Visitati da centinaia di migliaia di turisti ogni anno, conosciuti in ogni parte del mondo, quelli dell’Egitto antico sono tra i siti archeologici più ammirati del Pianeta.
I resti dei templi, la favolosa Valle dei Re, le enormi piramidi, lasciano ancora sbalorditi per la loro grandiosità.
Una vera e propria impresa se si pensa che gli Egizi non potevano avvalersi di una tecnologia avanzata.
Tutto era fatto con la sola forza lavoro degli operai (per costruire il complesso monumentale di Giza si calcola che siano stati impiegati 30 mila uomini) e con pochi semplici strumenti in rame, l’unico metallo di cui essi disponevano per forgiare i loro attrezzi.
Perché un tale sforzo? I monumenti sono la materializzazione del pensiero e della filosofia di questo popolo. Cosa pensavano dell’aldilà, come celebravano la loro grandezza, come adoravano i loro dei.
Ammirarli è il modo migliore per entrare nella testa e nell’anima di una delle più straordinarie civiltà antiche. Ecco le 5 tappe che non si possono perdere.
1. Le maestose piramidi di Giza
Le maestose piramidi di Giza sono il simbolo dell'Egitto.
Le grandi piramidi che si ergono maestose dalle sabbie del deserto sono uno spettacolo grandioso, ammirato e visitato da milioni di turisti.
Fino a oggi gli archeologi ne hanno rinvenute almeno novanta, costruite nei quaranta chilometri di deserto, tra i sobborghi dell’odierna città del Cairo e l’oasi del Fayum, in un arco temporale di circa mille anni (dal 2700 al 1700 a.C.).
Le più note sono probabilmente quelle della piana di Giza, ovvero le tre piramidi di Cheope, Chefren e Micerino. Ma quale era la loro funzione?
Erano tombe monumentali, che costituivano il cuore di un complesso funerario ben più articolato, composto, oltre che dalla piramide vera e propria, da un tempio a Valle, da una Rampa Processionale e da un tempio Funerario.
Quando un faraone moriva il suo corpo veniva trasportato con una barca rituale, da una sponda all’altra del Nilo e poi, lungo un canale artificiale, fino a una banchina nei pressi del tempio a Valle.
Qui iniziavano i preparativi per la mummificazione della salma. Settanta giorni dopo, il corteo funebre, preceduto dai sacerdoti che cantavano gli antichi inni, percorreva la Rampa Processionale, una lunga strada coperta verso il tempio Funerario.
Questo era il luogo adibito al culto del re defunto, dove venivano lasciati in offerta cibo e bevande affinché l’anima del sovrano avesse il necessario per la sua esistenza ultraterrena.
Al termine del funerale il corpo del faraone e tutto il suo prezioso corredo venivano trasportati nella camera mortuaria e poi l’ingresso della piramide veniva sigillato.
All’interno del muro di cinta, tutt’intorno alla grande costruzione piramidale, c’era un campo di tombe più piccole, nelle quali erano sepolti i funzionari e i membri della famiglia reale.
C’era anche una piramide secondaria in cui venivano probabilmente custoditi i vasi canopi, con le viscere tolte al re durante la mummificazione.
2. Valle dei Re, le dimore eterne dei faraoni e delle regine
Di fronte alla città di Tebe, sulla riva opposta del grande fiume sacro agli egizi, si trovavano le necropoli reali, due tra i luoghi più misteriosi dell’antichità.
Scavate nella roccia calcarea delle montagne che bordavano la riva del Nilo, le tombe di sovrani, principi e principesse erano concentrate in due siti.
La Valle dei Re racchiude decine di tombe, appartenenti a faraoni della XVIII, XIX e XX dinastia.
Esse hanno quasi tutte la stessa struttura, che comprendeva una scala, un corridoio sul quale si aprono diverse sale secondarie e la camera sepolcrale, detta “Sala d’oro”, il luogo che ospitava il sarcofago del faraone. Il tutto interamente scavato per un centinaio di metri all’interno della montagna.
