Italiani, popolo di santi, poeti, navigatori… ma anche di assicurati?
Stando ai dati 2018 dell’IVASS (l’Istituto nazionale per la vigilanza sulle assicurazioni), l’ammontare totale dei premi annuali pagati dagli assicurati è pari a circa 135 miliardi di euro, considerando sia il ramo danni sia il ramo vita.
Di questi 135 miliardi di premi, ben 46 miliardi sono suddivisi egualmente tra Generali e Intesa Sanpaolo Vita, i due maggiori operatori sul territorio nazionale. Seguono Poste Vita (20 miliardi), Allianz (16 miliardi) e il gruppo Unipol (12 miliardi).
Nella lista dei primi dieci gruppi sono presenti anche Axa (6 miliardi), Aviva (6 miliardi), Cattolica (5 miliardi), Reale Mutua (4 miliardi) e BNP Paribas (4 miliardi).
L’Italia è il quarto Paese in Europa e l’ottavo nel mondo per versamenti annui corrisposti alle compagnie assicurative. Eppure, solo 1 connazionale su 4 è assicurato sugli infortuni e 1 su 25 sulla malattia.
Ciò non significa che non siamo coscienti dei rischi che corriamo: ma invece di cautelarci con una polizza, a tutt’oggi preferiamo fatalisticamente “incrociare le dita”…
1. Il ramo danni e il ramo vita
Le coperture, come abbiamo già accennato, afferiscono a due categorie principali, ovvero il ramo “danni” e il ramo “vita”: nella prima tipologia rientrano i contratti con i quali l’assicuratore risarcisce la diminuzione del patrimonio dell’assicurato in relazione al verificarsi di un evento dannoso.
Tra gli eventi contemplati figurano la distruzione, la perdita e il deterioramento di beni (assicurazione per i danni a cose), la diminuzione o la totale perdita della capacità di produrre reddito (assicurazione per i danni alla persona), la responsabilità dell’assicurato per i danni arrecati a terzi o a cose di terzi (assicurazione della responsabilità civile).
Secondo il rapporto ANIA (Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici), il ramo danni nel 2018 ha prodotto premi per circa 33 miliardi di euro all’anno: la copertura più venduta e a cui è associato il maggior livello di premi è naturalmente la RC Auto (14 miliardi di euro), seguita dalle polizze infortuni e malattia (6 miliardi) e dalle coperture per incendi e altri danni ai beni (5 miliardi).
La seconda macro-tipologia di assicurazione è quella “sulla vita”. È caratterizzata dal fatto che l’assicuratore si obbliga a pagare un capitale, ovvero una rendita, nel caso in cui sopraggiunga la morte dell’assicurato (assicurazione per il caso di morte) o, specularmente, l’assicurato raggiunga una determinata età (assicurazione per il caso di vita).
L’ammontare dei premi relativi al ramo vita pagati nel 2018 ammonta a 102 miliardi di euro: oltre ai 66 miliardi di premi relativi alle assicurazioni vita tradizionali, ben 30 miliardi afferiscono alle cosiddette “polizze vita linked” (ramo III), le cui prestazioni sono tipicamente collegate a quote di fondi o a indici azionari.
Dunque risultano esposte alla variabilità dei mercati finanziari e richiamano l’investimento. Per incentivare la sottoscrizione di polizze vita, il legislatore ha previsto vantaggi fiscali di non poco rilievo per i beneficiari per il caso di morte, rispetto ai tradizionali strumenti di investimento quali azioni o obbligazioni: il capitale è infatti esente dalle imposte sul reddito delle persone fisiche e dalle tasse di successione.
2. Il mercato nazionale e l’importanza dell’agente
Ma quanto pesa il mercato assicurativo sulla nostra economia e sulla spesa degli italiani?
A farla semplice, è come se ognuno dei 60 milioni di italiani versasse circa 2.400 euro all’anno, ponendo l’Italia al quarto posto in Europa e all’ottavo posto nel mondo per raccolta premi in valore assoluto, con una quota di mercato pari al 3,3 per cento (in lieve aumento rispetto al 3,2 del 2017).
Considerando l’ammontare dei premi annui in percentuale rispetto al PIL, invece, l’Italia è al quarto posto nel mondo, con un valore dell’8 per cento, dietro Regno Unito (11), Francia e Giappone (9 a testa).
