“Ho pensato spesso di essere la donna più intelligente che sia mai esistita … 400 milioni di persone dipendono dal mia giudizio“(Tzu Hsi).
Una sfinge. Implacabile, ma lucida nella consapevolezza di guidare il più antico impero del mondo: la cinese Tzu Hsi e stata senz’altro una delle donne più straordinarie degli ultimi tre secoli, erede, per determinazione e spietatezza, di un’altra sovrana del Celeste Impero, Wu Zetian, salita sul trono nel 690 d.C. e ideatrice della polizia politica oltre che della casta dei mandarini.
La critica storica è sempre stata compatta nell’addebitare a Tzu Hsi tutte le sventure che la Cina patì nel secondo ‘800.
Usurpatrice, di presunta origine manciù e quindi “straniera”, ma soprattutto donna ambiziosa: tutti gli elementi hanna giocato a suo sfavore. Di sicuro ha capito troppo tardi la necessita di modernizzare l’impero.
Ma la pessima fama di cui gode in Occidente deriva soprattutto da un menzognero libro di memorie, China under the Empress Dowager, scritto nel 1910 da Edmund Backhouse, un americano dai traffici piuttosto loschi che visse a lungo in Cina.
Ma vediamo un po’ meglio la vita di Tzu Hsi: questa straordinaria, lucida, determinata, capace ma anche tanto spietata e perfida imperatrice cinese. Ne vale la pena.
1. La nascita e le origini
Tzu Hsi o Cixi nacque il 29 novembre 1835 e in passato si è sostenuto che il suo primo nome fosse Yulan, Orchidea di Giada, o, per la famiglia, Lan'er, Piccola Orchidea.
Si e ritenuto anche che l'appellativo del suo clan manciù fosse Yehenara e che suo padre si chiamasse Huei-cheng o Huizheng, e avesse servito come ufficiale di basso rango dapprima nella provincia dello Shanxi, poi in quella dell'Anhui e che, infine, avesse trasferito la famiglia a Pechino.
Sarebbe poi morto verso il 1853, decapitato per diserzione per non aver tenuto le posizioni durante la ribellione Taiping nell'Anhui.
Studi più recenti indicano che Tzu Hsi nacque invece a Xipo, vicino aIla citta di Beicheng, nella prefettura di Changzhi, provincia dello Shanxi. La famiglia originaria era probabilmente composta da poverissirni contadini cinesi di etnia Han, gli Wang, e la bambina si chiamava Xiaoqian.
La mamma morì prestissimo e la futura Tzu Hsi, allora di soli 4 anni, fu venduta dal padre all'agricoltore Song Siyuan, del vicino villaggio di Shangqin. Vendere i figli era pratica comune, nell'800, perfino in Italia.
La bambina prese allora il nome Ling'e e il cognome del nuovo padre, Song. Ma a 12 anni fu rivenduta, forse perche anche la nuova famiglia era caduta in miseria, al prefetto della città di Lu'an, l'ufficiale manciù Huizheng, che da sempre viene considerato il suo vero padre.
In effetti Huizheng, che l' aveva comprata come serva, le si affezionò, l' adottò e le offrì il suo status sodale dandole, appunto, il nome di Yulan. All'epoca sulla Cina regnava appunto la dinastia Manciù, in origine una stirpe di nomadi della Manciuria, la regione a nord-est dell'impero.
Una leggenda narra che, ancora adolescente, Tzu Hsi si innamoro di un comandante dei portavessilli manciù, Jung Lu, e decise di sposarlo.
In ogni caso la bellezza e il fascino di Tzu Hsi attrassero l'attenzione degli alti funzionari di corte e a 16 anni, nel settembre 1851, la ragazza fu chiamata a corte per partecipare, insieme con altre 58 fanciulle, a una sorta di concorso per diventare una delle concubine del nuovo imperatore Hsien Feng o Xianfeng.
Tzu Hsi passò la selezione e lasciò allora Jung Lu e nel giugno del 1852 si trasferì nella Città Proibita.
2. La salita al potere
II 14 giugno 1853 Tzu Hsi venne ribattezzata Lan, concubina di quinto rango, il più basso.
Secondo i nostri canoni, la ragazza era tutt'altro che bella: alta un metro e cinquanta, i tratti marcati e irregolari, poteva però contare su un sorriso e uno sguardo luminosi e su folti capelli neri.
Portava le unghie unghie anche dieci centimetri, come allora si usava per sottolineare di non dover compiere lavori manuali. Le proteggeva con copriunghie di giada e filigrana.
La Città Proibita, dove si trovò a vivere, era un immenso insieme di palazzi, padiglioni e giardini.
Ogni sera una di loro veniva convocata nella camera del sovrano, scortata dagli eunuchi, che vivevano a centinaia nellaCittà Proibita, e lasciata nuda ai piedi del letto perché non potesse nascondere alcuna arma.
Tra il dicembre del 1854 e il gennaio 1855, Tzu Hsi salì di rango e fu rinominata Yi. Nell'agosto del 1855, l'imperatore la "promosse" ancora, chiamandola Pin.
