“Vecchio è chi vecchio si sente”. Con queste parole, garbate ma ferme, la regina Elisabetta ha rifiutato il titolo di “Anziana dell’anno” nel 2021, a 95 anni.
La sovrana d’Inghilterra, attiva fino all’ultimo e lucidissima nonostante qualche acciacco, è stata forse uno degli esempi più evidenti della differenza che può esistere fra il numero scritto sulla carta d’identità e l’età che ci sentiamo addosso, fra l’età anagrafica e quella biologica.
Infatti, anche se ogni dodici mesi dobbiamo aggiungere una candelina sulla torta, ognuno di noi invecchia a un ritmo differente e, secondo la scienza, rallentarlo è possibile.
1. LA NUOVA GIOVENTÙ. ETÀ BIOLOGICA ED ETÀ ANAGRAFICA
Del resto, provate a confrontare la foto di un sessantenne di un secolo fa con quella di un coetaneo di oggi; vi sembrerà che siano padre e figlio. Non è solo questione di vestiti o acconciature fuori moda.
L’aspetto e la forma fisica ora appaiono oggettivamente più giovanili: non abbiamo insomma soltanto guadagnato tempo, passando da un’aspettativa di vita media di circa 60 anni dell’inizio del ’900 agli 83 di oggi, ma spesso arriviamo anche più in forma alla terza e quarta età.
Lo hanno spiegato di recente Morgan Levine dell’Università di Yale ed Eileen Crimmins dell’Università di Los Angeles (Usa) in uno studio intitolato I 60 sono i nuovi 50? In cui raccontano che l’età reale dell’organismo si sta man mano scostando da quella cronologica.
E che questo sta avvenendo grazie a condizioni igieniche sempre meno precarie per la maggioranza della popolazione, a un migliore accesso al cibo, alla minor diffusione di lavori usuranti ma, soprattutto, a terapie sempre più avanzate, che mantengono più a lungo un buon funzionamento dell’organismo.
Ad averci guadagnato e sembrare più giovani sarebbero soprattutto gli uomini, che negli ultimi anni hanno abbandonato più spesso le sigarette rispetto alle donne: non fumare infatti è cruciale, perché il fumo invecchia sia l’aspetto esteriore (denti giallastri e pelle grigia e spenta certo non sono l’emblema della gioventù), sia organi e tessuti.
«Oltre ad aumentare l’aspettativa di vita dobbiamo rallentare l’invecchiamento e abbassare l’età biologica, che dipende da come e quanto manteniamo un buon funzionamento fisico e mentale, identificando i fattori che più vi incidono, come il fumo. Riuscirci ha rilevanti implicazioni sociali ed economiche», dicono Levine e Crimmins.
L’età biologica si abbassa quando si è in buona salute; siamo invece biologicamente attempati se ci sono problemi.
Perciò essere più anziani di quanto affermi la carta d’identità si può tradurre in una minore qualità della vita e maggiori spese sociali e sanitarie.
«Anche le terapie per una persona avanti negli anni si decidono in base allo stato funzionale e cognitivo: se un ottantenne è “giovane”, si può curare come se fosse un sessantenne».
Mantenersi giovani quindi conviene a noi e alla società, ma come si misura l’età biologica? Online si trovano numerosi test, gratuiti e non, che tengono conto dei fattori più disparati: dalla genetica alla psicologia, da parametri clinici alle abilità cognitive.
Però gli esperti invitano a diffidare, perché spesso semplificano una questione tutt’altro che banale: «Organi diversi possono invecchiare a un ritmo differente (pensiamo alla pelle più rugosa di chi ha fatto un lavoro all’aperto, che magari grazie all’esercizio fisico costante ha un cuore in perfetta forma).
Così esistono test scientificamente validati per stimare quanto siano invecchiati i vasi sanguigni e altri che valutano la capacità cognitiva. Alcuni sono molto utili negli anziani. Fra questi, la misurazione della velocità di cammino o della capacità di alzarsi e sedersi, che predicono la sopravvivenza meglio della presenza o meno di malattie. I test generici online però di solito sono poco indicativi».
Questo perché non esiste un unico esame con validità scientifica che possa dirci con certezza l’età “vera” di tutto l’organismo, ma tanti test che aiutano a farcene un quadro.
2. I TEST DELLA VERITÀ
Lo ha sottolineato di recente Brian Kennedy dell’Università di Singapore, misurando 400 marcatori suddivisi in nove categorie per valutare l’età biologica di altrettanti organi e sistemi: dai reni al sistema immunitario, a cui ha associato una misurazione della forma fisica generale e l’analisi del viso.
