Sassicaia, Domaine de la Romanée-Conti, Champagne P3 di Dom Pérignon: sono brand di vini pregiati che i collezionisti si contendono a colpi di centinaia di migliaia di euro.
Forse converrebbe anche a noi investire in questo mercato visto che promette ottimi guadagni. Attenzione però: improvvisare è sconsigliato. Bisogna essere davvero esperti di vino.
Stando agli esperti, 100 sterline investite in fine wine (vino di pregio) nel 1952 ora varrebbero oltre 400mila sterline. Lo stesso investimento fatto nel mercato azionario oggi varrebbe circa 100mila sterline.
Il mercato dei vini pregiati è uno dei più interessanti trend di questi ultimi anni e uno dei pochi settori che ha garantito buone performance. Ciò non significa che sia alla portata di tutti, al di là del potere di acquisto.
Per muoversi in questo settore occorre conoscere il vino in modo approfondito, da veri professionisti. Quindi sapere quali sono le bottiglie che il mercato è disposto a comprare, pagandole meglio.
Inoltre occorre saper prevedere quando una certa bottiglia avrà raggiunto il suo perfetto livello di maturazione e quando il mercato sarà disposto a pagarla la cifra più alta.
1. Asset alternativo, vini da investimento e tiratura limitata
Ma partiamo dai concetti fondamentali. In linea puramente teorica si può investire su tutto. Gli asset tradizionali sono i fondi comuni, le azioni, le obbligazioni e in generale tutti gli strumenti del mercato finanziario.
Ora, accanto a questi strumenti tradizionali, ne esistono altri definiti “alternativi”. La loro caratteristica fondamentale, e il motivo della loro crescente popolarità, è quella di non essere correlati con l’andamento dei mercati tradizionali.
Ciò vuol dire che, anche in caso di una crisi generalizzata che può colpire diversi settori produttivi e finanziari, questi strumenti alternativi possono garantire un buon margine di redditività.
Tra questi asset alternativi ci sono appunto i vini pregiati che, oltre a “garantire” un elevato rendimento, hanno anche il vantaggio di offrire alcuni benefici fiscali. Come per qualsiasi altro settore vale anche qui la regola aurea: diversificare gli investimenti per ridurre il rischio.
Sia chiaro. Non tutti i vini in commercio possono diventare oggetto di investimento. Anzi, al contrario, sono decisamente poche le etichette in circolazione che si prestano a queste particolari azioni.
Giusto per dare qualche numero, fatto 100 la produzione mondiale di vino, meno dell'1 per cento può essere considerato “vino pregiato”.
Queste bottiglie sono, prima ancora che beni di consumo, oggetti di culto per appassionati e collezionisti: persone con un’ampia disponibilità economica e con una forte passione per il vino che sono disposte a spendere cifre importanti per assicurarsi etichette rare e pregiate.
Dal momento che i vini pregiati sono per definizione merce rara, il loro valore è destinato a crescere con l’aumento della domanda.
Ma cosa rende pregiata una bottiglia di vino? Per prima cosa i vini pregiati vengono prodotti in una quantità molto piccola di bottiglie ogni anno. La loro produzione, infatti, è legata a piccoli appezzamenti di vigneto con caratteristiche uniche.
Inoltre, i produttori che puntano all’eccellenza sono costretti a operare una selezione accurata delle uve prima ancora che vengano portate in cantina per essere trasformate. Si tratta quindi a tutti gli effetti di limited edition.
Rispetto a qualunque altro asset, poi, in questo caso c’è un’altra differenza importante. Parte di queste bottiglie vengono acquistate da appassionati, non per fare un investimento, ma solo perché desiderosi di berle. Quindi i vini da investimento, oltre a essere rari in partenza, con il passare del tempo lo diventano sempre di più.
Di conseguenza il loro valore tende a crescere in quanto i collezionisti, i commercianti o i ristoratori (stellati) che vogliono aggiungerli alla loro carta, fanno sempre più fatica a trovarli sul mercato.
2. Sensibili al clima, questione di brand e premi e riconoscimenti
Non basta. Rispetto a qualunque altro prodotto da investimento, i fine wine sono sensibili all’andamento climatico dell’annata. Ogni vintage, ossia ogni produzione, è soggetta a variazioni.
Condizioni meteorologiche perfette durante il periodo di maturazione dell’uva, infatti, possono dar vita a vini di qualità superiore, in grado di durare più a lungo e di spuntare prezzi più alti sul mercato.
