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Vacanze sì, ma senza stress

Dopo un lungo anno di lavoro, è finalmente tempo di vacanze, relax e divertimento. Tuttavia, molti non riescono a “staccare la spina”.

Gli psicologi parlano di “stress da vacanza”, il fenomeno per il quale le ferie, da periodo di riposo, si trasformano in una fonte supplementare di stress.

Lo stress da vacanza ha due aspetti: uno riguarda l’attesa e la strutturazione del progetto vacanza, l’altro il modo in cui si vive la vacanza stessa.

È davvero facile godersi le vacanze? No, secondo gli esperti, e i motivi sono due: aspettative troppo alte e difficoltà a staccare la spina dalla vita di tutti i giorni e dal lavoro.

Complice la tecnologia, che non viene abbandonata mai!

 

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1. Aspettative esagerate

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Non è solo questione di stress da partenza o del tour de force per chiudere tutti gli impegni.

A volte c’è un eccessivo investimento nella vacanza come antitesi alla quotidianità e alle fatiche di ogni giorno.

In altre parole, la vacanza viene idealizzata come se, oltre a ristorarci, potesse magicamente cambiarci la vita e avere un effetto curativo sui problemi che ci affliggono. Questa errata valutazione, oltre che fuorviante, è indice di problemi a monte.

Se nella vita quotidiana mancano l’equilibrio e il benessere, ad esempio per problematiche personali, relazionali o lavorative, i problemi vanno presi in carico e affrontati, meglio se con l’aiuto di uno psicologo. La vacanza può rigenerarci e ricaricarci, ma non certo cambiare la nostra situazione.

Un’altra scelta delicata è quella della tipologia di vacanza: sportiva o rilassante? Se si è in coppia, date le esigenze spesso differenti, è bene concordare la scelta con il partner.

Capita spesso che prima e dopo le ferie cresca il numero dei pazienti che si rivolgono agli studi di psicoterapia, chiaro segnale di uno stress legato alle vacanze.

Chi non va in vacanza rischia danni alla salute! Lo dice una ricerca condotta nel 2012 da Nuffield Health, la maggiore onlus sanitaria del Regno Unito, in collaborazione con il tour operator Kuoni.

Come precisato dalla psicoterapeuta Christine Webber, responsabile dello studio, chi lavora non-stop per tutto l’anno è più spesso soggetto a guai psicofisici, dall’ansia alla pressione alta, da valori elevati di stress a una cattiva qualità del sonno.

 

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2. Paura di perdere il controllo

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Il secondo aspetto riguarda invece l’incapacità di “staccare completamente la spina” durante la vacanza.

I casi estremi riguardano i cosiddetti workaholics (“drogati da lavoro”), per i quali il lavoro rappresenta una vera e propria ossessione, che invade lo spazio riservato alla vita personale.

Ma spesso anche chi semplicemente investe molto nella dimensione lavorativa ha difficoltà ad entrare in una dimensione anti-performance in cui non deve far nulla se non gustare delle esperienze: ad esempio, sostare per ammirare un panorama.

Siamo così abituati a controllare mille cose che rimaniamo imprigionati in questo atteggiamento anche in vacanza. Al momento dello stacco, non riusciamo a lasciarci andare.

Temiamo infatti di perdere il controllo: se non siamo sempre all’erta e intenti a tenere d’occhio ciò che ci riguarda a 360 gradi, ci sentiamo insicuri, ansiosi e in balia di forze esterne.

È un atteggiamento legato alla vita frenetica del giorno d’oggi, tipico delle persone ansiose che trasportano questa esigenza di controllo anche in vacanza: ad esempio, con una programmazione rigida e ossessiva di tutte le tappe.

Da qui ha origine la difficoltà a lasciarsi andare e a spostare il focus dall’esterno a dentro se stessi: fermarci a contemplare ciò che ci circonda implica infatti saperci isolare per un attimo dal fuoco di fila delle nostre attività, dai programmi e dalle ansie per il domani, per soffermarci sull’attimo che stiamo vivendo e sulle nostre sensazioni.

Spesso, chi in vacanza non riesce a fermarsi a contemplare il panorama non è in grado di farlo, in senso lato, neppure nella vita quotidiana, complice la società sempre più “liquida” in cui viviamo.

La definizione di “società liquida”, coniata dal sociologo polacco Zygmunt Bauman, definisce una società sempre più interconnessa, dai ruoli sempre più indefiniti, in cui tutto è accessibile subito e in ogni istante.

Le caratteristiche di questa società sono l’utilizzo massiccio dei media, la costante reperibilità, il doversi mostrare a tutti in qualsiasi momento e l’apparire come valore.

 

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3. Quella smania di condividere

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Spesso, infatti, fermarsi a contemplare il panorama significa semplicemente sollevare lo sguardo dagli schermi di pc, tablet o smartphone.

Al contrario, la tendenza attuale più diffusa è quella di vivere la vacanza per poterla fotografare e condividere sui social media, postando in ogni momento dove ci si trova e cosa si sta facendo.

