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Matilde di Canossa, la donna che muoveva papi e imperatori

Quando Bonifacio di Canossa e Beatrice di Lotaringia scelsero il nome Matilde per la loro terzogenita certo non immaginavano quanto fosse profetico.

Perché l’origine germanica e il significato del nome (da Macht, forza e Hild, battaglia) finirono sulle spalle di una donna che avrebbe sempre combattuto con estrema energia.

Sarebbe infatti passata alla Storia come paladina antitedesca, nella sua lotta contro gli imperatori germanici, e per quel capolavoro di mediazione politica noto ai più come “umiliazione di Canossa”.

Ma, al di là di una lettura superficiale della sua vicenda, Matilde fu molto meno antigermanica di quanto la nostra tradizione storica e letteraria voglia far credere.

Quarant’anni di potere pressoché indiscusso a cavallo tra l’XI e il XII secolo, in un territorio vastissimo e complicato come quello dell’Italia centrosettentrionale, sono un’infinità di tempo.

La vita di Matilde è una vera impresa storica, fatta di vittorie sui campi di battaglia nei tempi di guerra, di conquiste sociali nei giorni di pace, di mediazioni e affermazioni politiche nel turbolento vortice che spazzava l’Italia, dovuto al duello tra l’autorità del papa e quella dell’imperatore.

Nella sua esistenza concitata, Matilde impersonò vari ruoli feudali: fu contessa, marchesa, duchessa e viceregina d’Italia (incoronata dall’imperatore Enrico V nel 1111).

Una donna di grande intelligenza, che seppe adattarsi ai frangenti della Storia per creare un vasto consenso e governare incontrastata per moltissimi anni.

Ma chi fu veramente Matilde di Canossa, una delle più grandi donne di potere che la Storia abbia conosciuto che muoveva papi e imperatori ? Scopriamola insieme!

1. Le origini

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Quando Bonifacio di Canossa e Beatrice di Lotaringia scelsero il nome Matilde per la loro terzogenita certo non immaginavano quanto fosse profetico.

Perché l’origine germanica e il significato del nome (da Macht, forza e Hild, battaglia) finirono sulle spalle di una donna che avrebbe sempre combattuto con estrema energia.

La vita di Matilde è una vera impresa storica, fatta di vittorie sui campi di battaglia nei tempi di guerra, di conquiste sociali nei giorni di pace, di mediazioni e affermazioni politiche nel turbolento vortice che spazzava l’Italia, dovuto al duello tra l’autorità del papa e quella dell’imperatore.

Nella sua esistenza concitata, Matilde impersonò vari ruoli feudali: fu contessa, marchesa, duchessa e viceregina d’Italia (incoronata dall’imperatore Enrico V nel 1111).

Una donna di grande intelligenza, che seppe adattarsi ai frangenti della Storia per creare un vasto consenso e governare incontrastata per moltissimi anni.

Matilde nacque, probabilmente nel 1045 o nel 1046, in una famiglia di origine longobarda, fortemente legata all’Impero.

La stirpe dei Canossa era riuscita a scalare i gradini della politica e ad accrescere via via l’importanza dei titoli nobiliari e la quantità dei possedimenti grazie alla fedeltà dimostrata negli anni alla causa imperiale.

Una famiglia di grandi funzionari laici al totale servizio dell’imperatore che, oltretutto, si era anche legata a lui con una serie di rapporti di parentela.

La casa di Canossa aveva così collezionato, verso la ne dell’XI secolo, territori assai variegati, che partivano dalle terre di Mantova e si estendevano fino ai confini settentrionali del Lazio.

L’ascesa al potere di Matilde è imprevista e certamente non voluta: nel 1076, questa trentenne si ritrova a essere l’unica erede della famiglia.

Morto da tempo il padre Bonifacio, e defunti in giovanissima età il fratello Federico e la sorella Beatrice, quando il primo marito (il nobile francese Goffredo il Gobbo) viene assassinato e anche la madre Beatrice di Lorena viene a mancare, Matilde si ritrova a governare da sola.

E ciò proprio nel momento in cui le tensioni tra papato e Impero sfociano in un aperto e duro contrasto. Della sua infanzia, sappiamo poco o nulla.

Le cronache del tempo si concentrano sul legittimo erede, il primogenito Federico, morto, come l’altra sorella Beatrice, nel 1053, in circostanze misteriose o comunque sconosciute (secondo lo storico della lotta per le investiture, Bonizone di Sutri, fu una morte voluta, probabilmente per avvelenamento).

Matilde visse un’infanzia gioiosa nel castello di Canossa: il maniero era teatro di feste sontuose, ma anche (almeno stando al suo biografo, il monaco benedettino Donizone) di un’educazione certo non comune per le bambine dell’epoca.

2. Dalla prigione al trono

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Siamo nel 1052 quando il padre, Bonifacio, viene ucciso a tradimento, probabilmente da un vassallo, durante una battuta di caccia.

La madre Beatrice, rimasta sola a dover crescere tre bambini piccoli e ad amministrare un piccolo impero, cerca protezione sposando il suo parente Goffredo il Barbuto, duca di Lotaringia, bellicoso uomo d’arme più volte ribellatosi al potere dell’imperatore.

