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Volersi bene: imparare a piacersi

Se ne è sentite dire di ogni Lindsey Vonn, trentaseienne ex sciatrice statunitense, quando a ottobre scorso pubblicò su Instagram una foto in bikini in cui appariva qualche traccia di cellulite.

Insulti volgari sono comparsi tra i suoi commenti, tanto che successivamente Vonn ha pubblicato nuove foto accompagnate da una didascalia in cui affermava di essere orgogliosa di se stessa e del proprio corpo.

Il body shaming, che consiste nel deridere l’aspetto fisico di chi si mostra in pubblico o sui social, porta oggi a conseguenze psichiche pesanti su molti giovani: la cronaca ha riportato già diversi casi di ragazzine che si sono tolte la vita a causa degli insulti ricevuti per qualche chilo di troppo.

Un buon rapporto con il proprio corpo rinforza l’autostima, facilita i rapporti con gli altri e addirittura migliora la vita in generale.

Ma per qualcuno è difficile: magari ha avuto genitori troppo critici quando era bambino oppure sente di non reggere il confronto con i corpi perfetti che appaiono sui social.

 

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1. Selfie, Instagram e le nostre fragilità

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Le immagini di fisici perfetti che appaiono su Instagram hanno un impatto devastante, specie appunto tra i giovani.

Mentre un tempo c’era solo il desiderio di essere attraenti come i modelli visti sulle riviste, oggi grazie ai social molti giovani si atteggiano a modelli per inseguire i like.

Questo comportamento è particolarmente diffuso tra i soggetti psicologicamente più fragili.

Uno studio uscito quest’anno su Psychology of Popular Media e condotto da ricercatori olandesi su 179 ragazze tra i 18 e i 25 anni ha dimostrato come la maggiore tendenza a farsi selfie è riscontrabile nei soggetti più insicuri di sé.

Sulla base di risposte a questionari è emerso infatti come questa forma di autorappresentazione sia più impiegata dalle ragazze con minore soddisfazione per il proprio corpo, maggiore tendenza a oggettificarlo e minore autostima.

Così ecco la tendenza a usare filtri per modificare l’immagine digitale, quasi una controparte virtuale della chirurgia estetica. L’immagine viene costruita artificialmente per coprire la realtà. Così la competizione è esasperata e la fragilità dei difetti è negata.

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Certo l’avvento del digitale non è l’unica ragione che spiega il crescente disamore per il proprio corpo, che in fondo ha sempre riguardato moltissime persone. In alcuni casi la non accettazione del proprio fisico prende la forma di una vera e propria distorsione cognitiva.

Si parla in questi casi di dismorfofobia, condizione in cui un soggetto sviluppa la certezza di essere fisicamente anormale. Queste persone si concentrano su una singola parte del proprio corpo considerata difettosa e basano la percezione di sé e del proprio schema corporeo solo su quella parte.

Di solito questo atteggiamento nasconde problemi ben più importanti. Dietro c’è spesso un senso di colpa, quello di non essere come gli altri ci vorrebbero. D’altronde, è dimostrato che il difetto fisico percepito da un soggetto spesso non viene nemmeno notato dagli altri.

Nel corso di uno studio del 2009, Tal Eyal della Ben-Gurion University (Israele) e Nicholas Epley dell’università di Chicago (USA) avevano sottoposto 106 studenti arruolati nell’indagine alla visione delle foto degli altri per poi chiederne a ognuno un giudizio estetico.

Confrontando le opinioni che i giovani avevano di sé con quelle degli altri fu chiaro che nel valutare il nostro aspetto tendiamo a concentrarci su elementi isolati, spesso ritenuti brutti, laddove gli altri tendono a dare un giudizio d’insieme.

Quando ci concentriamo troppo su una singola parte del nostro corpo finiamo per farne l’unico elemento del nostro valore. Dobbiamo allargare lo sguardo e cambiare prospettiva guardandoci come persone.

 

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2. Parte tutto dall’infanzia

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Ma perché molte persone non riescono ad apprezzare il proprio corpo o il proprio viso?

Questo disprezzo ha spesso radici nell’infanzia e nell’adolescenza, nel momento in cui si fondano le basi dell’autostima corporea, cioè quando il bambino e il ragazzo si vedono attraverso gli occhi dell’altro.

Da bambini utilizziamo la bellezza come arma di conquista dell’affetto e dell’approvazione dei genitori, per ottenere quell’incoraggiamento necessario alla formazione del sé e dell’autostima.