Questa attitudine distoglie dall’esperienza presente, dal vivere il momento, dal sentire come ciò che ho davanti risuona in me. In un attimo non si è più nell’esperienza, si è incapaci di interiorizzarla, in quanto impegnati a condividere in remoto.

Fra notifiche, messaggi e applicazioni, la priorità va allo strumento tecnologico anziché alle persone che ci stanno vicine, cioè a coloro che stanno concretamente condividendo con noi l’esperienza.

Se poi non arrivano i “mi piace” o i follower si trovano in luoghi ancor più “in”, ecco innescarsi una gara alla performance, proprio come avviene nella vita quotidiana.

Insomma, senza accorgersene, si finisce per portarsi dietro le stesse modalità del lavoro: digitare sulla tastiera, navigare su Internet, rispondere ai messaggi a ritmo serrato e via dicendo.

Soffermarsi a contemplare un paesaggio significa invece vivere l’esperienza nella sua pienezza, assaporare le sensazioni che il luogo ci regala. Essere in un luogo solo per testimoniare di esserci stati diminuisce la forza dell’esperienza, impedendo di portarsela dentro.

Al rientro non avremo dentro di noi i luoghi visitati, né avremo interiorizzato quell’esperienza come un vero stacco. Tristemente, avremo “lavorato” e trascurato noi stessi.

 

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4. Tilt energetico

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Come un computer “va in bomba” se gli facciamo svolgere contemporaneamente troppe funzioni, allo stesso modo il nostro cervello va in tilt energetico se rimaniamo con troppi processi mentali aperti.

Da qui la necessità di una vacanza vissuta come stacco totale, che rivitalizzi il corpo e funga da reset per la mente.

Eppure, un sondaggio di Allianz Global Assistance ha rivelato che il 56 per cento degli americani non va in vacanza e che il 61 per cento di coloro che ci vanno non stacca completamente perché continua a lavorare o rimane in contatto con il posto di lavoro tramite computer o telefonino.

Essere multitasking fuori dall’ambito lavorativo è molto dispendioso per il cervello. Equivale infatti ad avere molti processi attivati, con la mente che non si ferma mai.

A essere impegnato è soprattutto il lobo frontale, la nostra parte più evoluta e razionale che ci caratterizza come esseri umani, preposta al ragionamento, alla pianificazione, alle decisioni e alla performance intellettuale: insomma, non è certo con questa parte del nostro cervello che assaporiamo davvero l’esperienza della vacanza.

Inoltre, lo stress cronico provoca il rilascio di cortisolo, l’ormone dello stress che, ad alti livelli, rischia di danneggiare l’ippocampo, parte del cervello preposta all’apprendimento e alla memoria.

Per contro, staccare e contemplare la natura ha un’azione rigenerante a livello neurofisiologico: attiva il sistema limbico, la nostra parte più antica deputata alle emozioni, e il rilascio di endorfine, i neurotrasmettitori del benessere.

Se dobbiamo lavorare per forza, ritagliamoci almeno fasce orarie protette. La crisi economica, o situazioni particolari, possono imporci di portare del lavoro in vacanza. Se non possiamo farne a meno, è indispensabile trovare delle soluzioni di compromesso che ci consentano comunque degli stacchi in relax.

Consapevoli che sarà una vacanza a metà, nei limiti del possibile, cerchiamo di dividere i momenti lavorativi da quelli di svago alternandoli per giorni o orari, ad esempio organizzando un momento della giornata per i contatti telefonici e ritagliandoci delle “fasce protette” da dedicare al riposo.

È importante che il lavoro venga svolto in un contesto che dia il massimo in termini di benessere e rilassatezza e che la vacanza, strutturata in modo funzionale, possa ugualmente risultare rilassante e rigenerante.

 

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5.

9 consigli per una vacanza senza stress-300x180

Ecco i nove consigli che l’Agenzia per il Lavoro Italiana (ALI) dà ai lavoratori in partenza per un periodo di riposo.

  1. Organizzate bene la partenza e il rientro, cercando di concludere gli impegni prima di partire. Trascorrerete la vacanza con la mente libera, senza stressarvi subito al ritorno.
  2. Se possibile, concedetevi almeno due settimane di ferie. Rispetto al “mordi e fuggi”, uno stacco più lungo aumenta del 60 per cento il benessere psicofisico.
  3. Stop al telefonino e alle email e all’ingerenza dei contatti lavorativi in vacanza.
  4. No all’eccessiva pianificazione, già propria del periodo lavorativo.
  5. Spazio alle sane dormite. Dormire aiuta corpo e mente a rigenerarsi e a recuperare dei cicli di sonno regolari.
  6. Bando alla pigrizia. Un conto è dormire bene, un altro impigrirsi, perdendosi le opportunità di divertimento e socializzazione.
  7. Fate movimento. L’attività fisica è fra i migliori anti-stress!
  8. Valorizzate le occasioni sociali. La vacanza è un’ottima occasione per nuove amicizie, nuovi amori o per godersi la famiglia.
  9. Condividete i momenti belli, più che mai con il partner. Serve a cementare la relazione e a smaltire lo stress di coppia.

 

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