Vladimir Putin: da bambino ribelle a minaccia del mondo

Nato in una famiglia modesta, fin da piccolo mostrò una personalità impulsiva e attaccabrighe.

Prima agente segreto, poi primo ministro e presidente, è al vertice della Russia da quasi un quarto di secolo.

Su di lui il giudizio è controverso: una parte della popolazione vede in lui il tutore della grandezza della patria, un’altra lo critica per l’autoritarismo e la spregiudicatezza in politica estera.

1. Una famiglia poco affettuosa

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Vladimir Putin è nato a Leningrado (come si chiamava allora San Pietroburgo) il 7 ottobre 1952, ultimo di tre figli.

La madre faceva l’operaia, il padre serviva come sommergibilista nella marina Sovietica negli anni Trenta e in seguito nei reparti speciali dell’esercito durante la “Grande Guerra patriottica”, come i russi chiamano la Seconda Guerra mondiale.

La famiglia viveva in una Kommunalka, una piccola abitazione ricavata dal frazionamento dell’appartamento di una famiglia ricca.

Il nonno di Putin, Spiridon, era stato il cuoco personale di Lenin e Stalin. Secondo quanto raccontato da Putin stesso, la madre lo battezzò di nascosto nella Cattedrale della Trasfigurazione.

Nella foto sotto, Putin con la madre Marija Ivanovna Selomova (1911-1998), operaia, a metà degli anni Cinquanta.

L’edificio in cui abitavano i Putin aveva una piccola corte interna, che attirava ubriaconi e teppisti. Vladimir dovette imparare presto a cavarsela da solo: secondo una sua maestra, Vera Gurevich, in famiglia non c’erano dimostrazioni di affetto e a scuola lui era petulante, impulsivo e anche attaccabrighe.

Una volta fu scoperto in classe con un coltello e rischiò di essere spedito in un orfanotrofio. Di fronte alle lamentele della maestra, il padre avrebbe esclamato: «Cosa dovrei fare? Ucciderlo?». Furono le arti marziali a salvarlo.

Verso i dieci anni Vladimir cominciò a praticare il sambo (tecniche di autodifesa in uso nell’esercito russo) e il judo.

Poiché la frequenza in palestra era subordinata ai risultati scolastici, il giovane cominciò a studiare sul serio e fu ammesso tra i Pionieri e nel Komsomol, organizzazioni politiche giovanili che rappresentavano un passaggio necessario per chi voleva emergere nell’Unione Sovietica.

2. Agente segreto e la carriera politica

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Fu un film a fargli nascere il desiderio di entrare nei servizi segreti: Lo scudo e la spada, tratto da un romanzo di Vadim Kozhevnikov.

Parlava di un agente sovietico che facendo il doppiogioco con i nazisti nella Seconda Guerra mondiale contribuiva alla vittoria.

Pochi giorni dopo aver visto il film, si recò presso la sede locale del KGB (Komitet Gosudarstvennoj Bezopasnosti, Comitato per la sicurezza dello Stato, l’agenzia di spionaggio e controspionaggio omologa alla CIA statunitense) offrendosi come volontario. L’ufficiale di guardia lo buttò fuori, ma prima gli suggerì di fare l’università di legge.

Putin seguì il consiglio e si laureò nel 1975, entrando subito nel KGB. Raggiunse il grado di tenente colonnello, ma non ebbe una carriera brillante. Venne inviato infatti nel 1985 a Dresda, nell’allora Repubblica Democratica Tedesca, dove lavorò in appoggio alla Stasi, la polizia segreta tedesca.

Secondo alcuni interpreti, questa permanenza all’estero gli impedì di percepire e vivere il cambiamento di umore generale in Russia ai tempi della glasnost e della perestrojka di Gorbaciov, contribuendo a solidificare in lui il mito del potere.

Fino alla caduta del Muro di Berlino, il 9 novembre 1989, in relazione agli standard comunisti, Putin e la moglie Ljudmila Škrebneva (che aveva sposato il 28 luglio 1983, foto sotto) avevano fatto una bella vita: lui era ingrassato di 12 chili.

Nei giorni fatali che seguirono, la palazzina sede del KGB a Dresda venne presa d’assalto. Putin, ufficiale più alto in grado uscì con una pistola in pugno e convinse la folla a desistere.

Tornato in patria, diede le dimissioni dal KGB nel 1991, durante il fallito colpo di Stato organizzato proprio dal KGB contro Gorbaciov, e intraprese la carriera politica.

