La parola vipera si pensa derivi infatti da una contrazione del latino vivi pera (dal verbo parere) (“partorisce figli vivi”), ed è imparentata con la parola puerpera.
Le vipere, insieme alla coronella austriaca e al boa delle sabbie, sono gli unici serpenti europei vivipari, cioè non depongono le uova ma partoriscono i figli dopo averli nutriti attraverso qualcosa di molto simile a una placenta.
Questo è sicuramente un adattamento evolutivo vantaggioso, ma ha costi metabolici molto alti. E se ha costi per animali attivi e omeotermi come noi, a maggior ragione è uno sforzo enorme per un animale che si nutre sì e no una volta a settimana come un serpente.
Persino gli uccelli non sono riusciti a evolvere questo meccanismo.
La caratteristica determinante per la viviparità pare sia il peso della femmina, e di fatto il ciclo ovarico di una vipera è in media addirittura triennale, con variazioni da 2 a 4 anni in base all’ambiente e alla specie: ci vuole tempo per ripristinare le riserve spese per la gestazione e il parto dei viperotti, e questo basso tasso di fertilità contribuisce al declino delle specie, purtroppo minacciate dalle persecuzioni contro di loro e da perdita di habitat.
Non saranno i serpentri più velenosi del mondo, ma il veleno delle vipere è un cocktail di almeno una dozzina di enzimi con azione di vario tipo (fosfolipasi, L-aminoacido-ossidasi, fosfodiesterasi, nucleotidasi, fosfomonoesterasi, DNAsi, RNAsi, ATPasi, ialuronidasi, NAD-nucleosidasi, arilamidasi, peptidasi, argininaestere idrolasi, chininogenasi, enzima trombinosimile, attivatore del fattore X e attivatore della protrombina).
Occasionalmente a questi se ne aggiungono altri. Tradotto significa che lesiona i tessuti (per quello fa così male), causa emorragie, allo stesso tempo accelera e inibisce la coagulazione (solo V. aspis e berus). In più il veleno di V. ammodytes e berus contiene anche neurotossine.
Se si comparano i vari effetti, quindi, mediamente quello del marasso è il veleno più attivo (ne basterebbero 20-25 mg per uccidere un uomo adulto, mentre ne occorrerebbero 30-40 mg della aspis).
Per fortuna questi animali ne producono al massimo la metà della dose, in fondo gli serve solo a uccidere i topi, e il morso di una vipera non è in grado di uccidere un adulto in buona salute (anziani, malati e bambini sì, potrebbero essere a rischio).
In Italia ci sono 4 specie di vipera: Vipera ammodytes (vipera dal corno), Vipera berus (marasso), Vipera aspis (vipera comune) e Vipera ursinii (che è la più misconosciuta e di conseguenza non ha un nome popolare a parte “vipera dell’Orsini”). Queste quattro specie sono distribuite variamente nella penisola italiana. Vediamole in dettaglio…
P.S. Per ulteriori approfondimenti vi consigliamo la lettura del bellissimo libro “L'orologiaio miope” di Lisa Signorile. Buona lettura.
1. Vipera ammodytes (vipera dal corno)
La Vipera ammodytes vive in Italia sulle Alpi nordorientali: Friuli-Venezia Giulia, Veneto settentrionale, Alto Adige. In Trentino è considerata estinta.
L’Italia rappresenta in realtà la parte più occidentale del territorio di distribuzione di questa vipera, a diffusione prevalentemente balcanica (dalla Croazia fino alla Grecia, a sud, al Caucaso a est).
La caratteristica distintiva della vipera dal corno, che ne rende immediato il riconoscimento, è, come dice il nome, il cornetto sul naso, caratteristica in comune con altre vipere caucasiche come Vipera pontica e Vipera darevskii.
Il corno è lungo fino a 5 mm, soffice e flessibile, formato da una prominenza carnosa ricoperta di scaglie. In base alle sottospecie può puntare verso l’alto o diagonalmente in avanti (questo è il caso delle due sottospecie italiane).
Il significato evolutivo di questo carattere non sembra essere ben chiaro. Di sicuro non è conseguenza di una selezione sessuale, perché entrambi i sessi lo sfoggiano equivalentemente, mentre il dimorfismo si manifesta nel colore del fondo e delle ornamentazioni (più tenue e sfumato nelle femmine), e nelle dimensioni, con le femmine in genere più grosse dei maschi.
La lunghezza media di questo serpente è sui 75 cm. Il nome ammodytes significa “che si nasconde nella sabbia”, ed è sbagliato. Questa vipera infatti vive tra le rocce, in pietraie e boscaglie in ambiente montano.
La colpa dell’equivoco è di Linneo. Questi era ben noto per non muoversi mai dalla sua scrivania a Uppsala e di descrivere solo animali che altri gli spedivano dai quattro angoli del mondo.
La vipera dal corno che gli fu inviata era un giovane che era stato casualmente avvistato e ucciso su un mucchio di sabbia nel castello di Duino (oggi provincia di Trieste, all’epoca parte dell’impero austriaco) da un funzionario di ambasciata che evidentemente non si distingueva per le sue doti di etologo.