Secondo Kennedy, parti diverse del corpo hanno differenti età biologiche ed è difficile se non impossibile avere un test onnicomprensivo, anche se l’età cardiovascolare pare la più correlata a quella anagrafica.
I test più o meno parziali però sono parecchi. C’è per esempio iAge, sviluppato per misurare l’età biologica a partire da marcatori dell’infiammazione in circolo.
Secondo l’autore, David Burman dell’Università di Stanford (Usa), il metodo indica con buona approssimazione l’età del sistema immunitario e quindi lo stato di salute generale. Pare accurato anche il test che misura la cosiddetta età fenotipica, predittiva della mortalità e di quanto stiamo rapidamente invecchiando, ideato dalla dottoressa Levine.
La risposta è data da un algoritmo che tiene conto di nove parametri rilevabili con un’analisi del sangue: albumina, creatinina, glucosio, proteina C-reattiva, fosfatasi alcalina, volume cellulare medio, percentuale dei linfociti, conta dei globuli bianchi e ampiezza di distribuzione dei globuli rossi.
Sembra promettente pure l’“orologio epigenetico” studiato da Steve Horvath, dell’Università della California a Los Angeles, che misura i cambiamenti chimici del Dna, come il grado di metilazione, il suo stato di riparazione e la lunghezza dei telomeri, i cappucci sui cromosomi che si accorciano man mano che ogni cellula invecchia.
Queste modifiche, dette epigenetiche, dipendono dall’ambiente, modificano l’espressione dei geni e sembrano legate a doppio filo con l’età biologica e il grado di “anzianità” dei tessuti.
Esistono già parecchi test in commercio che utilizzano il metodo, con prezzi dai 100 ai 500 dollari, ma nessuno è riconosciuto dalle autorità regolatorie e Horvath stesso di recente ha dichiarato che «a oggi non sono utili per una persona media, perché non forniscono raccomandazioni specifiche per ciascuno ma solo le indicazioni che già conosciamo: non fumare, non essere in sovrappeso, mangiare vegetali, fare esercizio».
3. IN COMPAGNIA SI INVECCHIA MENO
L’età psicologica, ovvero gli anni che ci sentiamo addosso, incide molto sull’età biologica e lo stato di salute: a parità di condizioni cliniche, chi pensa a se stesso come a una persona più giovane rallenta il decorso delle malattie.
Lo dimostra per esempio uno studio di Alex Zhavoronkov, del Buck Institute for Research on Aging in California (Usa), secondo cui sentirsi più vecchi della propria età raddoppia la probabilità di morire anzitempo.
Un’età psicologica maggiore si associa a stili di vita meno sani che portano più spesso a sovrappeso, malattie metaboliche, un profilo infiammatorio peggiore.
Zhavoronkov, mettendo a punto un test per misurare l’età psicologica (si può fare gratuitamente sul sito https://app.young.ai/psychoage), ha osservato che fra gli elementi più rilevanti nel farci sentire giovani ci sono l’essere utili agli altri, il mantenere una buona capacità di movimento e avere un’attività sessuale soddisfacente.
Bisogna abbandonare l’idea che invecchiare sia sinonimo di malattia, morte, mancanza di amore e di intimità. Anche nella terza e quarta età si deve essere motivati, avere e fare progetti; altrettanto essenziale mantenere attive le abilità mentali nella consapevolezza che da anziani non se ne vanno, come molti credono, ma cambiano.
Per tutta la vita si può apprendere e potenziare le capacità cognitive, capirlo significa accettare la propria età e il tempo che passa con serenità, gestendo meglio le proprie risorse mentali. Sentirsi giovani “di testa” infatti non significa camuffare i propri anni con la chirurgia o gli atteggiamenti adolescenziali.
Altrimenti si può finire come Emile Ratelband, un 69enne olandese che nel 2018 chiese di aggiornare la carta di identità ringiovanendosi di vent’anni perché si sentiva mente e corpo di un cinquantenne: il tribunale glielo ha negato ma al Centro di bioetica dell’Università di Harvard c’è chi si chiede se in un prossimo futuro, dopo un test dell’età biologica, potremo cambiarci i documenti.