Iniziò come consigliere del sindaco di Leningrado (ora San Pietroburgo) per trasferirsi nel 1996 a Mosca, dove ricoprì incarichi minori fino al 1998, quando il presidente della Confederazione Russa, Boris Eltsin, lo nominò capo del FSB (il Servizio federale per la sicurezza della Federazione russa, l’agenzia di controspionaggio che aveva preso il posto del KGB, sciolto l’11 ottobre 1991).

Il 9 agosto 1999 Putin venne nominato proprio da Eltsin primo vice ministro e subito dopo, a seguito delle dimissioni del capo di governo Serghei Stepashin (in realtà esautorato da Eltsin), capo di governo pro-tempore.

Il 31 dicembre 1999 Eltsin rassegnò all’improvviso le dimissioni dalla carica di presidente. Il suo posto fu preso pro-tempore da Putin.

Il suo primo atto ufficiale fu di firmare un decreto con il quale si garantiva l’immunità a Eltsin e alla sua famiglia da ogni accusa di malversazione e corruzione legate alla sua carica presidenziale.

Nella foto sotto, Eltsin (a destra) e Putin a Mosca, il 14 novembre 1999.

3. La guerra in Cecenia, il rafforzamento dell'economia russa e la rielezione nel 2004

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Putin quindi venne scelto da Eltsin in quanto ritenuto capace di mediare tra l’apparato politico e le nuove forze economiche e anche perché apparentemente privo di ambizioni personali: una valutazione che oggi appare come un clamoroso abbaglio.

Il 26 agosto 1999 era scoppiata la seconda guerra cecena, in Caucaso: Putin riconquistò la capitale Grozny, rafforzando la sua immagine di uomo d’ordine capace di salvare la Russia.

Fu in questa circostanza che i media, da lui controllati, ne fecero un mito, elevandolo a leader della nazione. Così alle elezioni presidenziali del 2000 vinse al primo turno.

Nella foto sotto, Putin premia un poliziotto nel Dagestan (1999). Durante la guerra in Cecenia, questa regione fu un corridoio per il passaggio di uomini e armi russe.

Sin dai primi mesi Putin diede un’impressione di stabilità e fermezza molto gradita a una società che veniva da oltre un decennio di crisi economiche e politiche. Anche la forte azione contro gli oligarchi del decennio precedente, percepiti come profittatori ai danni del popolo russo, venne vista con favore.

Inoltre le quotazioni di petrolio e gas naturale salirono di molto, favorendo in modo significativo l’economia russa (cresciuta per otto anni consecutivi, con un aumento del prodotto interno lordo pari al 72 per cento).

Ciò consentì al governo di ridurre il debito estero e di pagare gli stipendi arretrati dei dipendenti pubblici. Come spiegano gli storici russi Lev Gudkov e Victor Zaslavski, «Putin ha saputo cavalcare l’onda della frustrazione popolare per la vertiginosa caduta dello standard di vita culminata nel crollo del rublo nell’agosto 1998 e per la perdita di status di superpotenza».

Nella foto sotto, la giornalista dissidente russa Anna Politkovskaja assassinata il 7 ottobre 2006 a Mosca mentre rincasava.

I consensi a Putin andarono alle stelle, tanto che nel 2004 venne rieletto presidente della Federazione Russa a furor di popolo con il 70 per cento dei voti.

In questo secondo mandato, tuttavia, cominciarono a rendersi evidenti le sue tendenze repressive e autoritarie: gli vengono attribuiti l’assassinio dell’ex colonnello KGB Aleksandr Litvinenko e della giornalista Anna Politkovskaja.

Le spese militari conobbero un’impennata vertiginosa, mentre i trattati per il disarmo vennero denunciati o disattesi. La Costituzione russa prevedeva, proprio per evitare eccessive concentrazioni di poteri, la possibilità di coprire solo due mandati presidenziali consecutivi.

Perciò Putin, per aggirare questo vincolo, dopo aver preparato il terreno con una modifica alla Costituzione russa che assegnava maggiori poteri al primo ministro, allo scadere del suo secondo mandato assunse proprio la carica di capo di governo, lasciando come presidente della Federazione il fedelissimo Dimitrij Medvedev per i successivi quattro anni.

Nel 2012, dopo altri aggiustamenti costituzionali, tornò a farsi eleggere presidente della Federazione russa, carica che detiene a tutt’oggi.

Nella foto sotto, l’ex colonnello del KGB Aleksandr Litvinenko in ospedale a Londra nel 2006 dove morì per avvelenamento da polonio.