Il mercato nazionale mostra ancora notevoli margini di crescita. Secondo ANIA, solo 1 italiano su 4 è assicurato sugli infortuni (con coperture molto limitate), 1 su 16 sulla premorienza, 1 su 25 sulla malattia e solo 1 su 200 sul rischio di non autosufficienza.
Eppure, non si può dire che i risparmiatori italiani non siano coscienti dei numerosi eventi avversi a cui, purtroppo, occorre far fronte. Infatti, secondo l’edizione 2018 dell’Indagine sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani realizzata dal Centro Einaudi e Intesa Sanpaolo, ben il 43 per cento delle famiglie ammette di risparmiare per “far fronte agli imprevisti”: è una percentuale sotto la quale non si è mai scesi negli ultimi dieci anni (nel 2016 si è registrato un picco di oltre il 58 per cento).
Quindi, molti nutrono timori sugli eventi avversi che possono verificarsi nella vita, ma pochi decidono di proteggersi con una polizza ad hoc, preferendo soluzioni “fai da te”.
È un problema legato in parte a un retaggio culturale perché si fa fatica ad accettare che si possano verificare alcuni eventi nefasti, come il decesso, la malattia o la non autosufficienza, e si preferisce trasformare in “convinzione” la speranza che accada- no solo agli altri.
Il mestiere dell’agente assicurativo risulta di fondamentale importanza nel sistema italiano, con particolare riferimento al ramo danni. Infatti, se il principale canale di distribuzione delle polizze vita è rappresentato dagli sportelli bancari (6 polizze sottoscritte su 10), circa il 75 per cento delle polizze nel settore danni è stato venduto attraverso il canale agenziale.
La professionalità e la trasparenza sono gli elementi di successo per stabilire con l’assicurato un rapporto di fiducia che porterà lo stesso assicurato a rinnovare le polizze sottoscritte o stipularne di nuove.
Ma anche flessibilità e disponibilità sono elementi chiave: ciò che contraddistingue un agente assicurativo – anche rispetto alle soluzioni offerte online o da altri operatori – è la capacità di “plasmare” le caratteristiche del prodotto per renderlo quanto più corrispondente possibile alle richieste di ogni cliente.
3. I prodotti a lungo termine e consigli utili contro brutte sorprese
L’importanza delle coperture assicurative e della previdenza emerge con forza nei periodi difficili, come quello con cui purtroppo stiamo facendo i conti ormai da mesi, caratterizzato da una vera e propria emergenza sanitaria di fronte alla quale il mondo delle assicurazioni ha dato diversi tipi di risposta e ha messo a disposizione pacchetti assicurativi speciali.
Il verificarsi di eventi di simile portata e magnitudo esaspera l’utilità di essere lungimiranti anche in tempi di “normalità”.
Basta pensare all’importanza di aver sottoscritto una buona polizza malattia per tutti quei clienti che si sono trovati costretti ad affrontare un’operazione urgente e, magari, molto costosa. Tutti ci auguriamo che eventi del genere non accadano mai, ma abbiamo il dovere di farci trovare pronti ad affrontare l’eventualità.
Un consiglio che gli agenti assicurativi offrono spesso ai loro clienti è quello di valutare i prodotti Long Term Care (LTC), che coprono le spese derivanti dall’impossibilità di svolgere autonomamente le normali funzioni della vita quotidiana.
A oggi, però, sono ancora poco apprezzati. Eppure, con un’aspettativa media di vita alla nascita di 82,8 anni, l’Italia è il quarto Paese dell’OCSE per longevità, anche se l’aspettativa degli anni di vita in buona salute è pari a 58,5 anni: queste dinamiche hanno determinato l’allungamento del numero di anni nei quali crescono sia la domanda di cure intensive sia la probabilità di contrarre patologie croniche e/o invalidanti, con un valore complessivo di esborsi annui per far fronte a questi rischi che sfiora i 15 miliardi l’anno.
Bisogna essere sempre ottimisti, conservando però un atteggiamento realista e pragmatico: per mettersi al riparo dai rischi, incrociare le dita è un metodo molto meno efficace di sottoscrivere una polizza assicurativa.