È inutile descrivere la bellissima livrea di questa vipera in poche righe, la quale è il secondo serpente più variabile d’Europa sia come colore di fondo che come variegazioni (il primo è la Vipera aspis).
2. Vipera aspis (vipera comune)
Il caleidoscopico primato del serpente europeo più variabile spetta infatti alla Vipera aspis, la cui livrea passa dal bianco candido al nero, passando dal giallo al rosso al grigio con tutte le possibili ornamentazioni.
Il motivo di questa enorme variabilità è presto detto: questa è la vipera più adattabile della penisola e la si ritrova negli ambienti più disparati, da quello montano a quello planiziale, dai boschi alle pietraie, in quasi tutta Italia (esclusa la Sardegna e alcune zone delle Alpi) e in Francia.
Per distinguerla dalle altre specie con cui è simpatrica (cioè con cui coesiste) basta guardare il profilo del muso: se ha il nasino all’insù un po’ alla francese, senza avere il corno, è una aspis, con buona probabilità (e non a caso la specie è diffusa anche in Francia).
La lunghezza media si aggira sui 55-70 cm.
Questa vipera è famosa perché Cleopatra l’avrebbe usata per suicidarsi. Checché lei ne dica nel film di Mankiewicz del 1963, tuttavia, non può essersi suicidata con il morso di un aspide per il semplice motivo che questa serpe manca in Egitto.
È invece probabile che abbia usato, semmai ci sia del vero in tutta questa storia del suicidio ofidico, o un cobra egiziano (Naja haje, che non ha niente a che vedere con il servizio di leva) o Cerastes vipera, una vipera del deserto con un veleno emolitico.
La velenosità della Vipera aspis è piuttosto variabile in base all’età, alle dimensioni, alla provenienza e allo stato di salute dell’animale.
3. Vipera berus (marasso)
Alla Vipera berus spetta il primato della velenosità tra le vipere.
Essa è la vipera più diffusa nel Paleartico settentrionale (dalla Norvegia ai Balcani, dalla Gran Bretagna alla Kamčatka, è il serpente con l’areale più grande in assoluto).
In Italia è diffusa solo sulle Alpi centrali e orientali e in poche zone della Pianura Padana: tollera bene il freddo, meno bene il caldo, stranamente per un rettile.
Vista l’enormità del su o areale, il marasso è una vipera estremamente adattabile a tutti gli ambienti, da quelli montani (la si ritrova sulle Alpi fino a 2800 m) a quelli litoranei, ed è l’unica vipera europea che nuota senza grossi problemi, se deve (per esempio in Scozia nuota tra un’isoletta e l’altra nei Lochs, i laghetti glaciali).
Per distinguerla dalla ammodytes e dalla aspis, ancora una volta, un buon trucco è guardare il naso: il muso della berus è piatto e tondeggiante, e la testa è meno triangolare che nelle altre due specie di vipera.
Inutile descrivere la livrea perché anche in questo caso è molto variabile. È anche la vipera più notturna e, se vi imbattete all’imbrunire o di notte in una vipera e siete sulle Alpi, non c’è bisogno di guardare il naso, avete di fronte un marasso.
Il veleno della V. berus è così interessante che sin dall’antichità veniva utilizzato (insieme alle carni dell’animale) per fabbricare una specie di panacea universale, la teriaca (il nome theriaca pare risalga a Galeno, ma la leggenda ne attribuisce l’invenzione a Mitridate, re del Ponto, quello che aveva la paranoia dei veleni e infatti da lui deriva la parola mitridatizzazione, cioè assuefazione ai veleni).
Se qualcuno volesse prodursi una teriaca in casa esistono ricette che non implicano l’uso delle povere bestie, ma ricordatevi che contro il veleno dei serpenti non c’è teriaca o siero antiofidico che tenga: il trucco che funziona sempre è non farsi mordere, e il modo per attuarlo è non acchiappare le vipere a mani nude, se non lo si sa fare.
4. Vipera ursinii
Quando pensiamo alle vipere, in effetti, la prima cosa che ci viene in mente è che sono velenose. La V. ursinii, invece, ha solo la brutta nomea ma non è quasi per niente velenosa e si nutre di cavallette.
Quando viene massacrata “perché è una vipera ed è pericolosa” oltre al danno riceve pure la beffa.
In Italia questa piccolissima vipera (lunghezza media 45 cm) è presente solo sull’Appennino centrale (Monti Sibillini, della Laga, del Velino e della Meta, del Gran Sasso, Maiella, Monte Marsicano) come residuo postglaciale.
Un tempo (dopo il Wurmiano) probabilmente il suo territorio era esteso a gran parte della penisola.
Oggi comunque è ancora molto vasto, occupando tutta la zona paleartica meridionale dal Caucaso alla Cina, con sacche in Europa occidentale. In pratica in Asia nella zona boreale c’è la berus, nelle steppe meridionali c’è la ursinii e nelle steppe centrali c’è coesistenza di entrambe le specie.