La motivazione ufficiale fu la commemorazione della morte della matrigna dell'imperatore, la vedova di Daoguang, colei che si era occupata della selezione delle concubine.
Quindi l' ascesa poco aveva a che fare con Ie sue grazie, sebbene, per la sua spregiudicatezza sessuale.
Nove mesi dopo, il 27 aprile 1856, Tzu Hsi partorì un bambino, Tung Chih o Tongzhi, il solo figlio maschio dell'imperatore Xianfeng che riuscì a sopravvivere all'infanzia.
Ciò le valse il nome di Guifei, concubina di secondo rango. Da qui comincio la sua inarrestabile ascesa. Questa non vuol dire che Hsien Feng l'amasse, anzi.
In poco tempo l'imperatore aveva perso interesse nei suoi confronti e si era innamorato di un' altra ragazza, Li, conosciuta poi come Zhuangjing Huang Kuai Pei, la quale Tzu Hsi l' avrebbe fatta scomparire misteriosamente appena nominata imperatrice.
In compenso, Tzu Hsi non passò gli anni dell'oblio a rimuginare odio. Studiò a fondo i classici cinesi, il che le avrebbe in seguito permesso di mettere a tacere i suoi ministri con colte citazioni confuciane.
3. Tzu Hsi viene proclamata Sacra madre ma anche Imperatrice vedova
Hsien Feng morì il 22 agosto 1861 a soli 30 anni, al termine della Seconda guerra dell'oppio, con cui la Cina fu piegata al volere delle potenze europee.
Sua moglie, Ci' an, un'ex ancella diventata concubina, non gli aveva dato figli. Così Tongzhi, iI figlio di Tzu Hsi, un bambino di soli 5 anni, venne proclamato imperatore.
Fu allora, per l'esattezza, che la sua mamma prese il nome di Tzu Hsi, che significa "materna e propizia". Ci'an e Tzu Hsi, ormai le due donne più importanti dell'impero, si accordarono per assumere una reggenza congiunta.
Ma subito dopo tutto si risolse in una rapida mossa di Tzu Hsi che, tornata di corsa a Pechino dal luogo in cui era morto l'imperatore, Jehol, emanò un editto nel quale accusava di complotto il primo consiglio di reggenza, composto da 8 uomini, tra i quali il potente principe Sushun.
I consiglieri furono arrestati; a qualcuno fu concesso di suicidarsi, mentre il principe Sushun venne giustiziato. Sebbene a Pechino si ritenesse che il vero regista del colpo di Stato era il principe Gong, qualcuno già sospettava che Tzu Hsi non fosse un'ex concubina come le altre.
Tzu Hsi fu proclamata non solo Sacra madre ma anche Imperatrice vedova, titolo che, a rigore, spettava solo a Ci'an. Dal 1861 alla fine del suo regno Tzu Hsi ricevette per altre sette volte titoli onorifici sempre più alti; ognuno di essi era rappresentato da due ideogrammi.
Quando morì, il suo nome era composto da 16 ideogrammi che stavano per: Attuale Sacra Madre e Imperatrice vedova Cixi Duanyou Kangyi Zhaoyu Zhuangcheng Shougong Qinxian Chongxi. In teoria aveva diritto ad arrivare a venti ideogrammi, ma si spense prima.
Intanto, il 12 gennaio 1875, morì il giovane imperatore Tongzhi, seguito dopo pochi mesi dalla sua sposa, forse incinta, Alute, suicida o, come si sospettò, "suicidata" da Tzu Hsi.
Cresciuto nel palazzo sempre sotto sorveglianza, Tongzhi era arrivato al potere solo nel 1872. Il debole Tangzhi, dedito all'alcool e al sesso, fu ucciso dalla sifilide. La madre lo pianse e ordinò l' esecuzione del medico di corte, "colpevole" di non averlo saputo curare.
Pur tra le lacrime, Tzu Hsi non si distrasse neanche un momento e, infrangendo le regole di corte sulla successione imperiale, impose Guangxu, un bambino di 3 anni, figlio del principe Chun, a sua volta figlio del defunto imperatore Daoguang e marito della sorella di Tzu Hsi.
L'imperatrice dovette adottare il piccolo per farlo salire sul trono. Questo le permise, sempre insieme con Ci' an, di riassurnere la reggenza. Il bambino ascese ufficialmente al trono il 25 febbraio 1875.
Ma non solo era troppo piccino, era anche malaticcio e lo sarebbe sempre stato. In particolare, un'infezione ai poImoni avrebbe reso la sua voce quasi impercettibile.
Il carattere debole, poi, avrebbe permesso a Tzu Hsi di rimanere la vera sovrana anche quando, nel 1887, Guangxu raggiunse la maggiore eta. Il ragazzo chiese ufficialmente alla madre adottiva di prolungare la sua reggenza e salì sul trono solo nel 1889.
4. L'imperatrice amante del lusso e dell'opulenza
La sua giornata iniziava molto presto. Dormiva in modo irregolare e in genere si alzava alle due del mattino per passeggiare nei giardini rocciosi del suo palazzo.
Amava il lusso e alla sua morte si sarebbero contati tremila scrigni d'ebano ricolmi di gioielli.
