Il turismo di massa è un fenomeno relativamente recente che si è affermato a partire dagli anni Cinquanta.
L’umanità ha sempre viaggiato fin dall’antichità e poi nel Medioevo: esistevano centri di villeggiatura e città termali per le classi privilegiate, mentre le strade erano battute da mercanti, artisti, predicatori e avventurieri.
Con la diffusione del Cristianesimo e dell’Islam sarebbe diventato rilevante il pellegrinaggio, ossia il viaggiare per motivi religiosi avendo come destinazione un luogo ritenuto sacro, come Gerusalemme, Santiago de Compostela e La Mecca.
Verso la fine del sedicesimo secolo si sviluppa una nuova concezione di viaggio, caratterizzata dalla curiosità per i luoghi lontani e dal desiderio di avventura e divertimento.
È in questo periodo che prende piede il Grand tour, viaggio d’obbligo per i rampolli delle famiglie aristocratiche inglesi e tedesche, che solitamente aveva come meta la Spagna, l’Italia e la Grecia, ossia quell’Europa meridionale così affascinante, ma soprattutto così diversa da quella di origine.
Per la comparsa del turismo moderno bisogna però aspettare la seconda metà del diciannovesimo secolo quando, sfruttando le potenzialità offerte dal treno, Thomas Cook inventa il viaggio organizzato, trasformando di fatto questa attività in un’industria che, a partire dal secondo dopoguerra, diventa sempre più più fiorente.
L’aumento del benessere e uno stato sociale che garantisce ferie pagate e pensioni di anzianità da un lato, la crescita della popolazione urbana e il desiderio di evadere dallo stress della vita urbana dall’altro, fanno sì che il turismo possa ormai essere considerato di massa.
Il diffondersi della cultura dell’automobile e la nascita delle compagnie aeree low cost sono gli ultimi passaggi che hanno reso il viaggio davvero alla portata di tutti.
Si può dire senza ombra di dubbio che il turismo permetta di conoscere altre culture e superare stereotipi e luoghi comuni: da questo punto di vista, dovremmo augurarci che sempre più persone abbiano la possibilità e la libertà di praticarlo.
Ma, allo stesso tempo, quanto più diventa di massa, tanto più esso può avere un impatto ambientale e sociale distruttivo. Per questo motivo dobbiamo essere coscienti delle nostre scelte anche quando viaggiamo e scegliamo una destinazione, la modalità con cui ci spostiamo e quella con cui ci relazioniamo con la realtà locale.
Viaggiare e soggiornare in modo sostenibile: ecco alcuni suggerimenti per rendere le nostre vacanze ancora più ecologiche.
1. Prepararsi prima della partenza
Innanzitutto ricordiamoci che il viaggio inizia sempre prima di partire.
Di conseguenza, informiamoci sul luogo che visiteremo e sulla cultura con cui entreremo in contatto.
La conoscenza di un vocabolario essenziale della lingua del posto (oltre che delle forme di saluto e di relazione) ci tornerà utile durante la vacanza, sarà apprezzata come un gesto di rispetto, ma soprattutto ci renderà agli occhi della popolazione locale più simpatici e benvenuti.
Consumare criticamente:
- Per essere sostenibile, il turismo dovrebbe essere avviato insieme alle comunità locali, dando loro voce in capitolo sulle modalità di sviluppo.
Spesso non è così, e come accennato poco prima, non è raro che hotel, ristoranti e bar siano di proprietà di investitori stranieri, mentre la popolazione locale al massimo viene impiegata in lavori poco qualificati, stagionali e mal pagati. In altre parole, della maggior parte del denaro speso dai turisti l’economia locale raccoglie solo le briciole. - Quando arriva il momento di scegliere dove dormire o mangiare, è sempre meglio privilegiare attività commerciali o alberghiere gestite e di proprietà di gente del posto. Esistono varie possibilità di pernottamento come agriturismi e bed and breakfast, che tra l’altro consentono di conoscere più da vicino i locali e avere informazioni di prima mano su cosa vedere e cosa fare.
- Mangiamo cibo locale e consumiamo alimenti prodotti a partire da ingredienti stagionali: è molto più probabile che i ristoranti e le trattorie tipiche offrano cibo a chilometro zero.
- Per quanto riguarda i nostri acquisti il discorso non cambia. Il turismo di massa causa la commercializzazione dell’artigianato locale, prodotto in forma industriale e in serie. Quindi, quando vogliamo comprare un souvenir, andiamo a cercare i veri artigiani locali e facciamo da loro i nostri acquisti.