4. CIBO SALUTARE E MOVIMENTO
È questa del resto la ricetta della giovinezza e, come specifica Horvath, «il 25% della velocità a cui invecchiamo è legato ai geni ma il resto dipende dall’ambiente, ovvero: dieta, movimento, relazioni sociali. L’alimentazione mediterranea è la migliore per varietà ed equilibrio, avendo cura di aumentare la dose di proteine da anziani perché altrimenti si perde massa muscolare e quindi capacità di movimento. Si parla molto poi della restrizione calorica per essere più longevi e mantenersi giovani, ma gli studi per ora dimostrano un vantaggio di sopravvivenza di pochi mesi stando a stecchetto tutta la vita, per cui non sembra che il gioco valga la candela. Anche camminare all’aria aperta e a passo sostenuto “ringiovanisce”, così come diagnosticare e curare man mano le eventuali malattie per mantenere il più possibile a lungo la funzionalità di tessuti e organi. Quando si entra nella terza età anagrafica i giochi sono fatti in tema di prevenzione delle malattie che possono farci dimostrare qualche anno di troppo, ma si può ancora invecchiare bene se si curano le relazioni: i rapporti sociali allungano letteralmente la vita, mantenendo giovani».
A che età cominciamo a sentirci vecchi? Un recente sondaggio su duemila statunitensi ha rivelato che, almeno di là dall’oceano, l’età della svolta è 42 anni: appena dopo i fatidici “anta”, quando iniziamo a notare le rughe o magari andando in palestra ci accorgiamo di non avere più il fiato di un tempo.
Il sondaggio di OnePoll ha spiegato che le prime avvisaglie sono soprattutto i dolori alle articolazioni, la diagnosi di malattie come pressione alta o diabete, un aumento di peso o il metabolismo che sembra rallentare. L’età d’oro della buona salute si collocherebbe invece a cavallo dei 34 anni.
Non è solo il nostro sguardo allo specchio a condizionare quanto ci sentiamo vecchi, ma anche quello con cui ci osservano gli altri, la cosiddetta età sociale.
La nostra età è determinata anche dal ruolo che abbiamo. In Italia a 40 anni un ricercatore è giovane, un calciatore ha finito la sua carriera: questo ha riflessi su come ci si percepisce.
E conta anche il pregiudizio: una società come la nostra, in cui l’anziano è visto come una persona fragile e dalle capacità limitate, è una grossa barriera all’invecchiamento di successo perché porta a temere la vecchiaia e impedisce di valorizzare i suoi lati positivi.
Considerare desiderabile solo la giovinezza è un errore di prospettiva, perché tutti in realtà ci auguriamo di invecchiare. Combattere gli stereotipi sociali è un investimento per il futuro di tutti noi.
5. BUONE ABITUDINI E NOVE PARAMETRI DEL SANGUE
- BUONE ABITUDINI
Uno studio statunitense pubblicato su Aging indica un programma di 8 settimane che permette di ringiovanire di 3 anni, misurati con test della metilazione del Dna. QUESTI I CONSIGLI:
⋅ MENO CARNE
Ridurre le proteine animali in favore di quelle vegetali dei legumi e aumentare l’introito di vegetali per un buon apporto di antiossidanti.
⋅ SONNO
Dormire almeno 7 ore per notte.
⋅ INTEGRALI
Preferire i carboidrati da cereali integrali e i grassi da fonti come frutta secca, semi, avocado.
⋅ NO STRESS
Meditare per 10 minuti due volte al giorno.
⋅ ATTIVITÀ FISICA
Fare esercizi per almeno mezz’ora cinque volte a settimana, con uno sforzo che aumenti la respirazione e la sudorazione.
- NOVE PARAMETRI DEL SANGUE... che possono indicare se siamo più o meno anziani dell’età anagrafica:
⋅ ALBUMINA
È una proteina e indica la funzionalità di fegato e reni.
⋅ CREATININA
Sostanza di scarto dell’attività muscolare, indica la funzionalità dei reni.
⋅ GLUCOSIO
Valuta il metabolismo degli zuccheri e l’attività dell’insulina.
⋅ PROTEINA CREATTIVA
È un marcatore dello stato di infiammazione.
⋅ LINFOCITI
Indicano la funzionalità del sistema immunitario.
⋅ VOLUME CELLULARE MEDIO
Indica il volume dei globuli rossi e si correla alla carenza di ferro.
⋅ GLOBULI ROSSI
La distribuzione dei globuli rossi e la variabilità della dimensione sono spia di anemia.
⋅ FOSFATASI ALCALINA
Dà indicazioni sulla salute di fegato e ossa.
⋅ GLOBULI BIANCHI
Aiuta a capire la funzionalità del sistema immunitario e il grado di infiammazione.
(La stima dell’età biologica sulla base di questi elementi deve essere fatta da un medico, che può valutare se siano nella norma o no).