Si tratta di un dato fondamentale da prendere in considerazione se si decide di investire in questo tipo di prodotti.
Con il passare degli anni, i vini prodotti nelle annate migliori tendono a incrementare maggiormente il proprio valore, diventando dei veri e propri classici, ricercati da collezionisti e trader.
Un altro fattore importante da considerare è la storicità del marchio. Ci sono alcuni vini che spuntano prezzi alti già solo per il nome scritto in etichetta. Questi “vini di culto” sono bottiglie che ogni collezionista vorrebbe includere nel proprio portafoglio.
Vini come il toscano Sassicaia, il borgognone Domaine de la Romanée-Conti o lo Champagne P3 di Dom Pérignon, tanto per citare i più famosi, sono etichette che, nonostante i prezzi elevati e la tiratura limitata, sono sempre popolari tra i collezionisti.
Infine, per la valutazione di un fine wine, è fondamentale anche il giudizio dei critici internazionali e i punteggi che annualmente le guide più prestigiose assegnano alle etichette.
I più noti sono James Suckling, Antonio Galloni, Robert Parker e Jancis Robinson, tutti super esperti ma soprattutto tutti in grado di influenzare il prezzo di un vino con il loro giudizio.
Gli esempi non mancano, ma possiamo ricordare il caso del Sassicaia 2015, premiato come Wine of the Year dalla prestigiosa rivista americana Wine Spectator.
È bastato questo risultato per far raddoppiare la richiesta del vino e far lievitare le sue quotazioni.
3. Origine certa e i rischi di truffe
In concreto, dunque, come si fa a investire in vini pregiati? Per prima cosa bisogna sapere che un vino, per poter essere considerato “da investimento” deve avere un’origine certa.
Si eviteanno così i rischi di truffe legati alla falsificazione delle etichette e, cosa ancora più importante, si potrà essere certi che la bottiglia sia sempre stata conservata in modo corretto.
Il vino, infatti, è un prodotto delicato e, per evitare che si rovini, deve essere sempre conservato in condizioni ideali, ossia al buio e a una temperatura costante attorno ai 15 gradi, in un ambiente con la giusta umidità (tra il 60 e il 65 per cento).
Per indicare le bottiglie che i produttori mettono sul mercato direttamente si parla di “mercato primario”, fonte privilegiata per chi vuole acquistare per investimento. In Francia, in particolare, si svolgono anche delle vendite en-primeur, ossia di vini che ancora non esistono e che, prima di essere messi in commercio, dovranno maturare in cantina diversi anni.
In ogni caso, al momento del rilascio, quasi tutti i vini da invecchiamento non sono ancora al picco della loro maturazione. Proprio per questo è possibile acquistarli a un prezzo conveniente.
Il più celebre truffatore del mondo del vino si chiama Rudy Kurniawan (foto sotto), è indonesiano ed è soprannominato “Dr. Conti” per la sua predilezione nel falsificare famose bottiglie della pregiata casa francese Domaine de la Romanée-Conti.
Agli inizi degli anni 2000, si era messo in evidenza tra i collezionisti di fine wine per aver acquistato preziosissimi lotti di vino francese, spendendo milioni di dollari.
Dopo poco, però, ha iniziato a vendere la collezione accumulata, opportunamente modificata e moltiplicata, accrescendo così in pochi mesi anche il capitale investito.
Fermato dall’FBI e processato, è emerso che sarebbe riuscito a truffare case d’asta e privati per oltre 55 milioni di dollari. Sulle sue “gesta” è stato anche realizzato un film (disponibile su Netflix) dal titolo Sour Grapes.
Il suo non è certo l’unico caso. Le truffe sul vino riguardano anche l’Italia. Nei mesi scorsi, NAS e Guardia di Finanza hanno sequestrato una importante partita di Sassicaia, pronta per essere spedita all’estero.
Curioso il fatto che per ricreare le bottiglie del pregiato rosso toscano, i falsari avessero deciso di acquistare vino a poco prezzo in Sicilia, le bottiglie da una vetreria turca, etichette, tappi, carta velina e cassette di legno in Bulgaria. Il tutto poi veniva assemblato in un magazzino in Italia (foto sotto).
4. Società specializzate e no tax
A occuparsi di intercettare le bottiglie destinate a diventare “da investimento” sono società specializzate che operano a diretto contatto con le aziende più prestigiose al mondo.