Le pareti venivano riccamente dipinte e decorate con bassorilievi policromi con scene e testi tratti da libri funerari e all’interno venivano lasciati immensi tesori, che dovevano servire al sovrano per il lungo viaggio nell’aldilà.
La costruzione della tomba era una delle principali preoccupazioni dei faraoni in vita. Gli architetti, i pittori, gli scultori e gli operai, che venivano impegnati nei lavori per anni, risiedevano nel vicino villaggio di Deir el-Medina, di cui rimangono le rovine delle case e di un tempio.
Uno speciale corpo di soldati, la polizia della necropoli, aveva il compito di ispezionare gli ingressi continuamente e controllare che i sigilli messi al momento della sepoltura non venissero violati.
Nonostante questo, quasi tutte le tombe furono profanate da ladri, che probabilmente già a quell’epoca avevano iniziato a depredarne i tesori.
I sacerdoti per salvare le spoglie mortali dei loro sovrani furono costretti a spostare i corpi di alcuni faraoni all’interno di grandi nascondigli, il più famoso dei quali è quello di Deir el- Bahari.
L’unica sepoltura ritrovata intatta fu quella di Tutankhamon, che conteneva un tesoro con oltre 3500 oggetti del corredo funerario. Una delle tombe più straordinarie è quella di Sethi I.
Non solo è la più bella della Valle dei Re, ma anche la più lunga, con i suoi oltre cento metri di cunicoli, corridoi e stanze scavate nella roccia.
Degno monumento funerario di uno dei più importanti faraoni dell’intera storia dell’antico egitto, che morì nel 1279 a. C., all’età di cinquant’anni, lasciando nelle mani del figlio Ramses II un regno prospero e potente.
La sua scoperta, nel 1817, si deve all’italiano Giovanni Battista Belzoni, che fu una delle più straordinarie figure della storia dell’archeologia.
Tra le sue imprese bisogna ricordare la scoperta dell’ingresso della piramide di Chefren a Giza, l’esplorazione del tempio di Abu Simbel, quasi interamente ricoperto dalla sabbia, e il ritrovamento di almeno sei tombe nella Valle dei Re.
All’interno di quella di Sethi I non rinvenne però tesori e nemmeno la mummia del faraone, che era stata trasferita dai sacerdoti nel nascondiglio di Deir el-Bahari, perché i ladri l’avevano saccheggiata di tutto, ma i muri erano coperti di straordinarie decorazioni con rappresentazioni e testi tratti dai libri funebri, mentre sul soffitto era rappresentato il cielo stellato dove navigano le due barche solari.
Le tombe destinate alle spose reali, a principi, principesse e alti dignitari di corte si trovano, invece, soprattutto nella Valle delle Regine. Se ne contano più di un centinaio e la loro struttura può essere divisa in due tipologie.
I pozzi funerari, un profondo buco in cui veniva calato il corpo protetto da un sarcofago e le grandi tombe dell’epoca ramesside, che presentavano un modello simile a quello rinvenuto nella vicina Valle dei Re, sebbene di dimensioni più modeste.
Il primo a condurre scavi sistematici nella Valle delle Regine fu l’italiano Ernesto Schiaparelli, direttore del museo di Torino, che tra il 1903 e il 1906 portò alla luce le tombe più importanti di questo sito, compresa la tomba della regina Nefertari, la sposa più amata dal grande Ramses II.
Anche in questo caso al suo interno non fu ritrovato molto: la mummia era stata trafugata e il suo corredo funerario rubato già in epoca antica. ma le pitture parietali lasciano senza fiato per la loro ricchezza e bellezza.
3. Karnak e Luxor: il trionfo dell’architettura egizia
L’odierna Luxor era l'antica città di Tebe, che durante le dinastie succedutesi nel periodo di passaggio tra il medio e il nuovo Regno raggiunse un tale livello di splendore e raffinatezza da diventare uno dei centri politici e religiosi più importanti della civiltà egizia.
