UFO: la NASA ammette 140 avvistamenti

Sono avvenuti dal 2004 al 2021, segnalati da piloti militari e da migliaia di cittadini: si tratta di “fenomeni aerei non identificati” ai quali gli scienziati non sanno dare spiegazioni.

Lo scorso maggio si è tenuta una audizione pubblica al Congresso degli Stati Uniti in cui la Marina, i servizi segreti e l’intelligence del Pentagono si sono posti ufficialmente la questione: che cosa sono questi fenomeni?

Dobbiamo avere paura?

1. Fenomeno preoccupante

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Ancora una volta, nelle stanze del potere degli USA si torna a parlare di UAP ovvero di Unidentified Aerial Phenomena, come oggi si preferisce chiamarli: termine che, a differenza del classico Unidentified Flying Object (UFO) non presuppone l’esistenza di un oggetto all’origine degli avvistamenti.

Sui misteriosi fenomeni aerei, il maggio scorso, si è infatti tenuta al Congresso una storica udienza pubblica, la prima a oltre mezzo secolo di distanza da quella sollecitata nel 1966 dal deputato repubblicano e futuro presidente Gerald Ford in risposta alle segnalazioni provenienti da decine di cittadini del Michigan, compresi alcuni poliziotti.

Protagonista, questa volta, è stata una sottocommissione dell’Intelligence Committee della Camera dei deputati di Washington. A rispondere alle domande si sono avvicendati il vicedirettore dei servizi segreti della Marina militare Scott Bray e il capo dell’intelligence del Pentagono Ronald Moultrie.

Mentre Bray riferiva come la speciale biblioteca del Pentagono sugli UFO contenga ormai oltre 400 “incidenti” inspiegabili, sugli schermi dell’aula parlamentare venivano proiettati impressionanti video di oggetti capaci di muoversi in modo “impossibile”: ondeggiando, andando su e giù o librandosi a mezz’aria per poi schizzare via con un’accelerazione che risulterebbe letale per qualunque essere umano vi si trovasse a bordo.

L’audizione ha dato seguito al rapporto preliminare redatto il 25 giugno 2021 dall’Airborne object identification and management synchronization group, la Task Force di studio del Pentagono riguardante i “Fenomeni aerei non identificati”, avvistati negli ultimi anni dai piloti americani.

Rapporto con il quale venivano resi pubblici tre sorprendenti video di oggetti destinati a diventare caposaldi nella storia dell’eterna caccia agli sfuggenti oggetti volanti: chiamati in codice Flir1, GoFast e Gimbal, erano stati ripresi fra il 2004 e il 2015 da piloti della Marina presso le coste di California e Florida.

Come ebbe a raccontare uno di loro, «non avevano ali distinguibili, né coda, né alcun getto di scarico. Sembrava che fossero consapevoli della nostra presenza, perché si muovevano tutt’intorno a noi».

Il documento citava in tutto 144 avvistamenti, avvenuti tra il 2004 e il 2021, uno solo dei quali era stato attribuito a un pallone aerostatico. Attesissimo da gran parte dell’opinione pubblica, il rapporto subito diffuso dai principali mezzi di comunicazione non aveva però fornito alcuna spiegazione conclusiva.

I funzionari dell’Intelligence non erano riusciti a giustificare in alcun modo i fenomeni aerei che avevano sconcertato scienziati e militari.

Li avevano comunque considerati attribuibili ad alcune possibili tipologie: detriti aerei, fenomeni atmosferici, velivoli segreti privati o governativi.

2. Anonimato sicuro

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Di qui la richiesta di chiarimenti avanzata da esponenti di entrambi i partiti, repubblicano e democratico, convinti che gli UAP siano un pericolo per la sicurezza nazionale.

Dalle audizioni non è però emerso nulla di concreto. Dopo aver ammesso che le indagini in corso non avevano fornito ulteriori informazioni, Moultrie ha dichiarato che i fenomeni devono essere studiati con serietà.

«Vogliamo sapere cosa c’è là fuori tanto quanto voi», ha detto, sollecitando i piloti e il personale militare a segnalare sempre quanto di insolito capiti loro di osservare.

