani.

No. non stiamo parlando di una delle chiacchierate escort di casa nostra. Ma di una loro "collega” che 150 anni fa ha dominato le scene di Parigi: si tratta di Marie Duplessis (1824-1847), per tutti la “Signora delle camelie”. 

È la sua storia, infatti, ad aver ispirato l’omonimo romanzo strappalacrime (1848) che fu il trampolino di lancio per uno scrittore in erba, figlio illegittimo e omonimo del romanziere francese Alexandre Dumas, dal quale nel 1852 Dumas figlio ne trasse un dramma che l’anno dopo Verdi riprese nella Traviata.

Diversamente dalle omologhe nostrane, le cortigiane parigine avevano però una passione inaspettata.

Coltivavano con un istinto straordinario i più interessanti intellettuali della loro epoca, con cui avevano in comune il fatto di volere sedurre un mondo a cui restavano comunque estranee.

Per prime avevano scoperto la potenza della neonata carta stampata, che usarono come cassa di risonanza e strumento di seduzione.

Come le dive moderne, si inventarono biografie romanzesche da dare in pasto ai giornali, e non esitavano a farsi ritrarre e scolpire nude.

E sembra che, nella loro precoce intuizione dell’utilità dello scandalo, avessero una minore goffaggine di quelle attuali, ma probabilmente è dovuto al fatto che si muovevano in una società molto più ipocrita, ma anche più raffinata della nostra.

Fu questo l’ambiente in cui sguazzò Marie Duplessis, che appena sedicenne era già una delle cortigiane più amate (e costose) di Parigi.

2. Ambiziosa

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Marie, originaria di un paesino della Bassa Normandia, nella luccicante Parigi era arrivata a 15 anni, con tante speranze e un altro nome, Alphonsine Rose Plessis.

La madre, una nobile decaduta da cui forse ereditò la raffinatezza, era morta precocemente e il padre, un commerciante di tessuti ubriacone e violento, l’aveva mandata da alcuni parenti dopo che non era più riuscito a cavarci nulla (già a 14 anni l’aveva fatta prostituire con un ricco settantenne).

Nella grande città, Alphonsine, dopo aver fatto qualche lavoretto (sarta, commessa, lavandaia) si rese conto di potersi mantenere con ben altri mezzi.

“Perché mi sono venduta? Perché un lavoro onesto non mi avrebbe mai dato il lusso di cui avevo un desiderio sfrenato" spiegherà lei stessa. 
“Qualsiasi cosa possiate pensare, non sono mai stata interessata o viziosa. Volevo soltanto conoscere le raffinatezze di una società colta ed elegante".

Parigi era, come dirà poi lo scrittore Walter Benjamin, la “capitale del XIX secolo" dove si poteva esaudire ogni vizio e ogni desiderio.

Una città che creava e divorava nello stesso tempo, il centro del mondo in cui confluivano intellettuali, artisti e inventori per incontrarsi e affermarsi.

Nei caffè si discuteva e ci si esibiva: erano aperti a chiunque potesse permetterselo e la bellezza delle cortigiane attirava clienti.

Era molto facile per una donna minimamente emancipata scivolare nel cosiddetto ed equivoco demi monde, termine inventato proprio da Dumas figlio, in contrapposizione al grand monde, l’alta società.

Bastava un divorzio, legale ma molto riprovato, una fuga anche breve con un amante, una fama di licenziosità, o anche essere un’artista donna o un’attrice.

Indubbiamente ci si divertiva molto più lì che nel monde perbene, ma solo gli uomini potevano frequentarlo.

3. Sex and the city

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Le quotazioni della Duplessis erano schizzate in alto già un anno dopo il suo arrivo a Parigi, quando aveva incontrato il duca Agénor de Gramont (nella foto accanto), un aristocratico che l’aveva voluta “raffinare” con lezioni di pianoforte, danza, comportamento e conversazione.

Fu proprio allora che Alphonsine adottò un nome d’arte: si fece chiamare Marie, in onore della Madonna, e aggiunse al cognome un aristocratico “du".

La liaison col suo principe azzurro, che ispirò il romanzo di Dumas, naufragò quando la famiglia di lui decise di spedire il rampollo a Londra, lontano dalle seducenti grinfie della cortigiana.

Cli succedette lord Henry Seymour, presidente del più esclusivo circolo parigino che, tra una notte di passione e l’altra, fece perfezionare l’educazione di quella bellissima e sagace ragazza.

Aveva una signorilità innata e uno stile molto personale, culminante nella camelia bianca che portava sempre appuntata sull’abito, e che per quattro giorni al mese (quando aveva il mestruo) diventava rossa.

Proprio per questo vezzo una lavorante dell’Opéra l’aveva soprannominata “Signora delle camelie".

4. Eroina di se stessa

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Il curriculum della Duplessis contò altri nomi di spicco: il compositore Franz Liszt, all’apice della carriera, per esempio.

E appunto Dumas figlio (nella foto accanto), con cui intrecciò una relazione sentita e passionale che terminò dopo un anno, nel 1845, quando lo scrittore troncò per il "dolore che una vicenda così coinvolgente non poteva non provocare".

Dumas, nel romanzo, la sdolcinò. Nemmeno gli artisti sopportavano il successo delle cortigiane e preferivano descriverle come fanciulle infelici.