Gli investitori in fine wine si affidano a queste società per acquistare e vendere le proprie bottiglie. Ma c’è di più.
Queste società, infatti, si occupano anche di stoccare le bottiglie dei loro clienti in speciali magazzini che non solo sono ideali per la conservazione ma soprattutto sono definiti bonded: si tratta di veri e propri magazzini doganali dove si possono stoccare merci prima di pagare i dazi.
Grazie a questa soluzione, dunque, gli investitori possono rimandare il pagamento delle imposte sulle bottiglie nel proprio portafoglio al momento in cui queste vengono vendute. Il che, specie nel caso di lotti costosi, equivale a un momentaneo risparmio di parecchi soldi.
Questi magazzini, inoltre, rappresentano una garanzia per gli investitori che possono dimostrare le condizioni perfette di conservazione delle proprie bottiglie, rendendole più attraenti per i potenziali acquirenti. Conoscere la provenienza di una bottiglia è fondamentale.
Si parla di vini acquistati ex-chateau quando le bottiglie provengono direttamente dalla cantina produttrice. Ciò garantisce che siano state conservate in modo perfetto. Non a caso queste bottiglie sono le più ricercate dai collezionisti. In alternativa gli investitori sono interessati ai vini conservati in bond.
Queste bottiglie, acquistate direttamente dal produttore ex-chateau sono conservate in un magazzino doganale, il che permette di essere certi della provenienza e delle condizioni di conservazione delle bottiglie.
Allo stesso tempo, è garantita anche la tracciabilità. In genere, infatti, le bottiglie passano direttamente dalla cantina del produttore al magazzino e l’acquisto dei vini, se non lasciano il magazzino, non richiede neppure il pagamento dei dazi.
I vantaggi fiscali per gli investimenti in fine wine, però, non si limitano a questo. Un altro interessante elemento è legato a una particolare norma in base alla quale i profitti sulle vendite di fine wine sono (di solito) esenti dalle imposte sulle plusvalenze.
Ciò accade perché i vini pregiati, da un punto di vista legale, sono considerati come beni deperibili, in quanto un giorno inevitabilmente diventeranno imbevibili. Sembra incredibile, eppure è così.
In Europa la maggioranza degli intermediari specializzati in vini da investimento ha sede in Inghilterra, dove si trovano anche la maggioranza dei magazzini in cui vengono stoccati i vini.
Per la legge inglese, in particolare, l’imposta sul capital gain, le plusvalenze, non si applica ai beni deperibili che hanno una vita stimata inferiore ai 50 anni. Situazione che si applica praticamente a qualunque bottiglia di vino.
Grazie a questa norma chi investe in bottiglie da collezione non è obbligato a pagare nessuna tassa, se l’investimento è inferiore alle 250mila sterline. Decisamente un ottimo incentivo.
5. Gabriele Gorelli, primo Master of Wine italiano
Gabriele Gorelli è il primo italiano ad aver conseguito il prestigioso titolo di Master of Wine, un “club” di super professionisti distribuiti in ogni angolo del mondo.
Toscano di Montalcino, Gorelli non è solo un profondo conoscitore del mondo del vino ma è anche ambasciatore italiano di Oeno Group, tra i più importanti player mondiali nel settore dei vini da investimento.
«Quello dei fine wine è, al momento, uno dei settori che garantisce una buona redditività», garantisce Gorelli, «ma è necessario conoscere molto bene il settore o, meglio ancora, avere dei consulenti di fiducia che ci aiutino a costruire il nostro portafoglio di bottiglie da investimento.
Per chi si avvicina per la prima volta a questo settore ci sono almeno due cose da sapere. La prima è che, anche all’interno di un portafoglio di etichette da investimento, occorre diversificare. Ci devono essere sempre bottiglie che garantiscano buoni ritorni a breve, medio e lungo termine.
Le prime sono quelle più facili da commerciare, come gli Champagne blasonati, per i quali la domanda è sempre alta, pur offrendo minori guadagni. I grandi rossi da invecchiamento, come quelli di Bordeaux, al contrario, devono essere conservati per anni, ma al momento della vendita assicureranno ottimi margini di guadagno.
La seconda cosa da sapere è che la soglia minima per accedere a questo mercato e ottenere guadagni interessanti è piuttosto alta. Bisogna essere disposti a spendere qualche migliaia di euro».