Il matrimonio è pericoloso per il trono imperiale, perché per Goffredo la tentazione di costituirsi un regno personale al di qua delle Alpi è troppo forte.

Questo nonostante il fatto che egli abbia promesso pubblicamente di vivere il matrimonio con Beatrice in modo casto, per un dominio che si estende dal cuore dell’Impero (la sua Lotaringia) fino a vaste e ricche porzioni d’Italia (i feudi dei Canossa).

L’imperatore Enrico III, durante il soggiorno italiano per l’elezione del nuovo papa Vittore II, volle approfittarne per risolvere anche la questione dei suoi vassalli Beatrice e Goffredo, novelli sposi senza il suo consenso.

Potrebbe semplicemente invalidare l’unione ma, approfittando di un’insurrezione popolare che ha costretto Goffredo il Barbuto a scappare da Firenze, risolve di prendere in ostaggio Beatrice e la figlioletta Matilde e portarle in Germania.

La prigionia tedesca delle due donne dura solo un anno: alla morte di Enrico possono tornare a Canossa, rientrando in possesso dei loro territori.

Oltre alla promessa di castità, Goffredo e Beatrice avevano già predisposto il futuro matrimonio di due dei loro figli, Matilde e Goffredo il Gobbo (nella foto), in modo da consolidare anche in futuro la dinastia e il dominio.

Le nozze vengono anticipate al 1069, per l’improvvisa malattia che porta Goffredo alla morte. Matilde accorre al capezzale del patrigno e futuro suocero e poi, seppur riluttante, rimane in Lorena con il marito che l’accordo politico le ha regalato.

Se di regalo si può parlare, visto che Goffredo, seppur onesto e coraggioso, è pur sempre gobbo e minato dalla gotta.

3. Una donna sola al comando

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Conscia e rispettosa dei suoi doveri, Matilde convive con il marito, rimane incinta e, tra il 1070 e 1071, partorisce una bambina, che però sopravvive solo pochi giorni.

È circondata dall’ostilità della corte lotaringia, che l’accusa di essere portatrice di malocchio per non aver adempiuto al dovere di ogni nobildonna medievale, ossia regalare un figlio maschio al legittimo consorte così da garantirgli la prosecuzione della stirpe.

Inoltre, è provata nel corpo e nello spirito da un parto che l’ha portata vicino alla morte. Così, Matilde fugge da quell’ambiente ostile e rientra a Canossa. L’anno dopo il marito viene ucciso in un’imboscata notturna, trafitto alle natiche da una spada mentre espleta un bisogno corporale.

Di lì a poco muore anche la madre Beatrice. Matilde si ritrova sola e, inaspettatamente, al potere. Ha 30 anni, e il futuro appare decisamente incerto: una famiglia fedele da sempre all’imperatore e un territorio enorme, eterogeneo, frammentato e molto vicino (geograficamente e non solo) a Roma e al papa.

In più, come se non bastasse, il dominio dei Canossa rappresenta una realtà istituzionale molto giovane e strutturalmente fragile che non si fonda su una tradizione consolidata (a parte la Marca di Toscana), ma su annessioni continue e frammentate di tipo feudale.

L’alleanza tra gli imperatori e la stirpe dei Canossa era andata indebolendosi già con Bonifacio, padre di Matilde. Questa famiglia, venuta su quasi dal nulla, era diventata troppo potente, sicché prima l’imperatore Corrado II, poi Enrico III avevano cercato di ridimensionarne i territori.

Oltretutto, Matilde è anche nipote, in linea materna, di papa Stefano IX. La sua ascesa coincide con la vicenda che la consacrerà alla Storia e che chiarirà la posizione di relativa equidistanza della Grancontessa (questo è il più celebre e inusuale tra i suoi tanti titolo feudali) dalle due massime autorità: l’incontro di Canossa.

È il gennaio del 1077 e da quasi un lustro si trascina la lotta per le investiture (si tratta di decidere a chi spetta la nomina dei vescovi) tra papa Gregorio VII (nella foto) e l’imperatore Enrico IV.

Lo scontro ha già portato il pontefice a scomunicare Enrico e il sovrano a dichiarare deposto il papa. Matilde aspetta le due massime autorità del mondo cristiano, che sono state convinte a raggiungere il castello di Canossa, dove l’imperatore dovrà cercare di ottenere il perdono papale.

Ma a caro prezzo: quella che diventerà celebre come l’“umiliazione di Canossa” costa a Enrico IV tre giorni di attesa fuori dal portone del maniero, in ginocchio e con il capo cosparso di cenere, mentre il freddo, il vento e la neve stringono la dimora in un abbraccio invernale.

Alla fine, anche grazie alla mediazione di Matilde, Gregorio VII si decide a ricevere l’imperatore, revocando la scomunica. A partire da questa preziosa opera diplomatica, Matilde comincia a schierarsi sempre più apertamente con il papa.