Per distinguerla dalle altre vipere, il naso è ottuso e superiormente piatto, la testa è piccola, le dimensioni anche. È attiva soprattutto il mattino. Anche questa vipera all’occorrenza nuota bene.
Al contrario del marasso, tendenzialmente solitario (anche se sverna in compagnia di rane, bisce, rospi, lucertole, così dopo il letargo trova la colazione a letto), questo rettile può raggiungere densità molto elevate (nelle steppe umide ce ne possono essere anche 60 per ettaro).
Come si diceva, il 95% della sua dieta è costituito da Ortotteri che vengono ingoiati vivi se piccoli, avvelenati, lasciati andare e poi mangiati se grandi. Un solo individuo può mangiare anche un centinaio di cavallette al giorno e quindi è in teoria un buon rimedio biologico contro le invasioni di locuste.
Il nome ursinii ricorda il latino ursus ma non ha niente a che vedere con gli orsi: deriva da Antonio Orsini, un naturalista di Ascoli Piceno che trovò un esemplare della specie (di cui si conosceva l’esistenza, ma sino al 1835 non era ancora stata “ufficialmente” classificata) e lo consegnò al classificatore ufficiale.
Il classificatore in questo caso non fu il solito Linneo, ma Carlo Luciano Bonaparte, un nipote dell’imperatore dei francesi che fu un grande naturalista.
5. Consigli utili
Acquisite le necessarie familiarità con le vipere italiane (come ad esempio essere in grado di distinguerle tra loro), rimane il problema di come distinguerle dagli altri serpenti.
Se abbiamo modo di osservarle con calma e da vicino, sicuramente la pupilla ci aiuta (verticale nelle vipere, tonda nei Colubridi). Nel caso di dubbio, evitare sempre avvicinarsi a sufficienza.
La forma del corpo è già una caratteristica più utile: se vedete una salsiccia che striscia è probabile che siate di fronte a una vipera, mentre gli altri serpenti sono generalmente più sottili e agili.
La forma della testa triangolare non è invece molto utile in quanto è una caratteristica posseduta anche da alcuni serpenti innocui come il colubro viperino, ed è poco accentuata nel marasso. La coda invece è utile per distinguere i maschi dalle femmine: è corta nelle vipere femmine, lunga nei maschi che l’attorcigliano intorno alla compagna durante l’accoppiamento.
Un buon metodo per i meno inesperti potrebbe essere osservare le squame sul capo: aspis è ricoperta da squamette piccole, come quelle del resto del corpo, berus ne ha un paio di più grandi ma perlopiù è simile ad aspis, mentre natrici e coronelle hanno il capo ricoperto di squame grandi, simmetriche e ben disegnate, come quelle di ramarri e lucertole.
Rimane il fatto che, se vi lasciano avvicinare tanto da distinguere bene i particolari del capo, son vipere quasi di sicuro.
Complessivamente, conviene quindi guardare l’atteggiamento del serpente: le vipere infatti, confidando nel loro veleno, sono serpenti poco attivi e poco mobili e se pensano di essere ben nascoste non si spostano.
Se minacciate scappano, come tutti i serpenti, e attaccano solo quando davvero non hanno scelta: il veleno ha un costo metabolico e serve per mangiare, quindi non è che abbiano molta voglia di sprecarlo su di voi, al punto che spesso mordono “a secco”, cioè senza inoculare il veleno. Gli altri serpenti invece scappano con molta più celerità.
La lentezza delle vipere è sicuramente una caratteristica distintiva che ha origine nello stile di vita di questi animali, che cacciano all’agguato da postazioni fisse (se vedete questa estate una vipera in un dato posto la probabilità che sia esattamente ancora lì l’anno prossimo è altissima), e confidano nel mimetismo e nell’immobilità per difendersi dai predatori.
Vista la lentezza e la docilità di questi rettili, quindi, le probabilità che vi mordano sono molto, molto più basse del fare un incidente tornando a casa dalla scampagnata: per essere morsi casualmente è necessario che la vipera non abbia sentito le vibrazioni dei vostri passi in avvicinamento e che le abbiate messo un piede sopra.
Considerando che in Italia la densità di vipere è bassa e in diminuzione per via delle uccisioni insensate e dei pesticidi, l’evento è davvero improbabile.
Se dovesse accadere, comunque, la prima cosa da fare è stare calmi e ricordare che il veleno delle vipere non è mortale per gli uomini. La prima cosa da non fare, invece, è inoculare il siero antiofidico, che potenzialmente uccide, per shock anafilattico, molte più persone del veleno stesso.
Portate la vittima in ospedale e non ci saranno problemi, ma soprattutto non date fastidio alle vipere, se ne vedete una, e vedrete che non ci saranno fastidiosi incidenti. Uccidere le vipere perché potrebbero mordere, infatti, oltreché insensato è anche sciocco perché sono un anello importantissimo della catena alimentare.
Se proprio avete un giardino e siete terrorizzati dai serpenti, piuttosto invitate un riccio a risiedere presso di voi: sono immuni al veleno delle vipere e se trovano un giovane se lo mangiano di gusto.