Consigli utili contro brutte sorprese
Che cosa fare prima di sottoscrivere una polizza? Innanzitutto, leggere attentamente l’oggetto dell’assicurazione, ossia l’ambito della copertura e comprendere bene quali sono i casi in cui non opera la copertura e, dunque, non si può ottenere un risarcimento.
Ancora, verificare i limiti della copertura (le franchigie) e conoscere i propri obblighi in caso di sinistro, ovvero denunciarlo tempestivamente per consentire alla compagnia di valutare per tempo dinamiche e responsabilità nel sinistro.
Prima della sottoscrizione del contratto è bene conoscere anche l’estensione territoriale della polizza (alcune valgono solo in Italia, alcune solo all’estero) e controllare le tempistiche e le modalità di disdetta.
4. Dalle gambe al “lato B”: così i VIP non corrono rischi
Se tra i “comuni mortali” le assicurazioni sono piuttosto standardizzate, non si può dire lo stesso delle polizze sottoscritte da alcuni tra i più noti VIP.
Ad esempio, tra le rock e pop star è comune sottoscrivere un’assicurazione sulla propria voce e sull’integrità delle corde vocali: Bob Dylan, Mick Jagger o Bruce Springsteen versano ogni anno migliaia di dollari per assicurarsi un rimborso di qualche milione in caso di danni.
Entrando nel mondo del calcio, l’incolumità delle gambe è l’oggetto delle polizze sottoscritte dal calciatore Lionel Messi (300mila euro all’anno per un rimborso massimo di 50 milioni) e Cristiano Ronaldo, che ai tempi del Real Madrid aveva un’assicurazione pagata dalla squadra spagnola (premio massimo di 100 milioni).
Se guardiamo poi ad altri sport, Valentino Rossi ha assicurato i polsi per 12 milioni e Fernando Alonso i due pollici per 10 milioni.
Passando all’universo femminile, e precisamente al mondo dello spettacolo, impossibile non citare i casi di Jennifer Lopez, che ha assicurato il suo sedere per 27 milioni di dollari.
Della bellissima Julia Roberts, che ha assicurato il suo sorriso perfetto per ben 22 milioni dollari, della sex symbol Monica Bellucci, che ha una copertura di 6 milioni di euro sul seno e della top model degli anni ’80 Claudia Schiffer, il cui volto, apparso su migliaia di copertine, risultava assicurato per1 milione di dollari.
5. Chi furono i primi assicurati italiani? I mercanti veneziani
Sin dalla preistoria l’uomo ha avvertito la necessità di provvedere alla propria sicurezza, accumulando riserve di cibo per affrontare il freddo o i momenti difficili.
L’introduzione della moneta gli consentì di risparmiare, ovvero di rinunciare al consumo immediato di risorse per costruire un “tesoretto” in vista dell’incertezza dei tempi futuri, garantendosi tranquillità.
Il risparmio individuale, tuttavia, non si è dimostrato sufficiente a rispondere al bisogno di sicurezza delle persone e, dunque, a mano a mano che i bisogni e le attività umane sono diventate più complesse e diversificate, si sono create le condizioni per la nascita dell’assicurazione e, in particolare, l’associazione di più persone con finalità assistenziali e il trasferimento del rischio da un soggetto all’altro.
Dei primi cenni di una forma “rudimentale” di assicurazione si trova traccia in Egitto, dove sembra esistessero forme associazionistiche, professionali e religiose che si preoccupavano di assicurare la sepoltura a chi ne faceva parte. Nell’antica Grecia esistevano le eranoi, comunità che provvedevano alle spese funerarie per le famiglie più bisognose.
A Roma esistevano società di assistenza e, come in Grecia, anche i collegia tenuiorum provvedevano alla sepoltura di chi non poteva permettersi una cerimonia funebre, mentre i collegia militum svolgevano la stessa funzione per i soldati.
I primi documenti di assicurazione sono stati conclusi in Italia nel XIII secolo, con riferimento all’attività marittima. Infatti, già nel 1225 a Venezia ritroviamo un esempio di assicurazione marittima del valore di 1.000 lire, in cui un arciere di nome Pietro aveva garantito a certi mercanti veneziani la loro mercanzia; il nostro Pietro non fu particolarmente fortunato in quanto, depredata la merce, si vide sequestrate le proprie balestre per risarcire il danno.