Enrico IV, infatti, dopo avere incassato il perdono, riprende la lotta contro l’autorità della Chiesa e lo fa con una serie di discese armate in Italia. Il vasto territorio della casa di Canossa, vero e proprio corridoio che attraversa la penisola, è invaso ripetutamente dall’esercito imperiale.

Le prime discese (dal 1081 e 1088) vengono respinte a fatica dai vassalli di Matilde, ma nel 1092 la vittoria della Grancontessa è totale: i soldati dell’imperatore rimangono stretti a tenaglia nell’Appennino reggiano, dove Matilde si è arroccata con le sue forze armate, e vengono annientati.

La leggenda vuole che la stessa Matilde abbia preso parte agli scontri guidando un corpo scelto di soldati. Nel 1105, Enrico IV viene costretto all’abdicazione in favore del suo secondogenito, Enrico V, che ritenne conveniente intrattenere ottimi rapporti con la Grancontessa.

Intanto, Matilde si concentra ad ampliare e rafforzare il suo feudo: costruisce chiese, cattedrali e abbazie, promuove l’edificazione di ricoveri per poveri e malati, contribuisce all’affermazione dell’Università di Bologna, la prima d’Europa.

4. Una fama degna di Boccaccio

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Da anni sta cercando di dare continuità alla stirpe, e per questo, nel 1088, convola a nuove nozze con Guelfo V.

Anche stavolta si tratta di un matrimonio politico, celebrato al solo scopo di cercare di infittire la rete di alleanze familiari.

Mentre lei è una donna matura, Guelfo ha solo 19 anni, ma è così grasso e flaccido che passerà alla Storia con il soprannome poco lusinghiero di Guelfo il Pingue. L’unione si rivela un nuovo fallimento e accende la miccia della satira e delle maldicenze.

Le ricostruzioni di fantasia si sprecano e qualcuno (come Cosma di Praga, autore della Storia dei Boemi) si toglie lo sfizio di metterle nero su bianco, eternando così racconti boccacceschi.

Si sussurra di come la Grancontessa abbia inviato migliaia di armati al confine della Longobardia per accogliere il giovane duca e di come lo abbia ricevuto con tutti gli onori, organizzando una festa nuziale di 120 giorni con uno sfarzo senza paragoni.

Ma si racconta anche delle due prime notti dopo il matrimonio, durante le quali il duca avrebbe rifiutato il letto nuziale, e della terza, in cui Matilde si sarebbe presentata nuda dinnanzi al giovane sposo e, di fronte alla sua ostinata recalcitranza, sarebbe esplosa insultandolo e picchiandolo.

Al di là degli aneddoti piccanti, il fatto che in Europa girassero novelle su Matilde è la riprova della sua grande rinomanza. Non sappiamo se i fatti narrati partissero o meno da episodi reali, ma è senz’altro vero che Guelfo e Matilde moriranno senza lasciare eredi.

Nella notte del 24 luglio 1115, dopo aver pregato un’ultima volta davanti alla cappelletta di S. Giacomo a Bondanazzo di Reggiolo nella bassa padana (dove si era trasferita da alcuni mesi, in preda alla gotta), Matilde muore.

Pochissimi anni dopo, nel 1122, l’imperatore Enrico V e papa Callisto II pongono fine alla lotta per le investiture, stipulando il concordato di Worms.



5. La castellana e gli itinerari

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  • La castellana
    La memoria di Matilde, nell’intero territorio che governò, è legata ancora oggi ai suoi moltissimi castelli.
    La maggior parte si trova in provincia di Reggio Emilia ed è visitabile.
    Ognuno ha una storia da raccontare: il Castello di Sarzano, a Casina, conserva la bella Torre del Cassero che domina la valle, Montecchio mantiene le anguste prigioni, mentre Rossena regala una vista mozzafiato dall’alto del suo sperone di roccia vulcanica rossa.
    Carpineti, a 800 m di altitudine, ospitò papa Gregorio VII al culmine dello scontro con l’imperatore Enrico IV, a cui seguirono l’abboccamento al maniero di Bianello e il celebre episodio di Canossa.
    Il paradosso è che proprio quest’ultimo castello, che rese proverbiale la frase “andare a Canossa” come sinonimo di umiliazione e perdono, oggi sia poco più che un rudere.
  • Gli itinerari
    Da circa trent’anni, il comune di Reggio Emilia e la Comunità montana dell’Appennino Reggiano sono impegnati nel diffondere il progetto del “Sentiero Matilde”, un itinerario di trekking semplice dal punto di vista tecnico ma molto affascinante sotto quello storico e ambientale.
    Il percorso porta dallo sbocco dell’Enza, la zona dove l’esercito di Matilde (nella foto, ritratta dal Parmigianino) sconfisse definitivamente le truppe imperiali di Enrico IV, nel cuore del dominio dei Canossa.
    Il Sentiero Matilde permette di scoprire l’antico sistema di comunicazione, quello difensivo basato su castelli e case-torri (Cavandola, Monchio, Sorchio e Riana) oltre alla bellezza di un territorio integro dove ammirare, per esempio, le antiche sorgenti solforose di Quara, il ponte a schiena d’asino di Cadignano e i gessi del fiume Secchia.








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