- Andando in giro per mercati e mercatini, è possibile che i commercianti chiedano un prezzo leggermente più alto di quello che ci aspettiamo. Evitiamo di contrattare troppo e accettiamo questa piccola forzatura. Chiediamoci sempre nelle tasche di chi quel denaro farà davvero la differenza, quelle di noi turisti o quelle del venditore.
2. Free tour, una nuova moda si aggira per l'Europa e le vacanze di conoscenza
Solitamente un giovane viaggiatore non partecipa a dei tour organizzati, sia perché si sposta spesso con un budget ridotto, sia perché probabilmente non è interessato a percorsi che mostrano il lato patinato della città e nascondono la realtà sociale del Paese.
Un’alternativa sempre più diffusa nelle maggiori città europee è quella dei free tour.
Queste visite sono solitamente senza un prezzario e lasciano la libertà ai visitatori di pagare a seconda delle proprie disponibilità.
Rispetto a una visita organizzata, i free tour hanno solitamente una natura più informale, ma non necessariamente amatoriale, visto che spesso le guide sono laureate in architettura, storia o altre discipline umanistiche.
Le visite sono gestite da persone interessate a mostrare i tesori più nascosti e meno battuti della propria città, ma in molti casi sono un’opportunità per giovani precari o disoccupati di avere una entrata sicura.
I free tour più gettonati sono solitamente legati alla storia della città, ma non mancano le variazioni sul tema: tour in bicicletta, tour ecosociali per conoscere la città da un punto di vista ecologico ecc.
Ora esiste anche un network di tour gratuiti presenti in alcune città europee (unitedeuropefreetours.com), anche se iniziative simili ma indipendenti da questa rete iniziano a nascere più o meno ovunque.
Ma le vacanze di conoscenza? La vacanza intesa come un momento di crescita personale offre varie opportunità.
La più comune è il campo di lavoro, ossia un periodo di almeno 1 settimana o 10 giorni in cui si può lavorare a un progetto sociale, culturale e ambientale in un altro Paese o continente. I campi di lavoro si svolgono solitamente in collaborazione con organizzazioni e attivisti locali.
Prendere parte a un campo di lavoro significa aiutare loro e sostenere le loro attività, dato che una parte della nostra quota di partecipazione viene devoluta alla struttura ospitante. Si tratta di un’ottima opportunità per conoscere realtà difficili come quella delle favelas in Brasile o dei campi profughi in Palestina.
Se vogliamo una vacanza all’insegna dell’ecologia, prendiamo in considerazione il soggiorno presso degli ecovillaggi, comunità di persone che decidono di vivere insieme ispirandosi ai principi di solidarietà, aiuto reciproco e sostenibilità ambientale.
Solitamente queste strutture tentano di essere autosufficienti per ciò che riguarda l’energia e il cibo attraverso fonti alternative e orti comunitari, e molti ecovillaggi offrono vitto e alloggio in cambio di un aiuto nelle varie mansioni.
Soggiornarvi può essere un’esperienza radicalmente nuova, utile per ricordarci che esistono tanti possibili modi di vivere, né migliori né peggiori, semplicemente diversi dal nostro.
Lo WWOOF (http://www.wwoof.net/) offre invece un’opportunità a chi vuole trascorrere un periodo di tempo in una fattoria biologica, ricevendo vitto e alloggio in cambio dell’aiuto nel lavoro quotidiano. Esistono fattorie del circuito WWOOF in tutto il mondo.
Infine, per chi vuole viaggiare ed entrare in contatto con le persone del posto, esistono vari social network in cui, una volta iscritti, trovare (e a propria volta offrire) ospitalità gratuita, o anche solo fare nuove conoscenze per una passeggiata, un caffè e una chiacchierata.
Il progenitore di questi social network è Hospitality club (www.hospitalityclub.org), negli ultimi anni ormai superato per popolarità ed efficacia da Couchsurfing (www.couchsurfing.org).
L’ultimo arrivato è invece Bewelcome (www.bewelcome.org), portale gestito interamente da volontari in maniera aperta e democratica.
3. Limitare il proprio impatto ecologico
Organizziamo in modo responsabile la nostra vacanza e privilegiamo sempre attività a basso impatto ecologico come passeggiate, escursioni, visite a musei o gite in bicicletta.
Noleggiamo un’auto solo se è davvero necessario, altrimenti utilizziamo i mezzi pubblici locali.
Cerchiamo inoltre di consumare le risorse del posto in modo responsabile ricordandoci che molte località soffrono grandi disagi proprio a causa del turismo.
Nei periodi di maggiore affluenza i residenti raddoppiano, il che causa penuria di acqua o problemi nello smaltimento dei rifiuti.
Pertanto è buona norma non sprecare acqua e limitare il ricorso a prodotti «usa e getta».