Le rovine che circondano oggi Luxor, riescono ancora a testimoniare i lustri del passato in quanto sono i resti dei templi più grandiosi della civiltà egizia: il complesso religioso di Karnak, il più grande del mondo, e il tempio di Luxor, a esso collegato tramite il magnifico “Viale delle sfingi”.
Karnak è un complesso di tre templi, ognuno dei quali protetto da una cinta muraria. Il tempio principale era dedicato al dio Amon-Ra, il padre degli dei, che con la sua infinita e incommensurabile potenza donava la vittoria, la forza e la ricchezza.
L’edificio nel complesso segue lo schema classico: entrata monumentale, grande cortile, il più ampio d’Egitto (103m x 83m), sala delle colonne, sala delle offerte, sala della barca sacra, il Sancta Sanctorum, luogo della statua del dio Amon, accessibile solo al faraone e a pochi sacerdoti, e tutto l’insieme è scandito da sei piloni.
Il lato sud del tempio di Amon è unito al tempio della dea Mut, moglie di Amon, da un viale di sfingi dall’aspetto animalesco, mentre ciò che resta del tempio di Montu, il dio della guerra, si trova, ridotto in un cattivo stato di conservazione, all’esterno della recinzione, sul lato nord del grande tempio principale.
Il tempio di Luxor è collegato al grande tempio di Karnak dal “Viale delle sfingi”, ove un tempo avveniva la processione in onore di Amon-Ra. L’ideazione di Luxor si deve al faraone Amenofi III e al suo architetto Amenhotep, figlio di Hapu.
Modifiche successive furono apportate da Akhenaton, Tutankhamon, Ramses II. Quest’ultimo non resistette all’idea di lasciare anche qui, come in molti altri luoghi dell’Egitto, una traccia indelebile del suo passaggio e delle sue glorie.
Fece quindi aggiungere alla struttura già esistente un cortile porticato, sorretto da 72 colonne decorate disposte su due file, e un enorme pilone (il torrione in pietra che inquadra il portale di ingresso del tempio) sulle cui pareti sono rappresentate scene della celebre battaglia di Qadesh, combattuta da Ramses contro gli Ittiti.
Il tutto preceduto da sei statue colossali con le sue sembianze e da due obelischi. Di questi oggi ne è visibile uno solo, poiché l’altro si trova dal 1836 in Place de la Concorde, a Parigi.
4. Abu Simbel, il simbolo della grandezza di Ramses II
Il grande tempio di Abu Simbel è considerato il capolavoro del grande faraone Ramses II.
Le quattro colossali statue, alte venti metri e interamente scolpite nella roccia, che all’ingresso rappresentano il sovrano seduto, sono ormai diventate un’icona.
Scavato per oltre sessanta metri dentro il ventre di un’altura di arenaria, Abu Simbel, che era dedicato a tre grandi dei, Amon, Ra e Ptah, porta all’interno della montagna gli elementi architettonici classici del tempio egizio.
Pochi anni dopo la sua costruzione fu gravemente danneggiato da un terremoto, che lesionò e sgretolò pilastri e statue. Alcuni secoli dopo la morte di Ramses, ormai abbandonato, la sabbia del deserto lo inghiottì lasciando scoperte solo le teste e le spalle delle grandi statue dell’ingresso.
Fu così che lo trovò nel 1813, lo svizzero Johann Ludwing Burckhardt, che si era recato nella zona per visitare altri monumenti.
Da quel momento dovettero passare ancora quattro anni prima che l’italiano Giovanni Battista Belzoni, dopo mesi di lavoro insieme a un gruppo di operai, riuscisse a farsi strada tra la sabbia che ricopriva il portale, rimettendo, primo uomo dopo migliaia di anni, piede all’interno del santuario.
Come per File, il vero pericolo per la sorte del tempio al quale Ramses aveva delegato la testimonianza della sua potenza e della sua origine divina, doveva però ancora arrivare.