4. Svolta autoritaria e Ucraina 2014

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Ma il suo sguardo politico era già cambiato. Se nel 2005 il suo viaggio a Gerusalemme (la prima visita di un capo di Stato di Mosca in Israele) lasciava spazio alla speranza di un’evoluzione pacifica e liberale, nell’estate del 2007 Putin annunciò con toni entusiastici la produzione di un nuovo missile balistico intercontinentale a testate multiple e la moratoria sul trattato contro la proliferazione delle armi convenzionali in Europa.

Nell’agosto del 2008, nel bel mezzo della crisi economica che dagli USA si stava diffondendo in tutto il mondo, la Russia appoggiò con una guerra lampo l’insurrezione nella Ossezia del Sud, una regione della repubblica caucasica della Georgia, da parte dei separatisti filorussi e nello stesso tempo l’indipendenza della Abcasia (un’altra regione della Georgia).

Nel suo terzo mandato presidenziale l’attivismo in politica estera è diventato sempre più forte: dal 2011 ha appoggiato il regime siriano di Assad (foto sotto), impegnandosi militarmente in modo sempre più rilevante a partire dal 2015 con una massiccia campagna di bombardamenti che ha permesso al suo alleato di ribaltare la situazione sul campo e controllare il 60 per cento del territorio.

Questo attivismo sul piano militare è risultato gradito a quella parte della opinione pubblica russa per la quale, come notano Gudkov e Zaslavski, «la rappresentazione della Russia come una grande potenza con un ruolo particolare nel mondo è un elemento chiave dell’identità nazionale russa di massa».

Nonostante il dissenso interno, in questo periodo storico il gradimento di Putin è ancora molto elevato. Sul piano interno, il suo potere si fonda sul controllo totale dei servizi segreti, che gli consentono di tenere in pugno gli oligarchi, e sulla completa sottomissione, sconosciuta in Occidente, del sistema giudiziario al potere esecutivo (che sta nelle sue mani).

Quando nel 2014 è iniziata la crisi interna ucraina nota come Euromaidan, ossia l’ampio movimento popolare a favore dell’Unione Europea che ha trovato il suo centro nella piazza Maidan di Kiev, Putin ha reagito ordinando l’invasione della Crimea, la grande penisola del Mar Nero che al momento della dissoluzione dell’URSS era stata assegnata all’Ucraina ma che, secondo lui, appartiene di diritto alla Russia in quanto abitata da popolazioni russe.

Subito dopo ha appoggiato i separatisti filorussi delle regioni di confine del Donbass, iniziando una strisciante guerra civile durata fino al febbraio 2022, quando ha invaso l’Ucraina.





5. Putin nella vita privata e l’inno nazionale russo

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- Il Putin privato: una moglie, una compagna e 6 figli
Putin è stato sposato dal 1983 al 2013 con Ljudmila Škrebneva, (Kaliningrad, 1958) che aveva conosciuto a Leningrado quando era una studentessa di filologia spagnola.
Dall’unione sono nate due figlie, Marija Putina (1985) ed Ekaterina Putina (1986).
Sembra che la rottura tra i due sia stata molto brusca e dovuta al ruolo marginale che Putin voleva assegnare alla moglie.
Il presidente russo è attualmente legato a Alina Kabaeva, 31 anni più giovane di lui, famosa ex ginnasta russa: ha vinto un oro olimpico e nove mondiali per la ginnastica ritmica.
Ha dato a Putin quattro figli, ma non si sono mai sposati. È corsa voce che, in vista della guerra contro l’Ucraina, la Kabaeva sia stata mandata al sicuro in Svizzera con i figli.
Nella foto sotto, Putin con la moglie Ljudmila Škrebneva.

 

- Putin ha fatto riscrivere l’inno nazionale russo
Durante le Olimpiadi di Sydney del 2000, Putin fu colpito negativamente dal fatto che, quando vincevano, gli atleti russi non potevano cantare l’inno perché quello adottato al momento non aveva testo.
Commissionò così a Sergej Vladimirovic Michalkov, che aveva già scritto i testi degli inni sovietici del 1944 e 1977, un nuovo inno nazionale.
Per la musica venne ripreso il vecchio inno sovietico, voluto da Stalin nel 1943: una scelta che all’epoca suscitò molte polemiche perché evidenziava in modo vistoso l’intento di riproporre le glorie del passato. Il testo recita:
Una potente volontà,/ una grande fama/ Sono il tuo patrimonio per tutti i tempi./ Sii gloriosa,/ nostra patria libera,/ Unione eterna di popoli fratelli,/ Saggezza ereditata dai nostri antenati!/ Sii gloriosa,/ patria,/ siamo fieri di te!/.
Nella foto sotto, Putin con Alina Kabaeva.








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