Mai e poi mai dovremmo raccogliere oggetti ricordo, nemmeno una semplice pietra, conchiglia o pezzo di corallo, e men che meno acquistare esemplari di specie minacciate.
Informiamoci sui problemi ecologici della zona che ci apprestiamo a visitare e comportiamoci di conseguenza.
E ricordiamoci sempre che, una volta tornati a casa, l’esperienza va vontinuata.
Ebbene sì, l’esperienza di viaggio continua anche quando ritorniamo a casa: basta prendere in considerazione l’idea di sostenere organizzazioni dei diritti umani e ambientali del Paese da cui siamo appena tornati.
4. Rispettare la cultura altrui
Non meno pericoloso dell’impatto ambientale è quello culturale e sociale del turismo.
Il turismo di massa ha infatti la capacità di mercificare la cultura locale, privarla dei suoi aspetti più genuini e profondi e trasformarla in un prodotto a uso e consumo del turista.
Per esempio, sull’isola di Bali vengono organizzati finti matrimoni e funerali come fossero spettacoli a tutti gli effetti, svuotando così di significato questi importanti momenti comunitari.
Dalla svendita delle proprie tradizioni, spesso le comunità indigene traggono ben pochi vantaggi: è il caso delle etnie Masai e Turkana in Kenya e in Tanzania, ridotte a semplici comparse da esibizioni che arricchiscono soltanto l’industria del viaggio.
Il turismo convenzionale ha dunque la pericolosa capacità di ricreare realtà fittizie fatte di miti e stereotipi che spesso hanno ben poco a che vedere con la realtà.
Per questo motivo è importante, mentre viaggiamo in altri Paesi a contatto con altre culture, andare alla ricerca di quella locale nascosta dietro le coreografie da cartolina.
Al stesso tempo, è importante che anche il viaggiatore dia una rappresentazione veritiera di se stesso e del proprio Paese.
In molte parti del mondo lo stile di vita occidentale è conosciuto solo attraverso la televisione e il cinema commerciale, di conseguenza è importante demistificare l’immagine patinata offerta dai mass media, e mostrare come i problemi sociali e ambientali del luogo da cui si proviene non siano così diversi da quelli del posto che si sta visitando.
Quando lo stile di vita e le tradizioni locali sono diverse dalle nostre o addirittura non condivisibili, evitiamo atteggiamenti paternalisti e giudizi affrettati.
Adattiamoci agli standard del posto in cui abbiamo scelto di andare e non pretendiamo le stesse comodità che abbiamo a casa nostra.
Infine un accorgimento a cui spesso non prestiamo attenzione: non mostriamoci invadenti con lo smartphone o la videocamera e chiediamo sempre il permesso ai diretti interessati prima di scattare una foto.
5. Il viaggiatore responsabile
Non è solo il mezzo di trasporto con cui lo facciamo a rendere il nostro modo di viaggiare ecologico.
I luoghi che visitiamo, le attività che realizziamo, la nostra relazione con le comunità locali, tutti questi fattori contribuiscono a rendere un soggiorno lontano da casa più o meno sostenibile.
Spesso si crede che il turismo contribuisca al benessere delle comunità locali, soprattutto di quelle dei Paesi svantaggiati.
Se per un verso può essere vero, in molti casi è proprio il contrario:
- spesso la ricchezza generata dall’arrivo di viaggiatori e vacanzieri è inferiore al denaro speso nello stesso periodo dai governi per attrarre e ricevere visitatori;
- inoltre, se grazie all’industria turistica vengono costruite infrastrutture di cui potrebbero beneficiare anche le popolazioni, come aeroporti internazionali o strade che conducono a località di villeggiatura, allo stesso tempo molte di queste sarebbero di norma secondarie rispetto a progetti “educativi o a una salute pubblica e gratuita;
- infine, quasi mai è la popolazione indigena a godere delle ricadute economiche generate dal turismo: spesso solo una minima parte del costo di una vacanza concorre ad arricchire l’economia del luogo.
In molti Paesi l’industria del viaggio destina i lavori più umili ai locali, mentre i compiti più appaganti (e remunerati) come il coordinamento e la gestione delle attività turistiche vengono affidate a personale straniero.
Questa industria, del resto non sembra preoccuparsi molto delle conseguenze del suo operato: il suo obiettivo è realizzare profitti, non necessariamente attraverso lo sviluppo dell’economia locale o la salvaguardia delle risorse naturali.
Tocca a noi come clienti e viaggiatori mostrarci esigenti, riflettere sulle nostre abitudini di viaggio e rendere la nostra vacanza a basso impatto sociale ed ecologico.