Il tè è la bevanda più diffusa nel mondo.
Oggi viene studiata perché è ricca di sostanze antiossidanti utili a prevenire malattie cardiovascolari e tumori.
Ma va bevuta al naturale e senza zucchero.
Da sorseggiare caldo d’inverno, fresco in estate, assieme agli altri nei momenti di condivisione o da soli in quelli di riflessione: il tè ci accompagna da millenni e non a caso è la bevanda più diffusa al mondo dopo l’acqua.
Perché il tè è una miniera di sostanze antiossidanti, che ci aiutano a prevenire le più diffuse malattie del nostro tempo, da quelle cardiovascolari ai tumori.
1. Una sola pianta, tanti tè
La pianta da cui si ricava il tè è la Camellia sinensis (in latino sinensis significa cinese).
Ama i terreni acidi e permeabili, senza ristagni d’acqua, i climi piovosi tropicali e subtropicali con precipitazioni che toccano anche i 2 metri l’anno, e che può svilupparsi sino a 2.500 metri di altitudine.
Tutti i tipi di tè hanno origine dalle foglie, dai germogli e da altre parti di questa pianta: sono i metodi di lavorazione che differenziano le tipologie. Ecco le principali:
- TÈ NERO
È il più diffuso in Occidente. Dopo la raccolta le foglie sono bagnate con acqua calda, arrotolate, fatte fermentare in luoghi umidi e poi essiccate ad alta temperatura.
In questo modo le sostanze che contengono si ossidano e sviluppano dei composti che non sono presenti inizialmente nella pianta: tearubigine, che danno il colore rosso scuro, e teaflavine, che conferiscono l’aroma.
TÈ VERDE
Le foglie sono essiccate appena raccolte e non subiscono la fermentazione.
- Gyokuro: il tè verde giapponese più rinomato, fatto essiccare all’aperto su speciali stuoie o in cestini di bambù.
- Matcha: si usa per la cerimonia del tè. È ridotto in polvere molto sottile che deve essere sbattuta nell’acqua calda con un frullino di bambù per creare un’emulsione dal colore verde chiaro acceso. Si utilizza anche in cucina come spezia o come colorante naturale.
- Sencha, Bancha, Hojicha: Sencha significa “tè grigliato” ed è fatto con foglie molto piccole e sottili, il Bancha è molto povero di caffeina, mentre i resti dei rametti del tè Hojicha (una varietà di tè Bancha) sono venduti col nome di Kukicha dopo tre anni du essicazione: è un tè quasi privo di teina proprio perché si ricava dai rametti anziché dalle foglie.
- Gunpowder: molto diffuso e molto usato in Nord Africa per preparare il tè alla menta. Il nome inglese significa “polvere da sparo”, perché le sue foglie sono arrotolate in piccole pallette che sembrano i grani di una miscela esplosiva. - TÈ OOLONG
È semifermentato: la fermentazione viene bloccata prima che il tè diventi nero. A volte è più simile al tè verde, a volte a quello nero. - TÈ BIANCO
Si ottiene dalle gemme o dalle prime foglie della pianta, raccolte, essiccate al sole e poi subito confezionate prima che fermentino. Il nome deriva dalla sottile peluria bianco-argentata che ricopre le gemme ancora chiuse e che conferisce alla pianta un aspetto biancastro. Alcuni studi hanno dimostrato l’attività antibatterica di questo tè. - TÈ PROFUMATO E AROMATIZZATO
È prodotto miscelando a tè neri, verdi od oolong i fiori, gli oli essenziali, le spezie o, nei tè di più bassa qualità, gli aromi artificiali. I più comuni: al gelsomino, agli agrumi, alla rosa, alla vaniglia, al bergamotto (Earl Grey).
2. Ottimo anche nero e sorsi di prevenzione
- Ottimo anche nero
Molte ricerche hanno dimostrato che il consumo di tè, in quanto ricco di composti antiossidanti come le catechine, migliora l’integrità delle pareti dei vasi sanguigni.
Uno studio di ricercatori dell’Università di Berlino, pubblicato sul British journal of Nutrition, ha comparato l’effetto del tè verde e di quello nero, meno ricco di catechine, sui vasi sanguigni di 21 uomini sani rispetto all’acqua.
«Abbiamo valutato la capacità del vaso di dilatarsi in risposta al passaggio del sangue e abbiamo visto che i due tè agiscono in modo simile sui vasi migliorandone la dilatazione, salita, rispettivamente, dal 5,4 per cento al 10,2 e dal 5 al 9,1 per cento», spiega Nadine Jochmann che ha coordinato lo studio.
Il contenuto di antiossidanti nel tè è molto variabile perché la natura non ci dà uno standard.
Dipende dalla coltivazione, da quando è stato raccolto, dal fatto che il tè sia ricavato dalle foglie piuttosto che dalle gemme o dai legnetti, dal tipo di lavorazione che ha subito, ma anche dall’acqua che usiamo per prepararlo; la migliore è quella minerale.