Adorava in particolare gli orologi: ne teneva una dozzina che ticchettavano nella sua profumatissima camera da letto, nella quale era anche appeso il ritratto della regina d'Inghilterra Vittoria, un'icona per tutte le donne di potere dalla seconda meta dell'8OO.
Una cameriera dormiva con lei e sei eunuchi montavano la guardia alla porta. Alle vedove era proibito usare i cosmetici, ma Tzu Hsi non riusciva a fame a meno e prese a tingersi i capelli appena vide i primi fili bianchi.
A tavola beveva da una tazza di giada e usava bacchette d'oro; sedeva da sola e si faceva servire circa 150 piatti differenti, assaggiando sempre gli stessi.
Un'altra diceria di palazzo insinuava che Tzu Hsi utilizzasse gli eunuchi per far sparire senza "fastidiosi" processi regolari i suoi nemici.
Per evitare che una qualsiasi mossa dell'imperatore Guangxu sfuggisse al suo controllo, Tzu Hsi si preoccupò di farlo sposare, il 22 febbraio 1889, con la figlia di suo fratello, Xiaoding ling Longyu.
Ma improvvisamente, però, nel giugno del 1898 avviò quella che fu poi chiamata la Riforma dei cento giorni, un tentativo di adeguare l'impero ai drastici cambiamenti che coinvolgevano non solo l'Europa e l' America, ma anche il Giappone, l'India, la Russia.
A questo tentativo Tzu Hsi rispose con un vero colpo di Stato, il 21 settembre 1898. I golpisti procedettero all' arresto dell'imperatore e di 6 dei riformatori principali.
L'imperatore fu posto in isolamento e costretto ad abdicare, gli altri 6 furono giustiziati. Guangxu fu privato di tutti i titoli, del potere e dei privilegi, i suoi amici mandati in esilio.
Ufficialmente rimase sul trono, ma fu rinchiuso fino alla morte su un'isoletta chiamata Ying Tai, la Terrazza sull'Oceano, che in realtà era in un laghetto nella Citta Proibita.
L'ultimo periodo di Tzu Hsi fu fertile di riforme. Probabilmente l'imperatrice non era affatto contraria in linea di principio alle novita, ma temeva sia di perdere il potere, sia l' arrogante presenza degli europei.
5. La fine
Il 14 novembre 1908 Guangxu morì. Il giorno dopo Tzu Hsi annuncio il nome del successore, individuato evidentemente in precedenza, tanto che si sospettò che Guangxu fosse stato avvelenato.
L'imperatrice, che si sentiva a sua volta in fin di vita per via di un ictus, aveva scelto il piccolo Puyi, passato aIla storia come l'ultimo imperatore cinese.
Il bambino era il figlio maggiore del secondo principe Chun, fratellastro dell'imperatore Guangxu. La madre era la figlia del governatore Rong Lu, grande alleato di Tzu Hsi.
Per coincidenza Tzu Hsi morì quello stesso giorno, il 15 novembre 1908, tra l'una e le tre del pomeriggio, per la Cina l'ora della Capra. Il suo funerale costò il triplo di quello di Guangxu.
Tzu Hsi lasciò un'immensa fortuna personale, circa ventidue milioni di sterline in verghe d'oro e d'argento.
Con un ultimo gesto di malizia femminile, dispose che la reggenza non passasse più a una donna. Non poté però impedire che la madre di Puyi, Longyu, diventasse un personaggio di primo piano.
Con Puyi la dinastia Ching fu dichiarata decaduta: egli rimase come "ospite di rango" nella Città Proibita fino al 1924 per poi terminare i suoi giorni, dopo l'inevitabile rieducazione, come giardiniere di quello che fu il suo palazzo.
Sua madre, Longyu, morì nel 1913 a 46 anni. Da allora la storia della Cina avrebbe cavalcato tumultuosamente fino alla rivoluzione comunista.
Ma di Tzu Hsi si sarebbe tornati a parlare. Nel luglio del 1928, a vent'anni dalla sua morte, le truppe del generale Sun Dianying, che apparteneva al nuovo partito al potere, il Kuomintang, fecero saltare con la dinamite l'accesso alle tombe del sontuoso mausoleo della dinastia Ching, nella campagna a est di Pechino.
I soldati penetrarono nelle cripte e fecero man bassa di tutti i tesori che contenevano; profanarono le tombe e poi si rivolsero contro Tzu Hsi.
La tirarono fuori dal sarcofago, a quanto pare intatta, la gettarono a terra, la denudarono, rubarono i gioielli contenuti nella bara, estrassero la grande perla che le era stata inserita in bocca, perché, secondo le credenze cinesi, il suo corpo non si decomponesse.
Un'altra grande perla che decorava la corona di Tzu Hsi venne invece regalata da Sun Dianying a Chiang Kai-shek, il leader del Kuomintang. Sarebbe finita sulle scarpe di gala di sua moglie.
Dopo il 1949, però, il complesso venne restaurato su ordine della Repubblica popolare cinese e ancora oggi costituisce uno dei monunenti più belli e importanti del Paese.