Relazioni sane prima con i genitori e poi nel gruppo dei pari rimandano un’immagine positiva che forgia l’autostima. Al contrario, una madre che dice alla figlia che non dovrebbe indossare certi abiti perché ha una brutta forma del corpo genera in lei costante autocritica, perfezionismo e quindi angoscia.

Chi ne è preda, si sente indegno di amore e di accettazione tanto da costruirsi non di rado uno stile di abbigliamento che funziona da maschera per nascondere la vergogna più che da strumento di valorizzazione di sé. 

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Vestirsi o “mascherarsi”? L’abbigliamento ricopre un ruolo centrale in queste dinamiche.

Spesso chi non si ama impiega i vestiti come corazza difensiva ma anche per tentare di diventare ciò che non è o crede di non essere: pensiamo a una giovane fragile che si veste in modo provocante per nascondere il proprio senso di inadeguatezza, oppure al manager che ostenta un’eleganza forzata nel tentativo di costruirsi un’immagine di potere che teme di non possedere a sufficienza.

Troppo spesso nei confronti della moda adottiamo un comportamento camaleontico, indossando quello che ci permette di sentirci simili agli altri o parte di un gruppo. In questo modo, però, si perde l’occasione di impiegare l’abbigliamento per esprimere la nostra vera identità.

La moda non deve essere una finzione, ma un modo per presentarsi e parlare di noi entrando in relazione con gli altri.

 

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3. Questione di salute mentale

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Amare il proprio aspetto fisico è la prima regola per salvaguardare la salute mentale.

Non stupisce quindi la mole di studi che nel corso degli ultimi dieci anni hanno dimostrato un legame tra basso livello di apprezzamento del proprio aspetto e incidenza di ansia e depressione.

Una ricerca del 2016 uscita su Journal of Adolescence lo aveva chiarito indagando il fenomeno tra giovani americani e coreani e rilevando come l’associazione tra disamore per sé e disturbi dell’umore sia più evidente tra i primi: l’ambiente culturale di appartenenza gioca un ruolo importante nelle convinzioni e aspettative relative all’immagine del corpo.

Tra 2020 e 2021 la correlazione con ansia e depressione è stata confermata da una meta analisi scozzese pubblicata da PlosOne che ha esaminato ben 23 studi sul tema ma anche da un’altra ricerca, uscita su Personality and Individual Differences.

Quest’ultima è andata oltre: guidata da Viren Swami della Anglia Ruskin University (Regno Unito), ha analizzato l’impatto della pandemia da COVID-19 sull’apprezzamento del proprio aspetto e sui relativi vissuti depressivi e ansiosi.

Dai risultati è emerso che le donne oggi mostrano ansia e stress causati dalla pandemia frequentemente associati a maggiore desiderio di magrezza, mentre negli uomini questi vissuti emotivi sono associati a un più spiccato desiderio di avere un tono muscolare elevato.

 

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4. Lifting alle idee

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Amarsi è importante, quindi, ma non sembra semplice. La strada giusta è tollerare i propri difetti per trasformare le imperfezioni in punti di forza.

Più che fare un lifting alla nostra faccia o al nostro corpo lo dobbiamo fare alle nostre idee: sono infatti le paure e i pregiudizi estetici immutabili che abbiamo su di noi che vanno rimessi in discussione.

Questo non vuol dire che dovremmo smettere di confrontarci con gli altri: «Il confronto sociale fa parte della natura umana», ha spiegato in un’intervista lo psicoterapeuta Daniele Malaguti: «è evoluzionisticamente utile perché permette di migliorarci».

Ma dobbiamo comprendere cosa sta dietro il rancore che nasce da un confronto sempre perdente con chi ci sta attorno: «Nella mia esperienza clinica concentrarsi sui difetti fisici serve più che altro a “non vedere” i conflitti con altre persone».

«La critica al nostro aspetto fisico va quindi posta in modo corretto: «Un conto è dirci che abbiamo la pancetta ed è il caso di perdere qualche chilo», dice lo psicologo. La critica violenta è invece tossica: «È la rappresentazione di quella parte di noi che non ci ama e si traveste da autocritica».

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Il benessere passa sempre dall’apprezzamento incondizionato di noi stessi che tuttavia lascia spazio al miglioramento senza però considerarlo come essenziale alla felicità.

Vuoi diventare meno critico con te stesso? Scrivi! Per amare il nostro corpo dobbiamo conoscerlo, trovandone gli aspetti positivi. Un primo passo consiste nel parlarne con parole amorevoli e comprensive, anche quando descriviamo i nostri difetti.