Qualunque sia il tipo di lavorazione, non si perde mai completamente il suo potere antiossidante, purché sia bevuto al naturale, senza aggiunta di altri ingredienti. - Sorsi di prevenzione
Dal punto di vista scientifico, il tè è una bevanda molto studiata proprio per il gran numero di antiossidanti che contiene; soprattutto se è tè verde, che mantiene al suo interno una maggiore quantità di sostanze protettive.
Due tazze al giorno, purché si conduca uno stile di vita sano che preveda attività fisica, il consumo di cereali integrali, legumi, verdura e frutta, sono molto utili nella prevenzione dei tumori e delle patologie cardiovascolari, perché gli antiossidanti che contiene contrastano nelle cellule l’azione dei radicali liberi, vale a dire di quelle molecole che provocano danno cellulare favorendo proprio l’insorgere dei tumori e delle malattie cardiovascolari.
3. No a latte e zucchero e come si elimina la teina
- No a latte e zucchero
Il tè “all’inglese”, addizionato di latte come vuole la tradizione britannica, perde invece i suoi benefici effetti.
Perché gli antiossidanti del tè si legano ad alcune sostanze contenute nel latte e non vengono più assorbiti dall’organismo.
Un altro errore è dolcificare la bevanda, soprattutto con lo zucchero, perché ci espone ai picchi di glicemia (lo zucchero nel sangue) che a lungo andare predispongono al diabete e a tutte quelle malattie che proprio con il tè potremmo invece prevenire. - Come si elimina la teina
Il tè, se viene ricavato dalle foglie dove si concentrano sostanze chiamate teina e teofillina, è una bevanda nervina come il caffè: velocizza i tempi di reazione, allevia il senso di fatica, stimola il sistema nervoso e cardiocircolatorio.
La teina, infatti, non è altro che caffeina, chiamata in modo diverso per assonanza con il nome della bevanda. Addirittura c’è più caffeina nelle foglie di tè che nei chicchi di caffè, ma il rapporto si capovolge dopo le rispettive lavorazioni.
Se non desideriamo gli effetti stimolanti, possiamo bere i tè naturalmente privi di teina, come i verdi bancha e kukicha. Ci sono poi in commercio i tè deteinati con un apposito trattamento.
Ma attenzione: Bisogna scegliere quelli in cui la teina è stata eliminata con un procedimento ad acqua, senza l’uso di solventi.
Lo si può fare da soli con un semplice accorgimento: se volete deteinare il tè in modo naturale, lasciate la bustina in infusione per un minuto in acqua bollente: la teina è molto solubile in acqua e sarà quasi tutta rilasciata nel liquido.
Buttate poi via questa prima acqua di infusione e rifate il tè con la medesima bustina, lasciandola in infusione per il tempo che preferite.
4. Il tè ha origine cinese
Si narra che oltre 5.000 anni fa, in Cina, l’imperatore Shennong per ragioni igieniche avesse emanato un editto in cui comandava a tutti i sudditi di fare bollire l’acqua prima di berla.
Un giorno d’estate, durante un viaggio, Shennong si fermò con la sua carovana per riposarsi al fresco.
I servi misero a bollire l’acqua, ma il vento fece cadere nella pentola alcune foglie che formarono un’infusione dorata.
L’imperatore si incuriosì e assaggiò il liquido, trovandolo rinfrescante e gradevole. Così sarebbe nato il tè.
Un’altra leggenda racconta che il monaco indiano Bodhidharma, fondatore del Buddismo in Cina nel 500 d.C., rimase per nove anni in meditazione in una grotta nei pressi di un monastero.
Per non cadere in preda al sonno, che l’avrebbe distolto dalla meditazione, si tagliò le palpebre e le gettò a terra. Nel punto in cui caddero le ciglia, sarebbe cresciuta una pianticella di tè.
5. Per gli inglesi è un simbolo nazionale
I primi a importare il tè in Europa furono i portoghesi e gli olandesi, seguiti dai francesi.
Gli inglesi arrivarono dopo, nella seconda metà del 1600, ma sfruttarono al massimo il mercato, anche grazie alla Compagnia delle Indie Orientali, fondata da Elisabetta I nel XVII secolo per promuovere i commerci con l’Oriente.
Il tè era considerato, specialmente negli ambienti della corte britannica, una valida alternativa al consumo di alcol.
Quando le città cominciarono a essere servite dalle reti di acqua potabile, il tè rappresentò anche per i poveri la possibilità di cenare con qualcosa di caldo e zuccherato.
Per le classi lavoratrici, l’apporto calorico della birra fu sostituito dallo zucchero disciolto in un tè molto forte: la caffeina e lo zucchero aiutavano a lavorare con più energia.
La tradizione di bere il tè alle cinque del pomeriggio risale al 1838 e si deve alla regina Vittoria che lo offrì alla cerimonia pomeridiana della sua incoronazione a Buckingham Palace (nella foto la Regina Vittoria a un té con due amiche).