Pieno appoggio a questa raccomandazione è giunto da Mike Gallagher, un senatore repubblicano appassionato di fantascienza come Moultrie e particolarmente sensibile alla tematica ufologica.

Gallagher ha chiesto di introdurre nel Defense Authorization Act, l’insieme di leggi federali relative alla Difesa nazionale, uno specifico emendamento che offra garanzie di segretezza agli informatori in materia di UAP.

L’anonimato dovrebbe spingere militari e piloti a condividere i dettagli dei fenomeni inspiegabili di cui sono stati testimoni senza temere le ripercussioni per l’eventuale tradimento del segreto militare.

Tale forma di protezione riguarderebbe anche i dipendenti governativi a conoscenza di informazioni riservate. Sarebbe questo un modo per dare corpo alle storiche voci sulle prove di vita extraterrestre in mano al Pentagono, da sempre cavallo di battaglia di Gallagher.

Del resto, già alcuni anni fa Arwen Nicholson e Duncan H. Forgan, due matematici dell’Università di Edimburgo, avevano avanzato l’ipotesi che i misteriosi oggetti volanti possano essere delle sonde robotiche aliene dotate di un’intelligenza artificiale avanzata che le rende capaci di viaggiare nello spazio e duplicare se stesse all’infinito utilizzando le materie prime che si trovano in qualunque sistema stellare.

 

3. Il ruolo della NASA e cinque tipologie di UAP (Unidentified Aerial Phenomena)

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Prendendo atto che, secondo l’ultimo sondaggio Gallup, il 35 per cento degli americani crede che gli UAP siano “aerei di un altro mondo”, la NASA ha deciso di prendere sul serio la questione e ha arruolato scienziati ed esperti di aeronautica del Paese, affidandone la guida all’astrofisico David Spergel, direttore del Center for Computational Astrophysics del Flatiron Institute di New York.

Obiettivo dello studio, che inizierà questo autunno e dovrebbe concludersi in nove mesi, è comprendere meglio la natura degli oggetti avvistati.

Secondo Thomas Zurbuchen, amministratore dell’ente spaziale per le missioni scientifiche, già riuscire a stabilire con certezza quali fenomeni dipendano da cause naturali rappresenta un passo fondamentale sia per la sicurezza aerea sia per la tranquillità dei cittadini.

Nella foto sotto, GIMBAL. Nome in codice di un altro UAP, sempre ripreso dai piloti della Marina statunitense nel 2015.

 

Cinque tipologie di UAP (Unidentified Aerial Phenomena)
1. Oggetti volanti convenzionali: uccelli, palloni, droni commerciali, detriti di plastica che, volando, possono essere rilevati dai sensori degli aerei.
2. Fenomeni atmosferici naturali: cristalli di ghiaccio, umidità e variazioni termiche suscettibili di creare problemi ai sistemi radar e infrarossi.
3. Programmi di ricerca governativi o privati USA: velivoli in corso di sviluppo tuttora classificati.
4. Sistemi stranieri potenzialmente ostili: droni sperimentali ipersonici inviati da potenze straniere come Russia e Cina, da altre nazioni o da entità non governative.
5. Altro: categoria generica destinata a tutti i restanti casi, visitatori alieni compresi.

Nella foto sotto, GOFAST. Nome in codice di uno UAP (Unidentified Aerial Phenomena) ripreso dalla Marina statunitense nel 2015.

4. Le macchine Epsilon e l’anello di stelle dove cercare la vita

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Finora, per cercare la vita in altre parti dell’universo ci siamo basati principalmente sulle condizioni tipiche della Terra usate come pietra di paragone.

Nulla tuttavia suggerisce che la vita altrove assomigli a quella che conosciamo.

Per questa ragione un team di ricercatori del California Institute of Technology e dei Sony Computer Science Laboratories ha deciso di ricorrere a un sistema informatico per analizzare i dati relativi ad altri pianeti, impiegando le cosiddette macchine Epsilon.

Malgrado il loro nome, non si tratta di oggetti meccanici ma di algoritmi, sofisticati strumenti matematici progettati per calcolare la complessità dei sistemi. A tal fine, i ricercatori hanno raccolto immagini della Terra riprese a distanza confrontandole con quelle degli altri pianeti del sistema solare.