Sopravvissuto a un terremoto, quasi interamente ricoperto dalla sabbia per secoli, ora rischiava di essere sommerso per sempre da una vera e propria valanga d’acqua.
Nel 1960, infatti, l’Egitto aveva iniziato i lavori per la costruzione della grande diga di Assuan, che avrebbe creato un enorme lago artificiale, lungo circa 500 chilometri, in grado di irrigare e rendere fertile una zona fino a quel momento improduttiva.
Un progetto che rischiava di cancellare per sempre Abu Simbel, nel frattempo diventato famoso in tutto il mondo. Fu l’UNESCO a lanciare il grido d’allarme, che si trasformò in una vera e propria campagna di salvataggio a opera di una cordata di 113 paesi che misero a disposizione mezzi, denaro e tecnologia.
I lavori durarono cinque anni e videro impegnati oltre duemila uomini, tonnellate di materiali e uno sforzo tecnologico che aveva pochi precedenti nella storia dell’archeologia.
Il tempio di Abu Simbel fu smontato pezzo per pezzo e ricostruito 180 metri più nell’entroterra, con un innalzamento del terreno di 65 metri rispetto al livello precedente.
I blocchi, ciascuno siglato e numerato per ridargli l’esatta posizione, furono riassemblati con precisione, rispettando persino l’orientamento e la posizione sul nuovo corso del Nilo, dettato dallo sbarramento di Assuan.
5. Deir el-Bahari, il tempio della regina faraone
Il protagonista indiscusso di Deir el-Bahari è il magnifico tempio che fece edificare la regina Hatshepsut, della XVIII dinastia.
Sposata al faraone Thutmosi II, Hatshepsut divenne reggente alla precoce morte di quest’ultimo, conquistando in poco tempo l’amore del popolo e una devozione assoluta.
Era benvoluta dal figliastro Thutmosi III, che però relegò nell’ombra regnando per molti anni al posto suo, e godeva dell’ingegno dell’architetto Senmut, autore del tempio di Deir el-Bahari.
Quest’ultimo, un uomo di umili origini, fu probabilmente il suo amante e per questo fece una carriera folgorante, ricoprendo importanti funzioni a corte. L’edificio, che si fonde mirabilmente con la montagna, è costituito da tre terrazze collegate da un’imponente rampa.
La prima terrazza ospita due portici, con raffigurazioni legate alla caccia, alla guerra e al trasporto degli obelischi dalle miniere di Assuan al tempio di Karnak. I colonnati della seconda terrazza sono il “portico della nascita” e il “portico di Punt”.
Il primo narra il concepimento e il momento in cui la regina venne al mondo, sotto gli influssi magici e divini dell’Enneade e del dio Amon-Ra.
Il secondo raffigura il mitico viaggio a Punt (una terra di cui ancora non si conosce l’esatta ubicazione) dove la regina si recò a capo di una spedizione commerciale, che fruttò oro, zanne di elefante, giraffe, scimmie, legno pregiato e alberi di incenso.
La terza terrazza, alla quale potevano accedere solo la regina e pochi eletti, ospita il tempio, che termina con il Sancta Sanctorum, dove il faraone-donna entrava in comunione con il dio Amon e riceveva i segreti e i misteri più profondi dal padre degli dei egizi.
Vicino al tempio, sul lato sud, nel 1881 fu rinvenuto uno dei più famosi nascondigli di faraoni.
I sacerdoti, per difendere le spoglie mortali dei sovrani dai tombaroli dell’epoca, erano costretti a spostarle in continuazione dalle necropoli della Valle dei Re per metterle al sicuro in luoghi segreti, dove non potevano essere scoperte.
Quell’anno ci si accorse che all’interno di un pozzo profondo dodici metri era stato scavato un lungo corridoio, al termine del quale si apriva una sala contenente le mummie di faraoni e regine del nuovo Regno. Tra le più celebri quella di Thutmosi III, Sethi I e Ramses II.