La Duplessis in realtà fu un’eroina del lusso, dell’eleganza e della dissipazione. Non aveva nulla del sentimentalismo piccolo borghese dell’eroina di Dumas, ma visse lucidamente la sua breve vita.

La morte la colse il 3 febbraio 1846 ad appena 23 anni, uccisa dalla tubercolosi che l’aveva tormentata per lungo tempo.

Tre giorni dopo la morte, il suo appartamento fu invaso da dame che rovistarono tra le sue stanze, stupite dalla raffinatezza dei mobili e della biancheria.

Fu tutto pignorato per ripagare i debiti contratti da quando la malattia le aveva impedito di lavorare. Tra i beni, i suoi amati libri.

Le donne fatali dell'800, e la Duplessis in particolare, erano così attratte dalla cultura che solo loro, disse Dumas, "sono davvero degne di parlare ai filosofi”.

Basti pensare che la contessa de Loynes, cortigiana e modella, pare, dell'Origine del mondo di Gustave Courbet (scandaloso ritratto a olio di una vulva), si era fatta dare lezioni dal più celebre critico dell’epoca, Charles Augustin Sainte-Beuve.

Possiamo immaginare Ruby Rubacuori andare a ripetizioni da, poniamo, Umberto Eco?».



5. Dalla vita all'arte

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Violetta Valéry, eroina della Traviata di Verdi, somiglia come una goccia d'acqua a Marguerite Gautier, la Signora delle camelie del romanzo e del dramma di Dumas da cui l'opera è tratta.

A far da modello a Violetta-Marguerite fu la vita della Duplessis, qui a confronto con la trama della Traviata.

  • Nella realtà:
    Alphonsine Duplessis, incantevole sedicenne, è a Parigi da appena un anno ma è già la cortigiana più ambita della città.
    Qui la ragazza, che si distingue per la camelia sempre appuntata sul petto, incontra il 21enne duca Agénor de Gramont (1819-1880), futuro ministro degli Esteri di Napoleone III, e se ne innamora.
    I due intrecciano una relazione: lui la fa studiare, lei nei loro incontri adora indossare i gioielli ricevuti in dono da lui.
    Nonostante i titoli nobiliari, i possedimenti e le ricchezze, la nobile casata dei Gramont va in rovina e non può più permettersi di mantenere una cortigiana come Alphonsine.
    Alla fine del1840, uno zio di Agénor lo spedisce prima a Londra e poi a Vienna.
    Dopo qualche tempo il bel Agénor torna a Parigi e ricuce i rapporti con Alphonsine, che ora si fa chiamare Marie.
    Ma lei è circondata da altri amanti, anche se un grande amore la lega ancora a lui. I due si perdono di vista definitivamente.
    Nel 1846, anche Marie va a Londra, ma per sposare il conte E'douard de Perrégaux, che lascia subito tenendosi il titolo nobiliare. Dopodiché torna a Parigi.
    Nel 1847, ad appena 23 anni, Marie muore per la tubercolosi di cui soffriva da tempo, sola nel letto di casa sua.
  • A teatro:
    Violetta Valéry, benché infelice e malata, vive mantenuta dal barone Duphol, tra feste e ricevimenti del bel mondo parigino.
    Durante uno di questi, incontra il nobile Alfredo Germont. Se ne innamora e gli dà una sua camelia in pegno d'amore.
    I due vanno a convivere fuori Parigi. Il padre di Alfredo chiede a Violetta di lasciare suo figlio, temendo che la donna lo rovini con le sue richieste, ma lei gli dimostra di avere venduto i propri gioielli per non dover chiedere denaro ad Alfredo.
    Violetta accetta lo stesso di lasciare Alfredo, ma soltanto per non rovinare con la scandalosa relazione le imminenti nozze della sorella di lui. Violetta torna a Parigi, dal barone Duphol.
    A una festa reincontra Alfredo, che ama ancora. Ma pur di tener fede al proprio impegno, Violetta mente all’amato e dice di aver giurato a Duphol di non rivederlo mai più.
    Alfredo, sprezzante, le getta ai piedi il denaro vinto al gioco. Il padre di Alfredo che assiste alla scena, non si decide a rivelare la verità ad Alfredo e chiarire l'equivoco.
    Violetta fugge, disperata e ormai gravemente malata.
    Il padre di Alfredo, pentito, rivela al figlio la verità, ma quando lui raggiunge l'amata, lei muore fra le sue braccia, uccisa dalla tubercolosi.







Note

La lady di Nelson

Se Dumas figlio immortalò sulla carta la Duplessis, il padre scrisse Le confessioni di una favorita (1865), biografia romanzata di Lady Hamilton, all'anagrafe Emma Lyon (1765-1815).

Di umili origini, fu protagonista di una poderosa scalata sociale con cui divenne prima musa del pittore George Romney e moglie di William Hamilton, ambasciatore inglese a Napoli, poi amante dell'ammiraglio inglese Horatio Nelson, passando per un'intima (e chiacchieratissima) amicizia con Maria Carolina d’Austria, moglie di Ferdinando I di Borbone (re di Napoli dal 1759 al 1799).

Fu proprio a Napoli, nel 1793, che Emma incontrò l’allora comandante Nelson e gli fece ottenere, manovrando la regina, i rinforzi che chiedeva contro il comune nemico francese.

Nelson 5 anni dopo tornò in Italia, all'apice della carriera, e divenne l'amante della donna con il beneplacito del marito.

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