I dati hanno rivelato che l’aspetto della Terra è circa il 50 per cento più complesso di qualsiasi altro mondo del nostro Sole dove la vita è assente.

Pertanto, sostengono i ricercatori, invece di limitarsi a cercare su altri pianeti tracce della presenza di ossigeno o carbonio, sarebbe più fruttuoso esaminare la complessità delle loro superfici come possibile indicatore di vita.

Astronomi dell’Università del New South Wales (Australia), guidati da Brad Gibson, hanno identificato la zona dove è più probabile trovare tracce di vita.

È una regione della Galassia, battezzata GHZ (Galactic Habitable Zone): un gruppo di stelle che si sono formate tra 8 e 4 miliardi di anni fa, posizionate su un anello a circa 26.000 anni luce dal centro galattico.

La GHZ ha tutti i requisiti che gli scienziati ritengono indispensabili allo sviluppo della vita: in particolare l’età, visto che circa i due terzi degli astri lì presenti sono più vecchi del nostro Sole, cioè risplendono da un numero sufficiente di miliardi di anni perché si inneschino i processi di evoluzione biologica.

Naturalmente, perché ciò avvenga è necessario soddisfare anche altre condizioni, come l’inclinazione dell’asse di rotazione e la distanza dalla stella madre, responsabili dell’alternarsi delle stagioni e delle temperature medie.

Quanto all’orbita, potrebbe anche non essere circolare come quella attuale della Terra. Anche se il pianeta descrivesse un’ellisse allungata, in grado di farlo viaggiare dalla “zona calda” di Venere a quella gelida di Marte, le temperature oscillerebbero fra –40°C e 76°C, con una media di 30 °C ancora accettabile.





5. Cinque grandi inchieste sugli UFO

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Dai famosi “dischi volanti” avvistati per la prima volta il 24 giugno 1947 dal pilota americano Kenneth Arnold sono state molte le occasioni in cui gli Stati Uniti hanno tentato di trovare spiegazioni in tema di UFO.

- Il dossier Schulgen
Prende il nome dal brigadiere generale George Schulgen (foto sotto), comandante delle unità aeree dell’Esercito, incaricato di svolgere rapporti preliminari su avvistamenti inspiegabili.
Lo studio, completato alla fine di luglio 1947, conclude che gli UFO sono reali oggetti volanti.

 

- Il progetto Sign
Ha formalmente inizio il 22 gennaio 1948 sotto la direzione del capitano Robert R. Sneider e si conclude l’11 febbraio 1949. Sebbene molti casi di avvistamenti siano trattati con scetticismo, anche questo studio è propenso a credere all’esistenza reale degli UFO.
I dubbi si limitano all’origine, se siano cioè aerei sviluppati da qualche branca delle stesse Forze Armate USA di cui nemmeno l’Aeronautica sa nulla oppure apparecchi stranieri, forse alimentati dallo spauracchio del tempo, l’energia nucleare.
Anche se viene avanzata l’ipotesi che alcuni avvistamenti siano di origine extraterrestre, si sottolinea la mancanza di rottami che ne provino in modo innegabile l’esistenza.

 

- Il progetto Grudge
Proseguimento del progetto Sign, si svolge tra febbraio e dicembre 1949 con la precisa direttiva da parte del Pentagono di confutare ogni teoria extraterrestre e attribuire ogni avvistamento inspiegabile a cause convenzionali.
Pur ricco di 600 pagine di relazioni, il progetto non giunge ad alcuna conclusione sull’origine del fenomeno.
Dal rapporto finale risulta invece che “l’esistenza dei dischi volanti non può essere né confermata né smentita”.

 

- Il progetto Blue Book
Avviato nel 1951, è l’ultimo studio sistematico condotto dell’Aeronautica militare sugli UFO nel territorio statunitense e in buona parte delle Americhe e dell’Europa.
Si conclude nel 1969 dopo aver analizzato 12.618 casi di avvistamento, 701 dei quali rimasti classificati come “non identificati”.

 

- Il rapporto Condon
Condotto tra il 1966 e il 1968 dall’Università del Colorado sotto la direzione del fisico nucleare statunitense Edward Condon (foto sotto), conclude che 21 anni di studi sugli UFO non hanno prodotto nulla di rilevante dal punto di vista scientifico.








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