Uno studio australiano del 2017 pubblicato su Body Image aveva illustrato le potenzialità della scrittura a questo scopo. Gli studiosi avevano arruolato 96 studentesse di età compresa tra i 17 e i 25 anni e chiesto loro di scrivere un testo su di sé con tre “tagli” diversi.

Le giovani erano state divise in tre gruppi: le ragazze del primo dovevano usare un tono comprensivo verso se stesse, quelle del secondo uno basato sull’autostima e quelle del terzo uno più critico.

In base a questionari e test fu rilevato come le giovani che, dopo l’attività di scrittura, mostravano un migliore livello di accettazione del proprio corpo fossero quelle del primo gruppo.

Lo studio illustra quindi da un lato quanto l’esercizio di scrittura sia utile a riordinare i nostri pensieri e a trovare un giusto approccio alle nostre ansie; dall’altro ribadisce come prima ancora che agire sull’autostima, quando non ci piacciamo, dovremmo puntare su uno sguardo gentile e accomodante verso il nostro corpo.

 

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5. Sei consigli per apprezzarti come sei

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1. Impara a conoscerti
Per apprezzare il tuo corpo ti serve autostima: «Questa si basa su una conoscenza realistica di noi stessi, dei nostri punti forti e dei nostri punti deboli», scrive la psicologa della moda Paola Pizza.
Inizia quindi analizzando il rapporto con il tuo corpo e la tua immagine: passa in rassegna ogni dettaglio ed elenca, per iscritto, cosa ti piace di più e cosa di meno del tuo fisico e del tuo volto.
Fai un elenco sistematico, senza inserire commenti positivi o negativi.
Impara a conoscerti

 

2. Guarda in faccia i tuoi difetti
Amare il proprio corpo non vuol dire non vederne le criticità. Solo quando le conosciamo possiamo accettarle come parte di noi ed eventualmente modificarle.
Dall’elenco di prima, estrapola i difetti e descrivili nel dettaglio, senza inserire commenti negativi.
Guarda in faccia i tuoi difetti

 

3. Comprendi l’origine delle critiche che fai a te stesso
Partendo da questo elenco, pensa a quali prove hai che le tue critiche siano fondate.
Per ciascun difetto, cioè, scrivi come sai che quel difetto è reale e non frutto della tua immaginazione.
Spiega da dove viene la critica, se nasce da un confronto o da altro.
Comprendi l’origine delle critiche

 

4. Nota come ti confronti con gli altri
Molte critiche a tue parti del corpo derivano da un confronto con altre persone.
Valutarsi in riferimento agli altri può essere uno spunto per migliorarsi, ma non deve diventare un’ossessione che farebbe sentire sempre perdenti.
Quest’ultimo atteggiamento genera pensieri tossici, che instillano la convinzione di essere “sbagliati” e che ogni sforzo per essere come gli altri sarebbe sempre e comunque inutile.
Prova a scrivere, per ciascun difetto che hai notato sulla base di un confronto, quali emozioni provi paragonandoti con chi non lo ha: ti senti frustrato? Provi rancore verso gli altri? Hai mai pensato che quel confronto possa nascere dal fatto che consideri gli altri migliori di te non solamente sul piano fisico?
Nota come ti confronti con gli altri

 

5. Valorizza le tue imperfezioni
I difetti possono diventare elementi di unicità: accettarli è importante perché fanno comunque parte di te.
Pensa ai due o tre difetti principali che hai individuato prima e sforzati a descrivere per ciascuno, sempre per iscritto, una strategia per valorizzarlo.
Ad esempio: “Ho i fianchi troppo larghi”, “Posso scegliere un look che faccia risaltare le mie forme, magari ispirandomi a una famosa modella curvy”.
Valorizza le tue imperfezioni

 

6. Pianifica una strategia
Nel corso delle due settimane successive a questi esercizi, non guardare più ciò che hai scritto, ma limitati a mettere in pratica le strategie che hai individuato al punto precedente: prova a valorizzare i difetti e a migliorare il tuo aspetto con l’abbigliamento, con l’attività fisica, con un’alimentazione più sana, con qualche prodotto cosmetico, andando alle terme o altro ancora. Impara progressivamente a guardarti allo specchio sforzandoti di non giudicarti, ma semplicemente osservandoti con occhio nuovo: un po’ come se avessi di fronte una persona nuova.
Poco per volta ti renderai conto che essere felice significa prendere coscienza del fatto che il tuo corpo e il tuo viso sono unici e che ciò che piace alle persone è proprio la specificità di ciascuno, che fisiologicamente non è mai priva di imperfezioni.

Pianifica una strategia






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